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Autore Come Dio Comanda
liliangish

Reg.: 23 Giu 2002
Messaggi: 10879
Da: Matera (MT)
Inviato: 20-12-2008 13:36  
Salvatores ritorna a mettere in immagini un romanzo di Ammanniti anche questa volta con ottimi risultati.

Tralascia volutamente i risvolti sociali per concentrarsi nel rapporto, umano e carnale, tra i due protagonisti, padre e figlio, forti e fragili in modo assolutamente complementare: il padre massiccio, duro, violento ma pronto a sciogliersi in lacrime nell'abbraccio genitoriale; il figlio emaciato, magro, tutta la forza racchiusa in uno sguardo incandescente, che mostrerà di saper affrontare anche la morte.

Intorno, il paesaggio latteo e brumoso del Friuli, le montagne baluardo della normalità e il bosco testimone dell'incoscienza. Salvatores gioca con le favole vestendo di rosso la giovane vittima assalita nel bosco.

Certo il materiale fornito dal romanzo di Ammanniti era di prima qualità, ma ci voleva Salvatores per non sprecarlo. Riuscendo a lasciar intravedere, nel buio cupo della povertà e dell'emarginazione, il luccichio di un barlume di speranza. Tutto nelle lacrime dei protagonisti.
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...You could be the next.

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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 20-12-2008 14:40  
davvero ti è piaciuto tanto?
Io l'ho trovato passabile, ma ricco di leggerezze, soprattutto la prima parte molto grezza per scrittura.
Per film.it ho scritto questo:

Nordest italiano: un padre ex operaio ora disoccupato che giustifica il proprio malessere con idee neofasciste, un figlio adolescente che segue il genitore come un’ombra sia nella vita quotidiana che nei pensieri, un ritardato mentale che passa le giornate bighellonando per il paese.
Tre personaggi su cui si posano le fondamenta di “Come Dio comanda”, nuovo lavoro di Gabriele Salvatores, nonché seconda collaborazione tra il regista napoletano e lo scrittore Niccolò Ammaniti, ideatore sia dell’omonimo romanzo, Premio strega, da cui è tratto il film, che coautore della sceneggiatura. Ritorna, quindi, dopo “ Io non ho paura” il tema della paternità: se lì era un rapporto conflittuale che finiva con la ribellione del figlio ad un padre non così buono come si voleva immaginare all’inizio, qui si racconta una sorta di simbiosi tra le due figure, un amore incondizionato basato sulla consapevolezza che al mondo non ci sia nessuno per loro se non l’uno per l’altro, e viceversa.

Date le grigie premesse,a scombinare l’abituale scoramento quotidiano non poteva che essere una tragedia. La porta in dote, a metà film, il terzo vertice della vicenda, quel Quattroformaggi che dopo un non chiarito incidente sul lavoro che gli ha provocato disturbi psichici perenni, è stato adottato, di fatto, dagli altri due. Non distingue la realtà dalla fantasia, vive d’istinti sottacendo una violenza latente che è tipica di chi vive seguendo i propri bisogni primari. Le ripercussioni sulle vite degli altri non possono che essere altrettanto drammatiche.

Riducendo in maniera sostanziale il numero dei personaggi presenti nel libro, Salvatores realizza un film diviso in due tronconi narrativi: nel primo si da spazio alla parte descrittiva dei personaggi, ci si preoccupa (spesso con dialoghi grezzi, tesi a dare il maggior numero di informazioni nel più breve tempo possibile) di dare le varie coordinate della storia, lanciando vari spunti narrativi che si presume abbiano uno sviluppo successivamente (come il plagio mentale del padre sul figlio o le condizioni sul lavoro); nel secondo si costruisce una sorta di thriller dell’equivoco in cui tutta la tensione dello spettatore, che ha visto come sono andati davvero gli eventi, risiede nell’ attesa di vedere la verità rivelata anche ai protagonisti. Sul tutto aleggia il fil rouge dello spiritualismo negato, quel Dio che non comanda, non interviene e lascia che la solitudine si riveli anche assassina.

Se da una parte si apprezza il tentativo di aver voluto costruire un racconto con personaggi inizialmente “antipatici”, lontani da possibili immedesimazioni e che solo poco alla volta trovano la propria giustificazione/redenzione, dall’altra sembra mancare, a quest’opera, un cuore pulsante, un centro forte dal quale far partire tutte le varie ramificazioni narrative e concettuali. Non lo è l’amore che il figlio nutre per il padre, troppo poco esplorato e rinchiuso solo in un paio di pseudo emblematiche scene, non lo è l’indifferenza delle persone, occhi invisibili davanti il malessere palese di chi gli vive accanto, non lo è il senso di colpa, accennato solo nel finale. I personaggi non si sviluppano, rimangono fermi sulle loro posizioni dall’inizio alla fine, vivono i problemi del presente come eventi e non stimoli per cambiare o comprendere. Difficile affezionarcisi, così come restano irrisolti buona parte delle tematiche accennate nella prima ora del film.

