FilmUP.com > Forum > Attori, Attrici e Registi - fellini
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Autore fellini
Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 27-12-2005 09:21  
Trilogia della memoria (parte terza)

AMARCORD (a futura memoria, perché la memoria ha un futuro)

Anche se la maggioranza dei critici è concorde nel ritenere Amarcord (io mi ricordo in romagnolo) uno dei più sereni e gioiosi film di Fellini, non si possono fare a meno di notare alcune caratteristiche.
La prima è il ritratto impietoso di una Italietta fra le due guerre veramente ridicola, abbagliata dal mito del super uomo cazzuto (e magari anche un po’ calvo) che prova la mattina davanti allo specchio le sue facce (smorfie) da duro. Un super uomo però con grossi complessi in materia sessuale, che regredisce in maniera infantile, si fa le pippe pensando alla Volpina ma poi non riesce a possedere la generosa tabaccaia (con le sue zolle tettoniche). Un super uomo con l’uccello rimpicciolito sotto le immagini del papa, di Mussolini e del Re, tre poteri forti che schiacciano l’italiano e lo rendono macchietta isterica. Un super uomo castrato dalla figura materna. Fantastica è la scena del litigio in famiglia con Titta inseguito dal padre e protetto dalla misericordiosa madre (che simula un attacco isterico di enorme bravura, complimenti a Pupella Maggio, doppiata naturalmente in romagnolo). Questi uomini in divisa nera, con il braccio alzato in segno di saluto, con le loro marcette militari, con le loro torture e le loro ridicole parate sono bambini mai cresciuti, sono incolti (bellissima la scena del tiro a segno contro il grammofono) e violenti. Fellini rappresentandoli senza calcare i toni rancorosi e l’odio, li ridicolizza miniaturizzandoli davanti al grande fallo del transatlantico Rex.”.
La seconda è il ritratto malinconico della Gradisca (donna gigante oggetto del desiderio di questi uomini nani) che in maniera patetica si emoziona vedendo il Duce, ha quasi un orgasmo multiplo davanti al Transatlantico Rex, vuole dare la sua valle dell’amore a Gary Cooper ma poi finisce sposata a un carabiniere (altra figura di falso potere e autorità) in un matrimonio che assomiglia tanto (troppo) a una festa d’addio. Addio monti, addio acque, addio borgo. Torna la primavera (annunciata dalle manine) ma la vita va avanti con altri attori non protagonisti.
La terza è la sottile linea rossa (non del vestito della Gradisca) della malinconia qua e là affiorante.
Stavolta non emergono mostri ma la matura consapevolezza di un mondo che non c’è più, sparito tra le nebbie del tempo (morire è forse questo perdersi nella nebbia), la consapevolezza della malattia e morte (della madre di Titta) che simbolicamente rappresenta la fine della spensieratezza dell’infanzia e della adolescenza.
La quarta è la continua commistione tra sacro e profano, tra demonio e santità, tra follia e ragione.
“Voglio una donna!” grida lo Zio folle (un superbo Ciccio Ingrassia) isolandosi sopra un albero.
Ma forse in quell’epoca di falsi superuomini non era così folle protestare salendo su un albero, novello barone rampante. Ci voleva una bella mongolfiera per portarci via da quegli anni di falsi giganti.
O ci voleva una monaca nana.
Molti critici accusarono Fellini di disimpegno: è strano perché questo è, con Prova D’Orchestra, il film più politico. Insieme a Una Giornata Particolare di Ettore Scola lo ritengo uno dei più acuti atti d’accusa di un periodo storico che purtroppo ci appartiene.
Con Amarcord (1973) Fellini spopola in tutto il mondo e rinnova il suo mito: dopo gli Oscar per La Strada, Le Notti di Cabiria e 8 e mezzo arriva il quarto ad Amarcord come miglior film straniero (1974).
Ne riceverà un quinto alla carriera quasi vent’anni dopo, l’anno della sua morte il 1993.
Il prossimo obiettivo di Federico Fellini è combattere questi demoni interiori pronti a riemergere, cercherà uno scontro violento con sé stesso provando a fare di un film un quadro.
Proverà a brutalizzare e uccidere definitivamente il Casanova che è in lui.
Per molti Il Casanova di Fellini (1976) è un terribile guazzabuglio manieristico e pretenzioso.
Per me è il vero grande capolavoro di Fellini con cinque minuti finali (il sogno di Casanova vecchio) leggendari

To be continued.


