gatsby
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Da: Roma (RM)
|  Inviato: 06-10-2003 17:59 |
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L’Iran resta il vero...
di ERIC SALERNO
una base palestinese in Siria costituisce, non a sorpresa, una pericolosa escalation del conflitto.
Quando il portavoce di Ariel Sharon afferma come ha fatto ieri che il bombardamento a nord della capitale siriana è stato soprattutto un avvertimento ai «leader dell'asse del terrore, Damasco, Teheran, Gaza», più che affrontare la questione palestinese, irrisolvibile a detta di tutti, compresa la maggioranza degli israeliani, con mezzi militari, sta inviando un segnale all'Iran. Da due anni almeno, da molto prima dell'invasione americana dell'Iraq, Sharon e i suoi collaboratori insistono, anche presso Washington, sulla necessità di intervenire contro Teheran per bloccare lo sviluppo del suo progetto nucleare. E' questa la preoccupazione strategica vera di Israele ed è verso Teheran che Sharon spera di spostare l'attenzione americana. Bush condivide le preoccupazioni israeliane e qualcuno ha fatto capire che l'opzione militare non viene esclusa ma per il momento è la situazione irachena ad abbassare, insieme con fattori di politica interna americana, le quotazioni del presidente ad appena un anno dalle elezioni.
Washington ha accusato la Siria di non fare abbastanza per bloccare il passaggio dei volontari che impediscono la pacificazione americana dell'Iraq e l'ipotesi di un intervento militare contro Damasco è alta nella lista delle possibili azioni. E' difficile pensare che Israele abbia attaccato la Siria ieri senza il beneplacito di Bush. Un monito, dunque, ma, come hanno rilevato con apprensione sia il presidente egiziano Mubarak che re Abdallah di Giordania, il gioco rischia di fare precipitare la regione in un conflitto allargato. La Siria non ha la capacità militare di bloccare un intervento militare americano ma Teheran dispone di missili che possono raggiungere Israele, e in Libano le forze islamiche di Hezbollah finanziate da Teheran e sostenute dalla Siria hanno diecimila missili puntati contro il Nord di Israele, compresa la città di Haifa.
A chi servirebbe uno scenario di questo genere? Non certo ai palestinesi e nemmeno al popolo di Israele che, come hanno ribadito l'altro giorno lo scrittore A.B. Yehoshua e l'ex leader laburista Mitzna di fronte allo scempio di Haifa, hanno bisogno soltanto di un vero confine e di vivere totalmente separati per ritrovare la fiducia reciproca indispensabile per un vero accordo di pace.
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Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è |
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