La regia di Salvatores è brava a suggerire una sorta di impermeabilità alla storia, a tenere uno sguardo gelido su ciò che si nasconde dietro a realtà che spesso leggiamo sintetizzate in titoli e articoli di cronaca, ma non colpisce mai al fondo delle emozioni, se non nella bella scena dell’inseguimento in tunnel (in cui magistralmente anticipa la tensione del dopo) e nei primi due utilizzi (dopo diventa esagerato)di una canzone dolce come “She is the one” di Robbie Williams, messa in contrasto il rosso e il nero che scorrono sullo schermo.

E’ vero, come dice Salvatores, che alla base di tutta la storia ci sono i capisaldi narrativi delle opere shakespeariane “c’è un genitore, un giovane principe in crisi, uno scemo di corte, l’equivoco e il gioco del destino”, ma basta questo alto riferimento per giustificare un film firmato da due degli esponenti di maggior rilievo della nostra attuale letteratura e cinematografia? “Come Dio comanda” è un discreto film fatto con mestiere, ma le ambizioni degli autori e le aspettative dello spettatore, memore anche del bel “Io non ho paura” erano ben altre.

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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è

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liliangish

Reg.: 23 Giu 2002
Messaggi: 10879
Da: Matera (MT)
Inviato: 20-12-2008 15:38  
Mi è piaciuto, senza dubbio.
Non l'opera migliore di Salvatores, ma un cuore pulsante nel rapporto tra i due protagonisti l'ho visto.
Ha uno sguardo diverso sulla realtà adolescenziale, troppo banalizzata e trascurata nel nostro cinema, e tratteggia figure inconsuete e potenti.
Riconosco comunque buona parte dei difetti che gli attribuisci: la mancanza di suspence che hai notato nelle sequenze che riguardano "l'equivoco" io l'avevo attribuita al fatto che, avendo già letto il libro, sapevo come sarebbe andata a finire, ma probabilmente non dipendeva solo da quello.

Anche la SPOILER seconda sequenza in cui Quattroformaggi tenta di uccidere Rino mi è sembrata ridondante e priva di interesse. Vorrebbe rappresentare un'escalation nella follia e nella disperazione? Probabilmente, ma questo come altri temi vengono penalizzati dalla fretta.

La scelta buona è stata quella di concentrarsi sul rapporto padre-figlio tralasciando quasi ogni altra cosa; quel che non si poteva tralasciare perché ghiotto dal punto di vista cinematografico è la figura di Quattroformaggi che resta però abbozzata e perde molto in termini di consistenza drammatica.

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 22-12-2008 16:53  
Trama: Padre e figlio compongono la famiglia Zena, nucleo familiare in grandi difficoltà economiche ma soprattutto di interazione con l'ambiente circostante, una zona del Nord Est Italia, con il quale non vogliono condividere nulla se non un rifiuto reciproco totale, vivendo nell'apatia sociale più completa. Anche il ragazzo, Cristiano, indotto a rudi comportamenti dal padre autoritario, a scuola non riesce a legare con nessuno, difendendosi sempre in maniera violenta. L'unico che ha un tipo di rapporto, molto particolare, con loro è “Quattro Formaggi”, un uomo debilitato mentalmente da un lavoro svolto in maniera inadeguata senza protezione da incidenti. Costui si masturba continuamente con una videocassetta pornografica, utilizzando lo schermo come oggetto dell'interazione di un rapporto fisicamente inesistente. Quando un giorno trova una ragazza che assomiglia a Ramona Superstar, la protagonista del film hard, in lui scatta pericolosament e la voglia di passare dal virtuale al fisico. La cosa coinvolgerà drammaticament e anche la famiglia Zena, portandola in un terribile baratro.



