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Autore My blueberry Nights - Un bacio romantico
kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 29-03-2008 18:38  
Trama : Lizzie ha appena troncato la relazione con il suo fidanzato, dopo aver scoperto che la tradiva. In cerca di conforto si reca nella pasticceria di Jeremy, un uomo tenero ed affettuoso. L'incontro tra i due sembra essere utile per entrambi, ma per Lizzie la voglia di scoprire altre storie ed altre persone è troppo forte e per lei comincia un giro itinerante per vari locali facendo la cameriera alla sera, in modo da guadagnare anche i soldi necessari per l'acquisto di una autovettura, che la porta a conoscere diverse anime tormentate, restando però sempre in contatto postale con Jeremy ...





Commento: Il regista asiatico Wong Kar-wai (autore di pellicole ottime come In the mood for love e 2046) si cimenta con il suo primo film occidentale con attori americani (coprodotto però dalla Francia) dirigendo star del calibro di Jude Law, Natalie Portman e Rachel Weisz. Però nonostante questo trio di tutto rispetto la protagonista è un'esordiente (al cinema) di fama, la cantante Norah Jones, il cui personaggio funge da catalizzatore per gli eventi del film.
Riprendendo le tematiche a lui care del sentimento e della comunicazione contrastata, Kar-wai con il solito stile affascinante ci racconta delle storie diverse e separate, partendo da quella dell'incontro tra Lizzie e Jeremy nella pasticceria, sorta di osservatori del mondo con animo tenero e pacato (a dimostrazione il continuo armeggiare di lui con la telecamera del negozio a volte sfuocata a volte perfettamente regolata) che vedono storie di uomini e donne vivendo direttamente le loro emozioni, vicende disperate come quella della Weisz, ex moglie di un poliziotto che alla sera affoga la sua disperazione per la separazione nell'alcool, interpretato da David Strathairn, attore culto di George Clooney, per poi continuare con il racconto di una accanita giocatrice di poker (Natalie Portman) che gioca la sua vita continuamente sul filo del rischio economico e che ormai non crede più a nulla, neppure al padre in punto di morte.
Il tutto si chiude stupendamente con l'immagine che lo spettatore porterà a simbolo del film, l'inquadratura praticamente perfetta che si scolpisce nella mente per restarci a ricordo di quanto visto.
Privilegiando per la fotografia il caldo del rosso (il colore delle emozioni forti per antonomasia) siamo condotti per mano senza strattoni e in maniera dolce in questo percorso di storie metropolitane di grande impatto, dove la regia si differenzia continuamente, sottolineando i momenti diversi del vedere e del sentire, rallentando, velocizzando e cambiando le prospettive in maniera mai mono strutturata, utilizzando sempre il comparto fotografico alla perfezione per giochi di colore affascinanti. Quando l'intensa Norah Jones (davvero una bella sorpresa, ma anche gli esordienti sotto la direzione degli artisti prendono vigore) vede le vicende delle persone con cui viene a contatto, è come se il filtro dell'uomo che sta dietro la camera da presa sparisse, entrasse in lei e cogliesse gli attimi felici o meno degli altri per farli propri, bandito accettato dai protagonisti in maniera consapevole, in modo che quanto è stato preso possa essere portato a lezione per completare la propria storia. I rumori metropolitani affogano in una stupenda percezione sonora (la original sound track è veramente strepitosa), canzoni del momento portate a ricordo di una emozione da trasmettere.
Rispetto agli altri lavori precedenti del regista la trama è molto più lineare del solito, si svolge e si segue con meno tortuosità di racconto, probabilmente dovendo incontrare il gusto del pubblico occidentale si è fatto un lavoro in questo senso di limatura delle sfaccettature dei percorsi, ma le immagini e i simboli sono uguali e profondamente iconizzanti.
Come quando le parole nella pasticceria diventano la fusione del gelato sulla torta dei mirtilli (dialogo e comunicazione che si integrano), quando viene superato il bancone nella scena finale per simboleggiare il protagonismo ormai raggiunto con l'esperienza da vivere dopo l'osservazione, quando novelle Thelma e Louise si percorre la strada per giungere alla meta (morale e fisica) destinata viaggiando nella natura brulla e arida, quando i conti del passato ritornano in un biglietto a ricordarci che quanto viviamo non è mai veramente morto anche se nella vita odierna non sembra più entrare direttamente, mentre le lettere che spediamo ora ci collegano a quello che può essere il passato, il presente e il futuro, che una porta chiusa ci impedisca di progredire senza che delle chiavi lasciate su un bancone non è detto che possano aprire.
Il ritmo ovviamente non è incalzante, per far cadenzare e penetrare a dovere le emozioni di ciò che vediamo non si può pretendere che un ottica di racconto calma e riflessiva, anche se il grande impatto visivo non ci fa per niente sentire la sua durata.
In definitiva il lavoro di un artista in trasferta che ci dona un grande ritratto emotivo, dall'intenso fascino visivo sempre in evoluzione, che usa i colori caldi e i particolari per emozionarci in maniera splendida e convincente, nel modo che tanti registi più vacui non riescono a raccontare, in un perfetto connubio di musica e di spirito osservativo/introspettivo che non può non affascinare chiunque voglia pensare di vivere al cinema veri sentimenti, con presente una prova d'attori che ha dato volto vero agli animi tormentati di città che brulicano di storie meritevoli di essere conosciute, indipendentemente dalla vita sempre in corsa che facciamo, in un ottica di disincanto mai veramente rassicurativa del racconto ma che ha sempre in se una fiammella di speranza o nuovi orizzonti da perseguire.
Il titolo italiano non ha merito a quello originale, che si riferisce alle torte di mirtilli lasciate intatte dai consumatori ma che comunque sono dense di sapore, gustate di notte insieme per viverne completamente il profumo.