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TesPatton

Reg.: 09 Giu 2004
Messaggi: 7745
Da: Pn (PN)
Inviato: 27-12-2005 13:04  
X AlZayd: Ho visto La dolce vita, La strada e qualche pezzo di Amarcord.

Mi affido a te

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parret

Reg.: 14 Set 2004
Messaggi: 446
Da: milano (MI)
Inviato: 27-12-2005 13:41  
Condivido sulla diffusa malinconia, sul senso stomachevole di negatività, asfissia, calore, sporcizia, castrazione sudaticcia dei sensi in Amarcord, quasi un'espulsione fisiologica degli umori più acidi, neri, marcescenti del proprio corpo/memoria. Lo stesso seno della tabaccaia sembra spingere, lasciare immergere dentro di sè tutto il volto del protagonista impedendone la regolare respirazione.. Per me i film più "positivi" del secondo periodo della filmografia felliniana rimangono nonostante tutto Roma, Il Casanova, Ginger e Fred e La voce della Luna

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 28-12-2005 01:36  
quote:
In data 2005-12-27 13:04, TesPatton scrive:
X AlZayd: Ho visto La dolce vita, La strada e qualche pezzo di Amarcord.

Mi affido a te



Grazie per la fiducia.., provo a lanciarti qualche suggerimento, senza clausa, anche con la clausola: soddisfatti o rimborsati!
Ho rivisto proprio oggi Il Bidone, in DVD restaurato. Ne parlavamo più su, con Tinto e, come spesso mi capita quando leggo di film che mi piacciono molto, mi viene voglia di riguardarli. Te lo consiglio. E anche I Vitelloni, Le notti di Cabiria, un po' per volta.., i suoi film diciamo "classici", ancora legati al neorealismo, dove tuttavia compaiono i primi segni della doppia dimensione sogno/veglia, dell'immaginifico, del visionarismo... con quella poesia strisciante che soffia con il vento che spazza via i sogni e riconduce a realtà dolorose.., che poi è tutta una fanfara della vita, che seguita a mescolarsi "liricamente" con il sogno (come in Claire, Capra, Bunuel, Kubrick, Lynch, Polanski, ecc, ecc...), con le note del grande Nino Rota che che hanno "il languore
di un circo
prima o dopo lo spettacolo",
citando un frammento di una poesia di Ungaretti. Vediti "Roma". Tutt'altro che perfetto, ma pieno di invenzioni visive e poetiche.
Sono sicuro che se guardassi dall'inizio alla fine Amarcord lo apprezzeresti... E' un film molto amato, semplice, diretto, con una galleria di personaggi davvero indimenticabili. Certo, Fellini è un po' "triste", ma è una tristezza intima, familiare, umanissima, ironica, sarcastica...

Buona abbuffata..ciao Tes!

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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 29-12-2005 09:51  
La madre di tutte le sconfitte (ovvero il Casanova di Federico Fellini)

