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Baricco e la globalizzazione vista sapientemente |
gmgregori
 Reg.: 31 Dic 2002 Messaggi: 4790 Da: Milano (MI)
| Inviato: 08-08-2003 17:30 |
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Cos'è la globalizzazione?
La prima risposta che Baricco ci propone è che non esiste una definizione unica, buona per tutti i palati, della globalizzazione. Forse si può tentare di capirla induttivamente attraverso una serie di esempi.
Interessante è la parentesi ("bonus track" nel libro) aperta sul problema della definizione dei concetti.
Nel villaggio della comunicazione, la definizione di un concetto non è più la ricerca dei suoi fondamenti costituitivi, del suo essere, ma la definizione diventa la spiegazione degli effetti. Ad esempio; qual è la definizione di caldo? Un tempo si sarebbe detto uno stato di temperatura molto alto. Oggi lo si definirebbe come un fenomeno che scioglie i gelati, che fa sudare e che, alla lunga, scioglie le calotte polari.
Beh, ritornando alla domanda "che cos'è la globalizzazione?", Baricco ci propone sei risposte dell'uomo qualunque e per queste risposte l'unica domanda da porsi è: sono veri?
"Vai in qualsiasi posto del mondo e trovi la Coca Cola, le Nike etc."
E' vero che questi prodotti sono presenti nella maggior parte dei paesi però è anche necessario considerare qual è l'effettivo impatto di questa presenza. Se si analizzano, ad esempio, i dati di vendita della Coca Cola si può constatare che in India il consumo pro-capite è di 4 bottigliette all'anno, mentre negli Usa è di 380. Questo vuol dire che la Coca Cola è una bevanda che costituisce lo stile di alimentazione americano (europeo etc), ma che per un indiano non significa nulla. Quanto incide nella nostra cultura la frequentazione saltuaria dei ristoranti giapponesi? Nulla.
"Possiamo comperare azioni in tutte le Borse del mondo"
E' vero, oggi possiamo comperare azioni su tutti i mercati mondiali, ma è vero che le barriere a difesa degli interessi nazionali sono effettivamente cadute? Baricco ci ricorda alcuni esempio che dimostrano il contrario; le operazioni fallite di acquisto da parte di Pirelli della società tedesca Continental, di De Benedetti della Societé Generale e quella recentissima dei francesi per Montedison. Dunque, quando il gioco si fa duro, gli stati nazionali oppongono divieti ed esercitano il potere di condizionamento nei confronti dei soggetti economici transnazionali. Per Baricco siamo dunque lontani da un concetto di economia globale, senza identità nazionali e senza barriere.
"I monaci tibetani sono collegati ad internet"
Non è vero che i monaci tibetani navigano in internet; si tratta di una balla accreditata esclusivamente dal successo della comunicazione commerciale (si tratta di una pubblicità di Ibm) che voleva veicolare il messaggio di un mondo completamente connesso e interdipendente, dunque globale.
"I componenti della mia auto sono costruiti in tanti paesi"
Anche il questo caso la realtà è un po' differente dall'immaginario collettivo; la maggior parte dei componenti di una Fiat venduta in Italia, ad esempio, è stata prodotta nel nostro paese.
"Mi siedo al computer e posso comperare tutto quello che voglio on line"
E' sostanzialmente vero, anche se bisogna considerare l'effettivo impatto degli acquisti su internet sul complesso del business; ovviamente cita il mercato dei libri dove, per 100 volumi venduti, 0,5 lo sono via internet, mentre 10 sono venduti con il vecchio sistema della vendita per corrispondenza. Il tema è: perché si parla dello 0,5 e non dei "restanti" 99,5 o dei 10 disperati che comprano con il Club degli Editori??
