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FilmUP Forum Index > Cinema > Tutto Cinema > La "rivoluzione culturale" di Sergio Leone(e i suoi "seguaci"   
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Autore La "rivoluzione culturale" di Sergio Leone(e i suoi "seguaci"
EtaBeta

Reg.: 11 Nov 2003
Messaggi: 1493
Da: Roma (RM)
Inviato: 24-11-2003 15:34  
Per far capire il tipo, ricordo un'intervista in cui si lamentò perchè per giù la testa gli erano stati imposti James Coburn e Rod Steiger Lui voleva Malcolm McDowell e Eli Wallach...
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"ci sedemmo dalla parte del torto poichè tutti gli altri posti erano occupati" B.Brecht

"una giornata senza sorriso è una giornata persa" C.Chaplin

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seanma

Reg.: 07 Nov 2001
Messaggi: 8105
Da: jjjjjjjj (MI)
Inviato: 24-11-2003 15:37  
quote:
In data 2003-11-24 15:34, EtaBeta scrive:
Per far capire il tipo, ricordo un'intervista in cui si lamentò perchè per giù la testa gli erano stati imposti James Coburn e Rod Steiger Lui voleva Malcolm McDowell e Eli Wallach...


dubito fortemente che uno come Leone(è così per tutti i grandi)si facesse imporre gli attori...se quelli sono vuol dire che quelli ha scelto...
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sono un bugiardo e un ipocrita

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EtaBeta

Reg.: 11 Nov 2003
Messaggi: 1493
Da: Roma (RM)
Inviato: 24-11-2003 16:02  
E' nell'intervista che precede la prima messa in onda del film sulla RAI, l'ho registrata e la conservo gelosamente, anche perchè tra le altre cose parla del famoso progetto su Leningrado. Una curiosità (sempre dalla medesima intervista): il film doveva essere diretto da Peter Bogdanovich, chiesero un parere a Leone, il quale disse che secondo lui il buon Pete non era in grado di trarne un film decente, poi Coburn seppe che Leone si stava interessando al progetto e brigò in tutti i modi per farne parte.
Stavo pensando di digitalizzare l'intervista di cui sopra (è su un VHS di quasi 20 anni fa...), se viene bene ve lo faccio sapere.
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seanma

Reg.: 07 Nov 2001
Messaggi: 8105
Da: jjjjjjjj (MI)
Inviato: 29-11-2003 14:38  
Il successo e il distacco dall' "artigianato"

1965:Come nella miglior tradizione,a breve distanza da "Per un pugno di dollari" viene prodotto un secondo film,nelle intenzioni(e,forse,nei fatti)simile al precedente.Stesso genere "ibrido" stesso zoccolo duro di attori primari e anche secondari. Per qualche dollaro in più ,anche nel titolo si presenta come l'ideale prosecuzione delle avventure del Cavaliere Senza Nome.Ma,come sarà evidente parlando del film successivo,quest'opera non ha in realtà,alla fine,molto in comune con il precedessore.Il protagonista e l'atmosfera sono rimasti gli stessi,ma qui si ha una minor percezione,per forza di cose,di un lavoro quasi "abbozzato" ma si intravede una ben definita compiutezza narrativa(quella "registica" Leone la possedeva già da molto tempo)ed è intravedibile una precisa linea di condotta nel portare avanti la vicenda.Comincia infatti a farsi spazio una certa concezione di come utilizzare il tempo filmico.La vicenda si snoda in una narrazione di ampio respiro,permettendo la lenta e graduale introduzione dei personaggi,cosa non avvenuta nel film precedente.Questo è segno,oltre che di una ben studiata architettura compositiva,della volontà di dare un anima più "ricca" al film.Se il precedente era il minimale manifesto di una azzardata controtendenza,ovv ero una diversa concezione del western,questo film aggiunge,alla succitata componente(che ancora ben persiste)l'intento evidente di formare personaggi e situazioni che pur nella loro apparente monoliticità,sono in realtà figure e avvenimenti "a tutto tondo",ma non solo:anche,parlando attraverso stereotipi,di universalizzare quanto mostrato,inserendovi motivi e sentimenti non propri del genere in cui sono pure collocati.Così la rapina alla banca è in realtà il sogno di un uomo autodistruttosi,l'inseguimento alla refurtiva è un progressivo congiungersi di sensazioni e il duello finale foriero di un pathos con connotazioni fortemente tragiche.
Questo film rappresenta una decisa separazione dallo sperimentalismo artigianale degli inizi:quest'opera fa già parte di quel gigantesco progetto di indagine sull'Uomo e sulla Storia che troverà compimento nelle opere successive.

