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Neve |
denisuccia
Reg.: 14 Apr 2002 Messaggi: 16972 Da: sanremo (IM)
| Inviato: 01-11-2004 23:40 |
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Un amico (che non smetterò mai di ringraziare per le belle letture che mi regala) mi ha consigliato un libro: Neve , di Maxence Fermine.
Non conoscevo questo scrittore francese e sono rimasta sorpresa dall'estrema poesia di cui è ricco questo Neve, breve scritto, difficilmente "etichettabile", forse si potrebbe definire una lunga e delicata poesia.
Un po’ al di fuori per ciò che potrebbe essere riconducibile al contemporaneo, lo stile di Fermine scorre tra le pagine legando con un filo diretto lettore e scrittore, passando per paesaggi, persone e storie…
35 minuti è il tempo che ho impiegato a leggere Neve, a tratti prevedibile nella sua essenzialità ma talmente caratteristico da risultare sempre piacevole. 100 pagine di pura poesia e spettacolarità che trapela dalle parole stampate come se, tra le mani, si avesse una lettera a noi dedicata, una confessione, una di quelle storie che si sentono raccontare una sola volta nella vita, per poi chiedersi perchè a noi non accade mai nulla del genere...
Consiglio a chiunque ami la poesia e l’arte di leggere questo breve capolavoro perché è realmente una piccola perla da tenere per i momenti più “intimi”.***
«Ci sono due specie di persone.
Ci sono quelli che vivono, giocano e muoiono.
E ci sono quelli che si tengono in equilibrio sul crinale della vita.
Ci sono gli attori.
E ci sono i funamboli.»
Il padre di Yuko era un monaco scintoista. Viveva nell'isola di Hokkaido, nel Giappone del nord, lì
dove l'inverno è più lungo e rigido.
Insegnò al figlio la potenza delle forze del cosmo, l'importanza della fede e l'amore per la natura.
Gli insegnò altresì l'arte di comporre haiku.
Un giorno dell'aprile 1884, Yuko compì diciassette anni. A sud, a Kyushu, cominciavano a fiorire i
primi ciliegi. Nel Giappone del nord il mare era ancora gelato.
L’istruzione etica e religiosa del ragazzo era ormai ultimata. Era venuto per lui il momento di
scegliersi un mestiere. Da molte generazioni i membri della famiglia Akita si dividevano tra
religione e esercito. Ma Yuko non voleva diventare né monaco né guerriero.
“Padre,” disse il mattino del suo compleanno, in riva al fiume argentato, “voglio diventare poeta.”
Il monaco aggrottò la fronte in modo quasi impercettibile ma tuttavia rivelando una delusione
profonda. Il sole si rifletteva nelle increspature dell'acqua. Un pesce-luna passò tra le betulle e poi
svanì sotto il ponte di legno.
“La poesia non è un mestiere. È un passatempo. Le poesie sono acqua che scorre. Come questo
fiume.”
Yuko tuffò lo sguardo nell'acqua silenziosa e lesta. Poi si voltò verso il padre e disse:
“È esattamente quello che voglio fare. Imparare a guardare il tempo che scorre.”
“Cos'è la poesia?” domandò il monaco.
“È un mistero ineffabile,” rispose Yuko.
Un mattino, il rumore della brocca dell'acqua che si spacca fa germogliare nella testa una goccia di
poesia, risveglia l'animo e gli conferisce la sua bellezza. È il momento di dire l'indicibile. È il
momento di viaggiare senza muoversi. È il momento di diventare poeti.
Non abbellire niente. Non parlare. Guardare e scrivere. Con poche parole. Diciassette sillabe. Un
haiku. Un mattino, ci si sveglia. È il momento di ritirarsi dal mondo, per meglio sbalordirsene.
Un mattino, si prende il tempo per guardarsi vivere.
La neve possiede cinque caratteristiche principali.
È bianca.
Congela la natura e la protegge.
Si trasforma continuamente.
È sdrucciolevole.
Si muta in acqua.
