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Autore Il Maestro Alfred Hitchcock
13Abyss

Reg.: 20 Lug 2003
Messaggi: 7565
Da: Magliano in T. (GR)
Inviato: 15-12-2003 22:14  
Quello che segue non è un giudizio critico su Hitchcock.
Non è una monografia nè tantomeno un insieme di opinioni personali (anche se qualcuna quà e là c'è).
Il suo scopo è essere un indirizzo per chi conosce poco l'autore, dettato fondamentalmente dalla grande passione di chi scrive per il regista.
Se qualcuno volesse contraddire a qualcosa che ho affermato in questo pezzo in modo provocatorio o volesse postare opinioni su di me o su qualcosa di non attinente all'argomento, pregherei che lo facesse in pvt o in altra sede. Per tutto il resto lo spazio è vostro.
Sono particolarmente graditi interventi sulla "forma" del testo o su eventuali discrepanze in esso presenti (a dirla tutta, non c'ho rimesso mano dopo averlo completato...).
Le fonti a cui ho attinto sono molte, ma mi piacerebbe ringraziare per l'aiuto che mi hanno fornito con alcuni thread di questo forum Alessandro, Denisuccia, Mallory, OneDas, Seanma, Rivole e Tristam; se ho scordato qualcuno pazienza...
Ho scritto tutto st'affare quà sotto per la sezione "storia del cinema": se volete mettercelo va benissimo, altrimenti potete benissimo lasciarlo vacante in Tuttocinema (a te l'onore, Ilaria).
Detto questo, ho concluso e voglio proprio vedere se qualcuno ha il coraggio di leggere sto polpettone...
A voi, cazzoni.

P.S.: per adesso ci sono soltanto le prime due parti.
_________________
- Vago, vago e ancora vago... -

[ Questo messaggio è stato modificato da: 13Abyss il 15-12-2003 alle 23:41 ]

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13Abyss

Reg.: 20 Lug 2003
Messaggi: 7565
Da: Magliano in T. (GR)
Inviato: 15-12-2003 22:15  
"Non giro mai un quadro di vita vissuta perchè quello la gente può benissimo trovarlo a casa sua o in strada e persino davanti l'ingresso del cinema. Non c'è bisogno di pagare il biglietto per vedere una 'fetta' di vita vissuta."

Il solo pensiero di mettersi a confronto con Hitchcock spaventa e forse questo lo farebbe sorridere... Come si può parlare di un genio di tale fattura?
Semplicemente non si può. Il mio è un misero tentativo di selezionare notizie e pensieri e di instradarli in una descrizione del regista. Ma per ogni cosa detta, ce ne sarebbero talmente tante altre da aggiungere che si rischierebbe di perdere la razionalità. Si. Perchè è impossibile razionalizzare H., o per meglio dire le sue opere, che non appartengono ad un genere delineato ma si fanno, invece, creatrici loro stesse di un genere e lo portano alle vette del puro cinema.
Giallo, thriller, azione, commedia...non c'è sostantivo che possa riempire un tipo di cinema così personale, così fortemente legato al suo autore da rendersi ineguagliabile.


Il Periodo Inglese (1926-1940)


- Il Pensionante(1926)
- Fragile Virtù(1927)
- Vinci per Me!(1927)
- L'Isola del Peccato(1928)
- La Moglie del Fattore(1928)
- Blackmail(1929)
- Giunone e il Pavone(1930)
- Omicidio(1930)
- Fiamma d'Amore(1931)
- Ricco e Strano(1931)
- Numero diciassette(1932)
- Vienna di Strauss(1933)
- L'Uomo che Sapeva Troppo(1934)
- Il Club dei 39(1935)
- L'Agente Segreto(1936)
- Giovane e Innocente(1937)
- Sabotaggio(1938)
- La Signora Scompare(1938)
- La Taverna della Giamaica(1939)
- Il Prigioniero di Amsterdam(1940)