2-continua
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-Non so- rispose a se medesimo l'adolescente oppresso dai suoi anni così pochi e così carichi d'ignota pena.

[ Questo messaggio è stato modificato da: seanma il 22-12-2003 alle 15:47 ]

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seanma

Reg.: 07 Nov 2001
Messaggi: 8105
Da: jjjjjjjj (MI)
Inviato: 22-12-2003 15:34  
La fine dell'(anti)epica "del dollaro" e l'inizio dell'"impegno"

1966:Nonostante rispecchi fortemente nei temi e nella "veste esteriore" i due film precedenti,il terzo e ultimo della cosiddetta "trilogia del dollaro" ovverossia Il Buono,Il Brutto e il Cattivo rappresenta un incontestabile scarto nel modo e negli intenti che spingono Leone a fare cinema.Ma prima di addentrarci in questo discorso,riportiamo brevemente la trama del film:tre personaggi piuttosto pittoreschi ci vengono presentati alla maniera tipica di Leone;abbiamo il Biondo,che campa truffando il sistema di riscossione delle taglie sui banditi,con complice l'irruento,esuberante ladruncolo Tuco,con cui dopo ogni "colpo" divide il ricavato.Sulle loro tracce inconsapevolmente,scoperta l'esisttenza di un ricco tesoro,si mette Sentenza,killer spietato e senza scrupoli che abbisogna di precise informazioni sull'ubicazione del tesoro:queste vengono casualmente in possesso di Tuco,che viaggia insieme al Biondo con l'idea di fargliela pagare per un torto subito,allorchè una carovana di soldati nordisti senza più guida viene ad arrestarsi nel deserto e uno dei soldati confessa in punto di morte a Tuco parte delle informazioni e,ancora per una casualità,parte al Biondo.A partire da questo momento Tuco e il Biondo affrontano inenarrabili peripezie,serratamente pedinati da Sentenza,alla ricerca del tesoro.

Il muto inizio(10 minuti senza una sola riga di dialogo)vuole porsi sulla falsariga dei film precedenti:la presentazione distinta dei tre personaggi,con addirittura le didascalie a qualificarli,quasi si volesse render palese che si tratta di stereotipi. L'iniziale scelta per il ruolo di Tuco del "villain" Gian Maria Volontè(il personaggio sarebbe poi stato interpretato da Eli Wallach)e la riconferma di Eastwood nel ruolo del Cavaliere Senza Nome sembrerebbero avvalorare questa tesi. Tuttavia,l'esito è ben lungi dall'essere quello di fare,come era avvenuto per i precedenti lavori,l'elegante "parodia" del mondo western.In questo senso,infatti,IL BUONO,IL BRUTTO E IL CATTIVO si pone come una sorta di "spartiacque" nella filmografia leoniana.Sempre in bilico tra il tono picaresco dei primi due film e una solennità di composizione nuove,stabilisce un ponte,forse poco saldo ma comunque edificabile,con "Giù la testa" del 1971.Più avanti il parallelo sarà chiaro.Per ora limitiamoci a dire che segno evidente di cambiamento è l'alambiccato svolgersi della trama che si espande in una durata prossima alle tre ore,evidenziando una complessità e una volontà di indagine non presenti negli antecedenti film.Fondamentale per comprendere lo scarto di cui parliamo è collocare la vicenda nel suo sfondo storico,ovvero la Guerra di Secessione.Ancor prima di questo è da rilevare il lapalissiano fatto che,a differenza delle opere precedenti possiamo qui individuare un PRECISO SFONDO STORICO:la vicenda non si perde nella notte dorata della leggendama è circostanziata da un hic et nunc ben definitiDi più:lo sfondo non è solamente uno sfondo,ma diviene protagonista stesso della pellicola,defraudandola delle sue caratteristiche "ontologiche" di "western-spaghetti.In questa accezione IL BUONO,IL BRUTTO E IL CATTIVO non è più solo una sagace parodia,ma rappresenta una destrutturazione completa del genere a cui appartiene o dovrebbe appartenere.E non solo perchè la realità della guerra va di pari passo con la fatua ricerca del mitico Eldorado,ma soprattutto perchè questa(la realità della guerra)finisce per essere di impedimento al progetto iniziale,per rappresentare un corpo estraneo all'interno dei canoni mitologici di partenza.E benchè questo non si riveli poin essere così prorompente(il film rientra rapidamente nei ranghi classici o ,se vogliamo,classici "di Leone")la ferità è stata inferta comunque,la spaccatura è stata aperta e non si può che procedere verso più sudati terreni.I tempi sembrano maturi per il grande salto.