Tre anni di lavorazione, liti furibonde e costi stratosferici.
Il 1976 è l’anno d’uscita del film: risultati scarsi al botteghino e critici per la maggior parte con il pollice verso. Fellini è come Attila, il maestro è stanco, si ripete, ha odiato troppo il personaggio, sembra volersi autodistruggere. Sembra un bollettino di guerra. Lo stesso regista nelle interviste sembra avallare questo sentimento di disapprovazione generale (ricordiamoci il vicino successo di Amarcord) affermando:“Ma come fa essere simpatico un tipo così, Casanova è uno stronzone”
Invece rivedendolo oggi non posso fare a meno di stupirmi.
Il film è l’estremo tentativo di FF di concludere ed includere in un solo sguardo (film) tutto quello che è stato espresso nei film precedenti, è il titanico tentativo di aprire e chiudere ogni discorso nello spazio di tre ore di film. Il tema della memoria, la visione della donna, la sessualità, il rapporto con la madre (finalmente affrontato direttamente in una delle scene più belle di tutta la filmografia felliniana quella di Casanova solo in un teatro tetro con la madre), il tema dell’avidità e aridità umane, della caducità dell’esistenza, dell’ineluttabilità della morte. Casanova per tutto il film cerca di giustificarsi: è vero sono un amante insuperabile ma sono anche poeta, ingegnere, scienziato, colto letterato. Insomma sembra distrutto dalla sua fama. Fermiamoci un attimo in questo punto:”distrutto dalla sua fama”. Io credo che dietro questo Casanova stanco, invecchiato, che in un teatro vuoto e solo, a luci spente, si sente dire Cabajon (cavallone) dalla madre, insomma si sente respinto e beffeggiato dall’unica donna che forse è proprio la causa della sua incapacità a capire le donne, ecco dietro questo Pinocchio-Arlecchino meccanico forse si cela il nostro Federico, il nostro vitellone mai cresciuto, il cui successo ha forse amplificato la solitudine e gli aspetti tetri e malinconici, ha elevato al cubo il senso di conflittualità di certi personaggi, l’ambivalenza di certi sentimenti universali, la contraddizioni di un uomo che comincia a rendersi conto che sono rimaste poche vie d’uscita. Il prezzo della ricerca continua della verità è alto, squarciare il velo di Maya significa forse perdere sé stessi. “Difficile non è viaggiare controcorrente, ma raggiungere il cielo e non trovarci niente”. Da questo momento in poi Fellini si fa più cupo, cinico, amaro a volte disperato. La memoria non consola più ma diventa motivo di rimpianto. Le ombre della morte si fanno sempre più consistenti e rendono cupa la visione. Dov’è finita Gelsomina, dov’ e finita Cabiria? Dove è finita la salvezza? Marcello Rubini- Guido Anselmi Toby Dammit Casanova: 1960-1976, sembra una caduta senza mai toccare il fondo, come se il processo di invecchiamento fosse inversamente proporzionale alla crescita spirituale (spiritualità non religiosa). C’è una scena particolare in questo film: una donna gigantesca che fa il bagno in una grossa tinozza con due nani: Gelsomina si è dilatata a donnone da circo, il Matto e Zampanò si sono miniaturizzati e omologati a nani, senza alcuna differenza. Torna l’altalena dello sceicco bianco ma si moltiplica in una giostra assurda, delirante. Torna il suicidio, ma stavolta è un tentato (direi meglio abbozzato) suicidio: Casanova non è un eroe schopenhaueriano, non ha la grandezza morale per compiere l’unico gesto Rappresentativo. Non è Steiner, non è un nobile patrizio. Il problema filosofico è che Casanova sa chi non è, ma non sa più chi è. Eiaculando di qua e di là, in gare di resitenza amorosa, ha sfiancato l’Ana Nisi Masa. La sua forza vitale si è pietrificata.
Prendete Casanova vecchio, nell’inverno della sua vita, guardare con stupore sotto la lastra di ghiaccio la grande polena raffigurante un viso femminile che giace nelle profondità della laguna.
E’ la polena che a inizio film era emersa e poi per un incidente era sprofondata nell’abisso.
Simbolismo? Cabiria, Gelsomina? La salvezza? Oppure la donna non è conoscibile? O forse è la vita a non essere conoscibile? O forse è la realtà a non essere rappresentabile? Possono esserci mille spiegazioni: quello che rimane è Casanova alla fine della sua vita. in un sogno che sembra un manifesto felliniano: Casanova e la sua bambola meccanica ballano sulle note di una musica da carillon e diventano essi stessi meccanico carillon. Casanova è sconfitto. I sogni sembrano ghiacciati, cristallizzati, pronti a spezzarsi in mille frammenti. Come se la meccanicità coincidesse con l’aridità della ispirazione. Fellini alza bandiera bianca: vi ho fatto sognare, ridere, piangere, pensare….adesso sono stanco imbalsamato come un burattino nei fili diabolici del mio stesso genio creativo. La musica è finita, il buio ci avvolge. Non ho risposte, solo domande. Il Quadro è frammentato, il labirinto senza soluzioni.Tutto rimane in profondità, sotto tonnellate d’acqua, Atalantide terra sommersa. Il direttore d’orchestra vede allontanarsi i musicanti mentre la nave affonda. Sono tempi bui, il terrorismo, la lotta armata. La Notte della Repubblica.
La minaccia è interna ed esterna, i nemici sono fuori e dentro di noi.
Potremo mai cambiare il mondo se non riusciamo a cambiare la nostra natura?
Prossimamente Prova D’Orchestra.