E' il periodo che vede la nascita di H. regista. Le sue opere si dividono in due gruppi fondamentali: quelle veramente valide però mal gestite dalla distribuzione inglese e quelle opere definite "minori" (ma di H. non si butta assolutamente niente).
Se dobbiamo dare uno sguardo alla realtà del cinema di quei tempi, troviamo decine di registi che hanno dato linfa e "spirito d'essere" a quest'arte, ma Hitchcock si differenzia dagli altri per aver generato una personale intenzione cinematografica, quella di anteporre ai propri film la presenza dello stesso "autore" che li crea, ponendo le basi per il linguaggio cinematografico nella sua essenza più pura, "i film d'Autore".
E' semplice comprendere le radici di H., basta guardare al panorama mondiale dei suoi esordi: dopo che Melies aveva reso il cinema uno spettacolo di finzione (definizione azzeccatissima per lo stesso H.) le menti del tempo avevano fornito i più innovativi spunti per sfruttare le nuove possibilità offerte da quest'arte. Si erano affermati i kolossal di stampo italiano (come Quo Vadis?(1913) o Cabiria (1914)), varie correnti si sviluppavano nel resto dell' Europa (l'impressionismo francese di Renoir, figlio del pittore - l'espressionismo tedesco di Lang e Murnau, che fornirà capolavori come Metropolis(1926) - il formalismo sovietico, rappresentato perfettamente da un alto calibro come La Corazzata Potemkin(1926) ), mentre negli Stati Uniti si era ormai affermato il film comico e le opere di Chaplin e Keaton erano ormai famose ovunque.Un grande fermento era quindi in atto e H. se ne fece il portavoce scomodo e distaccato.
Inizialmente H. soffre di un inevitabile quanto acerbo attaccamento al pensiero britannico, ma già i primi film come Il Pensionante presentano un iniziale assaggio dei temi cari al regista. In primis la "paura" e la ricerca di qualcosa di coinvolgente, tecnicamente agli antipodi del racconto misterioso, che diventerà la "suspense", marchio caratteristico di H. . Gli spunti presenti non si fermano però qui, basta pensare ad un paio di scene presenti nel suo primo film che verranno riutilizzate (però modificate virtuosamente) in successive opere quali Psycho e Marnie, oppure ai temi riguardanti il lato "bestiale" della massa che si concludono con un potente simbolismo (il linciaggio della folla porta ad una specie di crocifissione). Le espressioni tecniche, poi, già trovano un ampio sfogo, tramite la maniacale cura dei dettagli di H. che si rivelerà fondamentale successivamente (scene come quella della passeggiata frenetica sul pavimento di vetro erano di una qualità innovativa eccezionale per quel tempo). Il film si avvale inoltre di uno spazio temporale in cui il rigore delle immagini la fa da padrone (servendosi di quel noto "linguaggio cinematografico" che con l'avvento del sonoro subirà un brutto stop), mettendo in risalto il potenziale espressivo dell'immagine in sè e sottolineando quindi il forte input fornito dall'espressionismo tedesco e dai film dei grandi comici.
In realtà, The Lodger è il terzo film di H., ma il primo di cui egli si ritenesse soddisfatto e soprattutto il primo dove compie le sue leggendarie comparse (qui addirittura due).
A seguito di quest'opera, nel 1927, la Warner Bros si salvò dalla bancarotta grazie all'uscita nelle sale de "Il Cantante di Jazz" di Alan Crosland, primo film sonoro della storia del cinema. L'importanza di quest'opera risiedeva non tanto nella qualità (a dir la verità piuttosto scarsa), quanto nella brusca modifica dei canoni cinematografici che comportò: i film ritornarono a livellarsi in terrmini di linguaggio, data la necessaria ricerca di "padronanza del nuovo mezzo" che la scoperta implicava. Lo stesso H. proclamava: "il cinema muto è stato sostituito dalla fotografia di gente che parla". Ben presto però, si troverà anche lui costretto a fare i conti con la novità del decennio.
Il film seguente, Fragile Virtù, non sarà un capolavoro, ma permette a H. di portare le caratterizzazioni psicologiche in secondo piano, sperimentando numerose tecniche di montaggio; inoltre, si evince una naturale avversione del regista nei confronti della società "perbene" di allora, con tutti i suoi falsi moralismi, avversione che sarà maggiormente sottolineata nelle opere successive (H. non si è mai risparmiato nell'utilizzare temi scabrosi che potessero suscitare scandalo, basta ricordare che l'omosessualità o la necrofilia sono stati temi dal lui toccati più volte).
Sempre nel '27, uscì uno dei migliori film muti di Alfred, The Ring (Vinci per Me!), pieno di trovate ingegnose e di un'iconografia eccelsa, dove il "cerchio" del titolo finisce per rappresentare di tutto, dalla ciclicità dell'amore ai doni scambiati tra i protagonisti (bracciale e anello). I montaggi delle scene di combattimento non avevano mai raggiunto livelli così alti e non fecero che aumentare la notorietà del nostro. Purtroppo la regia risentiva ancora del legame con la British e certe libertà non erano ancora permesse all'autore.