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non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 01-04-2008 10:37  
non mi è piaciuta questa specie di chungking express for dummies.
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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bunch311

Reg.: 20 Gen 2005
Messaggi: 430
Da: roma (RM)
Inviato: 04-04-2008 21:58  
il porblema è che kar way se scorda de esse un regista e cerca di fare lo scrittore

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Small982

Reg.: 15 Mar 2007
Messaggi: 185
Da: fano (PS)
Inviato: 09-04-2008 11:40  
penso che abbia preferito fare un film molto 'buono' per un pubblico più largo
Comunque è un ottimo film
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Un bacio romantico

[ Questo messaggio è stato modificato da: Small982 il 09-04-2008 alle 11:41 ]

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Hias84

Reg.: 15 Mar 2007
Messaggi: 1262
Da: Serravalle Pistoiese (PT)
Inviato: 09-04-2008 15:11  
“My Blueberry Nights”, ritorno al cinema di Wong Kar- Wai (regista di capolavori come “In The Mood For Love” o “Happy Together" e di uno dei tre episodi del film a sei mani “Eros”), o, se preferite, debutto cinematografico della deliziosa cantante Norah Jones. Schizofrenie dell’edizione italiana, forse spinte alle estreme conseguenze nel tentativo di rendere commercialmente appetibile la pellicola, hanno ridotto il bellissimo ed evocativo titolo originale ad un più anodino “Un Bacio Romantico”, in aria di filmetto adolescenziale o romanticheria di facile consumo. Niente di più fuorviante. Kar- Wai dirige ovviamente un film sui sentimenti, e di sentimenti, ma con un eleganza ed una raffinatezza ignote a molti, moltissimi mestieranti della settima arte. La storia è quella di Elizabeth, tradita e abbandonata dal proprio uomo, che nel cercare ragione e perché all’abbandono e nel tentare di trovare il coraggio per affrontare l’uomo che (ancora) ama, entra dentro le vite e le storie dei più svariati personaggi, tutti lontani anni luce tra di loro: lascia la chiave dell’appartamento che divideva con l’ex nel ristorantino che questi saltuariamente ha frequentato, e qui conosce il ristoratore, Jeremy, inglese trapiantato a New York (Jude Law), che scopriremo presto dividere con Elizabeth una storia d’amore fallita e (particolare importante) un mazzo di chiavi che ancora reclama un padrone, e che diventerà suo intimo amico tentando di allietare le sue serate a colpi di torte al mirtillo e gelato (da cui il titolo), con la recondita speranza che questa amicizia possa evolvere in qualcosa di più; una coppia di alcolizzati che si è separata, ma nella quale ambedue soffrono il doloroso distacco, chi senza ammetterlo (la moglie, Rachel Weisz), chi invece in modo fin troppo evidente (Arnie, il marito, interpretato da David Strathairn) fino al tragico epilogo finale; un’incallita giocatrice d’azzardo, con un rapporto insoluto col padre (Natalie Portman), che trascina con sé Elizabeth nel gioco e, spazialmente, sulle strade dell’ovest americano, creando con lei una strana amicizia nella quale “non fidarsi di nessuno”, e nemmeno dell’altro, è la regola. Storie separate tra loro da più di cinquemila chilometri: New York, Memphis e Las Vegas. Sono i chilometri che Elizabeth percorre quando capisce di dover scappare via da New York e da una storia che è divenuta un naufragio e che rischia di portarla a picco: fuggire, in qualche modo, allontanarsi, magari solo per occupare la mente, magari per sondare, per capire quali ricordi la leghino al proprio passato newyorchese e leghino gli altri (ad esempio Jeremy, col quale resterà sempre in contatto “via cartolina”, senza però che egli possa risponderle o parlarle al telefono) a lei. Elizabeth