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Carnera, la montagna che cammina |
kubrickfan
 Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 13-05-2008 07:45 |
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Trama: Durante il ventennio fascista, Primo Carnera è un gigante friulano di oltre due metri per 120 kilogrammi, che dopo un passato di difficoltà nella sua infanzia ed essere emigrato in Francia a lavorare in un circo, viene notato da un manager di pugili e convinto ad effettuare degli incontri in America. La carriera è sfolgorante, ma le difficoltà di un mondo che non ammette ingenuità si faranno ben presto vedere. Il pugile, sensibile e allo stesso tempo romantico, deve dedicere che fare del suo destino. Sopratutto dopo che ...
Commento: Sono sempre stato un sostenitore della filosofia di Renzo Martinelli di proporre argomenti scottanti e importanti (le tragedie naturali per incuria dell'uomo, il terrorismo) in maniera che si potesse abbinare spettacolo con denuncia coinvolgendo con questa cosa un pubblico più vasto che aveva voglia di vedere comunque un passatempo senza sottoporsi a un impegno maggiore (triste ma intelligente adeguamento necessario), lasciando lo spazio anche al ragionamento e alla conoscenza, magari con una superficiale proposta da approfondire in rete o biblioteca dopo perchè stuzzicati dal film che comunque ti ha fatto passare il pomeriggio tranquillo o ti ha condotto alla pizza serale.
Così poteva essere vsito Vajont (film italiano con uso corposo e inusuale degli effetti speciali), così fu Piazza delle cinque Lune, così era Il mercante di pietre. Cinema che viveva in questa maniera, attirandosi parecchi detrattori e poche lusinghe dalla critica e da chi voleva che il prodotto fosse meno luccicante ma vivesse di vita propria.
Ma in questo Carnera-la montagna che cammina, Martinelli non ha nessuna scusante, il ritratto sbilenco e troppo infiorato di stupidaggini per renderlo più scenico possibile (alla fine del film c'è una didascalia che dice chiaramente che molti avvenimenti sono di pura fantasia per renderlo scorrevole) del campione friulano di boxe che con i suoi pugni si pose anche come orgoglio Fascista e mussoliniano, è vuoto, privo di attrattive e non ha nessuna penetrazione storica, non identifica il periodo tramite le storie ed avventure del singolo come Martinelli vorrebbe.
Tra l'altro il fatto di esserne produttore e quindi totalmente libero creativamente, è una colpa ancora maggiore per il regista un simile tonfo. Andando con ordine, questa è la storia di un bambino nato di otto kg che non entra nel banco di scuola tanto è grosso, incontra una bimba che gli consegna tramite un libretto il destino ("é il mio portafortuna") e lavorerà in un circo per sbarcare il lunario e per soddisfare la fame terribile che lo attanaglia sempre.
Un colpo di fortuna lo porta a fare un primo incontro di boxe, e da lì parte come una folgore la carriera che insieme alle soddisfazioni del ring gli porterà un sacco di delusioni nella vita.
Per interpretare il gigante che cammina è stato chiamato un esordiente, Andrea Iaia, dalla voce orribile e del tutto inespressivo. Martinelli ha guardato la forma ma non la sostanza, ha preferito un corpo già formato invece di un attore di spessore recitativo che si adattasse fisicamente (impietoso e impossibile quanto mai il paragone con il De Niro che fa Jake La Motta). Poi fa fare una particina a Paul Sorvino (il direttore del circo) per ingioilellare il cast, che aveva già al suo interno un premio oscar come F. Murray Abraham (indimenticabile Salieri di Amadeus) che senza sforzo incassa (soldi non pugni) e ringrazia, poi il regista si ingegna di fantasia e fa recitare Burt Young (il Paulie di Rocky) in modo da citare argomenti correlati. In mezzo qualche caratterista italiano, la graziosa Kasia Smutniak, ed Eleonora Martinelli già presente in altri due suoi film. Ma sopratutto inscena tanta noia, delle situazioni patetiche per far cadere la lacrimuccia con il campione che all'apice del trionfo chiede la mano della fidanzata, oppure che tenta il suicidio alla Full Metal Jacket senza nessun senso, che riceve posta da tutte le parti incoraggiandolo a mostrare l'orgoglio italiano nel mondo, oppure che lui picchia perchè i suoi figli non siano poco letterati come lui.