Il successivo L'Isola del Peccato sarà l'ultimo film muto di H., ma non è degno di nota se non per l'introduzione di due temi particolarmente cari: l'ambiguità che si sviluppa nell'interazione tra i personaggi e il voyeurismo. Nella Moglie del Fattore, poi, si delinea il senso del grottesco, teso a screditare e banalizzare certi atteggiamenti tipici degli ambienti snob inglesi, un'accentuata misoginia e l'ancor intenso timbro espressionistico della fotografia (dello stesso H. che, come si sà, tendeva a lavorare in persona su qualsiasi aspetto tecnico delle sue opere, con una pignoleria portata all'estremo nei particolari di scena ed in ogni elemento del film, dalla sceneggiatura al montaggio - gli stessi storyboard del Maestro erano capolavori di precisione).
Un punto di svolta fondamentale sarà segnato da Ricatto (BlackMail) del 1929, il primo suo film con sonoro in presa diretta. Qui si iniziano a trovare i veri e propri elementi caratteristici di H.: innocenza, colpevolezza, giustizia, tensione, protagonista femminile bionda, nonchè la caccia all'uomo ambientata in luoghi famosi o appartenenti all'immaginario comune che raggiungerà il suo apice di tecnica in North by Northwest. Inoltre, a sottolineare il forte legame del regista con la tecnica artigianale del "fare i film" che lo porterà a creare incredibili innovazioni, si può già notare l'utilizzo del metodo Schufftan che consisteva nell'ottenere fotografie montate con fondali dipinti per rendere un forte impatto scenico (l'utilizzo di tale tecnica toccherà "vette poetiche" nella scena del teatro de L'Uomo che Sapeva Troppo).
I tentativi di un utilizzo ragionato del sonoro in presa diretta da parte di H. sono fortemente insiti dietro ogni film di quel periodo, basti pensare che pur di ottenere un risultato apprezzabile, H. era solito compiere miracoli spostando un'intera orchestra dietro le quinte dei set, come in Giunone e il Pavone; la forte passione per il teatro era invece simboleggiata dalle trame e dalle sceneggiature dei film, spesso riprese da pièce di famose compagnie teatrali.
Dopo Murder!, che suscitò molto scalpore al tempo per il tema dell'omosessualità (accennata da H. tramite sotterfugi narrativi eccelsi) e che introduceva l'utilizzo della voce fuori campo, seguirono alcuni film di dubbio valore, che lo stesso regista reputava "compromessi con la produzione". Di Omicidio mi piacerebbe rimarcare la scena finale, rappresentante un suicidio di alta spettacolarità da parte dell'acrobata (ma si sà che H. era contrario ai colpi di scena finali) e ancor'oggi di godibilissima visione.
Sarà, nel 1934, L'Uomo che Sapeva Troppo a segnare definitivamente il talento del regista, che finalmente darà sfogo alle ispirazioni "giallistiche"e alla creazione della suspense cinematografica. Purtroppo, questa prima versione perde (e di molto) il confronto con il rifacimento attuato dall'autore stesso nel 1956, soprattutto perchè evidenzia (anche se sta per concludersi) l'attaccamento ai canoni stilistici dell'espressionismo (basta pensare all'ambientazione della chiesa) risultando contraddittorio e spesso fuorviante, con relative perdite di ritmo. Inoltre la Nemesi di Hitchcock del tempo, C.M.Woolf, inizialmente ostacolò con insistenza l'uscita di quest'opera che riteneva assurda e sconclusionata.
Altrettanto fondamentale fu il successivo Club dei 39, "un thriller raccontato col ritmo della commedia" che sfrutta tutti gli stereotipi dei film di spionaggio, alternandoli a scene di humour e a rapporti tra i personaggi pieni di menzogne, falsità, tradimenti e uno scetticismo di fondo che rende il tutto particolarmente elaborato.
Dopo la scissione nel '36 dai compari degli esordi Balcon e Montagu, Hitchcock si apprestava a rompere i propri rapporti con il Regno Unito, ma con una serie di film di ottimo calibro: in Agente Segreto incomincia a lavorare su uno dei suoi temi preferiti, lo scambio di persona, e caratterizza il cattivo di turno con tinte più forti degli altri personaggi, portando lo spettatore a stare dalla sua parte con annessi risvolti di ambigua moralità.
Giovane e Innocente affermerà ancora di più i marchi di fabbrica del Maestro e si ricorderà negli anni per una stupenda scena ambientata in una sala da ballo, dove una "carrellata da antologia" porterà lo spettatore ad individuare l'assassino (tecniche come questa si può benissimo dire che sono state inventate da H. stesso). The Lady Vanishes presenta lati della personalità di H. fino ad allora insospettabili e sfrutterà le capacità di caratterizzazione del regista su temi quali l' "apparenza" e la deviazione della realtà, mentre La Taverna della Giamaica, ultimo film di H. girato in Inghilterra, è forse la sua peggiore opera di sempre, snobbata dal regista stesso che ne parlava come di un esperimento simpatico ma niente di più.
Come passaggio intermedio tra il periodo britannico e quello americano troviamo Il Prigioniero di Amsterdam, vero e proprio inno alla tecnica del regista.
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Tristam
ex "mattia"

