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Autore Stessa storia: scriviamo (5)
sloberi

Reg.: 05 Feb 2003
Messaggi: 15093
Da: San Polo d'Enza (RE)
Inviato: 07-07-2008 10:08  
Incipit scelto da Anthares:
"Si sporse dalla finestra; fuori la neve continuava a cadere copiosa. I suoi fiocchi avevano ricoperto tutto il paesaggio circostante e completamente imbiancato i tetti delle case."

Massimo battute: 5000

Si può scrivere da oggi fino a Mercoledì 16 luglio.
Si può votare da Giovedì 17 a mercoledì 23

Si ricorda che è possibile autovotarsi, ma i voti poi sono resi pubblici, quindi non sarà il massimo del buon gusto.
Per votare inviatemi un pvt nelle date sopra indicate con il nome dell'utente che ha scritto il racconto preferito.
Buon gioco

_________________
E' ok per me!

[ Questo messaggio è stato modificato da: sloberi il 17-07-2008 alle 01:51 ]

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 08-07-2008 23:30  
BIANCO e NERO

Si sporse dalla finestra; fuori la neve continuava a cadere copiosa. I suoi fiocchi avevano ricoperto tutto il paesaggio circostante e completamente imbiancato i tetti delle case.
Si accese una sigaretta per dare almeno un po’ di sapore alla contemplazione di quel bianco già troppo silenzioso.
“Bah”.

Andò a prendere il telefono, lo posò sul davanzale e chiamò continuando a guardare fuori, tenendo la cornetta tra spalla e orecchio, con la testa inclinata e la sigaretta penzolante dall’angolo basso delle labbra.
“Pronto.”
“Pronto un cazzo. Hai visto fuori?”
“Eh sì che ho visto”
“Che merda”
“Che merda sì. Che si fa?”
“Boh. Si fa e basta”
“Facciamo oggi lo stesso?”
“Che cazzo vuoi aspettare, che si ricopra di neve anche il mare?”
“Bah, infatti sì. Ti aspetto davanti al bar allora.”
Clic.

Col mozzicone della sigaretta se ne accese una nuova, e andò a cambiarsi e si vestì senza toglierla per un attimo dall’angolo delle labbra.

Sua madre spalancò la porta e irruppe nella stanza con la delicatezza che la contraddistingue, ma si strozzò il solito urlo-sveglia in gola.
“SVEGL… Eeh, com’è che già stai in piedi?”
“Boh. Sarà per la neve…”
“Aaahh, guarda che bello, tutto bianco!”
“Bah”
“Non ti piace la neve?”
“Noneee, a ma’, mi fa schifo la neve”
“Eehhh, non ti piace mai niente. E senti che puzza sta stanza, si sente il fumo pure dalla cucina”
“Uff. Ho pure aperto la finestra…”
“E MENO MALE!”
“Lasciamo perde, eh?! Esco”
“Fai colazione!”
“La facciamo al bar”
“Ciao. MI RACCOMANDO!”
“Scì a ma’, ciao”.

Davanti al bar arrivarono quasi contemporaneamente.
“Allora andiamo?”
“Aspe’, io devo fare colazione”
“Ah, non ammazzi a stomaco vuoto, eh?”
“Ahah, coglione”
“Beh era una citazione colta”
“Eeh coltissima. Entriamo”
“Ma non l’hai fatta a casa?”
“No ho detto a mia madre che la facevamo qui”
“Abbè”

Dopo la colazione salirono nel furgone e si avviarono.
“Fa’ piano che nevica”
“Lo saprò come devo guidare, no?!”
“Ma che cazzo vuoi sapere”
“Lascia perdere va’, ieri ho fatto delle consegne in posti dove credevo che l’uomo manco ci avesse mai messo piede… C’è uno che vive praticamente in un burrone, non ti dico il sentiero che ho dovuto fare per arrivare”
“Arruòlati nei corrieri espresso, e vedrai il mondo!”
“Eh, una mezza specie. Tu che hai fatto ieri?”
“Il solito cazzo di niente in facoltà fingendo di studiare”
“Ieri sera avete provato?”
“Ma va’, quel cazzo di chitarrista nuovo già comincia a “non poter venire”. Credo che sia una cosa stabilita dal sindacato dei chitarristi, il “non poter venire alle prove”. Io ho già cominciato a cercare qualcun altro. Affanculo. Tu, ieri sera? Tango? Palestra? Scopata con l’ennesima tizia conosciuta su internèt?”
“Seeeee!”
“Eh seee, come se fosse una cosa strana”
“No vabbè, so’ andato a teatro”
“Ah, con la barbona?”
“Eh, scì”
“Ooh e finalmente ti sei trombato la barbona, bravo porco!”
“Ntz’, ma vattene”
“Scì scì vabbè, ma che cazzo state a aspettare? Tanto vi si vede in faccia a tutti e due”
“Ma che cooosa?”
“Eh che cosa, il bucio del culo! Ma va’ va’! E poi basta con sto cazzo di teatro, tutti quanti. Con quello che costa, ci andate sei volte al cinema, che già una volta sola sarebbe meglio del teatro. Il teatro è per i vecchi e per quelli che si devono atteggiare a intellettuali”
“Io non mi devo atteggiare a niente”
“E allora sei un vecchio rincoglionito”
“Ma smettila!”
“Suca!”
“Non capisci niente, il teatro è molto emozionante”
“Sì, le emozioni del buco del culo!”
“Mah…”
“Al semaforo sterza”
“Da che parte?”
“Eh, a sinistra”
“Non si può, è senso contrario”
“E allora a destra, coglionaccio! E dammi quel cazzo di cappellino”