Ma prima,l'ultimo grande,accorato,ironico saluto alla civiltà dei pionieri....

3-continua
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-Non so- rispose a se medesimo l'adolescente oppresso dai suoi anni così pochi e così carichi d'ignota pena.

[ Questo messaggio è stato modificato da: seanma il 22-12-2003 alle 15:48 ]

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andros

Reg.: 30 Nov 2003
Messaggi: 1837
Da: Catania (CT)
Inviato: 23-12-2003 00:46  
Sean, complimenti sinceri! Un topic "con le controsfere" come direbbe il mio prof. di biochimica
Sono sconcertato per il topic di apertura (mi sono commosso) e per la straordinaria conoscenza e passione con cui ti presti a "raccontare" la storia cinematografica di uno che con ogni probabilità è stato il migliore regista italiano fino ad oggi!
Io ho scoperto Leone da pochi anni, quando una sera su raitre davano un film che, a dir dei miei amici che l'avevano visto era di una lentezza estenuante: "C'era una volta in America". Incuriosito, mi sono accinto a vederlo! Che dire? Le lacrime scendevano da sole e non le potevo fermarle più, forse per il tono dichiaratamente nostalgico della vicenda narrata...o forse per uno dei temi affrontati dal film: l'ineluttabilità del tempo e le conseguenze drammatiche che esso comporta per gli uomini e i loro sntimenti...o forse per la potenza espressiva della colonna sonora (com'è possibile che Morricone non abbia mai preso un oscar? Più passa il tempo e più mi convinco che questo riconoscimento è soprattutto una trovata politico-pubblicitaria!). Poi, su rete4 (che, come saprete, tra poco verrà trasmesso solo via satelllite, cosa che mi porterà a rimpiangerlo solo per i film che trasmette!), ho visto Il buono, il brutto, il cattivo e anche questo film mi ha sconvolto, anche se non quanto C'era una volta in America. Mi sto solo accingendo a conoscere l'Arte di Sergio Leone, e questo topic mi ha fatto venire voglia di vedere tutti i suoi film, al più presto! Però, ti prego, Sean, vai avanti nella storia, non lasciarmi con la bocca asciutta!

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Gwynovier: "Frank, che stai facendo?"
Frank: "che cosa sto facendo?...ti sto giudicando in silenzio!"


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TINTOBRASS

Reg.: 25 Giu 2002
Messaggi: 5081
Da: Roma (RM)
Inviato: 23-12-2003 02:23  
quote:
In data 2003-11-24 14:29, seanma scrive:
quello che citavo io era proprio il colosso di rodi,mentre gli altri li ho tralasciati dato che Leone li era solo aiutoregista....