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Da: genova (GE)
Inviato: 15-12-2003 22:56  
Li hai visti tutti i film che hai citato?
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"C'è una sola cosa che prendo sul serio qui, e cioè l'impegno che ho dato a xxxxxxxx e a cercare di farlo nel miglior modo possibile"

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Reg.: 20 Lug 2003
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Da: Magliano in T. (GR)
Inviato: 15-12-2003 23:05  
Praticamente si... Ma alcuni anni or sono...
Infatti ho dovuto rinfrescarmi la memoria...
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Reg.: 20 Lug 2003
Messaggi: 7565
Da: Magliano in T. (GR)
Inviato: 16-12-2003 20:14  
Il Primo Periodo Americano (1940-1951)


- Rebecca, la Prima Moglie(1940)
- Il Signore e la Signora Smith(1941)
- Il Sospetto(1941)
- Sabotatori(1942)
- L'Ombra del Dubbio(1943)
- Prigionieri dell'Oceano(1943)
- Io Ti Salverò(1945)
- Notorius - L'Amante Perduta(1946)
- Il Caso Paradine(1947)
- Nodo alla Gola(1948)
- Il Peccato di Lady Considine(1949)
- Paura in Palcoscenico(1950)


I primi anni in cui H. lavorò ad Hollywood avrebbero dato frutto ad opere dei più disparati livelli qualitativi e contenustici, forse nella necessità di "tastare il terreno". In quegli anni, usciva nelle sale americane un "certo" Citizen Kane, primo lungometraggio di tale Orson Welles, che nonostante un certo tentativo di boicottaggio da parte dei critici nei primi tempi (il ritmo della narrazione era di una complessità imbarazzante per l'epoca), si sarebbe giustamente preso la sua rivincita con il tempo, assicurandosi gli appellativi di "capolavoro assoluto". Forse soltanto Griffith prima di Welles aveva osato tanto. Rivoluzionò il linguaggio del cinema dalle fondamenta con effetti scenici quali la straordinaria profondità di campo e di fuoco e gli originali movimenti di macchina, con risultati stupefacenti sia nelle immagini che nel sonoro. Il cinema americano sfornava capolavori in successione: Casablanca di Curtiz, Ombre Rosse di Ford, le commedie sofisticate di Capra e la decadenza hollywoodiana di Viale del Tramonto di Wilder. In opposto a questo potente fermento della macchina americana, si contrapponevano da anni registi più radicali e ribelli come VonStroheim (che curiosamente reciterà proprio con Wilder in Viale del Tramonto) e il successivo Fuller. Il periodo sarebbe stato tra i più prolifici e innovativi di sempre e in mezzo a tutto questo giungeva dal Regno Unito il nostro protagonista...
L'opera che diede inizio a questo primo periodo in terra americana sarebbe divenuta subito un capolavoro (vinse addirittura l'oscar come miglior film, ingiustamente l'unico in quella categoria che è stato assegnato ad H., ma l'Academy si sà, conta poco...). Si trattava di Rebecca, film tratto da un romanzo di Du Maurier, con ambientazioni cupe e nostalgiche, pieno di angosciante morbosità e di sessuofobia. Temi cari al regista, che però non ha mai apprezzato questa particolare storia, anche se riprenderà successivamente gli argomenti del passato misterioso e del conflittuale ed irrisolto rapporto uomo-donna. Questo film non è tra i più coerenti di H., forse proprio per il disinteresse che questi mostrava nei confronti della trama, e risulta più azzeccato nelle singole componenti piuttosto che nel risultato globale.
Il lavoro successivo fu Il Signore e la Signora Smith, commedia piena di ironia e malizia, con cui il regista gioca in maniera sublime, permettendosi di piegare i canoni cinematografici al suo desiderio di rappresentazione.