viaggia, e diviene il filo rosso che lega le esistenze dei personaggi succitati, sopravvivendo con lavori di fortuna (e spesso doppi lavori) in tavole calde, bettole e casinò di infima categoria, col solo sogno di acquistare un’auto (un simbolo di una nuova libertà) per tornare indietro, a casa, ma diversa, cambiata “una nuova Elizabeth”: le persone che incontra diventano i suoi specchi, nel confronto con essi, ella si definisce, ed acquista coscienza di sè. A distanza di migliaia di chilometri, anche Jeremy risolve il proprio passato, chiudendo con la sua ex che sta per partire, probabilmente per sempre e, dopo mesi di immobilismo passati ad attendere il ritorno di Elizabeth, rinnovando persino il locale. In mezzo, uno spaccato di umanità e di dolore, quello offerto dalla coppia di Memphis e dalla giovane giocatrice di Las Vegas: un mondo nel quale l’ossessione si è sostituita all’amore e la paranoia è diventata uno stile di vita come un altro, un mondo nel quale ci si rovina insieme la vita tentando di affogare i problemi nell’alcol o si diventa tanto sospettosi da bluffare anche nella vita di tutti i giorni, senza essere più in grado di distinguere il reale dal gioco, dall’immaginario, un mondo nel quale una brusca separazione lascia un inatteso vuoto per due donne, la Sue Lynne di Rachel Weisz e la Leslie di Natalie Portman, che non potranno che cercare, in un modo o nell’altro, di cambiare la propria vita. Elizabeth attraversa tutto questo solo per avere la forza di tornare, finalmente diversa, cambiata da tutto ciò che ha incontrato in questo viaggio, nel quale ha messo alla prova la propria fiducia nel prossimo ottenendo in cambio una maggiore consapevolezza di sé e un nuovo “sguardo” sul mondo: nel ristorante di Jeremy non l’aspetta più l’enorme boccia contente le chiavi dei tanti amanti, amici, dimenticate nel locale o lasciate lì perché qualcuno le riprendesse, e che mai nessuno ha reclamato, quelle chiavi che sono state l’inizio della storia. Anche Jeremy è cambiato. Quello che non cambia è il sentimento col quale, per trecento giorni, senza mai poter sentire la sua voce, l’ha attesa. È un vero "bacio romantico" quello che i due si scambiano alla fine della pellicola, replica di un altro, appena accennato allo spettatore, che Jeremy aveva posato sulle labbra di una Elizabeth addormentata poco prima che partisse per il suo viaggio. A volte c’è una lunga strada da attraversare, e quello che conforta è chi ci attende dall’altra parte. Wong Kar- Wai ci racconta questa storia senza minimamente rinunciare al proprio stile ed alle proprie arditezze estetiche: una fotografia meravigliosamente sgranata, immagini elegantemente colorate (vere esplosioni di colore, a volte, dall’artificialità del neon allo splendore dei tramonti), montaggio brillante e originale, una grande colonna sonora (opera del maestro Ry Cooder) ma soprattutto una bella scrittura, una bella sceneggiatura di partenza, un road movie che ha qualcosa, a tratti, della fiaba ma che non teme il confronto con la sofferenza e col dolore insito nella vita reale. Wong Kar- Wai ha detto, presentando il suo primo film americano, che "talvolta la distanza tangibile tra due persone può essere minima ma quella emotiva enorme. Il mio film vuole essere uno sguardo rivolto a quelle distanze sotto varie angolazioni". Per il resto, storie come questa si raccontano da sole, semplici ma splendide come sono. Ogni stazione del viaggio, ogni personaggio, ogni parola, ogni fotogramma, ogni dettaglio, anche il più apparentemente casuale, concorre nel creare una magica alchimia; tutto questo serve per preparare quella torta ai mirtilli che mai nessuno vuol mangiare, ma che, una volta assaggiata, lega indissolubilmente chi la consuma e chi l’ha preparata.