"In tutto il mondo hanno visto l'ultimo film di Spielberg, oppure si vestono come Madonna o tirano a canestro come Jordan"
Questa è una verità ma a senso unico, nel senso che invece di globalizzazione, dovremmo parlare di "colonizzazione culturale", nel senso che tutto il mondo guarda i film americani, mentre gli americani non guardano i film del resto del mondo e per dimostrare questo basta leggere la classifica dei film più visti dell'ultimo week end.
Allargare il campo di gioco
E allora perché tutti (almeno in occidente) siamo convinti di vivere in un mondo globalizzato?
Baricco parla di un effetto valanga, di un condizionamento reciproco.
Si faccia il caso che passeggiando per le vie del centro, a un certo punto vediamo correre molte persone in una direzione. Cosa faremo? Quasi sicuramente ci metteremo a correre anche noi anche senza saperne il motivo e mentre corriamo avremo la netta sensazione che tutti stiano correndo.
Ma tutto ciò accade per gioco oppure c'è un disegno, un "puparo" che muove i fili?
Il "puparo" è il denaro.
Secondo Baricco il tutto si muove per il denaro. Il propellente della globalizzazione è il movimento del denaro.
"E' il denaro che cerca un campo di gioco più grande, perché se confinato nel solito terreno non può moltiplicarsi più di tanto e muore di asfissia".
Storicamente l'allargamento del campo di gioco è avvenuto attraverso la guerra che portava alla conquista di nuovi mercati.
La portata rivoluzionaria della globalizzazione, secondo Baricco, consiste invece nella conquista pacifica dei nuovi territori necessari per lo sviluppo economico globale.
Non si tratta di una conversione "buonista" del denaro, ma siamo nella fase storica nella quale il capitale si moltiplica con più facilità dove ci sono le condizioni di stabilità sociale e di fiducia nelle istituzioni economico-politiche.
Lo stato di guerra diviene quindi anti-economico per lo sviluppo del capitale.
Il mito della frontiera
Come abbiamo visto in precedenza, per Baricco la globalizzazione è un insieme di cose come internazionalismo, colonialismo, modernizzazione; insomma cose trite e ritrite.
Qual è dunque l'ingrediente che rende questo impasto nuovo e rivoluzionario?
E' la componente mitologica quando decidiamo cioè di sommare questi fattori ed elevarli ad avventura collettiva, epocale, epica.
La costruzione del mito della globalizzazione è un elemento indispensabile per la sua realizzazione.
E' come il mito della conquista del West.
Anche in quel caso il denaro aveva necessità di ampliare il campo di gioco e quindi dopo aver investito in infrastrutture e sistemi di trasporto per rendere raggiungibile la meta, ne ha creato il mito, perché intere popolazioni si mettessero in cammino verso l'Eldorado.
Insomma è l'offerta che ha creato la domanda.
Ma non tutto fila liscio per il denaro.
Più il mito della globalizzazione è pervasivo, intenso, profondo e più è destinato a creare dei movimenti di ribellione.
I no global sono quelli che sono scesi dal treno che li portava verso l'Eldorado perché quel mito gli "puzzava", perché, forse, avevano intuito che non era il paradiso promesso e che comunque, per conquistarlo avrebbero dovuto sterminare gli indiani.
I no global
Perché milioni di persone in tutto il mondo si mobilitano contro la globalizzazione, quando in fondo in fondo, nella maggioranza dei casi, non sanno nemmeno di che cosa si tratta?
Prendiamo il caso del G8 di Genova.
Cosa fanno i Capi di governo degli 8 paesi più industrializzati del mondo quando si riuniscono insieme?
Uno spot pubblicitario della globalizzazione.
Vogliono dimostrare con la loro presenza che ci muoviamo in un mondo governato e sicuro e che quindi anche il piccolo imprenditore veneto può tranquillamente investire i suoi soldi in Russia o in un'altra parte del pianeta senza correre rischi particolari perché le regole del gioco sono uguali dappertutto.
Cosa hanno fatto i 300.000 di Genova? Hanno pisciato sul depliant pubblicitario.