L'anno successivo all'esordio americano, forte del successo di Rebecca, H. girò Suspicion, adattando un romanzo di A.B.Cox e cambiandone il finale in modo da rendere il tutto più vicino a quelle tematiche, già presentate in Rebecca, che qui troveranno un apice di ambiguità inimitabile. H. restituisce a Cesare ciò che è di Cesare, girando un giallo di chiaro stampo britannico in terra straniera, ma lo ricopre con profonda ed acuta ironia di trovate narrative a dir poco geniali. La tecnica, poi, ricopre un ruolo fondamentale, non solo per aver dato vita a scene memorabili (come quella famosissima del bicchiere di latte con una lampadina all'interno), ma per anche per aver ricreato un'ambientazione di notevole spessore citazionistico.
Negli anni a seguire si hanno forse i film più "particolari" di H., una specie di prove generali per lavori successivi non sempre così privi di innovazione quanto i critici affermavano. Se è pur vero che i Sabotatori non fa certamente la parte del capolavoro, I Prigionieri dell'Oceano è una vera e propria gemma. Realismo molto marcato, con un'introspezione caricaturale dei personaggi particolarmente efficace, della cui cura H. ne ha fatto un esempio maniacale; inoltre, se è vero che Hitchcock ha sempre avuto una particolare predilezione per la rappresentazione degli "oggetti" di scena, questo film ne è una delle prove evidenti. Il regista sembra dare linfa alle cose materiali che compongono la scenografia, focalizzando elementi nei più originali e elaborati modi possibili a quel tempo. Vere e proprie "fotografie dinamiche" che ancor'oggi esercitano un fascino indiscutibile.
Con Io Ti Salverò H. si trovò a lavorare con star hollywoodiane come Gregory Peck e Ingrid Bergman, ma il risultato non è stato dei migliori, anche a causa di notevoli problemi durante il montaggio e di tagli "brutali" fatti effettuare dal produttore. Una delle cose più valorizzabili di questo film è l'ambientazione scenica di un sogno, creata interamente dal pittore surrealista Dalì. La storia sembra più un pretesto per promuovere analisi freudiane dei comportamenti umani e infine diventa un dramma piuttosto scontato.
Era giunto l'anno 1946 è H. dette vita al suo primo capolavoro dello spionaggio: Notorius - L' Amante Perduta. Il successo americano aveva costretto il Maestro ad adeguarsi ai classici criteri della suspense, ma lui riuscirà ad utilizzarli reinventandoli allo stesso tempo. Allontanandosi dai toni humour di molti dei suoi primi lavori americani, H. si butta sul melodramma sentimentale, senza nulla togliere al meccanismo della "suspense"e all'elaborata sceneggiatura. In questo lo aiuteranno due interpreti semplicemente perfetti nei ruoli che il regista gli aveva ritagliato: Cary Grant e Ingrid Bergman. Pochi altri attori riusciranno a calarsi in modo così significativo e delineato nelle parti dei film dell'autore, che in questo caso toccano livelli di introspezione psicologica e di struggente emotività veramente elevati (basti pensare alle indimenticabili scene d'amore). Inoltre la caratterizzazione dei due protagonisti è estrema (ma non eccessiva) e puntigliosa, come dimostrano le innumerevoli "bevute" del film (persino il regista farà una delle leggendarie quanto rapide apparizioni scolandosi tutto in un sorso un bicchiere di champagne durante una festa). Tutto questo assicura un successo ancora mai raggiunto ad H. che non si priverà, però, del suo magnifico "senso dell'estetica". Ci sono almeno due particolari che lo dimostrano ampiamente: il primo riguarda la "storica" carrellata sulla chiave che portava alla cantina, realizzata tramite una gru, vero e proprio "esercizio di stile"; l'altro particolare è la perizia tecnica con qui è stata girata la spettacolare sequenza della fuga, sottolineata dalla perfetta interpretazione della Bergman agonizzante, nonchè il finale "ciclico", molto utilizzato da H. anche in altre opere, che sembra riportare la storia in un circolo vizioso, come per sbeffeggiare lo spettatore.