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parret

Reg.: 14 Set 2004
Messaggi: 446
Da: milano (MI)
Inviato: 29-12-2005 15:50  
Bellissimo commento, l'ho quotato tutto insieme a quello di AlZayd nel mio topic sul Casanova. Per me la salvezza la si ritrova ancora una volta estraniandosi da sè, dal proprio vuoto, cecità, impotenza, goffagine esteriore, tuffandosi nel fantastico universo che gira intorno a un personaggio incapace di viverlo e assaporarlo fino in fondo; tuffandosi nelle scenografie, nei colori, nel femminile ritratto, deforme quanto vitalisticamente dinamico e viscerale, specchio della nostra corporea interiorità, del nostro corpo, delle nostre pulsioni più intime, del movimento, dell'umorale vischiosità, del caos che ci compongono

[ Questo messaggio è stato modificato da: parret il 30-12-2005 alle 07:58 ]

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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 02-01-2006 13:00  
PROVA D’ORCHESTRA (I clown augusti ai tempi dell’odio)

Casanova riesce a strappare un Oscar per i migliori costumi ma lascia un po’ tutti scontenti.
Dopo la grande fatica e le delusioni ricevute da critica e pubblico Fellini si tuffa nel progetto della Città delle Donne, anch’esso foriero di lutti e contrattempi.
Intanto nel 1978 Fellini sorprendentemente riesce a girare in poco più di un mese un “filmetto” (come lo chiama lui) per la Tv che richiama per la forma I Clowns ma che ha contenuti ben diversi.
Prova d’Orchestra (70 minuti) inizia con un miscuglio di suoni reali che si avvertono al di là di un muro: ambulanze, clacson, frenate sinistre, trombette da stadio, rombi d’aereo. Rumori di fondo di una realtà opprimente che assomigliano a prove di singoli strumenti di un orchestra lasciata allo sbaraglio. L’antico oratorio dove si svolge la Prova D’Orchestra è un luogo funebre (“pieno di morti”) e lievemente claustrofobico (alcuni critici hanno scomodato Bunuel de L’angelo sterminatore ma stavolta il paragone è inappropriato). La dicotomia che si viene a creare è subito evidente: da un lato un direttore d’orchestra clown bianco preciso pignolo maniacalmente tedesco, amante della perfezione e poco incline ad assecondare i suoi orchestrali, dall’altro i clown augusti dell’orchestra, analizzati strumento per strumento (da quelli nobili a quelli meno, sono rappresentati un po’ tutti gli strati sociali), poco disposti all’obbedienza, più portati allo sberleffo, all’insubordinazione,alla variazione sul tema. Ma tra gli stessi orchestrali augusti serpeggiano le divisioni, tra i vecchi e i giovani, tra i reazionari e i rivoluzionari, e una nota dominante di provincialismo che non fa veder loro molto lontano.Intatto lontani rimbombi (rintocchi di morte?) scuotono le dissertazioni sugli strumenti e le liti tra orchestrali. Le interviste a volte si dilungano in celebrazioni filosofiche (identità tra strumento e chi lo suona) ma il film decolla con la splendida musica di Nino Rota (purtroppo sarà la sua ultima musica per Fellini, il maestro morirà a breve) e i vari tentativi dell’orchestra bacchettata dal tiranno direttore. Tra sindacalisti d’assalto e deliri di onnipotenza mescolati a senso di morte (sintomatica è la descrizione che fa di sé stesso il direttore d’orchestra: “quando dirigo mi sento un fantasma” seguita subito dalla correzione “quando dirigo mi sento il padrone del mondo”) il film rotola con effetto valanga verso l’anarchia e la rivoluzione. La ribellione all’autorità si trasforma inesorabilmente in guerra civile, in un tutti contro tutti che è un atto di sfiducia globale verso l’umanità. La sacralità dell’orchestra si trasforma in babele di opinioni non più finalizzate o indirizzate. Ognuno fa un po’ quello che vuole e i rimbombi si fanno sempre più forti. C’è ancora il tempo per un litigio dai forti sapori autobiografici (“Bevi, bevi, cretina, ti