Hanno cercato di rovinare lo spot preparato per l'opinione pubblica mondiale.
Colpiscono la globalizzazione nel momento in cui è più debole, quando cioè si vende alla gente come sogno, come mito.
Anche la strategia dei no global si muove all'interno delle regole del marketing e della comunicazione.
Nessuno si è mai sognato, ad esempio, di manifestare per i diritti dei lavoratori davanti ad una fabbrica Nike in Indonesia; la protesta viene portata dove ci sono i media, dove ci sono opinioni pubbliche da raggiungere, quindi nei paesi occidentali.
Ma noi dovremmo condannarli perché escono dal coro, perché rifiutano la gran cassa della pubblicità dei governi?
Oppure dovremmo preservarli e riconoscere che ci aiutano a mantenere e sviluppare un pensiero critico nei confronti del potere? Per Baricco il movimento no global "è la nostra assicurazione contro tutti i fascismi".
Ma i no global, almeno quelli più preparati e coscienti del problema, ci aiutano a capire che in realtà la globalizzazione non solo ricerca l'ampliamento del campo di gioco, ma cerca anche di cambiare le regole del gioco.
Alle radici della globalizzazione abbiamo detto che c'è il movimento del denaro. E l'idea un po' perversa che sta alla base delle dinamiche economiche della nuova economia globale, è che per aiutare i poveri è necessario aiutare i ricchi a moltiplicare il denaro; qualche cosa finirà anche nelle tasche dei più poveri.
La globalizzazione vuole dunque massima libertà di azione del denaro e quindi assenza di regole, di lacci e lacciuoli. In questo campo libero da impedimenti vige quindi la legge del più forte. L'economia globale è iper-competitiva, dura, senza mediazioni.
E' su questo punto che la molteplicità delle componenti del movimento no global trova un collante: il rifiuto di un mondo regolato dalla legge del più forte.
I brand
Due parole sul rapporto che ci lega ai brand.
Baricco invita a non demonizzare il concetto di brand perché il bisogno di entrare, più o meno consciamente, in un mondo che ci conferisce un'identità è insito nella nostra cultura da secoli. Il brand non è in sé cattivo o malvagio.
Anche Beethoven così come Nike o Repubblica sono brand; laddove per brand si deve intendere una cosa che fa percepire l'appartenenza, seppure temporanea, ad un mondo, ad uno stile di vita.
Disquisire se è più giusto acquistare il "mondo" Beethoven andando ad un concerto, oppure comperare un paio di scarpe Nike è una cosa che appartiene alla scala dei valori individuali e quindi nessuno può ergersi a censore di queste scelte.
Certo si può dire che ci sono aziende che sfruttano i lavoratori e aziende che non lo fanno, ma il problema non è certamente nel fatto che esistono i brand e che tutti noi ci relazioniamo quotidianamente con essi.
Che fare?
Baricco propone di superare la logica del muro contro muro sui temi della globalizzazione perché contrapporsi aprioristicamente a questa realtà è una scelta perdente e che comunque non ci aiuta a risolvere i tanti problemi che la globalizzazione porta con sé.
Qual è la missione che ci attende?
"E' quella di sforzarsi di immaginare e realizzare un sogno più grande, una globalizzazione pulita che non sia solo il frutto dell'immaginario di manager e banchieri.[…] E' una questione di fantasia, di tenacia e di rabbia".
Commenti aspettasi
_________________ la bruttura del vuoto è tanto profonda fin quando, cadendo, non ti accorgi di poterti ripigliare. I ganci fanno male, portano ferite, ma correre e faticare per poi giorie è un obbiettivo per cui vale la pena soffrire.
_________________ |
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gmgregori
 Reg.: 31 Dic 2002 Messaggi: 4790 Da: Milano (MI)
| Inviato: 08-08-2003 17:31 |
|
senza vizi
_________________ la bruttura del vuoto è tanto profonda fin quando, cadendo, non ti accorgi di poterti ripigliare. I ganci fanno male, portano ferite, ma correre e faticare per poi giorie è un obbiettivo per cui vale la pena soffrire.
