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Autore Il cinema di Moretti
gatsby

Reg.: 21 Nov 2002
Messaggi: 15032
Da: Roma (RM)
Inviato: 05-07-2004 12:22  
Nanni Moretti si racconta
"Il cinema nella mia vita"
"Volevo lavorare come aiuto dei fratelli Taviani, Peter Del Monte, ma per fortuna tutti mi dissero di no. Così feci il regista"



di RENZO FEGATELLI
SODANKYLA - A Sodankyla, piccolo paese finlandese a 130 Km nord del circolo polare artico, si è tenuto il 19° Midnight Sun Film Festival. L'idea di fare un festival in Lapponia è stata di Ansi Mantari che ha coinvolto i fratelli Kaurismaki in un'avventura che ha portato in questa sconfinata pianura, dove d'estate il sole non tramonta mai, registi di tutto il mondo, da Samuel Fuller a Francis Ford Coppola, e soprattutto una marea di italiani: Scola, Risi, Lattuada, Monicelli, Rosi, Amelio, Taviani, Sollima. Quest'anno è toccato a Nanni Moretti, che ha presentato nove film, ed ha avuto un grande successo. In una palestra trasformata in auditorio, davanti a un pubblico straripante, il regista ha parlato a lungo di se stesso.

"Il primo film, non di cartoni animati, l'ho visto a nove anni con mio padre e mio fratello, ed era un western, "Soldati a cavallo" di John Ford. Però è il secondo quello che mi è rimasto più impresso, "L'uomo che sapeva troppo" di Alfred Hitchcock. I miei erano professori. Mio padre insegnava epigrafia greca all'università e mia madre lettere al liceo. Ho un fratello più grande e una sorella più piccola. A scuola non andavo particolarmente bene: ho anche ripetuto un anno. Finita la scuola a 19 anni, volevo fare cinema e i miei sono stati molto liberali, mi hanno permesso di rischiare. Il Centro sperimentale era riservato a quelli già laureati. Con mia grande gioia non potei neanche provarci. Tentai anche di fare l'aiuto regista, anzi l'assistente volontario alla regia. Con Paolo e Vittorio Taviani, Peter Del Monte o altri. Per fortuna, tutti mi hanno detto di no. Così ho fatto direttamente il regista".
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"Tra il '73 e il '74 ho fatto tre cortometraggi. Poi scrissi una sceneggiatura, diciamo "professionale", nel 1975. La proposi a vari produttori. Mi resi conto che la cosa più difficile era che qualcuno la leggesse. Capii che l'unica maniera per fare film era di continuare col Super8. Allora girai Io sono un autarchico. Costò 3milioni e 300 mila lire e tutti dissero: 'Ah, ecco, questa è un'indicazione per i film troppo costosi, contro la crisi del cinema!'. Invece a me sembrava un film ad altissimo costo, e lo era. Avevo chiesto ai miei amici, alcuni studenti, altri medici o giornalisti, di regalarmi il loro tempo libero. E quando il film uscì nei Cineclub, tutti mi dissero: 'Si capisce benissimo quanto vi siete divertiti facendo il film', ma io in realtà durante le riprese ero sempre molto angosciato. Doveva stare un solo giorno in un famosissimo cineclub romano, il Filmstudio, ma restò in cartellone per molti mesi".

"Grazie al Filmstudio ho potuto fare il secondo lungometraggio, "Ecce Bombo", il primo "industriale". Ho continuato con lo stesso stile, parlando degli stessi personaggi e dello stesso ambiente. Non ho mai saputo cosa il pubblico volesse, ma sapevo cosa volevo raccontare io. Il mio protagonista si chiamava sempre Michele Apicella. Dapprima senza accorgermene e poi più coscientemente, ho inventato questo personaggio caratterizzato da tic, nevrosi e ossessioni. Mi divertivo a stargli dietro film dopo film. La passione per i dolci, l'ossessione per le scarpe, una certa intolleranza. E poi invece c'erano delle costanti di ambientazioni, delle scene o degli ambienti, perché facevano parte della mia vita".