fa bene al fegato e al cervello” seguito da “Meglio bere un po’ che farsi le ragazzine, porco”) e poi il mondo esterno penetra violentemente in questo microcosmo caotico nelle forme di un grande maglio che sfonda il muro che ci protegge dalla realtà esterna.Tra i calcinacci e il cadavere dell’arpista riprendono le prove dell’orchestra dirette da un maestro che comincia a dettare ordini e minacce in tedesco. La metafora può essere letta in tanti modi, io preferisco evitare l’accenno politico diretto e considerarla una fotografia del nostro paese (dal ventennio fascita ai giorni nostri). Le lotte interne, le divisioni, le anarchie, i velleitarismi di fronte a un evento esterno drammatico possono favorire le svolte autoritarie, i regimi dittatoriali (Hitler è il vero clown bianco?).
In passato è stato così, cerchiamo di non ripetere l’errore.
Dobbiamo sempre fare i conti con il mondo lì fuori, al di là del muro.
In fondo siamo qui per provare.
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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 02-01-2006 18:15  
Ragazzi, state scrivendo delle belle cose, e io non ho tempo per infilarmici come vorrei... Lo farò... Posso per ora raccontarvi un aneddoto, una storia vera, su Fellini. Ai tempi di Prove d'Orchestra, un mio amico, il cui padre suonava il clarinetto in un'orchestra che incideva colonne sonore, mi invitò ad assistere alla "sonorizzazione" del film di Fellini. Arrivammo nella grande sala di registrazione, una sorta di piccolo auditorium, in ritardo. Luce rossa, vietato entrare... Aspettiamo. Ad un certo punto si apre la porta. Fellini! Un omone grande, alto, imponente, una gran bella figura d'uomo! Ci guarda.., passa oltre, sparisce a sinistra del corridoio (va al cesso...). Noi lì, un po' straniti... Torna, ci guarda.., due pischelli un po' frikkettoni, mai visti e conosciuti, lo guardiamo intimiditi, si ferma, ci fa: "cosa fate qui?" - "ehmmm" ... faccio io con un filo di voce... "veramente per assistere all'incisione, ma abbiamo fatto tardi..."; e lui, con una faccia franca e gentile, due occhi ironici, grandi e penetranti, dice "aspettate un momento" ed entra in sala. Noi: "chè avrà voluto dire?..." Dopo un mezzo minuto si riaprono le doppie porte, ricompare Fellini che ci fa: "dai dai.., entrate, entrate ora..." Ci fa passare tenendo aperta la porta interna... e noi non siamo manco capaci di dirgli grazie! Allora Fellini era un dio universale del cinema. Figuriamoci preoccuparsi di due babbioncelli come me ed il mio amico... Per me si trattò di un gesto nobile. Quella sera c'era con lui Nino Rota.., e fu fantastico rendersi conto quanto tempo ed energie ci vogliono per far collimare pochi minuti di musica e fotogrammi. Il bello fu che l'orchestra che doveva doppiare l'orchestra scasciata.., era più
bischera dell'orchestra felliniesca... Beh.., ci divertimmo da morire; il direttore in carne ed ossa non riusciva a tenere a bada gli orchestrali indisciplinati, dispettosi, strafottenti (il primo violino ogni tanto si portava una radiolina all'orecchio... ci sarà stata una partita), mentre Fellini e Rota si incazzavano... Insomma.., un film nel film... Terminato il tutto - un paio d'ore per pochi minuti di doppiaggio - io e il mio amico ci facemmo coraggio. Appena uscito Fellini lo fermammo per ringraziarlo e per commentare quanto era accaduto... Lui sorrise bonariamente, alznado le sopracciglia, con quella faccia da romagnolo schietto.. e ricordo ancora, quasi testualmente, cosa ci disse: "Questo non è niente, dovreste vedere le cose da pazzi che succedono nei set!" E se ne andò lasciandoci quel sorriso che ci rese felici. Quasi due ragazzi "privilegiati", meno anonimi di come erravamo arrivati. e poi lo adoravavmo Fellini! La mia generazione è cresciuta con i suoi fantastici film!
E' proprio verò che l'"umiltà" è la virtù dei veri grandi!