La pelle delle donne
Quella che celano
Quant'è calda !
Sutejo
***speriamo non ci scappino battute...
[ Questo messaggio è stato modificato da: denisuccia il 01-11-2004 alle 23:42 ] |
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denisuccia
Reg.: 14 Apr 2002 Messaggi: 16972 Da: sanremo (IM)
| Inviato: 20-11-2004 14:50 |
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Riprendo questo topic, che presenta una quarantina di consultazioni ma nessuna risposta, e decido di continuare i commenti riguardanti i libri di Maxence Fermine.
Dopo la scoperta dell’autore, con Neve, devo essere sincera e ammettere che avevo piuttosto paura di immergermi in un nuovo libro. E’ sempre molto difficile riuscire ad approfondire la conoscenza di uno scrittore (e penso questo discorso si possa fare anche per quanto riguarda il cinema e ogni altra arte), questo per paura dell’amarezza che può lasciare la seconda lettura/visione. Quando l’ingresso è talmente piacevole si ha sempre l’impressione che il susseguirsi delle opere sia sempre di meno impegno e/o importanza. Certo, come questo discorso può essere fatto dal lettore/spettatore, immagino possa essere lo stesso per un artista che, dopo un grande esordio, deve continuare ad esporsi.
Nonostante tutto mi sono decisa e ho iniziato la lettura di OPIUM.
Prima di tutto bisogna dire che la trama non ha nulla a che vedere con Neve. Il primo romanzo era, più che un romanzo in sé, una vera e propria poesia e, come tale, non importava molto la trama ma l’esposizione e l'espressione dei sentimenti. Opium invece ha una trama concreta e basata su di una realtà che, nonostante riguardasse il XIX secolo, può essere definita quasi totalmente attuale.
Altra diversità: lo stile, inconfondibile quello del primo romanzo, più semplice quello del secondo.
La storia è abbastanza semplice. Charles Stowe è figlio di uno speziale di Londra, siamo nella prima metà del 1800 e, da bambino, decide che un giorno partirà per la Cina per conoscere i segreti del tè. Vent’anni dopo inizia il suo viaggio che progredirà tra personaggi potenti e non in un paese che, com’era (è) la Cina, tiene alle sue tradizioni a tal punto da non lasciare aperture di conoscenza per chi non fa parte della cultura e storia cinese. Charles incontrerà molti uomini e molte donne, ma solo una lo colpirà a tal punto da far aumentare la sua passione per la spezia ambrata e, soprattutto, lo porterà sempre più vicino ad una verità che, ovviamente, non vi sto a spiegare.
Ci sono molti richiami ai colori e molte associazioni tra ciò che è la via del tè e quella del personaggio. Conoscenze amare e dolci, così come il tè stesso. Sperimentazioni che lo rendono, per la prima volta in vita sua, completamente schiavo di qualcosa e qualcuno: l’Oppio, che, a fine romanzo, si racchiuderà in un unico ricordo.
Semplice e immediato, colorato e profumato, ancora una volta sono stata piacevolmente colpita da questo scrittore francese che è in grado di regalare pagine in grado di essere quasi percepite a livello sensoriale e non solo artistico, come un arcobaleno di frasi sussurrante.
E’ da aggiungere che, sia in Neve che in Opium, si viene diversamente ma totalmente catapultati in un clima orientale veramente fantastico!
“L’oppio è una cosa dolcissima e terribile, un po’ come l’amore.
E la vita è l’oppio di cui non ci si stanca mai”
"La felicità è impalpabile
come una boccata d’oppio"
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Non fisso a lungo il cielo perchè quando i miei occhi ritornano al suolo il mondo mi sembra orribile
[ Questo messaggio è stato modificato da: denisuccia il 20-11-2004 alle 15:11 ] |
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luka78
Reg.: 19 Dic 2003 Messaggi: 913 Da: lodi (LO)
| Inviato: 20-11-2004 14:59 |
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non lo conosco, però mi hai incuriosito.
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