E' stato accreditato come aiuto regista... in realtà il suo contributo si rivelò ben maggiore. Ad esempio, sul set de "Gli ultimi giorni di Pompei", Mario Bonnard si ammalò dopo pochi giorni di riprese. Fu proprio Leone a girare il film.
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"La giovinezza è una conquista dello spirito che si raggiunge solo ad una certa età" (Proust)


Il sito della mia personalissima rivoluzione: http://www.vueling.com

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seanma

Reg.: 07 Nov 2001
Messaggi: 8105
Da: jjjjjjjj (MI)
Inviato: 23-12-2003 12:30  
quote:
In data 2003-12-23 00:46, andros scrive:
Sean, complimenti sinceri! Un topic "con le controsfere" come direbbe il mio prof. di biochimica
Sono sconcertato per il topic di apertura (mi sono commosso) e per la straordinaria conoscenza e passione con cui ti presti a "raccontare" la storia cinematografica di uno che con ogni probabilità è stato il migliore regista italiano fino ad oggi!
Io ho scoperto Leone da pochi anni, quando una sera su raitre davano un film che, a dir dei miei amici che l'avevano visto era di una lentezza estenuante: "C'era una volta in America". Incuriosito, mi sono accinto a vederlo! Che dire? Le lacrime scendevano da sole e non le potevo fermarle più, forse per il tono dichiaratamente nostalgico della vicenda narrata...o forse per uno dei temi affrontati dal film: l'ineluttabilità del tempo e le conseguenze drammatiche che esso comporta per gli uomini e i loro sntimenti...o forse per la potenza espressiva della colonna sonora (com'è possibile che Morricone non abbia mai preso un oscar? Più passa il tempo e più mi convinco che questo riconoscimento è soprattutto una trovata politico-pubblicitaria!). Poi, su rete4 (che, come saprete, tra poco verrà trasmesso solo via satelllite, cosa che mi porterà a rimpiangerlo solo per i film che trasmette!), ho visto Il buono, il brutto, il cattivo e anche questo film mi ha sconvolto, anche se non quanto C'era una volta in America. Mi sto solo accingendo a conoscere l'Arte di Sergio Leone, e questo topic mi ha fatto venire voglia di vedere tutti i suoi film, al più presto! Però, ti prego, Sean, vai avanti nella storia, non lasciarmi con la bocca asciutta!

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[ Questo messaggio è stato modificato da: andros il 23-12-2003 alle 00:48 ]

bè indubbiamente Once upon a Time in America è la summa e la consacrazione di quanto espresso in precedenza...e tutto questo con un lirismo inimitabile e insuperato..tutta la parte nel quartiere ebraico è superiore anni luce al segmento di Little Italy ne "Il Padrino Parte II"
Leone meglio di Coppola?Certissimamente almeno per questo fattore
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EtaBeta

Reg.: 11 Nov 2003
Messaggi: 1493
Da: Roma (RM)
Inviato: 23-12-2003 15:04  
A proposito de "gli ultimi giorni di Pompei", per chi fosse interessato è uscito un doppio DVD con il film ripulito (hanno usato l'ultima copia 35mm decente rimasta in circolazione) e sulla scatola c'è Sergione nostro accreditato come regista (e in caratteri cubitali!), tra l'altro come gustosissimo extra c'è la prima bellissima versione del film, quella del 1913!
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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 23-12-2003 15:37  
sergio leone è un mito, sicuramente se i suoi film non avessero come colonne sonore le grandi musiche di Ennio Morricone non sarebbero gli stessi, ma bisogna anche dire che se le musiche di ennio morricone non avessero come sfondo le bellissime immagini dei film di sergio leone non sarrebbero così belle
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La ragione è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie

René Descartes

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andros

Reg.: 30 Nov 2003
Messaggi: 1837
Da: Catania (CT)
Inviato: 24-12-2003 01:45  
col decreto del governo, rete 4 e raitre sono salve, almeno per un po', e io non dovrò dire addio ai film di qualità trasmessi da entrambi i canali (nella fattispecie, dalle rispettive rassegne dei bellissimi e di fuori orario: cose (mai viste)!
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seanma

Reg.: 07 Nov 2001
Messaggi: 8105
Da: jjjjjjjj (MI)
Inviato: 27-12-2003 15:27  
Dal "ricatto" americano all'elegia appassionata:la genesi di un capolavoro

Agosto 2003:Nel SINAI MEDICAL CENTER di Los Angeles muore,devastato dal subdolo morbo d'Alzheimer,un attore di discreto successo e fama nell'establishment hollywoodiano,un meticcio,dalla faccia scavata e impenetrabile:il suo nome è Charles Bronson.Il suo nome e la sua faccia sono indissolubilmente legati a due personaggi:il vendicativo "Giustiziere della Notte"ma soprattutto il freddo,riflessivo,tormentato "uomo dell'armonica".