Era una stradina residenziale che in fondo sbucava sul lungomare. Non una via di passaggio, soprattutto d’inverno.
Si fermarono vicino al cancello di una delle villette, lui scese e suonò al campanello.
“Buongiorno, ho un pacco da consegnare al signor B*”
Il cancello si aprì, e si incamminò verso l’abitazione.
“Posso firmare io, o serve mio marito?”
“Il signore non c’è?”
“C’è ma è un po’ occupato”
“Ah beh non c’è problema, firmi lei, va benissimo”
“Lei non è il solito che passa”
“Ah… sì… ehm, sa com’è, con la neve…”
“Ah capisco. Firmo qui?”
“Sì lì in fondo, grazie”
Appena chinò la testa per firmare lui la colpì alla nuca stordendola, e sparì nella casa trascinandola con sé.

Uscì dopo neanche un paio di minuti e risalì sul furgone.
“Già fatto?”
“Sì, vai per dio!”
“Ma tutto ok?”
“Quasi, sì”
“Quasi?”
“Non mi sono potuto fare lei, l’ho fatta secca sul colpo”
“Ah”
“Comunque ho fatto. Un pezzo di merda in meno.”
“E anche un pezzo di fica, in meno”
“Eh, affanculo”
“Ahah, quando ti ho visto uscire subito ho pensato alla barzelletta sull’eiaculazione prec…”
“ATTENTO!”
La frenata improvvisa bloccò le gomme e il furgone planò sulla neve fino a cozzare violentemente contro il palo del semaforo.
Spese le sue ultime energie per aprire lo sportello e lasciarsi cadere sul manto bianco.
Il cane, ancora fermo in mezzo alla strada, chinò la testa di lato e guardò con aria incuriosita, come a voler capire la morte.
Un rivolo rosso ora squarciava finalmente quell’insopportabile assenza di colore.

_________________
– Ah sì, anch’io sono per il lieto fine, mica come quei film moderni che non si capisce niente, in fondo sono un sentimentale. Scusi tanto, non ha mica visto le mie mutande?

[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 08-07-2008 alle 23:34 ]

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gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 09-07-2008 14:01  
Dall’altra parte dello stesso mondo