Commento: Chi è il Dio che comanda il microcosmo costituito da un padre, un figlio, e un amico un po' suonato a causa di gravi incidenti sul lavoro subiti? È l'onnipotente dagli oscuri desideri in cui credono i cristiani oppure la figura terrena che chiede assoluta obbedienza ai suoi ordini espliciti? In questo caso potremmo avere una duplice risposta che si diversifica e ramifica a seconda se stiamo parlando del prodotto letterario oppure quello cinematografic o.
Nello scritto di Niccolò Ammaniti, da cui è tratto questo film (il secondo dai suoi libri diretto da Salvatores, dopo l'ottimo Io non ho paura) la figura ultraterrena è preponderante, guida e comanda le azioni nella fantasia malata del povero Quattro Formaggi (interpretato in maniera incredibile e perfetta da un Elio Germano quanto mai ispirato: ormai possono affidargli qualunque cosa e lui saprà recitarla con dovizia), un uomo di poca testa, ridotto a questa condizione come si diceva dall'aver lavorato come elettricista senza le dovute precauzioni. Invece nel film sembra che il Dio sia il padre del giovane Cristiano (Alvaro Caleca, bravo anche lui nel tratteggiare la figura di un adolescente pieno di problemi), un uomo indurito dalle circostanze della vita, autoritario e violento, senza più compagna (perduta in circostanze sconosciute) e senza lavoro, che ha come unica fede quella della sua magnum (lo interpreta in maniera dura e credibile Filippo Timi).
Due parole sulla trama. La famiglia Zena (padre e figlio) vive in una casa disadorna; soli, ostili verso il mondo e senza interagire con nessuno se non l'assistente sociale (un Fabio De Luigi barbuto completamente fuori parte, scelta di casting inconcepibile: meglio che si dedichi solo alle commedie ridanciane) che potrebbe però dividerli se l'uomo non trova lavoro. L'unica persona che accettano tra loro è lo stordito povero di testa del paese, dal nome di una pizza, “Quattro Formaggi”. Costui vede a ripetizione una vhs pornografica con cui si masturba in continuazione. Un giorno una ragazza che somiglia alla protagonista del pornofilmato incrocia la sua strada: nella sua mente già debilitata scatta la follia, coinvolgendo con le sue azioni scellerate anche padre e figlio.
Nel lavoro di Salvatores (regia molto buona la sua) si è preferito privilegiare il lato umano della vicenda, lasciando in un cantuccio i discorsi e le logiche che muovono il destino per mano divina, con un finale molto più consolatorio del libro (la produzione avrà agito per condurre la trama in questo senso? Possibile che autori come Salvatores e Ammaniti siano manovrabili in questa maniera?).
La scena clou sotto la pioggia (stupenda) non diviene così un viatico per mostrare lo sconcerto di Quattro Formaggi che segue nel bosco manovrato da pensieri occulti una situazione, ma una sorta di scelta operata dagli ormoni, dalla voglia di realizzare un sogno impossibile e improbabile (l'accoppiamento fino allora solo virtuale e masturbatorio con una pornostar). Il Dio beffardo lascia all'uomo la scelta, il libero arbitrio senza comandare, l'uomo diventa il crudele persecutore, totalmente colpevole delle sue azioni, senza scuse.
Il tono del racconto è asciutto, diretto, sin dal primo sparo vigono il gelo morale, la sopraffazione del più debole e la sopravvivenza con la lotta, la follia e gli istinti primordiali. Salvatores non disdegna ottime inquadrature senza mai perdersi nel surreale onirico (evocativa di libertà e spazi aperti quella del tiro a segno contro Quattro Formaggi).
La tragedia è solo la sublimazione dell'essere senza pelle che agisce preso dagli istinti di base, mentre il rivolgersi a Dio avviene solo quando non c'è scampo, come ultima chance di scelta quando ormai non abbiamo più le dovute doti di discernere. Un film che non si deve evitare di vedere, fatto molto bene, anche se le musiche (pur belle) sono molte volte messe lì senza vera logica e quasi senza profondità ed interazione con quanto si vede sullo schermo, tanto che la cosa risulta fastidiosa.
In definitiva c'è un lavoro composito che ci parla di uomini in difficoltà e di un Dio (qualunque esso sia) non caritatevole, come dice il titolo, ma che comanda, fatto con dovizia e recitato validamente (Germano su tutti); peccato per quelle storpiature pro-grande pubblico che ne allungano la merce ma ne annacquano l'intenso sapore di cappa opprimente che si respira, tra fango, pioggia, disperazione, sociopatia. Cinema italiano che ritorna validamente in questo clima di cinepanettone (anche se non è il Salvatores migliore) con uno dei suoi autori moderni più validi; rimane il rimpianto che un maggiore rispetto per certe filosofie di base avrebbe arricchito, anche se libro e film possono essere due strade e realtà diverse, quella narrata risulta la più ficcante.

pubblicata su cine zone
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non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT

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ines49

Reg.: 15 Mag 2004
Messaggi: 376
Da: PADOVA (PD)
Inviato: 31-12-2008 23:42  
Pur tuttavia con una sensazione di una qualche lungaggine nella totale visione di questo nuovo film di Salvatores ne è valsa la pena averlo preferito alla lista dei film della attuale programmazione natalizia.
Ottimi interpreti, lucide scene di violenza, livida fotografia del paesaggio, e ottima scelta delle musiche, oltre al raccontare con grande umanità i personaggi nelle loro debolezze.

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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 06-01-2009 10:00  
Due cose non ho apprezzato:
1- l'uso delle musiche;
2- il montaggio alternato presente un più di una circostanza, per amplificare l'incontro dei vari personaggi.
Per il resto è un buon film.
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Partecipare ad un'asta, se si ha il Parkinson, può essere una questione molto costosa.
Michael J. Fox
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