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Di nuovo Gervasini su Black Dahlia |
mescal
![](/forum/images/star_06a.gif) Reg.: 22 Lug 2006 Messaggi: 4695 Da: napoli (NA)
| Inviato: 08-10-2006 21:10 |
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L'articolo è stato citato all'interno del secondo topic su Black Dahlia... lo riporto per l'interesse di alcune questioni cruciali in esso richiamate, a proposito dello "stato dell'arte" del racconto cinematografico, e della morte delle vecchie forme di narrazione.
C'è Ellroy nell'ultimo film di De Palma ma c'è, soprattutto, il proseguimento della sua riflessione post-cinema iniziata con Femme Fatale
Ci sono due modi per vedere Black Dahlia. Come la versione cinematografica di un fantastico romanzo di James Ellroy o come un film di Brian De Palma. Nel primo caso hanno ragione i detrattori, a partire da Goffredo Bettini (Festa di Roma) che col senno di poi si dice contento di avere perso la sfida con Marco Múller (Mostra di Venezia) per accaparrarselo. La storia è a dir poco confusa, le situazioni improbabili e gli attori, a parte la vecchia drogata (Fiona Shaw), fanno a gara per chi recita peggio. Nel secondo caso, invece, siamo a un passo dal capolavoro.
La cosa incredibile è che più De Palma rende evidente il suo totale disinteresse per il noir e il cosiddetto plot, più non ci si accorge del suo percorso astratto. Non è inverosimile che Kay Lake (Scarlett Johansson) entri in scena con sigaretta, bocchino e mano rivoltata come fosse Ava Gardner nella posa innaturale della locandina di un hard boiled d'epoca? Non è assurdo che in più sequenze (ad esempio quando Bleichert avvisa Kay della morte di Blanchard) gli attori comincino a recitare dopo un minuscolo ma percettibile momento di staticità, come stessero aspettando in scena il "ciak-azione" del regista? Non è un campanello d'allarme quella donna nuda che irrompe nel piano sequenza più ostentato?
Con Black Dahlia De Palma prosegue la sua riflessione sul post-cinema iniziata con lo straordinario Femme Fatale. II cinema è morto perché ormai putrefatto dal virus del déjà-vu, della ripetizione, dell'eterno ritorno dell'identico. Oueste sono le sole ossessioni del regista: gli inani stereotipi di cui è fatto il film. E il contagio dell'immaginario prende possesso della vita. È il mondo a essere costruito con il legno marcio di Hollywood, non più viceversa. Siamo passati dalla baziniana “illusione di realtà" all'inquietante (in questo caso sì, siamo in pieno nolr) "realtà dell'illusione".
Della precarietà delle cose concrete ci parla Brian De Palma; dell'impossibilità per chiunque, oggi, di raccontare storie.
Mauro Gervasini
da filmTv n.40 - 8 ottobre 2006
[ Questo messaggio è stato modificato da: mescal il 08-10-2006 alle 21:11 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: mescal il 08-10-2006 alle 21:27 ] |
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sandrix81
![](/forum/images/star_modx.gif) Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 08-10-2006 21:28 |
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in effetti qui Gervasini si è ripreso un po'.
Tralaltro è perfetto il primo capoverso come commento alla discussione condotta qui in tuttocinema...
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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sloberi
![](/forum/images/star_modx.gif) Reg.: 05 Feb 2003 Messaggi: 15093 Da: San Polo d'Enza (RE)
| Inviato: 09-10-2006 00:48 |
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quote: In data 2006-10-08 21:10, mescal scrive:
La cosa incredibile è che più De Palma rende evidente il suo totale disinteresse per il noir e il cosiddetto plot, più non ci si accorge del suo percorso astratto.
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Premesso che adoro il film in questione.
Sinceramente non capisco questa frase. Non la capisco perchè questo disinteresse per il noir in realtà a mio parere non si palesa e non si manifesta mai. La Dalia è un film che tra i suoi pregi ha quello di richiamare e citare costantemente il film di genere in questione; dall'inizio alla fine. Lo stesso disinteresse verso il plot ne è una dimostrazione.