Pubblicato (più o meno in questa stessa forma) anche qui
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Formula della mia felicità: un sì, un no, una linea retta, una meta... (F.W.Nietzsche)

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coriander

Reg.: 23 Ott 2003
Messaggi: 98
Da: napoli (NA)
Inviato: 09-04-2008 17:37  
Non mi va di fare del sarcasmo su Wong Kar-Wai, anche se non sarebbe difficile. Su questo Wong Kar-Wai, intendo. Non mi va perchè io e il sig. Wong una volta eravamo amici, quando 16-17enne scoprii quasi per caso Hong Kong Express e Angeli Perduti, nelle registrazioni spregiudicate delle nottate ghezziane. Lì l'animismo, la poetica degli oggetti, la casualità erano originali e convincenti. Sono rimasto affascinato da In The Mood For Love, che rimane il suo migliore. In seguito alla visione di quest'ultimo devo rivalutare 2046, che al confronto è un capolavoro di freschezza e sobrietà. Avrei preferito fare sarcasmo sul brainstorming alla base dell'annichilente titolo italiano "un bacio romantico", ma quasi viene fuori che hanno ragione.

Wong realizza la perfetta raffigurazione del concetto di stile che diventa maniera. Inverte le proporzioni fra ralenti (o qualsiasi altro nome abbia il procedimento che prevede qualche fotogramma sì e altri no in un tempo leggermente dilatato) e ripresa normale. Non più sporadici fumatori controluce con lente volute disegnate dalla sigaretta, c'è da ricercare le rare sequenze fluide in un pathos spalmato senza ritegno. Più volte mi è venuta in mente la battuta di Futurama, con la testa di Pamela Anderson che ha vinto l'oscar per il film di Baywatch, il primo interamente girato al ralenti. E se mi è venuta in mente più volte, vuol dire che nel film non sono riuscito ad entrarci.

E Jude Law che trascina sacchi fuori dal ristorante come faceva Faye Wong quattordici anni fa. E la rivisitazione del tema di In The Mood for Love. E lo scivolare morboso sulle linee della jaguar, come già nella brutta scena di Ashes of Time (lì era un cavallo). Sono cose che non aiutano. I colori sovraesposti e sgranati, alla ricerca di un blues chic che è una contaddizione in termini che mai l'uomo dovrebbe sperimentare, restituiscono qualcosa di simile ad una pubblicità di sigari col bocchino. Un film di ossessioni stiracchiate e pretestuose.

Wong, smettila di cazzeggiare, ripigliati.

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SlowFilm

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 09-04-2008 17:40  
ottimo coriander
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Hias84

Reg.: 15 Mar 2007
Messaggi: 1262
Da: Serravalle Pistoiese (PT)
Inviato: 09-04-2008 18:21  
Onestamente, "My Blueberry Nights" non mi è sembrato un film così brutto (ma forse si capiva anche dalla mia "recensione"). Ammetto di non aver visionato tutta tutta la filmografia di Kar- Wai, però ho avuto l'impressione di un lavoro comunque ben sopra la media attuale.

quote:
In data 2008-04-09 17:37, coriander scrive:
Avrei preferito fare sarcasmo sul brainstorming alla base dell'annichilente titolo italiano "un bacio romantico", ma quasi viene fuori che hanno ragione.



Su questo proprio non concordo, in tutta onestà.

quote:
In data 2008-04-09 17:37, coriander scrive:
I colori sovraesposti e sgranati, alla ricerca di un blues chic che è una contaddizione in termini che mai l'uomo dovrebbe sperimentare, restituiscono qualcosa di simile ad una pubblicità di sigari col bocchino. Un film di ossessioni stiracchiate e pretestuose.



