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Chéri di Stephen Frears |
ines49
Reg.: 15 Mag 2004 Messaggi: 376 Da: PADOVA (PD)
| Inviato: 27-09-2009 23:05 |
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Stephen Frears non delude in questo dolente e ironico, leggero e profondo film il cui titolo si riferisce al soprannome dato dalla protagonista femminile al personaggio maschile della storia raccontata
Una bravissima Michelle Pfeiffer, un accuratezza nella scenografia ed una splendida fotografia fanno di questo film alcune delle ragioni per non perderlo e di rivederlo
[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 30-10-2009 alle 18:58 ] |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 27-09-2009 23:41 |
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frears non delude mai.
comunque è cheri, al maschile appunto.
prima o poi dovrei finire di scrivere qualcosa
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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gatsby
Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 28-09-2009 07:13 |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 04-10-2009 14:43 |
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Lei e lui: si innamorano, vengono separati, poi si rivedono, infine si lasciano per cause esterne. Questo, ad un sufficiente – ma non eccessivo – livello di sintesi, è quanto avviene nel nuovo film di Stephen Frears. L’azione, e con essa la narrazione, sono ridotte al minimo indispensabile, letteralmente ‘all’osso’, ad essere ovvero lo scheletro di un corpo, di un film fisico come non ne vedevamo da parecchio tempo. Chéri è esattamente questo, il simulacro di un corpo umano, la messa in scena estrema (nel senso di estremamente fisica) del corpo come metafora del film, in una retorica non tanto metacinematografica ma sensibilmente filmica.
Quasi un’apologia della vecchiaia, Chéri celebra l’effimera longevità («un buon corpo dura per tanto tempo») della vita quasi-biologica dell’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica.
La macchina da presa segue un corpo che sembra eterno, quello di una sempre meravigliosa Michelle Pfeiffer, soffermandovisi ogni volta, alla fine della scena, a coglierne la vitalità e l’evoluzione espresse da reazioni, commenti, pensieri, sguardi, riflessioni. Così facendo, Frears celebra il film, in parallelo con la sua effigie pro-filmica, come corpo da conservare e restaurare, e celebra il cinema come morte del corpo, per restare forse pura luce e controluce. Il corpo non sopravvive alla memoria: il primo piano sospeso finale, eterno ed etereo, della Pfeiffer che guarda aldiquà della macchina da presa, è il corpo che guarda al futuro in cui non ci sarà più, e resterà solo come ricordo e pensiero.
http://www.positifcinema.com/cheriegijoe.htm
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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