Soddisfatto della sua ultima fatica, H. resterà fedele all'ambientazione melodrammatica di Notorius, spostandola però in un "clima giudiziario", per il suo successivo Caso Paradine. Hitchcock può ormai permettersi i migliori attori di Hollywood e verrano scelti per le parti dei protagonisti Gregory Peck e la bellissima italiana Alida Valli (che interpreterà l'ambigua e sensuale signora Paradine nel suo primo lavoro americano). Il regista si soffermerà per rimarcare il linguaggio cinematografico, le cui possibilità erano ben lontane dall'esaurirsi, e lo userà, da vero instancabile costruttore visivo quale era, nelle scene di tribunale. E' come se non si interessasse al fatto di poter sfruttare l'invenzione del sonoro a suo vantaggio, producendo con continui spostamenti di macchina inquadrature dinamiche ma fluidissime, molto più legate al cinema muto piuttosto che alle recenti opere degli altri registi. Tutta l'opera, personalmente molto sottovalutata dai critici, è permeata da un sentimento decadente incentrato sulla figura dell'avvocato e sulla sua discesa agli inferi. Infatti è come se l'obiettivo della macchina da presa si sostituisse all'occhio divino, scrutando i personaggi da una visuale "alta" e suggerendo l'inevitabilità della corruzione morale. I protagonisti usciranno dalla storia tutti sconfitti e il ciclo si compirà.
In una crescente ricerca tecnica, incurante di quanto poco gli spettatori avessero compreso Il Caso Paradine, H. si gettò in un esperimento geniale ma altamente rischioso, che però non portò ad un fallimento: Rope (Nodo alla Gola, conosciuto anche come Cocktail per un cadavere). Il regista si concentra sul totale rispetto dell'unità di tempo e di luogo e genera un film composto da un unico piano sequenza. In realtà i piani sequenza sono dieci, della durata di dieci minuti ciascuno, ma raccordati tra di loro in maniera a dir poco perfetta e impercettibile (e non è poco se si pensa a quanti problemi di luce e sonoro un legame del genere comportava...). Disse Truffaut durante la nota intervista a proposito di tale virtuosismo: "...lei è severo quando parla di Rope come di un'esperienza stupida, credo che un film come questo rappresenti qualcosa di molto importante in una carriera; è la realizzazione di un sogno che ogni regista deve accarezzare in un certo periodo della sua vita, il sogno di poter legare le cose assieme in modo da ottenere un solo movimento." Nonostante quest'opera sia fondamentalmente un esperimento, H. riuscì a donargli una suspense genuina, altalenando tra l' "apparenza" e l' "essere" e sottolinenado lo stampo dostoeskyano con cui aveva limato le caratterizzazioni dei protagonisti omosessuali (cosa che provocò non pochi problemi con la censura del tempo...). Lo spettatore si ritrova a conoscere ben presto quali sono i colpevoli, ma la suspense si crea tramite il meccanismo con cui vengono forniti gli indizi dai due ragazzi stessi e tramite il rapporto "distorto" tra loro e il professore (altro fatto di notevole shock per i benpensanti americani). Si deve sottolineare come questa, nonostante le opposte intenzioni iniziali, sia la prima opera a colori del Maestro.
Film sicuramente inferiori in qualità sono gli ultimi due che H. girò prima di quello che io definisco il suo "periodo d'oro": Il Peccato di Lady Considine e Paura in Palcoscenico. Il primo risultò forzatamente insistito sulla figura fisica della Bergman, peccando (come suggerisce ironicamente il titolo) di eccessiva teatralità e mettendo in secondo piano l'aspetto della tensione filmica, ma indubbiamente sottolinea le doti interpretative dell'attrice. Paura in Palcoscenico, poi, si avvale addirittura del titolo di "uno dei peggiori film di Alfred Hitchcock", nonostante il gran numero di attori famosi che lo interpretano, ma il regista dimostra comunque la propria genialità giocando con lo spettatore tramite inganni più o meno visivi e falsità sparse quà e là nello svolgersi della trama.

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