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turius

 Reg.: 15 Ago 2003 Messaggi: 36 Da: foggia (FG)
| Inviato: 17-08-2003 23:48 |
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quote: In data 2003-08-08 17:30, gmgregori scrive:
Cos'è la globalizzazione?
La prima risposta che Baricco ci propone è che non esiste una definizione unica, buona per tutti i palati, della globalizzazione. Forse si può tentare di capirla induttivamente attraverso una serie di esempi.
Interessante è la parentesi ("bonus track" nel libro) aperta sul problema della definizione dei concetti.
Nel villaggio della comunicazione, la definizione di un concetto non è più la ricerca dei suoi fondamenti costituitivi, del suo essere, ma la definizione diventa la spiegazione degli effetti. Ad esempio; qual è la definizione di caldo? Un tempo si sarebbe detto uno stato di temperatura molto alto. Oggi lo si definirebbe come un fenomeno che scioglie i gelati, che fa sudare e che, alla lunga, scioglie le calotte polari.
Beh, ritornando alla domanda "che cos'è la globalizzazione?", Baricco ci propone sei risposte dell'uomo qualunque e per queste risposte l'unica domanda da porsi è: sono veri?
"Vai in qualsiasi posto del mondo e trovi la Coca Cola, le Nike etc."
E' vero che questi prodotti sono presenti nella maggior parte dei paesi però è anche necessario considerare qual è l'effettivo impatto di questa presenza. Se si analizzano, ad esempio, i dati di vendita della Coca Cola si può constatare che in India il consumo pro-capite è di 4 bottigliette all'anno, mentre negli Usa è di 380. Questo vuol dire che la Coca Cola è una bevanda che costituisce lo stile di alimentazione americano (europeo etc), ma che per un indiano non significa nulla. Quanto incide nella nostra cultura la frequentazione saltuaria dei ristoranti giapponesi? Nulla.
"Possiamo comperare azioni in tutte le Borse del mondo"
E' vero, oggi possiamo comperare azioni su tutti i mercati mondiali, ma è vero che le barriere a difesa degli interessi nazionali sono effettivamente cadute? Baricco ci ricorda alcuni esempio che dimostrano il contrario; le operazioni fallite di acquisto da parte di Pirelli della società tedesca Continental, di De Benedetti della Societé Generale e quella recentissima dei francesi per Montedison. Dunque, quando il gioco si fa duro, gli stati nazionali oppongono divieti ed esercitano il potere di condizionamento nei confronti dei soggetti economici transnazionali. Per Baricco siamo dunque lontani da un concetto di economia globale, senza identità nazionali e senza barriere.
"I monaci tibetani sono collegati ad internet"
Non è vero che i monaci tibetani navigano in internet; si tratta di una balla accreditata esclusivamente dal successo della comunicazione commerciale (si tratta di una pubblicità di Ibm) che voleva veicolare il messaggio di un mondo completamente connesso e interdipendente, dunque globale.
"I componenti della mia auto sono costruiti in tanti paesi"
Anche il questo caso la realtà è un po' differente dall'immaginario collettivo; la maggior parte dei componenti di una Fiat venduta in Italia, ad esempio, è stata prodotta nel nostro paese.
"Mi siedo al computer e posso comperare tutto quello che voglio on line"
E' sostanzialmente vero, anche se bisogna considerare l'effettivo impatto degli acquisti su internet sul complesso del business; ovviamente cita il mercato dei libri dove, per 100 volumi venduti, 0,5 lo sono via internet, mentre 10 sono venduti con il vecchio sistema della vendita per corrispondenza. Il tema è: perché si parla dello 0,5 e non dei "restanti" 99,5 o dei 10 disperati che comprano con il Club degli Editori??
