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L'infelicità umana |
ManekiNeko
 Reg.: 27 Lug 2004 Messaggi: 45 Da: Tokyo (es)
| Inviato: 07-10-2004 21:00 |
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Le foglie trascinate dal vento mi passano accanto, mi sfiorano e si perdono alle mie spalle. Ed è come se non fossero mai esistite. A volte le raggiungo con lo sguardo, ne seguo i movimenti e mi domando da quale albero siano cadute. Ma in un istante i miei pensieri si posano altrove e qualsiasi mia risposta è destinata a soccombere prima ancora di nascere.
Quando una foglia morta si ferma accanto a me la schiaccio con un piede, perchè la ritengo responsabile dell'infelicità umana.
A volte, per la strada, mi soffermo ad osservare un formicaio e mi domando cosa spinga le formiche a fare quello che fanno. Mi inginocchio, accendo una sigaretta e le contemplo incuriosito. Ne seguo i movimenti con lo sguardo e cerco in tutti i modi di interpretare le loro abitudini. Terminata la sigaretta, prima ancora di spegnerla, la appoggio con cura all'imboccatura della loro tana e osservo i loro corpi agitarsi, contorcersi e bruciare. Quelle che non muoiono ustionate le schiaccio con un piede, perchè le ritengo responsabili dell'infelicità umana.
L'infelicità umana è una condizione predefinita dalla quale non è possibile prescindere. A volte si cerca invano un capro espiatorio, un agnello sacrificale che ci permetta di affermare: "E' solo colpa tua, mi devi una vita".
In qualche modo siamo nati tutti assassini e le vittime dei nostri omicidi alimentano le speranze di un'esistenza che ci sfugge dalle mani come fosse acqua.
Siamo intrappolati in un meccanismo intricato che divora lentamente le nostre carni e ci annienta dall'interno, fino a farci odiare l'un l'altro. Siamo cadaveri che popolano un pianeta destinato al crollo interiore; siamo l'essenza del nulla; siamo e allo stesso tempo non siamo; versiamo lacrime di sangue nella speranza che il nostro corpo cancelli le paure dietro le quali si cela la nostra anima. Io ne ho assaporato un solo frammento ed ora sento che ogni cosa è differente.
_________________ miaooooo |
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Cronenberg
 Reg.: 02 Dic 2003 Messaggi: 2781 Da: GENOVA (GE)
| Inviato: 07-10-2004 21:46 |
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In una forma prosaica la decadenza umana può essere intesa come da te descritta, ma più direttamente, per questo mondo direttamente circolare, può essere intesa anche come la fine infelice, il raggiungimento dello status d'infelicità esistenziale, non per questo decadente. La forma d'intesa dell'infelicità umana crea nell'uomo un verbo mesto di auto infelicità, auto commiserazione e quindi di cognizione del mondo, autore della 'sensazione' umana. E' inutile compiangerci nel compiangere l'uomo, perchè noi facciamo parte di questo essere incomunicabile, che solo all'apice della disgregazione emozionale può appunto rendersi conto dell'infelicità che si è come un puzzle 'composto'. Quindi andiamo avanti finchè non ci renderemo conto che è difficile non essere infelici, perchè in fondo noi siamo felici dell'infelicità, non facciamo più caso ad essa, nemmeno più al contorno d'essa. Attorno a noi regna la ricca infelicità, asettica, la più terribile, quella che ci lava la testa da tutto e tutti, fino a farci rimanere nell'attimo infelice, pezzetti di un puzzle incompleto della cognizione della sensazione attuale, la felice infelicità.
_________________ La ragione è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie
René Descartes |
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mulaky
 Reg.: 09 Lug 2002 Messaggi: 32104 Da: Catania (CT)
| Inviato: 07-10-2004 22:41 |
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al di là delle ombre che offuscano l'animo umano, c'è l'illusione di un mondo migliore...
_________________ What you fear in the night in the day comes to call anyway
Well darling if the shit came out then, I suppose that the shit went in
(A.D.) |
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philipcat
 Reg.: 08 Feb 2004 Messaggi: 1372 Da: Roma (RM)
| Inviato: 07-10-2004 23:03 |
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"Appoggio la mia mano sulla panchina, ma la ritiro subito: essa esiste. Questa cosa sulla quale sono seduto, sulla quale appoggiavo la mano si chiama una panchina. L'hanno fatta apposta perché ci si possa sedere, hanno preso del cuoio, delle molle, della stoffa, si sono messi al lavoro, con l'idea di fare una sedia e quando hanno finito era questo che avevano fatto. L'hanno portata qui, in questa scatola, e ora la scatola viaggia e sballotta, con i suoi vetri tremolanti, e porta nei suoi fianchi questa cosa rossa. Mormoro: è una panchina, un po' come un esorcismo. Ma la parola mi rimane sulle labbra: rifiuta di andarsi a posare sulla cosa. Essa rimane quello che è, con la sua peluria rossa, migliaia di zampette rosse, all'aria, diritte, zampette morte. Questo enorme ventre girato all'aria, sanguinante, sballottato - rigonfio con tutte le sue zampe morte, ventre che galleggia in questa scatola, in questo cielo grigio, non è una panchina. Potrebbe benissimo essere un asino morto, per esempio, sballottato nell'acqua e che galleggia alla deriva, il ventre all'aria in un grande fiume grigio, un fiume da inondazione; e io sarei seduto sul ventre dell'asino e i miei piedi bagnerebbero nell'acqua chiara...."