1968:Il semisconosciuto Charles Bronson accetta,conscio dell'importanza che quel regista sta assumendo nel panorama mondiale,un lavoro da Sergio Leone nel suo nuovo film.Conclusa la "trilogia del dollaro",Leone comincia a concepire,portandolo presto a compimento,un gigantesco progetto sulla storia recente degli Stati Uniti,da girarsi stavolta proprio in loco,dal titolo solenne ed evocativo:"C'era una volta in America".L'entusiasmo del regista italiano si smorza ben presto di fronte ai dinieghi dei potenti produttori americani che come contropartita alla richiesta del regista,propongono,o per meglio dire impongono,allo stesso di girare l'ennesimo "western" stavolta negli USA,stavolta nei canoni classici del genere.Seguendo fedelmente i dettami impostigli,Leone si mette al lavoro per girare C'era una volta il West con protagonista previsto Henry Fonda,nell'inedito ruolo di "villain".Il "fidanzato d'America" rifiuta,come già aveva fatto anni prima in occasione di Per un pugno di dollari salvo poi convincersi,in seguito a una cena con l'amico Eli Wallach,ad accettare l'insolito ruolo.Prende così forma,su carta ma anche di fatto,il nuovo film del regista romano,successivo a Il Buono,il Brutto,il Cattivo.Ma quello che in origine doveva essere un film di transizione,un ripiego,un incidente di percorso,si rivela invece una delle espressioni più complete e mature della mentalità cinematografica di Sergio Leone.La storia è (stavolta)piuttosto semplice:la ferrovia incombe sul vecchio West e un infido speculatore,cinico e zoppo,incarica Frank(Henry Fonda)di sterminare la famiglia di Brett McBain,che intende trasformare il terreno dove vive,di proprietà di Morton,in una stazione ferroviaria.Il massacro si compie,ma a proteggere la ricca e avvenente vedova,arriva un misterioso bounty-killer,che porta sempre con sè una armonica,da cui esce un suono triste e solitario......
Questo film rappresenta una sorta di "boa" nella produzione leoniana.Questo film,nato soltanto come "ricatto"economico,nelle mani del capace regista e di co-sceneggiatori d'eccezione(come non citare un giovane Dario Argento o Bernardo Bertolucci,che pure collaborò soltanto alla prima stesura dello script?)diventa l'occasione,il modo più raffinato e nostalgico insieme per dare l'addio al mondo del West(che tanto aveva appassionato Leone da fare di questo film anche un omaggio di citazioni visive e non,ai film di Ford,Zinneman,nonchè naturalmente all'"icona" John Wayne)e avventurarsi sulla strada del film storico,sempre comunque visto,nell'ottica di Leone,come un luogo di conflitto ed esplosione delle passioni umane.La storia,come abbiamo visto,è tipica dei western "classici"ma altrettanto tipici non lo sono i personaggi,anche se all'apparenza potrebbero sembrarlo.E' attraverso di loro e attraverso ciò che li caratterizza(ironia,crudeltà,sofferenza)che si consuma la "crisi" definitiva degli ideali del West.Più che di crisi si potrebbe parlare però di "slancio melodrammatico" che non significa "smielato".Leone fa muovere i suoi personaggi su uno sfondo (fisico e narrativo)precostituito,come fosse un template(bisogno di spiegare cos'è un template?)usandolo come pretesto per mostrare,"attraverso" e "con" i personaggi i propri sentimenti,le proprie nostalgie,le proprie aspettative.Di tanti film si dice,a sproposito,che sono "atti d'amore".In questo caso il termine è quantomai approppriato.E' infatti,questo film un "atto d'amore"non smielato,retorico,ma splendidamente "critico".La rappresentazioni di luoghi(la fattoria)e di personaggi(il bandito Cheyenne),da tempo nel novero degli elementi cinematografici "di genere" è filtrata da una componente soggettiva di partecipazione.Diventano così chiari l'oscuro "uomo dell'armonica"e l'enorme carica di pathos che porta con sè.Lo scontro a distanza con Frank esula,perchè in sostanza metatemporale,dal canone western,che non ammette l'esistenza stessa del Tempo(il mito non ha tempo),mettendo in evidenza la componente di sofferenza e ricordo che evidentemente insegue e avvolge l'anima dell'uomo-regista Leone da sempre.Il titolo stesso del film suggerisce un afflato di soggettiva seppur misurata,nostalgia,che trova la sua più completa espressione nelle sequenze finali[SPOILER] con la morte assurda di Cheyenne e il suntuoso incedere della locomotiva[FINE SPOILER] che ci conduce fuori dal nostro universo di bambini e ci porta nel mondo dei "grandi" fatto di sangue,morte,tradimento e rimpianto.