"In tutto il mondo hanno visto l'ultimo film di Spielberg, oppure si vestono come Madonna o tirano a canestro come Jordan"
Questa è una verità ma a senso unico, nel senso che invece di globalizzazione, dovremmo parlare di "colonizzazione culturale", nel senso che tutto il mondo guarda i film americani, mentre gli americani non guardano i film del resto del mondo e per dimostrare questo basta leggere la classifica dei film più visti dell'ultimo week end.
Allargare il campo di gioco
E allora perché tutti (almeno in occidente) siamo convinti di vivere in un mondo globalizzato?
Baricco parla di un effetto valanga, di un condizionamento reciproco.
Si faccia il caso che passeggiando per le vie del centro, a un certo punto vediamo correre molte persone in una direzione. Cosa faremo? Quasi sicuramente ci metteremo a correre anche noi anche senza saperne il motivo e mentre corriamo avremo la netta sensazione che tutti stiano correndo.
Ma tutto ciò accade per gioco oppure c'è un disegno, un "puparo" che muove i fili?
Il "puparo" è il denaro.
Secondo Baricco il tutto si muove per il denaro. Il propellente della globalizzazione è il movimento del denaro.
"E' il denaro che cerca un campo di gioco più grande, perché se confinato nel solito terreno non può moltiplicarsi più di tanto e muore di asfissia".
Storicamente l'allargamento del campo di gioco è avvenuto attraverso la guerra che portava alla conquista di nuovi mercati.
La portata rivoluzionaria della globalizzazione, secondo Baricco, consiste invece nella conquista pacifica dei nuovi territori necessari per lo sviluppo economico globale.
Non si tratta di una conversione "buonista" del denaro, ma siamo nella fase storica nella quale il capitale si moltiplica con più facilità dove ci sono le condizioni di stabilità sociale e di fiducia nelle istituzioni economico-politiche.
Lo stato di guerra diviene quindi anti-economico per lo sviluppo del capitale.
Il mito della frontiera
Come abbiamo visto in precedenza, per Baricco la globalizzazione è un insieme di cose come internazionalismo, colonialismo, modernizzazione; insomma cose trite e ritrite.
Qual è dunque l'ingrediente che rende questo impasto nuovo e rivoluzionario?
E' la componente mitologica quando decidiamo cioè di sommare questi fattori ed elevarli ad avventura collettiva, epocale, epica.
La costruzione del mito della globalizzazione è un elemento indispensabile per la sua realizzazione.
E' come il mito della conquista del West.
Anche in quel caso il denaro aveva necessità di ampliare il campo di gioco e quindi dopo aver investito in infrastrutture e sistemi di trasporto per rendere raggiungibile la meta, ne ha creato il mito, perché intere popolazioni si mettessero in cammino verso l'Eldorado.
Insomma è l'offerta che ha creato la domanda.
Ma non tutto fila liscio per il denaro.
Più il mito della globalizzazione è pervasivo, intenso, profondo e più è destinato a creare dei movimenti di ribellione.
I no global sono quelli che sono scesi dal treno che li portava verso l'Eldorado perché quel mito gli "puzzava", perché, forse, avevano intuito che non era il paradiso promesso e che comunque, per conquistarlo avrebbero dovuto sterminare gli indiani.
I no global
Perché milioni di persone in tutto il mondo si mobilitano contro la globalizzazione, quando in fondo in fondo, nella maggioranza dei casi, non sanno nemmeno di che cosa si tratta?
Prendiamo il caso del G8 di Genova.
Cosa fanno i Capi di governo degli 8 paesi più industrializzati del mondo quando si riuniscono insieme?
Uno spot pubblicitario della globalizzazione.
Vogliono dimostrare con la loro presenza che ci muoviamo in un mondo governato e sicuro e che quindi anche il piccolo imprenditore veneto può tranquillamente investire i suoi soldi in Russia o in un'altra parte del pianeta senza correre rischi particolari perché le regole del gioco sono uguali dappertutto.