Ripeto, non ho (ancora) visionato tutti i film del regista, ma personalmente non ho trovato così indigesta quest'opera, nè così falso e strumentale l'uso dei colori sgranati, o delle sequenze rallentate. Insomma, non posso escludere che non vi sia una qualche dose di manierismo, ma è pur sempre vero che c'è gente che col manierismo ci mangia da vent'anni tra gli applausi ed il silenzio compiacente di tutti (leggasi, tanto per fare un nome, Tarantino). Magari, mi si dirà, nel regista di "Pulp Fiction" questa malizia è ampiamente dichiarata. Fatto sta che, però, c'è. Ma questo mi porta off topic.
Alla fin fine, non ho trovato questo film così "manierista" o "ideologicamente falsato". Probabilmente non è nemmeno il suo capolavoro, ma, ripeto, mi sembra un pò sopra la media rispetto a tante altre cose. Comunque, è solo la mia opinione.
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coriander

Reg.: 23 Ott 2003
Messaggi: 98
Da: napoli (NA)
Inviato: 10-04-2008 13:02  
quote:
In data 2008-04-09 18:21, Hias84 scrive:
Onestamente, "My Blueberry Nights" non mi è sembrato un film così brutto (ma forse si capiva anche dalla mia "recensione"). Ammetto di non aver visionato tutta tutta la filmografia di Kar- Wai, però ho avuto l'impressione di un lavoro comunque ben sopra la media attuale.

quote:
In data 2008-04-09 17:37, coriander scrive:
Avrei preferito fare sarcasmo sul brainstorming alla base dell'annichilente titolo italiano "un bacio romantico", ma quasi viene fuori che hanno ragione.



Su questo proprio non concordo, in tutta onestà.

quote:
In data 2008-04-09 17:37, coriander scrive:
I colori sovraesposti e sgranati, alla ricerca di un blues chic che è una contaddizione in termini che mai l'uomo dovrebbe sperimentare, restituiscono qualcosa di simile ad una pubblicità di sigari col bocchino. Un film di ossessioni stiracchiate e pretestuose.



Ripeto, non ho (ancora) visionato tutti i film del regista, ma personalmente non ho trovato così indigesta quest'opera, nè così falso e strumentale l'uso dei colori sgranati, o delle sequenze rallentate. Insomma, non posso escludere che non vi sia una qualche dose di manierismo, ma è pur sempre vero che c'è gente che col manierismo ci mangia da vent'anni tra gli applausi ed il silenzio compiacente di tutti (leggasi, tanto per fare un nome, Tarantino). Magari, mi si dirà, nel regista di "Pulp Fiction" questa malizia è ampiamente dichiarata. Fatto sta che, però, c'è. Ma questo mi porta off topic.
Alla fin fine, non ho trovato questo film così "manierista" o "ideologicamente falsato". Probabilmente non è nemmeno il suo capolavoro, ma, ripeto, mi sembra un pò sopra la media rispetto a tante altre cose. Comunque, è solo la mia opinione.




grazie sandrix.

ciao hias. ma "ideologicamente falsato" l'ho scritto io? non mi pare. se l'ho scritto mi dissocio da me.
dunque, a quel che ho capito tu hai visto solo happy together e in the mood for love. il mio rapporto con wong kar wai ho provato a riassumerlo, dando così un'idea del perché della mia posizione. è vero che i film più simili a quest'ultimo sono hong kong express e angeli perduti. ma già in happy together wong si dava all'iperimpressionismo (categoria da me appena inventata, non ne assicuro la validità). insomma, posso capire che per chi non conosca l'intera filmografia del regista, questo film possa contenere più elementi di novità. questa è una parte della verità. l'altra parte vuole rendere giustizia al fatto che la ricerca estetica e l'enfasi on the rocks sono caratteristiche fondamentali di molto cinema (estremo)orientale, e quando la cosa riesce bene vengono fuori fra le cose più interessanti in circolazione. in questo caso, tutti i limiti citati mi sembrano evidenti e mi sembra che l'amico wong abbia pagato in pieno lo scotto della trasferta americana, decidendo di fare un bignami oleografico dei suoi film precedenti. l'operazione rientra un po' nel filone dei remake degli horror giapponesi, depurati per il pubblico occidentale che se vede gli occhi a mandorla si annoia.

veloce passaggio su tarantino. costituzionalmente il suo cinema è indirizzato a masse maggiori, ed il fatto di avere un discreto successo di botteghino non gli ha impedito di ricevere critiche. ricordo pareri negativi sia su kill bill (che io considero un gran film) sia su grindhouse (che io considero una ciofeca). certo tarantino ha il vantaggio di potersi mascherare dietro l'essenzialità che l'eccesso ricopre nel suo cinema. il suo gioco è esplicito, ma non per questo necessariamente apprezzabile. mentre in tarantino posso non condividere le scelte personali, con wong kar wai mi pare si sia più dalle parti di un eccesso non voluto.
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Hias84