4-Continua
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andros

Reg.: 30 Nov 2003
Messaggi: 1837
Da: Catania (CT)
Inviato: 23-02-2004 17:22  
Sean, aspetto il seguito! Che ne è stato di questo topic che, a mio avviso, è uno dei più significativi e interessanti del forum! Ribadisco il valore di questo argomento, ancora una volta, e ti rinnovo i miei complimenti. Sei un mito...ma "non c'era la fine...scusate, si potrebbe avere la fine, per favore?"
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seanma

Reg.: 07 Nov 2001
Messaggi: 8105
Da: jjjjjjjj (MI)
Inviato: 06-04-2004 19:06  
L' ideologia e le formiche:una Storia bipolare per un "umanesimo" moderno


1972:Quando finisce nelle mani del "romano verace" Sergio Leone,a questo soggetto così particolare è previsto uno sviluppo forse non compiutamente positivo,viste anche le premesse.Dopo mesi,i produttori di quel film avevano capito che avevano sbagliato tutto:avevano scelto l'uomo sbagliato.Avevano scelto Peter Bogdanovich,poco più che anonimo mestierante hollywoodiano.No.Qui ci voleva qualcun altro.Per una storia cosi,per questa storia di amore,tradimento e ideali,ci voleva l'unico che quegli ideali,con il suo modo graziosamente paraproletario di fare cinema,aveva sempre distrutto,seppur con ironica beffa.Era Sergio Leone.
All'epoca la notorietà del cineasta aveva raggiunto ormai invidiabili livelli(basti pensare allo stucchevole dietrofront operato da Henry Fonda,magnetico villain di "C'era una volta il west",a suo tempo disgustato dal programma leoniano)e ciò permetteva a Leone ormai una certa libertà d'azione nel campo della scelta degli attori.Ma la sua fama lo sconfisse anche in questo.Due mostri sacri come James Coburn(I Magnifici Sette)e Rod Steiger(Le mani sulla città)pretesero di lavorare come protagonisti al nuovo progetto,soppiantando un-sarà-Alex De Large e il vecchio scricciolo infuriato Eli Wallach nei ruoli centrali.Di vitale importanza il carisma degli attori scelti,fondamentale per un intrecciarsi di relazioni emotive che si rivelerà tanto potente da trascendere la finzione filmica(un esempio lampante di questo è la figura di Marlon Brando)

Non è per dare una connotazione ideologica alla diegesi che il film si apre con una citazione di Mao,gran guru "rosso",ma piuttosto per offrire allo spettatore quella che è nel contempo una chiave di lettura dell'intera vicenda,ma anche e soprattutto lo scandaglio quasi psicanalitico grazie al quale i personaggi stessi giungeranno alla conclusione che "la rivoluzione non è un pranzo di gala"
Juan Miranda,pater familias che vive per le strade accattando e rapinando i treni pieni di borghesi ben vestiti,mentre egli è costretto ad orinare sulle formiche,ha segrete velleità di ricchezza,riecheggiando in questo i vecchi antieroi leoniani(una sorta di ibrido tra Tuco e Cheyenne)motivate però da stretti bisogni di sopravvivenza.