Un ritratto emozionalmente e psicologicamente frammentato, discontinuo, che ha delle scelte tecniche balorde nel voler mettere anche l'inizio del segmento narrativo in bianco e nero con la pellicola graffiata per renderla antica.
Il filo del racconto quando raggiunge l'Italia e il Friuli perde l'unico fascino che aveva, il senso della grandeur americana, cioè gli ambienti, impastrocchiando treni che non partono per attenderlo, popolino che inneggia, abbracci, baci, litigi familiari e tanta voglia nostra di andarcene dalla sala.
Non capiamo davvero perchè Martinelli si sia perso in questa palude narrativa, si poteva dare una versione ben diretta e diversa avendo la possibilità di romanzare la vita di un campione, libero da aderenze reali nella totalità per raccontare la sua vita, invece è talmente fuori forma che anche gli incontri sono davvero banali e privi di ogni fantasia (tanto da citare Toro Scatenato nel fatto che perde in piedi un incontro).
In definitiva un film pessimo come ritratto peggiorato dal fatto che è di libera interpretazione, discutibile nelle scelte tecniche di racconto, noioso, con un protagonista senza nessuna personalità ed esperienza, che cita varie cose dimostrando anche poca fantasia. Poteva andare bene (al limite) come fiction televisiva, al cinema il grande schermo ne evidenzia ogni difetto senza nessuna pietà. I numerosi detrattori di Martinelli potranno dire "Ve lo avevamo detto!", speriamo che al prossimo lavoro il regista produttore, visto che gode anche di certo credito presso l'estero, cerchi di tenere buona la sua formula di cui si diceva all'inizio in cui è molto più valido nei suoi limiti artistici : spettacolarizzare l'argomento e non una storia di singolo che non esce dalla sua locazione personale.
E, cosa peggiore di tutte, non rende minimamente onore al campione.
_________________ non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT |
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casanova
 Reg.: 24 Lug 2008 Messaggi: 10 Da: milano (MI)
| Inviato: 24-07-2008 18:47 |
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Carnera: "La montagna che cammina" inizialmente doveva essere inquadrato come fiction suddivisa in 2 puntate e solo dopo aver ottenuto cospicui finanziamenti dall'italia e dall'europa (in questo Martinelli è il migliore), si decise di trasformare questa fiction in un kolossal tutto italiano.
A tratti la pellicola si trascina l'ombra impetuosa della fiction televisiva, ma tutto sommato la realizzazione finale lo rende un buon film, forse troppo pubblicizzato e acclamato prima dell'uscita nelle sale cinematografiche e prima della proiezione hollywoodiana al Madison di New York.
Andrea Iaia l'attore che interpreta Primo Carnera assomiglia molto fisicamente al pugile tanto da far restare stupita anche la figlia di quest'ultimo durante le riprese, la genuinità e l'ingenuità che l'attore trasmette erano proprie dello stesso Carnera.
La moglie di Carnera è interpretata dalla bravissima Anna Valle e il cast internazionale è una costante nei film di Martinelli.
Il modo di boxare nel film rende perfettamente l'epoca in cui è ambientato, in rete si possono tutt'ora vedere filmati di Carnera sul ring negli anni '30, un altro applauso va alla scenografia e ai costumi, l'eccessivo buonismo e i toni melodrammatici che vengono toccati sono esclusivi della vita del campione, ricordiamoci che prima di questo film furono scritti numerosi libri sulla vita di Primo Carnera.
L'eroe buono che combatteva in Camicia Nera chi l'ha conosciuto sostiene che si avvicinava molto al personaggio interpretato da Iaia del resto anche molte sue interviste rilasciate negli '30-'40 rendono l'idea.
Martinelli ha fatto un ottimo lavoro secondo me non accentuando più di tanto il rapporto del pugile con il fascismo e con la mano nera negli USA fotografando una persona pulita, dotata di grande forza e generosità, capace di fare sognare milioni di italiani durante il 20ennio e capace di influenzare Gerry Siegel che dopo aver visto un suo incontro prese carta e matita e disegnò il super eroe più famoso al mondo: SUPERMAN.
CONSIGLIATO.
Casanova |
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