The Black Dahlia si colloca perfettamente nel panorama neo-noir nato negli anni '80 e che tanti lavori interessanti ci ha fornito. Lo fa perchè nel più classico stile neo-noir riprende isotopie tematiche e figurative degli anni '40-'50 e le ripropone rivestite dalle moderne soluzioni del cinema attuale. Il ricorso (continuo ed insistito) al flashback risolutore è solo il più evidente riutilizzo di certi meccanismi che hanno reso celebre il noir; basti pensare a un capolavoro come "I gangster" di Siodmak.
Sono tantissime le soluzioni che De Palma ripropone e che possono essere ricollegate direttamente ai noir d'epoca; semplicemente, come avviene ormai da 20 anni a questa parte ripercorrendo la strada intrapresa dai Coen con "Blood Simple", queste soluzioni sono portate alle estreme conseguenze che il cinema di un tempo a fatica poteva permettersi.
Nel finale, per esempio, abbiamo una scena fin troppo esplicativa: Bucky si ritrova a tu per tu con Madeleine, la più classica delle dark lady noir. La scena ricalca quella del Falcone Maltese con Bogart a tu per tu con Mary Astor. In entrambi i casi abbiamo i due (anti)eroi che devono decidere che fare della donna che pensavano (forse) di amare e dalla quale invece sono stati ingannati. Ed entrambi hanno scoperto che queste "femme fatale" hanno ucciso il loro collega; addirittura in entrambi i film abbiamo i due protagonisti che dicono quasi la stessa frase: "non ti posso lasciare andare perchè hai ucciso il mio collega". Ed è qui la differenza: nel Falcone, Huston lascia che il suo Bogart si limiti a consegnare la traditrice alla polizia. Nella Dalia, De Palma può permettersi che Bucky uccida la donna. Tutto esatto. Tutto perfetto.
Però Gervasini il suo disinteresse per il noir può vederlo in Femme Fatale se vuole. Di certo non qui.
_________________ E' ok per me! |
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mescal
![](/forum/images/star_06a.gif) Reg.: 22 Lug 2006 Messaggi: 4695 Da: napoli (NA)
| Inviato: 09-10-2006 01:45 |
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Beh, gli esempi te li fa, Gervasini...
d'altra parte tra i due film c'è una differenza fondamentale... Nel Mistero del Falco Bogat intepretava Sam Spade, ed era possibile credere a quel personaggio, che risultava agli spettatori del tempo, per quanto fosse in reltà frutto di convenzioni linguistiche, assolutamente realistico.
Bleichert e la Swank, oltre ai rispettivi personaggi, mettono in scena anche Bogart e la Astor, e una serie di artifici linguistici e topoi narrativi che si presentano allo spettatore come tali... è questo il significato del termine neo-noir, e il film, Blood Simple, che citi è un film che si presenta allo spettatore in quanto fatto prima di tutto di cinema... non c'è sospensione dell'incredulità, il film gioca con le convenzioni del genere che vengono di volta in volta tradite o rispettate, ma sempre esibendo la propria natura di film... tanto è vero che nei film successivi, per chiarire ogni possibile equivoco, i Coen si allontaneranno da ogni eemento realistico, per proporre definitivamente un cinema di secondo grado, un cinema sul cinema.
L'emozione primaria che si può trarre da Black Dahlia è la nostalgia, la vicenda è in sé devastante ma è trattata con evidente distacco, ciò che si va a guardare è soprattutto il caleidoscopio di forme cinematografiche e soluzioni linguistiche che De palma mette in atto... l'unica volta che vediamo chiaramente le colline di Hollywood (che sono in realtà vicino Sofia, dettaglio solo apparentemente poco importante), è nel finale, quando il protagonista si trova su un set pornografico, teatro di un orribile delitto, che è la più didascalica raprresentazione possibile del lato oscuro della fabbrica dei sogni.
E' inevitabile per lui, mentre fa un film ambientato a Hollywood, nell'epoca del cinema classico, fare anche un omaggio a quel cinema, e riflettere su quella forma cinematografica, ed è ciò che lo differenzia da un cineasta di quell'epoca. Di più non posso dire perchè devo rivedere il film...
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mescal
![](/forum/images/star_06a.gif) Reg.: 22 Lug 2006 Messaggi: 4695 Da: napoli (NA)
| Inviato: 27-10-2006 00:24 |
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qualcuno forse ci ha letti, ma ha rielaborato meglio...
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