John Mallory è invece un ex "meglio giovane" irlandese,disilluso dalla burrasca della vita ma che per sopravvivere si tiene aggrappato alle smunte e smorte vestigia di trascinanti ideali,ideali che il pragmatismo utilitaristico di Juan non ha mai concepito.

L'incontro tra questi due apparentemente antitetici personaggi è il motore primo e unico del film: uniti in un viaggio alla Verne,con il tocco surreale del peone Juan nel Messico imborghesito,si rivelano strada facendo come le due facce di un identica medaglia:una così disarmonica accoppiata di nuovi Don Chisciotte in un regno di perfidi Duca che non si limitano agli scherzi,come due mendichi alla ricerca della stessa risposta,dopo essersi posti la stessa domanda.Come due burattini in balia della Storia e della propria,piccola storia.La visione leoniana non lascia ormai più spazio a velati elegiaci romanticismi,che pur nascondevano e adombravano la percezione che fosse tutto quanto miticamente illusorio:no ora il "fottuto campo di gioco"(Tarantino)è quello aspro e spietato della Storia la storia che spazza,quello mellifluo e subdolo della demagogia,quello ammaliante e infiammante dell'ideologia.Certo ci sono anche le formiche,ma qui si tratta appunto di "piccola storia" che scompare di fronte alla "grande" Storia e costringe tutti coloro che ne fanno beatamente parte,in un antiideale di meschino "carpe diem",a rimboccarsi le maniche e ad entrare nel "mare magnum" delle grandi cose.Chi ci sguazza da tempo,chi ha appena mosso le prime bracciate.Questo grande mare,sembra dirci Leone,coglie chiunque impreparato e inerme.E' come se a questi due emblematici personaggi così diversi ma complementari mancassero saldi punti di riferimento,come se a tutti quanti mancassero.I vecchi eroi(L'uomo senza nome,Armonica,Indio)avrebbero semplicemente "risolto"la situazione(il duello,figura stereotipo della "fine" del "compimento")Tutto si sarebbe risolto.Ma qui è Storia,non mito.Siamo usciti dal fondo oro e siamo entrati nella viva tragicità di un Picasso.Tutto è desolazione,senza apparente possibilità di cambiamento.Gli ideali,la rabbia,l'indignazione,non sono sbagliati in sè,è chiaro:ma rendono l'uomo malvagio,più malvagio di quanto già non sia,fanno sì mche si perda nei suoi shakesperiani fantasmi o passioni(l'ossessione di "Sean" o la rabbia di Juan di fronte ai figli uccisi)Cosa resta?Nulla,sembrerebbe.Ma uno spiraglio,posto a metà tra passato e presente,ci fa capire che non tutto è perduto:un grido di esultanza,una piccola grande vittoria sul terreno insaguinato della Storia è la possibilità ancora presente di instaurare rapporti umani basati sulla fiducia:l'amicizia tormwntata ma indissolubile tra John e Juan(strano,vero?) è l'irriducibile prepotente segno di questo moderno "umanesimo" che Leone al di là di tutto il pessimismo di superficie,si porta dietro.Una certezza di legami umani che si consuma solo nella Morte,Eguagliatrice di gozzaniana memoria che riporta tutto miserevolmente daccapo.Ma sarà davvero così?Non è questo "umanesimo" pura illusione?Momentaneo accidente?

5-Continua
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seanma

Reg.: 07 Nov 2001
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Da: jjjjjjjj (MI)
Inviato: 06-04-2004 19:14  
Comunicazione di servizio

Al numero di capitoli previsti,originariamente fissato a 6,se ne aggiungerà un altro che intende trattare trasversalmente il problema del trinomio Amore-Sesso-Violenza nei film di Leone che trovo meriti di essere analizzato!

A presto per questo ed altro!
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