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Autore Film:Un tram che si chiama desiderio
mario54

Reg.: 20 Mar 2002
Messaggi: 8838
Da: nichelino (TO)
Inviato: 14-04-2003 10:21  
Di sovente, già da qualche tempo mi compare di proposito alla mente (lei). Si è proprio lei, Blanche Dubois.
Tutto ciò era successo per la prima volta durante una notte d’estate del 21 Agosto 1998.
Al tempo soggiornavo in collina come custode presso una Villa torinese di Cavoretto, e i miei padroni di casa erano andati in ferie. Ricordo che quella sera andai al letto prestissimo poiché il mattino seguente dovevo dare da magiare alle oche e galline; compreso quello stronzo di pappagallo che urlava nel cortile tutto il Santo giorno. Dovevo certamente alle sue strazianti grida handicappate il fatto che non giunsero mai ladri in casa.
Da poco tempo avevo comprato un video registratore e pensai durante quella stessa serata di registrare un bel film televisivo. Guardai i programmi sul televideo e notai un film con il titolo alquanto insolito, ossia:
“Un tram che si chiama desiderio”. Lo trasmettevano a notte inoltrata, e non sapevo proprio nulla a riguardo, e né tanto meno di cinema. Lo selezionai con il timer del video registratore, pensando a vecchio film a sfondo onirico di matrice fiabesca, o a qualcosa di totalmente demenziale. Pochi attimi dopo mi addormentai con il monitor spento, ma un tratto durante la notte percepì un rumore insolito che mi spalanca gli occhi. In quel momento l’afa era opprimente, mentre la finestra della stanza da letto che dava sul giardino era totalmente spalancata. - Ad un tratto qualcosa attorno a me cominciava a mutare. Percepii nel buio un leggero sbalzo termico ed un’ebbrezza ventosa che frusciava lentamente sulle foglie. Tergiversava nell’aria in quell’istante un’atmosfera insolita, intensa, e poetica. Le ombre opache del fogliame, inerenti alla quercia fuori nel giardino si proiettavano sulle pareti della mia stanza. Erano radiate lateralmente dalla luna bassa sull’orizzonte. Al momento voltai leggermente la testa verso l’astro luminoso e mi appare la sagoma scura di lui. - Sì proprio lui. Era Barone, il pappagallo dei miei padroni di casa. Stava lì davanti a me come uno stronzo con gli occhi fissi spalancati nel nulla. Poi all’improvviso si mise a sbattere velocemente le ali come un grosso ventilatore. Mi guardava con aria piuttosto minacciosa mentre col becco ricurvo tagliente mordeva la gabbia. La sua monotona ossessione aggressiva non mi dava più modo di riprendere sonno. Accesi nel frattempo la televisione e davanti a me compare una donna del tutto sconosciuta. Chi era questa giovane donna particolarmente stralunata? Per il momento soltanto un’attrice molto attraente, la quale interpretava il ruolo di Blanche Dubois. Non sapevo neanche che si chiamasse Vivien Leigh. Alcuni mesi dopo seppi per caso che nel 1939 lei interpretò il personaggio di Rossella di: “Via col vento”.
Da quella notte in poi, sono ora mai passati quasi cinque anni, e Blanche Dubois esistenzialmente è ancora aggrappata con forza al mio pensiero. - Nei momenti di profonda solitudine, la stessa mi chiede di rimembrarla alla mente conducendomi in un’epoca lontana.
Lei (in bianco e nero), si consolida materialmente sullo schermo del mio televisivo e mi conduce in retrospettiva fino al 1947. – Mediante corrente esposizione letteraria creata dal romanziere Tennessee William, poetici frammenti di vita quotidiana di quell’epoca, affiora tuttora alla mia mente, che vaga serena con Blanche Dubois nelle strade di quei vecchi incantevoli luoghi di New Orleans.
Lei di sovente si propone a me in una forma affettiva del tutto particolare. Purtroppo, alcuni uomini all’epoca la disprezzavano troppo ingiustamente.
I medesimi trasportati all’epoca odierna si manifesterebbero oggi più che altro come: animali destinati esclusivamente alla ricerca di sesso troppo superficiale e privo di sentimento; se poi gli stessi portano, di fatto, oltre alla mischia grossa anche una consistente voluminosa carta di credito
<< possibilmente carica>>!… ancora meglio!
Infondo, per alcune donne, questi uomini rappresentano un traguardo di vita ordinaria piuttosto ambita, ma è solo un effimero benessere al quanto transitorio, che non può appagare di certo una donna dal lato pure affettivo. Un matrimonio, o una convivenza che sia, basato esclusivamente solo su tale compromesso materiale è come una soffocante prigione di cristallo maledetta nel tempo. Sicuramente, questa trappola esistenziale è destinata ad andare presto in frantumi, ma lascia spesso solchi indelebili nell’anima.
Questa sorta di monologo letterario porta altresì a dedurre oltre al mio conto bancario in rosso (costante) che: in questa società, spesso d’apparenti super uomini, se non riesci a conquistarti in qualche modo fama e prestigio generato per lo più attraverso: ingente potere monetario, anche se a volte adempi in qual cosa di molto straordinario per lo più passi in osservato.
Nel mondo professionale ti valutano o ti condannano, in conformità a pregiudizi apparenti, e non giustamente per quello che fai d’utile o di dannoso per gli altri.
Ci sono alcuni colleghi di lavoro che minimizzano quello altrui, soprattutto nel caso in cui da questo, non ne traggono esclusivamente proprio vantaggio personale. Incazzatura a parte, da tutto ciò emerge la seguente domanda: dove è finito il vero senso di riconoscenza individuale?!…

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Vivien Leigh - Non voglio realismo, voglio magia!

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