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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" L. Buñuel

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 02-01-2006 alle 18:21 ]

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IlCoRo

Reg.: 29 Dic 2002
Messaggi: 59
Da: mi muovo molto (GE)
Inviato: 02-01-2006 22:38  
questo thread si meriterebbe uno "sticky".

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 03-01-2006 00:34  
quote:
In data 2006-01-02 22:38, IlCoRo scrive:
questo thread si meriterebbe uno "sticky".



Parla come magni. Non conosco l'ostrogoto...
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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penny68

Reg.: 14 Nov 2005
Messaggi: 3100
Da: palermo (PA)
Inviato: 03-01-2006 11:29  
quote:
In data 2006-01-02 18:15, AlZayd scrive:
Ragazzi, state scrivendo delle belle cose, e io non ho tempo per infilarmici come vorrei... Lo farò... Posso per ora raccontarvi un aneddoto, una storia vera, su Fellini. Ai tempi di Prove d'Orchestra, un mio amico, il cui padre suonava il clarinetto in un'orchestra che incideva colonne sonore, mi invitò ad assistere alla "sonorizzazione" del film di Fellini. Arrivammo nella grande sala di registrazione, una sorta di piccolo auditorium, in ritardo. Luce rossa, vietato entrare... Aspettiamo. Ad un certo punto si apre la porta. Fellini! Un omone grande, alto, imponente, una gran bella figura d'uomo! Ci guarda.., passa oltre, sparisce a sinistra del corridoio (va al cesso...). Noi lì, un po' straniti... Torna, ci guarda.., due pischelli un po' frikkettoni, mai visti e conosciuti, lo guardiamo intimiditi, si ferma, ci fa: "cosa fate qui?" - "ehmmm" ... faccio io con un filo di voce... "veramente per assistere all'incisione, ma abbiamo fatto tardi..."; e lui, con una faccia franca e gentile, due occhi ironici, grandi e penetranti, dice "aspettate un momento" ed entra in sala. Noi: "chè avrà voluto dire?..." Dopo un mezzo minuto si riaprono le doppie porte, ricompare Fellini che ci fa: "dai dai.., entrate, entrate ora..." Ci fa passare tenendo aperta la porta interna... e noi non siamo manco capaci di dirgli grazie! Allora Fellini era un dio universale del cinema. Figuriamoci preoccuparsi di due babbioncelli come me ed il mio amico... Per me si trattò di un gesto nobile. Quella sera c'era con lui Nino Rota.., e fu fantastico rendersi conto quanto tempo ed energie ci vogliono per far collimare pochi minuti di musica e fotogrammi. Il bello fu che l'orchestra che doveva doppiare l'orchestra scasciata.., era più
bischera dell'orchestra felliniesca... Beh.., ci divertimmo da morire; il direttore in carne ed ossa non riusciva a tenere a bada gli orchestrali indisciplinati, dispettosi, strafottenti (il primo violino ogni tanto si portava una radiolina all'orecchio... ci sarà stata una partita), mentre Fellini e Rota si incazzavano... Insomma.., un film nel film... Terminato il tutto - un paio d'ore per pochi minuti di doppiaggio - io e il mio amico ci facemmo coraggio. Appena uscito Fellini lo fermammo per ringraziarlo e per commentare quanto era accaduto... Lui sorrise bonariamente, alznado le sopracciglia, con quella faccia da romagnolo schietto.. e ricordo ancora, quasi testualmente, cosa ci disse: "Questo non è niente, dovreste vedere le cose da pazzi che succedono nei set!" E se ne andò lasciandoci quel sorriso che ci rese felici. Quasi due ragazzi "privilegiati", meno anonimi di come erravamo arrivati. e poi lo adoravavmo Fellini! La mia generazione è cresciuta con i suoi fantastici film!
E' proprio verò che l'"umiltà" è la virtù dei veri grandi!