E' un passo della Nausea di Sartre.
Quando Antoine Roquentin comincia ad avvertire quella dimensione metafisica di straniamento nei confronti dell’esistenza che lo pervade completamente.
Una nausea che causa in Roquentin l’estraneità degli oggetti, la percezione distorta delle cose e della propria immagine. Non riesce nemmeno a conciliarsi con l’immagine che gli rimanda lo specchio: un uomo addirittura estraneo a se stesso.
Un atteggiamento psicologico di rigetto che ha un’incidenza enorme sulla nostra coscienza individuale. Quella sensazione di ribrezzo e disgusto nei confronti di ciò che ci circonda, ci tocca, nostro malgrado, e ci opprime.
La nausea non si configura come uno stato doloroso transitivo,non è una malattia o un accesso passeggero: è l'esistere.
Secondo Sartre la condizione umana si configura come un solitario ed angoscioso sperimentare le cose che sono intorno a noi, giungendo a quello che lui chiama “orrore di esistere”. L’individuo appare solo, sperduto, disgustato dal mondo in cui vive e non sa come comportarsi.
Ma esiste un comportamento che impedisce, almeno in parte, alla nausea di paralizzarci nel disgusto e nell’orrore: avvalersi della propria libertà ed assumersi la responsabilità di ogni azione. Libertà e responsabilità sono dunque, insieme alla solitudine ed allo spaesamento , due delle categorie fondamentali che meglio descrivono la “condition umaine” contemporanea. L’individuo è solo in ogni istante, sebbene viva in una società organizzata, e proprio per questo è condannato a decidere come agire.
E'quindi libero di scegliere, libero di vivere, pur condizionato dagli altri, e libero persino di non essere libero, ossia libero di lasciarsi vivere, nel senso che la sua esistenza viene manipolata e decisa dagli altri.
Ed è qui che è racchiuso il dramma dell’esistenza, che gli genera un’intollerabile angoscia, causata dall’imprevedibilità della propria libertà. Dalla certezza che ogni decisione è revocabile e che ogni regola stabilita può essere infranta perché liberamente scelta. E' angoscioso doversi mettere continuamente in gioco, scoprire se stessi come fonte inesauribile di infinite possibilità e constatare l'impossibilità di conciliazione fra l'Io e gli Altri.
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Freedom's just another word for nothing left to lose.
[ Questo messaggio è stato modificato da: philipcat il 07-10-2004 alle 23:14 ] |
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ilaria78
 Reg.: 09 Dic 2002 Messaggi: 5055 Da: latina (LT)
| Inviato: 08-10-2004 15:42 |
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quote: In data 2004-10-07 23:03, philipcat scrive:
E' angoscioso doversi mettere continuamente in gioco, scoprire se stessi come fonte inesauribile di infinite possibilità e constatare l'impossibilità di conciliazione fra l'Io e gli Altri.
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Freedom's just another word for nothing left to lose.
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l'angoscia può derivare anche dal non sentirsi in grado di mettersi in gioco, dal fatto di sapere quel che dovresti fare, ma non sai perchè, non lo fai. l'angoscia può derivare dal fatto di scoprirsi ai propri occhi deboli e stupidi, o magari illusi o solo accidiosi.
visto che la conciliazione con gli altri non c'è data, è possibile farlo con se stessi?
_________________ ...quando i morti camminano signori..bisogna smettere di uccidere... |
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Ladyanne ex "ladyann2"
 Reg.: 02 Lug 2004 Messaggi: 8834 Da: vicenza (VI)
| Inviato: 08-10-2004 15:47 |
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quote: In data 2004-10-07 23:03, philipcat scrive:
Ma esiste un comportamento che impedisce, almeno in parte, alla nausea di paralizzarci nel disgusto e nell’orrore: avvalersi della propria libertà ed assumersi la responsabilità di ogni azione. Libertà e responsabilità sono dunque, insieme alla solitudine ed allo spaesamento , due delle categorie fondamentali che meglio descrivono la “condition umaine” contemporanea. L’individuo è solo in ogni istante, sebbene viva in una società organizzata, e proprio per questo è condannato a decidere come agire.
E'quindi libero di scegliere, libero di vivere, pur condizionato dagli altri, e libero persino di non essere libero, ossia libero di lasciarsi vivere, nel senso che la sua esistenza viene manipolata e decisa dagli altri.
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quoto completamente questa parte.
E' quello che ho sempre pensato, l'individuo decide tutto di se e di come vivere
decide anche di non decidere.
per il resto ha detto tutto philipcat, non ho nulla da aggiungere
_________________ Tzè |
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