Si sporse dalla finestra; fuori la neve continuava a cadere copiosa. I suoi fiocchi avevano ricoperto tutto il paesaggio circostante e completamente imbiancato i tetti delle case. Si tolse la giacca. Oggi non se lo sentiva proprio come giorno da freddo, meglio andare dall’altra parte della casa. Uscì dalla camera da letto e percorse il lungo corridoio per arrivare alle scale, le discese e si diresse dritto verso il giardino. Oggi era giornata da sole e piscina, da pelle da abbronzare e cruciverba, da doccia fredda come liberazione e ombra da invocare. Il bello di avere una casa esattamente al centro del Polo nord, lì dove un tempo passava l’asse terrestre. Casa sua, che ficata! Abbasso le stagioni, abbasso i meteorologi, abbasso i capelli a riccio con l’umidità, abbasso la naftalina per i vestiti che si mettono sei mesi dopo, abbasso il girovita variabile (se ogni giorno c’è la prova costume, col cavolo che ci si abbuffa!), faccio come mi pare a me, sono io il padrone. Grazie papà. Se non avessi avuto la geniale idea del “Trattato per il clima permanente”, nessuno ti avrebbe regalato questa splendida abitazione “in segno di riconoscenza ad un grande uomo del nostro tempo”. Altro che Nobel per la Pace, è questo il premio più grande che hai ricevuto. La scienza ha fatto la sua parte, certo. Se non fossero riusciti a fermare la rotazione terrestre attorno al Sole, probabilmente ora saremmo in guerra con quegli ex poveracci degli asiatici paesi emergenti che, col cavolo avrebbero dato un freno all’inquinamento! Volete aumentare la produttività?Ok, non c’è problema, ma beccatevi ‘sto bel buco dell’ozono sulla vostra parte del pianeta e un’ aria fredda e rarefatta per far disperdere più velocemente carbonio e pteudotalina nello spazio. Noi vi veniamo a trovare solo quando ci va di sciare. Ni hao, nemasté, sayonara!
Si era dimenticato che era giornata di visite. Il giardino era pieno di catatonici giapponesi venuti a fotografare il sole, cosa che puntualmente non riuscivano a fare: tale ero lo shock della luce ai loro occhi che a mala pena riuscivano ad aprirli. E così, cechi come boemi, si fotografavano piedi, nasi, unghie. Il che non era neanche male visto che alla fine del tour c’era una stanza adibita a negozio di souvenir che puntualmente veniva presa d’assalto per il reparto cartoline. Un bel business casa sua: una zona franca chiusa all’interno di una grande muraglia che divide il globo da parte a parte. Slogan: “Il tempo che non si ha senza dovere esibire passaporti o permessi speciali!”.
Gli sarebbe piaciuto condividere la propria felicità con qualcuno, ma come trovare la propria anima gemella quando si è l’unica persona al mondo a poter avere tutto? Chi mai lo avrebbe potuto capire completamente? E così si era regolato come per il tempo. Due ragazze che ormai erano donne: una invernale, pelle bianca latte, forme generose e labbra da mordere, ed una latina color ambra, gambe lunghe ed un fisico da ginnasta. Insieme sarebbero state perfette, ma la genetica ancora non ci era arrivata.
Suonò il campanello. Dallo spioncino vide un grosso ovale rosso, forse il viso di un californiano, attendere che gli si aprisse. Era già infastidito dai nipponici a bordo piscina, non voleva scocciature, non voleva creme solari ultima degenerazione, non voleva nulla, stava bene così, ma per educazione si appoggiò alla maniglia, la tirò leggermente verso il proprio piede messo ad L a mo’ di fermo e si sporse fuori
Neanche il tempo di mettere a fuoco chi avesse davanti che si ritrovò scaraventato per terra vicino alle scale. Quello che pensava fosse un brutto lampadato dispensatore di oli era il gommino di una grossa matita. Dietro di lui, dietro la porta, il nulla. Niente più muraglia, solo tanto bianco, tanto foglio vuoto. Probabilmente era dalla mattina che la matita stava lavorando, probabilmente quella che poco prima in lontananza gli era sembrata neve, era già il frutto di un lavoro di cancellazione che ora stava arrivando a conclusione. Per fortuna che c’erano i giapponesi. La matita si diresse verso di loro, ci avrebbe messo un bel po’ a cancellarli uno ad uno. Aveva poco tempo per decidere cosa fare. Salì le scale. Il vecchio studio del papà era nell’ala destra, quella invernale. La casa era ancora integra ai lati, la tempesta dell’emisfero buio ancora non era penetrata, poteva arrivarci facilmente. Era da anni che non entrava in quella stanza, ma sapeva che vi avrebbe trovato ciò che stava cercando: la famosa penna con cui fu firmato il “Trattato del clima permanente”. Quella sarebbe stata la sua arma. Una penna indelebile contro la supermatitona gigante col gommino. La resa dei conti era arrivata: una guerra da cartoleria per una storia di un mondo che stava andando in rovina, una storia che era meglio non cominciare mai, e che forse ora, aveva come unica soluzione, la cancellazione totale, il reset. Non c’era più spazio per correzioni, ci eravamo, ci siamo, spinti troppo in là.


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Vendo divano letto, riletto e anche un po' sottolineato


[ Questo messaggio è stato modificato da: gatsby il 09-07-2008 alle 14:38 ]

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liliangish

Reg.: 23 Giu 2002
Messaggi: 10879
Da: Matera (MT)
Inviato: 16-07-2008 13:06  
Quel che è andato perduto