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[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 02-01-2006 alle 18:21 ]

Grazie Al Zayd...che emozione!Un mio vecchio amico che ha lavorato nei set "felliniani" mi ha raccontato simili e irripetibili aneddoti."

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IlCoRo

Reg.: 29 Dic 2002
Messaggi: 59
Da: mi muovo molto (GE)
Inviato: 05-01-2006 21:04  
quote:
In data 2006-01-03 00:34, AlZayd scrive:
quote:
In data 2006-01-02 22:38, IlCoRo scrive:
questo thread si meriterebbe uno "sticky".



Parla come magni. Non conosco l'ostrogoto...




scusa, provvedo subito:

questa discussione meriterebbe l'assegnazione, da parte dei moderatori, dell'opzione "resta incollata in cima alla pagina della sezione, a perenne vista di tutti".

suggerisco anche di cambiare il nome a questo posto:
da "forum filmUp" a "spazio di dibattito per la pellicola, su!".


(chiedo scusa a schizo soprattutto per questo inutile inquinamento dello "sticky")

saravà.

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eraclito

Reg.: 14 Mar 2005
Messaggi: 4702
Da: Siano (SA)
Inviato: 06-01-2006 02:21  
scusate ma "fellini" con la lettera piccola non si può propio guardare...provvedete
_________________
Indietro?....Neanche per prendere la rincorsa!!!

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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 08-01-2006 23:04  
LA CITTA’ DELLE DONNE (Il funerale della donna ideale)