Cosa hanno fatto i 300.000 di Genova? Hanno pisciato sul depliant pubblicitario.
Hanno cercato di rovinare lo spot preparato per l'opinione pubblica mondiale.
Colpiscono la globalizzazione nel momento in cui è più debole, quando cioè si vende alla gente come sogno, come mito.
Anche la strategia dei no global si muove all'interno delle regole del marketing e della comunicazione.
Nessuno si è mai sognato, ad esempio, di manifestare per i diritti dei lavoratori davanti ad una fabbrica Nike in Indonesia; la protesta viene portata dove ci sono i media, dove ci sono opinioni pubbliche da raggiungere, quindi nei paesi occidentali.
Ma noi dovremmo condannarli perché escono dal coro, perché rifiutano la gran cassa della pubblicità dei governi?
Oppure dovremmo preservarli e riconoscere che ci aiutano a mantenere e sviluppare un pensiero critico nei confronti del potere? Per Baricco il movimento no global "è la nostra assicurazione contro tutti i fascismi".
Ma i no global, almeno quelli più preparati e coscienti del problema, ci aiutano a capire che in realtà la globalizzazione non solo ricerca l'ampliamento del campo di gioco, ma cerca anche di cambiare le regole del gioco.
Alle radici della globalizzazione abbiamo detto che c'è il movimento del denaro. E l'idea un po' perversa che sta alla base delle dinamiche economiche della nuova economia globale, è che per aiutare i poveri è necessario aiutare i ricchi a moltiplicare il denaro; qualche cosa finirà anche nelle tasche dei più poveri.
La globalizzazione vuole dunque massima libertà di azione del denaro e quindi assenza di regole, di lacci e lacciuoli. In questo campo libero da impedimenti vige quindi la legge del più forte. L'economia globale è iper-competitiva, dura, senza mediazioni.
E' su questo punto che la molteplicità delle componenti del movimento no global trova un collante: il rifiuto di un mondo regolato dalla legge del più forte.
I brand
Due parole sul rapporto che ci lega ai brand.
Baricco invita a non demonizzare il concetto di brand perché il bisogno di entrare, più o meno consciamente, in un mondo che ci conferisce un'identità è insito nella nostra cultura da secoli. Il brand non è in sé cattivo o malvagio.
Anche Beethoven così come Nike o Repubblica sono brand; laddove per brand si deve intendere una cosa che fa percepire l'appartenenza, seppure temporanea, ad un mondo, ad uno stile di vita.
Disquisire se è più giusto acquistare il "mondo" Beethoven andando ad un concerto, oppure comperare un paio di scarpe Nike è una cosa che appartiene alla scala dei valori individuali e quindi nessuno può ergersi a censore di queste scelte.
Certo si può dire che ci sono aziende che sfruttano i lavoratori e aziende che non lo fanno, ma il problema non è certamente nel fatto che esistono i brand e che tutti noi ci relazioniamo quotidianamente con essi.
Che fare?
Baricco propone di superare la logica del muro contro muro sui temi della globalizzazione perché contrapporsi aprioristicamente a questa realtà è una scelta perdente e che comunque non ci aiuta a risolvere i tanti problemi che la globalizzazione porta con sé.
Qual è la missione che ci attende?
"E' quella di sforzarsi di immaginare e realizzare un sogno più grande, una globalizzazione pulita che non sia solo il frutto dell'immaginario di manager e banchieri.[…] E' una questione di fantasia, di tenacia e di rabbia".
Commenti aspettasi
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_________________ Hasta la victoria! |
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RICHMOND
 Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 19-08-2003 19:37 |
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Innanzi tutto, gmgregori, vorrei farti i miei complimenti per l'accurata analisi dell' argomento e per le citazioni da te scelte (non so se quello ke hai scritto sia effettivamente giusto al 100% ma apprezzo molto).