Si sporse dalla finestra; fuori la neve continuava a cadere copiosa. I suoi fiocchi avevano ricoperto tutto il paesaggio circostante e completamente imbiancato i tetti delle case. Allungò un dito a toccare la bianca coltre sul davanzale, poi la guardò sciogliersi lentamente al calore del suo corpo. A vederla da lontano sembrava panna, ma da così vicino rivelava la sua natura acquosa e ghiacciata. Ne portò un po’ alle labbra. Sapeva di polvere.
“E’ la prima volta che la vedi, Eddie?”
La voce di Lia lo fece sobbalzare, tant’era immerso nella contemplazione. “Sì” rispose, arrossendo.
“Sai cos’è?”
“E’ neve. L’ho imparato a scuola. Ma nessuno ci aveva mai detto che in superficie nevica ancora.”
“Di rado, ormai. Molto di rado. E non dura.” Lia gli si avvicinò e gli scostò i capelli dal viso. Un ciuffo cinerino che, lasciato a se stesso, mollemente tornò a cadergli sulla fronte. Eddie sorrise e tentò di baciarla. Ma lei si scostò, turbata.
“Non ti ho comprato per questo, Eddie. So che è quello che ti aspetti, ma non ti ho comprato per questo.”
Il ragazzo fece spallucce. “Le donne della superficie non cercano altro, dai ragazzini della Suburbia.”
“La maggior parte delle mie coetanee è già stufa degli uomini e della libertà sessuale a vent’anni. A trenta, siamo come degli stracci che abbiano strofinato i pavimenti per anni. So che non è un paragone elegante… ma spiega bene il motivo per cui molte di noi comprano adolescenti nella Suburbia. Non avete pretese, venite subito al dunque e vi lasciate coccolare come gattini. Soddisfando a un tempo i desideri delle nostre carni consunte e il senso sopito di maternità dei nostri corpi sterili.”
Gli occhi verdi di Eddie brillarono di curiosità. “Ma se tu non vuoi questo, perché mi hai comprato?”
Lia si era avviata verso la porta; si voltò verso di lui, lanciandogli un paio di guanti. “Per giocare a palle di neve!”
Uscirono. L’aria era fredda e pungente. A Eddie, abituato all’atmosfera artificiale della sua città sotterranea, sembrava liquida. D’un tratto sentì qualcosa di umido e gelato atterrargli sul volto, appiccicandogli alla fronte il ciuffo ribelle. “Ma che..!”
“Difenditi, babbeo!” gli urlò Lia, preparandosi a lanciargli un’altra palla di neve. Lui ne raccolse una manciata, cercando di appallottolarla, impacciato dai guanti. Lia non gli dava tregua. Approfittava del vantaggio per seppellirlo sotto una gragnola di palle, mentre lui tentava invano di metterne insieme almeno una. Alla fine, stanco di essere un bersaglio inerme, si lanciò verso di lei e la fece atterrare lunga nella neve. Le stava sopra, e rideva, sfacciato.
Ma Lia non rise. “Non ti ho comprato per questo” disse, tentando di scrollarselo di dosso. Ma lui la prese per i polsi spingendola contro il terreno.
“Cosa diresti se lo facessi lo stesso? Mi rispediresti nella Suburbia, a respirare il catrame e mangiare cibo sintetico, rimpiangendo la luce del sole? O forse le vostre leggi prevedono la morte, per un Suburbano che stupri una donna?”
“Non c’è nessuna legge per te, in superficie. Ti farei sbranare dai miei cani. Hai mai visto un pitbull, Eddie? Un essere selezionato per dilaniare e uccidere? Ti assicuro che non sarebbe un incontro piacevole. Ora lasciami, non mi sto divertendo.”
Eddie mollò la presa. Il riso era scomparso dal suo volto. Non era paura. Lo turbava non riuscire a capire cosa volesse quella donna da lui. Se non lo considerava un costoso giocattolo sessuale, perché l’aveva comprato?
Si avviò pensoso verso la villa. Lia lo seguì scrollandosi di dosso la neve.
“Preparami un bagno caldo” disse appena furono in casa “E chiuditi in camera tua. Non ti voglio in giro a spiarmi.”
Eddie si chiese se gli abitanti della superficie non avessero il dono della lettura del pensiero. Riempì la vasca e, controvoglia, si chiuse in camera. Lia aveva messo a sua disposizione una quantità di file video, audio e di testo: classici del cinema, della musica, della letteratura. Scelse un film, puntò il proiettore sul soffitto e si sdraiò sul letto.
Un’ora dopo, lei bussava alla porta. “Cosa guardi?” volse lo sguardo al soffitto. “Ti piacciono, i film del XX secolo? Non ci speravo davvero… anche se i test attitudinali lo prevedevano.”
Si sdraiò sul letto accanto a lui. Sul soffitto galleggiavano le immagini di una giovanissima fanciulla, e un Cinese che tentava invano di salvarla dalla vita e dalla morte.
“Sono passati quasi due secoli, da questo film” mormorò Lia. “Abbiamo cancellato dalla nostra razza ogni traccia di passione.”
“Esiste ancora, da qualche parte nel mondo, un’emozione simile a questa? Il modo in cui lui la guarda, come le si avvicina, senza osare sfiorarla…”
“Non esiste più, Eddie. Da nessuna parte del mondo.” Ebbe un sospiro. “E’ per questo che ti ho comprato.”
Lui guardò il Cinese che si avvicinava alla fanciulla, anelando e non osando baciarla. E finalmente capì. Non razionalmente, ma in qualche buco profondo dell’anima.
Sfiorò con le dita il volto di Lia. “Voglio che mi porti a vedere il mare.”

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...You could be the next.

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