Esplorazione direi definitiva del pianeta donna che si conclude con una sconfitta
sia del maschio vigliacco e superficiale (Snaporaz-Fellini) che del maschio fallocrate e reazionario (Katzone, il mostro nascosto dentro Snaporaz). La sconfitta investe anche il piano onirico con la definitiva scomparsa della donna ideale, sotto terribili violenti colpi di mitraglietta automatica.
Già l’inizio del film è abbastanza sintomatico: risate femminili e una voce che dice “Ancora Marcello?” Alludendo al ritorno di Marcellino Mastroianni ad incarnare Snaporaz, l’alter ego Felliniano (era dai tempi di 8 e mezzo che i due non giravano più un film insieme).
Il treno entra in una buia galleria ma stavolta non si allude alla penetrazione, ma alla terribile confusione del protagonista che non sembra più stare al passo del mondo che lo circonda, e lo guarda spaventato e indifeso. Così come guarda smarrito e angosciato una donna non più oggetto passivo dei suoi desideri, ma una donna che lo giudica (anche sessualmente, il capostazione è più bravo di te a scopare), lo emargina, lo prende per il culo, una donna che si autodetermina ed insieme alle altre inscena un girotondo sui pattini che richiama la danza liberatoria di Matisse (che appare sulle pareti del congresso delle femministe). I bambini sul treno picchiettano sul vetro e fanno dei cenni a Snaporaz Mastroianni Fellini, una possibile fuga, una possibile danza come ai tempi della Dolce Vita? E nò questi sono Tempi Moderni altro che bella vita, tempi di calci nelle palle, di donne Flor e i loro sette mariti, di casalinghe che sulla musica di Chaplin inscenano la pantomima Matrimonio-Manicomio, donne che sanno riconoscere gli occhi del maschio carceriere e padrone.
Azione e reazione, azione e reazione, dopo anni di sfruttamento e schiavitù, la donna reagisce e si affranca da una società degli uomini, diventando essa stessa violenta e stronza (come un uomo).
Vuole usare l’uomo, lo violenta, lo incatena, diventa essa stessa aguzzina e carceriera, terrorista e inseguitrice, diventa come Katzone, simbolo del collezionismo senza amore, una degenerazione decadente e moderna del Casanova, chiuso nel suo villino abusivo, tra sculture oscene e reliquie ridicole. E l’uccello meccanico? I tempi cambiano, adesso abbiamo un bel vibratore king size a 3000 giri al minuto. E guarda caso come per Casanova, compare il busto di marmo della Madre, la grande madre rifugio, il buco, la fessura dove nascondersi.Gli orgasmi all’unisono delle migliaia di donne amate da Katzone diventano un coro da chiesa, poi un lamento funebre. Per tutto il film si respira un’aria di morte, un’ombra che da mattina a sera ti segue e non ti abbandona.
Nel frattempo litigi familiari (autobiografici) che richiamano in maniera impressionante quelli di 8 e mezzo (ma non c’è più Flaiano): “Io non sono tua madre, io non sono un tuo rifugio!” urla la moglie di Snaporaz nell’ebbrezza alcolica del quinto cocktail ingurgitato. Snaporaz non sente, non vuole più sentire, sta zitto e pensa alle due subrettine che aveva incontrato da giovane e che adesso gli si materializzano in un letto funereo circondato dalla tempesta ventosa di fuori. Riappare la moglie ma Snaporaz la umilia rivelandosi impotente. Come i bambini che giocano a nascondino, trova una via d’uscita sotto il letto che lo porta direttamente nel luna park dei ricordi (In 8 e mezzo si nascondeva sotto il tavolo della conferenza stampa). C’è la donna domestica, la donna infermiera, la donna del bordello con il culone in primo piano, la donna pescivendola.
C’è il giro della morte naturalmente. E il tempo per un ricordo di infanzia. Snaporaz sembra Willy Wonka nella fabbrica del suo subconscio, ma il giro sulle montagne russe finisce in una gabbia, giudicato da femministe terroriste che gli presentano una lista d’accuse lunghissima e terribilmente circostanziata. Il processo è senza attenuanti, ma la colpa maggiore di Snaporaz è quella di credere ancora in una donna ideale che però è sempre una proiezione dei suoi desideri, e non un soggetto con cui scambiare e comunicare. Il suo volo sulla donna mongolfiera è breve ed effimero e crolla, come detto all’inizio, all’apparir del vero (o meglio del reale) sotto forma di una esecuzione a colpi di mitra. Il sogno è finito, la donna è in conoscibile, gli anni portano fatica e disillusione. Snaporaz si risveglia sul treno del suo inizio, accerchiato dalle donne del suo sogno, risponde ai loro sorrisi abbozzandone uno dolceamaro di circostanza (un misto tra sollievo e rassegnazione). Il treno imbocca una lunga e buia galleria. Signore e Signori, buonanotte.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
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Da: roma (RM)
Inviato: 09-01-2006 20:07  
quote:
In data 2006-01-05 21:04, IlCoRo scrive:
quote:
In data 2006-01-03 00:34, AlZayd scrive:
quote:
In data 2006-01-02 22:38, IlCoRo scrive:
questo thread si meriterebbe uno "sticky".



Parla come magni. Non conosco l'ostrogoto...




scusa, provvedo subito:

questa discussione meriterebbe l'assegnazione, da parte dei moderatori, dell'opzione "resta incollata in cima alla pagina della sezione, a perenne vista di tutti".

suggerisco anche di cambiare il nome a questo posto:
da "forum filmUp" a "spazio di dibattito per la pellicola, su!".


(chiedo scusa a schizo soprattutto per questo inutile inquinamento dello "sticky")

saravà.




Ah, ecco, scusa, quel termine mi ha fatto venire in mente..., pensavo ci stessi offrendo un lecca-lecca...


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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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