Reg.: 15 Mar 2007
Messaggi: 1262
Da: Serravalle Pistoiese (PT)
Inviato: 10-04-2008 13:51  
quote:
In data 2008-04-10 13:02, coriander scrive:
quote:
In data 2008-04-09 18:21, Hias84 scrive:
Onestamente, "My Blueberry Nights" non mi è sembrato un film così brutto (ma forse si capiva anche dalla mia "recensione"). Ammetto di non aver visionato tutta tutta la filmografia di Kar- Wai, però ho avuto l'impressione di un lavoro comunque ben sopra la media attuale.

quote:
In data 2008-04-09 17:37, coriander scrive:
Avrei preferito fare sarcasmo sul brainstorming alla base dell'annichilente titolo italiano "un bacio romantico", ma quasi viene fuori che hanno ragione.



Su questo proprio non concordo, in tutta onestà.

quote:
In data 2008-04-09 17:37, coriander scrive:
I colori sovraesposti e sgranati, alla ricerca di un blues chic che è una contaddizione in termini che mai l'uomo dovrebbe sperimentare, restituiscono qualcosa di simile ad una pubblicità di sigari col bocchino. Un film di ossessioni stiracchiate e pretestuose.



Ripeto, non ho (ancora) visionato tutti i film del regista, ma personalmente non ho trovato così indigesta quest'opera, nè così falso e strumentale l'uso dei colori sgranati, o delle sequenze rallentate. Insomma, non posso escludere che non vi sia una qualche dose di manierismo, ma è pur sempre vero che c'è gente che col manierismo ci mangia da vent'anni tra gli applausi ed il silenzio compiacente di tutti (leggasi, tanto per fare un nome, Tarantino). Magari, mi si dirà, nel regista di "Pulp Fiction" questa malizia è ampiamente dichiarata. Fatto sta che, però, c'è. Ma questo mi porta off topic.
Alla fin fine, non ho trovato questo film così "manierista" o "ideologicamente falsato". Probabilmente non è nemmeno il suo capolavoro, ma, ripeto, mi sembra un pò sopra la media rispetto a tante altre cose. Comunque, è solo la mia opinione.




grazie sandrix.

ciao hias. ma "ideologicamente falsato" l'ho scritto io? non mi pare. se l'ho scritto mi dissocio da me.
dunque, a quel che ho capito tu hai visto solo happy together e in the mood for love. il mio rapporto con wong kar wai ho provato a riassumerlo, dando così un'idea del perché della mia posizione. è vero che i film più simili a quest'ultimo sono hong kong express e angeli perduti. ma già in happy together wong si dava all'iperimpressionismo (categoria da me appena inventata, non ne assicuro la validità). insomma, posso capire che per chi non conosca l'intera filmografia del regista, questo film possa contenere più elementi di novità. questa è una parte della verità. l'altra parte vuole rendere giustizia al fatto che la ricerca estetica e l'enfasi on the rocks sono caratteristiche fondamentali di molto cinema (estremo)orientale, e quando la cosa riesce bene vengono fuori fra le cose più interessanti in circolazione. in questo caso, tutti i limiti citati mi sembrano evidenti e mi sembra che l'amico wong abbia pagato in pieno lo scotto della trasferta americana, decidendo di fare un bignami oleografico dei suoi film precedenti. l'operazione rientra un po' nel filone dei remake degli horror giapponesi, depurati per il pubblico occidentale che se vede gli occhi a mandorla si annoia.

veloce passaggio su tarantino. costituzionalmente il suo cinema è indirizzato a masse maggiori, ed il fatto di avere un discreto successo di botteghino non gli ha impedito di ricevere critiche. ricordo pareri negativi sia su kill bill (che io considero un gran film) sia su grindhouse (che io considero una ciofeca). certo tarantino ha il vantaggio di potersi mascherare dietro l'essenzialità che l'eccesso ricopre nel suo cinema. il suo gioco è esplicito, ma non per questo necessariamente apprezzabile. mentre in tarantino posso non condividere le scelte personali, con wong kar wai mi pare si sia più dalle parti di un eccesso non voluto.
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[ Questo messaggio è stato modificato da: coriander il 10-04-2008 alle 13:14 ]



Grazie per aver risposto, ora credo di aver capito cosa intendessi. Indubbiamente non conosco l'intera filmografia di Kar- Wai, fatto al quale tenterò di porre rimedio al più presto... e poi ti saprò ridire!
Ciao!!
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