"A un certo punto con Caro diario sono precipitato nella prima persona, perché una delle tre parti era la cronaca di un tumore che io avevo avuto in quegli anni. Mi sembrava stonato interpretare un personaggio, ma non dico che sono stato me stesso perché non sono così ingenuo. Era pur sempre un film con scelte di regia, di interpretazione e di scrittura, nel quale ho interpretato una persona che si chiama Nanni Moretti. Ho girato due film in forma di diario, esattamente Caro diario e Aprile. Con La stanza del figlio sono tornato a interpretare un personaggio di invenzione. Nel frattempo però erano passati un bel po' di anni".

"Il mio "lavoro" di spettatore ha sempre influenzato il mio lavoro di regista. All'inizio ero innamorato della camera fissa e forse questo si rifletteva anche sul mio modo di fare i film. A un certo punto come spettatore ho cominciato a emozionarmi di più. E ho cominciato anche a dare più importanza alla narrazione, al racconto, e quindi alle emozioni, e questo anche nel modo di girare. E così sono venuti due film che si chiamano Bianca e La messa è finita. Sempre come spettatore verso la fine degli anni 80 notai che il ruolo della sceneggiatura balzava di nuovo in primo piano, acquistava di nuovo importanza. Nelle sceneggiature però c'era una specie di aria di restaurazione narrativa, sceneggiatori e registi erano molto contenti di raccontare benino delle cose raccontate molto meglio trent'anni prima".

"Allora ho cercato strade narrativamente più libere. Quindi Palombella rossa, Caro diario, Aprile, sono dei film da un punto di vista narrativo meno chiusi nella storia tradizionale. In questo senso Palombella rossa è molto indicativo. Nella pallanuoto la palombella corrisponde al pallonetto del calcio, il tiro a parabola a scavalcare il portiere. Io volevo fare un film sulla crisi ma soprattutto sulla confusione della sinistra italiana, ma non volevo fare il solito film sulla solita crisi del solito giovane dirigente comunista italiano. Non volevo raccontare in maniera realistica quel periodo lì di confusione, di perdita di memoria. E allora ho ambientato questa storia e il sentimento che io avevo in quel periodo, dentro una piscina durante una partita di pallanuoto che sembra non finire mai, in cui il tempo si dilata. Io devo tirare il rigore decisivo, ma la televisione del bar sta proiettando il Dottor Zhivago e siccome il film sta terminando, tutti i giocatori escono dall'acqua per vedere il finale. Ecco, quindi, un film non realistico".

"Diffidate di quei registi o di quegli attori che dicono: ah, sul set abbiamo tanto improvvisato. Non è mai vero. Però e vero, per quanto mi riguarda, in questi film (Palombella rossa, Caro diario, Aprile) io ho iniziato a girare con alcune situazioni di sceneggiatura che non avevo ancora risolto. Quindi durante il periodo delle riprese io ho trovato delle soluzioni di racconto che ancora non erano presenti nelle sceneggiature, che non erano dettagliate dall'inizio alla fine. Per La stanza del figlio il discorso è diverso, perché sapevo che volevo raccontare il sentimento che è all'origine di quel film, e lo volevo raccontare in una storia più classica. Per far questo avevo bisogno di cominciare le riprese con una sceneggiatura precisa".

"Ho sempre convissuto con i discorsi sulla crisi del cinema. A volte non erano solo discorsi, a volte era una crisi vera. Per quanto mi riguarda rispetto a trenta anni fa è rimasta intatta la mia voglia di raccontare con il cinema e la mia curiosità di vedere i film degli altri. Si diceva che bisognava fare film internazionali perché il cinema italiano era in crisi, io invece facevo film sempre più personali. Si diceva che non c'era più spazio per fare film di giovani in Italia, allora io nel 1986, insieme ad Angelo Barbagallo, ho fondato una società di produzione, la Sacher, con cui abbiamo prodotto degli esordi, dei primi film. Oppure si diceva che le sale cinematografiche chiudevano per colpa della televisione e delle videocassette, allora ho aperto una sala cinematografica. Un film da portare su un'isola sperduta? Oggi dico Fellini 8 e 1/2 poi magari domani dirò un altro film".



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vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
Messaggi: 4111
Da: roma (RM)
Inviato: 05-07-2004 12:45  

ho letto l'articolo stamattina. (credo che ai più qui in mezzo moretti faccia abbastanza schifo, per altro per le ragioni sbagliate)

mi ha fatto piacere che abbia indicato un film visionario, lussureggiante e non 'progressista' come 8 e mezzo, non me l'aspettavo.

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