Credo ke il modo di vedere la globalizzazione rientri nella fascia di concetti ke variano a seconda dei punti di vista (come la maggior parte delle cose); nelle prime righe del tuo post scrivevi ke la visione collettiva del concetto di "caldo" è cambiata nel tempo, cioè ke ciò ke una volta si definiva in base ai fondamenti etimologici della parola ora si definisce in base ai suoi effetti.Sfruttando il tuo esempio ti dico ke secondo me la giornata ke per te è calda per me potrebbe essre fredda...non so se mi spiego (intendo ke anke il concetto di caldo, volendo, è soggettivo). Lo stesso discorso, secondo me vale per la globalizzazione...ci sono tanti modi di interpretarla.
Io, per esempio, la vedo come un processo naturale dell'uomo al socializzare con gli individui della sua specie: l'uomo è un "animale sociale" , ha dimostrato di essere propenso ad un atteggiamento globalizzatore fin dalla preistoria....dalla nascita delle prime comunità. Perkè, secondo me, alla base della globalizzazione c'è il concetto di vivere insieme, di vivere organizzati in comunità. Al giorno d'oggi, per la prolificità della nostra specie, si è costretti a vivere in comunità in cui, talvolta, la densità di popolazione per km quadrato sembra non darci la possibilità di vivere senza avere contatti con i nostri simili (intendo dire ke le nostre città sono ormai talmente popolate, e c sono talmente tante città nel mondo, ke è quasi impossibile per un uomo vivere senza avere contatti con i suoi simili).
Quindi, una volta fondate le città, ci si organizza per convivere all'interno di esse.
Per organizzare questo complesso sistema c'è bisogno di una scala gerarkica e soprattutto d un mercato nazionale ke permetta a queste comunità di facilitare gli scambi tra paesi.
L'ultimissimo esempio di globalizzazione credo s possa considerare l'entrata in vigore dell'Euro nel nostro continente.
Con l'Euro si è giunti, attraverso il lungo iter del vivere in comunità (da insiemi di persone, a insiemi di città, fino ad insiemi di stati) al penultimo anello del piano di globalizzazione di tutto l'intero pianeta (l'ultimo sarebbe infatti il terzo Mondo).
Certo, per ora l'euro rappresenta il vivere in una grande comunità solo dal punto di vista economico, ma l'obiettivo dell'europa è quello di arrivare a creare una enorme comunità politica sullo stesso piano degli USA.
Il punto è ke per facilitare la globalizzazione in questo senso, ke prima di tutto va avviata sul piano economico (come appunto st accadendo con l'euro) è necessario ke i paesi e i continenti "globalizzati" organizzino il proprio "mercato" di produzione e di scambi in grandi multinazionali, ke sno quelle sulle quali si sollevano maggiormente le critike e le proteste dei No Global.
Ciò ke ho appena descritto è quello ke, secondo me, è il lato positivo della globalizzazione, o pi ke altro ciò ke fa della globalizzazione un atteggiamento congenito all'essere umano.
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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RICHMOND
 Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 19-08-2003 20:03 |
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ora vorrei spiegare quali sono secondo me, gli aspetti negatividella globalizazione.
gli ultimi cinquant'anni sono quelli ke hanno visto il concetto di globalizzazione estendersi a sempre più stati e paesi, coinvolgendo, soprattutto negli ultimi anni, anke il nostro continente.
Come ho già detto credo ke il prossimo obiettivo di questo processo sia quello di coinvolgere anke il 3° mondo.
Purtroppo va constatato ke molto spesso ki gestisce questo complesso makkinario (specialmente negli ultimi anni, quando si è capito ke la globalizzazione è inevitabile per la convivenza tra uomini) lo fa sfruttandola a proprio vantaggio.
