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Autore L'ennesima catastrofe ambientale
ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 29-11-2005 09:11  
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In data 2005-11-28 19:22, Chenoa scrive:
quote:
In data 2005-11-28 17:32, ipergiorg scrive:
Vedi Chenoa se Cina, India e Brasile si mettessero a produrre con le nostre legislazioni (perchè le tecnologie invece le han già trasferite) probabilmente i loro prodotti sarebbero meno competitivi e quindi molti operai finiribbero a casa (o guadagnerebbero ancora meno). Se già per loro è difficile sopravvivere così, figurati con la palla al piede ecologica.

Noi ora possiamo permetterci l'ecologia (infatti l'aria delle nostre città è molto + respirabile di 30anni fa) loro no. Quando noi abbiamo iniziato l'industrializzazione del dopoguerra abbiamo fatto cazzate come loro fanno adesso e non solo per questioni tecnologiche (perchè stoccare i rifiuti tossici come si deve non è una questione poi così complicata) ma anche per ragioni di costi.


So benissimo che se paesi come Cina India o Brasile seguissero le leggi internazionali in campo ambientale diminuirebbe la competizione e sicuramente perderebbero guadagni.

La questione è che proprio perchè molti paesi come il nostro sono già passati attraverso il processo di industrializzazione con mezzi inadeguati, si dovrebbe fare qualcosa per imparare dagli errori del passato. Spendendo soldi per un depuratore o per una fabbrica di smaltimento dei rifiuti, piuttosto che per incrementare il lavoro di industrie che se ne fregano dei danni all'ecosistema. L'ecologia non è un bene che ci si può permettere o meno. E' un valore da rispettare. Perchè non badare a questo significa solo rovinare il futuro dell'intero pianeta.
Oggi quel fiume cinese è inquinato, ma le acque rischiano di raggiungere la Russia, e il ciclo naturale dell'acqua un domani rischia di far cadere piogge acide anche in un'altra parte del mondo.
E in nome del progesso e dell'industrializzazione di un paese è giusto permettere queste cose?



Chenoa, l'ecologia costa, questo è assolutamente innegabile. Non si tratta di salvaguardare solo il progresso della Cina o dell'India o del Brasile, ma di trovarsi o meno a che fare con un sacco di morti per fame.
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Spock: We must acknowledge once and for all that the purpose of diplomacy is to prolong a crisis.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 11-12-2005 10:48  
quote:
In data 2005-11-28 23:00, Tenenbaum scrive:
le solite cazzate da quattro soldi

se gli azionisti fanno fuori gli acquirenti con quali soldi dovrebbero realizzare i profitti ?

roba da bambini di 2 anni




Nessuno ha parlato di acquirenti, tantomeno di farli fuori.
Piuttosto si parlava del fatto-perchè tale è- che una società per azioni ha il compito di guardare esclusivamente ad incrementare i suoi profitti e il dirigente dell'impresa quello di rispondere alle aspettative di chi investe il suo denaro in questa società.
Prova a smentire quanto detto.

quote:


ahahahah
questa nella fretta me la sono persa

la gente comune
basta girare per strada
la gente comune è uno dei pericoli più grandi per l'ambiente
l'uomo medio è assolutamente indifferente all'ambiente
non c'è educazione
non c'è rispetto
non c'è cultura

una minoranza si deve fare il culo per contrastare la gente comune

filosofia da quattro soldi
io da ambientalista sono disgustato dalla gente comune

che pena



Accidenti,siamo al leninismo più sfrenato.
Dovremmo metterci nelle mani di un ristretto gruppo di dirigenti che indirizzano il popolino ignorante verso chissà quale radioso futuro! Che è poi quello che accade oggi e i risultati si vedono.

La gente comune è uno dei pericoli prncipali dell'ambiente?
Vallo a dire a quelli del WWF, per esempio.
Si tratta di persone encomiabili che con le loro battaglie sono riusciti a strappare gli unici successi riscontrati nel settore della difesa ambientale, non ultimo l'incessante sostegno alla proposta , venuta da tutti i movimenti ambientalisti composti da gente comune, di imporre ai governi il Protocollo di Kyoto.
Se ci sarà un futuro per la razza umana su questa terra sarà unicamente determinato da una spinta dal basso di ogni persona comune a interessarsi al proprio futuro piuttosto che a lasciarlo in delega a rappresentanti che tutelano solo i principali centri del potere economico.

