kubrickfan
Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 15-09-2007 18:25 |
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Trama: uno spaccato dei 25 anni della vita di un ragazzo di Palermo, Saro, che viene allevato da un padrino di cosa nostra. Dall'inizio della sua attività con una bislacca rapina, poi la maturità e la scellta di vita difficile da prendere per chiudere i conti.
Commento: un film che parla di mafia degli anni ottanta ma sopratutto della vita distorta a cui può andare incontro un giovane nato e cresciuto nei difficili quartieri di Palermo, tra padrini malavitosi che vogliono che lui guardi con i loro stessi occhi il mondo e non debba avere una identità personale ben precisa se non quella che vogliono loro.
Saro (interpretato da Luigi Lo Cascio, ricordiamolo nei due capitoli de La meglio gioventù) vive la sua esistenza solo di luce artificiale, costruita e riflessa da chi lo vuole destinata a ben altra speranza che quella di costurire una famiglia che non sia quella mafiosa. Il racconto elaborato da Andrea Porporati (sopratutto sceneggiatore televisivo più che regista) si muove con una cadenza ben precisa a centralizzare il personaggio rispetto alla descrizione dell'ambiente, facendo intuire la cancrena interna che divora Saro con degli avvenimenti laterali simbolici, con le uccisioni più o meno sensate, con la mancanza di istruzione che porta a fare atti violenti senza volerli veramente per animo malvagio (simbolica la rapina iniziale). E' il mondo che ti circonda che ti trasforma così, non sei mai tu di base, e nulla è scritto nel tuo destino se non quello che verghi tu sul pianeta, sembra dirci Porporati tramite i suoi personaggi. Lo stile di racconto è secco, asciutto, senza fronzoli, non cade mai nel patetico e mostra condizioni disagiate che sono più morali che reali, emozioni che non possono uscire per la troppa cappa di controllo e terrore.
Risulta quindi molto buono il ritratto completo del ciclo della vita di Saro, oltretutto diverso anche se non genialmente originale dai soliti tipi di scrittura che vediamo sul tema. Avvicinarsi a questi film non vuol dire vedere quintali di sparatorie e continue vendette, è un racconto più calmo e riflessivo, pacato e pungente di un mondo che ha delle regole che non risparmiano nessuno, intersecando in continuazione il ruolo di oppressori con quello delle vittime.
"Tu devi guardare con i miei occhi, non con i tuoi" dice il boss a un giovane picciotto che non sembra voler accettare, per poi alimentare con una risata liberatoria una frustrazione sopita per lungo tempo in un finale quasi ironico della contemplazione di una vita mal spesa. Accanto a Lo Cascio abbiamo una ottima Donatella Finocchiaro che fa una donna d'onore con sentimento, mentre bravi caratteristi rendono al meglio il variopinto sottobosco dei personaggi di cosa nostra. Un film italiano intelligente nella sua semplicità, emozionale nella resa, una buona prova per un autore che se grazie a produttori che gli daranno fiducia farà opere più ambiziose e ampie sarà davvero da tenere d'occhio.
Il cinema italiano una volta di più condanna la mafia, anche quella di oltre venti anni fa, senza mai celebrarla ma cercando nuove visioni di racconto come in questo caso.
_________________ non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
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