Alcuni esempi ci arrivano dalle multinazionali come la nestlè ke "commerciano" latte in polvere nei paesi del terzo mondo (il latte in polvere fa si ke la fase di svezzamento di un bambino duri molto pi a lungo....il ke per la nestlè significa vendere il doppio).
Ed è proprio sul fronte dei diritti umani ke i no global si battono nelle piazze di tutto il mondo. Ovviamente ho citato la nestlè solo perkè è la pi nota, ma i no global protestano per le vie anke contro l'atteggiamento degli USa come "arbitri" del mondo......è vero ke secondo me la globalizazione è naturale, ma l'atteggiamento dell'America verso certi paesi (vedi conflitto Israeliani e Palestinesi) è fin troppo invadente.
Ma, cme giustamente hai detto tu gmgregori, ciò ke sbagliano a fare i no global non è tanto il prtestare, quanto piuttosto farlo nei paesi già globalizzati (se si protesta durante il g8 si creano situazioni inutili e dannose come quella della mia città).
Il miglior modo per impedire ke a fare le spese del nostro "stare bene" (mentre noi discutiamo sulle sorti del mondo su questo forum, comodamente seduti davnti ad un computer, dall'altra parte del mondo centinaia di persone muoiono di fame) siano i paesi sottosviluppati è quello di boicottare certi atteggiamnti eccessivi (come la campagna del latte in polvere della nestlè) con l'unico mezzo su cui il mercato mondiale fa leva: la vendita dei prootti (non comprar cappuccini in polvere e cose di questo tipo)...e infatti questo è uno dei modi di dikiararsi contrari all' "altra faccia" della globalizzazione ke posso anke condividere.
Mi ndo conto di essermi contraddetto un po' rispetto a quello ke ho scritto nel mio precedente post....ma come ho già detto la globalizzazione va guardata attraverso diversi modi di vedere; e anke all'interno di questi modi di vedere si posono incontrare pi punti di vista (è il mio caso....ho analizzato quelli ke secondo me sono i lati psitivi quali i negativi dell'argomento trattato).
Fondamentalmente, però, rimango sempre dell'idea ke l globalizzazione sia un atteggiamnento congenito all'uomo, e ke quindi sia inevitabile ke anke i paesi pi sviluppati cerkino di rendere il pianeta un grande paese d cui tutti siamo cittadini (cittadini del mondo si dice infatti).
Quello ke purtroppo rimane una verità inconfutabile è ke a fare le spese di questa "globalizzazione" tra i "più forti" sono sempre i più deboli (quelli ke stanno attraversando periodi bui della loro storia)...e nella storia è sempre accaduto così.
Questo è ciò ke penso (se è giusto o sbagliato me lo direte nei vostri post) ma mi auguro ke prima o poi anke questi "deboli" paesi ke ora definiamo "sottosviluppati" possano partecipare al processo di globalizzazione del nostro pianeta.
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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gmgregori
 Reg.: 31 Dic 2002 Messaggi: 4790 Da: Milano (MI)
| Inviato: 20-08-2003 01:59 |
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ascolta richmond è roba di Baricco non mia, anche se la condivido
_________________ la bruttura del vuoto è tanto profonda fin quando, cadendo, non ti accorgi di poterti ripigliare. I ganci fanno male, portano ferite, ma correre e faticare per poi giorie è un obbiettivo per cui vale la pena soffrire.
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gmgregori
 Reg.: 31 Dic 2002 Messaggi: 4790 Da: Milano (MI)
| Inviato: 20-08-2003 02:02 |
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per qunto rigurda il concetto vero e proprio, non so che dirti, tranne che che gli estremi in questo caso nn hanno senso, come, del resto, in tutte le frazioni di vita.
_________________ la bruttura del vuoto è tanto profonda fin quando, cadendo, non ti accorgi di poterti ripigliare. I ganci fanno male, portano ferite, ma correre e faticare per poi giorie è un obbiettivo per cui vale la pena soffrire.
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