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ipergiorg

Reg.: 08 Giu 2004
Messaggi: 10143
Da: CARBONERA (TV)
Inviato: 11-12-2005 11:01  
articolo piuttosto interessante.

Fausto Carioti - Un motivo per leggere l'odierna pagina degli editoriali del Wall Street Journal è il commento sul trattato di Kyoto. Dove si spiega perché il trattato sia, di fatto, già morto, nonostante la conferenza delle Nazioni Unite che si è tenuta a Montreal l'abbia dichiarato ipocritamente «fully operational». Riassumo.

- India e Cina, esentate dal protocollo di Kyoto in quanto Paesi non ancora industrializzati a sufficienza, non hanno alcuna intenzione di tagliare le emissioni nel futuro prevedibile. E la Cina è la seconda "fabbrica" di gas serra del pianeta. Gli Stati Uniti (primi in classifica) hanno già detto che non ratificheranno il trattato di Kyoto. Chi critica George W. Bush per questa decisione, sappia che Bill Clinton, dopo aver fatto firmare il trattato ad Al Gore, lo ha chiuso in un cassetto guardandosi bene dal sottoporlo al giudizio del Senato.

- Gli obiettivi del trattato sono ritenuti irrealizzabili dagli stessi firmatari. Il protocollo di Kyoto prevede di portare le emissioni di gas serra, entro il 2012, a un livello inferiore del 5% a quello del 1990. Eppure nel 2003 questi livelli erano superiori del 10% a quelli del 1990 in Italia e Giappone, di oltre il 20% in Irlanda e Canada, di oltre il 40% in Spagna. Per dirla con Tony Blair, «la verità brutale è che nessun Paese vorrà sacrificare la sua crescita economica per raggiungere simili obiettivi».

- Gli unici due Paesi seriamente industrializzati che sinora hanno rispettato gli obiettivi, Gran Bretagna e Germania, l'hanno fatto più per ragioni incidentali che altro: la fine del carbone inglese e il crollo dell'industria della Germania Est (probabilmente tra le più inquinanti a memoria d'uomo).

- La stessa comunità scientifica è tutt'altro che convinta della serietà degli assunti su cui si basa il protocollo di Kyoto. La curva a forma di mazza da hockey, pubblicata sulla rivista "Nature" nel 1998, che secondo i fedeli del mantra di Kyoto mostrerebbe in modo incontrovertibile il nesso causale tra industrializzazione e aumento della temperatura del globo, è il frutto di una serie di errori di valutazione grossolani, smascherati, tra gli altri, dai canadesi Stephen McIntyre e Ross McKitrick (qui il loro lavoro, formato Pdf, e qui altri link utili). Non solo: è provato che durante il Medio Evo il pianeta subì una fase di riscaldamento simile a quella attuale. All'epoca, però, non vi erano industrie né automobili fuoristrada. Morale: la temperatura della Terra risponde più a cause naturali (eruzioni vulcaniche e attività solare, ad esempio) che all'attività dell'uomo. Ed esistono prove consistenti che in molte aree del pianeta, persino industrializzate come la Gran Bretagna, la temperatura media vada scendendo, piuttosto che aumentare.

- Intanto Stati Uniti, Giappone, Cina, Corea del Sud, India e Australia, che messe insieme valgono quasi metà della popolazione mondiale, a gennaio s'incontreranno a Sydney, per lanciare un accordo parallelo a quello di Kyoto, ma dagli obiettivi ben diversi: invece di penalizzare le industrie e la crescita economica, usare la tecnologia per arrivare al più presto allo sfruttamento delle fonti d'energia pulite del futuro (vedi alla voce idrogeno). E anche questa è una prova del fatto che il protocollo di Kyoto è considerato politicamente defunto dai suoi stessi firmatari (vale la pena di ricordare che Kyoto è in Giappone).


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