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Autore In questo mondo libero di K. Loach
oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 20-12-2007 15:58  
In questo mondo libero inizia è finisce alla stessa maniera. Un classico film a struttura ciclica, se vogliamo, ma non un classico film dal punto di vista contenutistico. Il tema importante ed attualissimo del lavoro interinale è solo il pretesto per allargare l'orizzonte narrativo ad un panorama socio-culturale globalizzato e globalizzante.
La storia di una donna trentenne con un foglio a carico, sola e senza un futuro, diventa la fotografia della generazione di chi ormai ha da poco passato il quarto di secolo. Una generazione dove i figli diventeranno più poveri dei genitori e, per citare un artico apparso su L'Espresso, dove ormai è in atto una vera è propria discesa di classe. Così la protagonista del film di Loach (Angie, interpretata da una procace Kierston Wareing) diventa una discesista da primato che si trova impossibilitata, vuoi per scelta vuoi per necessità, a trovare un punto di appiglio a cui ancorarsi. Tutto diventa un intralcio, anzi, una spinta ulteriore per raggiungere un traguardo dove nessuno sarà li a festeggiarla. Il figlio, la madre, il padre e l'amica sono solo un alibi morale per proseguire in lavoro deprecabile; una sorta di legge del taglione diventa il vero burattinaio che muove i fili di una società sull'orlo del baratro e dove l'egoismo e il “pan per focaccia” diventano la regola e non più l'eccezione.
Ma il film potrebbe descrivere tutto e niente, potrebbe muoversi su più binari rischiando di perdersi in sottotesti pericolosissimi per la linearità narrativa; invece, la bravura sta proprio nel mantenere ben saldo l'obiettivo della macchina da presa sul più immediato e visibile tema portante della ascesa/discesa morale e sociale della protagonista. Il resto è lasciato all'interpretazione dello spettatore che può partire dalla pellicola per una riflessione più profonda sullo stato dell'arte del consumismo globalizzato.
Proprio il progresso diventa un mito da sfatare; la stessa Angie cerca di giustificare, durante un dialogo con il padre, la sua “professione” di reclutatrice di manodopera, come figlia di un'evoluzione darwiniana, accorgendosi ben presto di trovarsi non dalla parte della specie in evoluzione, ma da quella che rimarrà vittima della selezione naturale.
Il regista britannico mette in scena il narrato con un taglio assolutamente da fiction, escludendo ogni tipo di riferimento ad una cinematografia figlia del documentario. Il film è infatti molto montato, con un uso deciso del campo e del controcampo in tutti, o quasi, i dialoghi; allo stesso modo assente è la camera a mano e la fotografia risulta piuttosto costruita. Insomma, tutta la regia è orientata verso il Cinema, con una scelta davvero efficace visto che, in caso contrario, si sarebbe appesantito troppo il complesso filmico a discapito di una fluidità narrativa importante per questa tipologia di opera.
Eloquenti le sequenze durante le quali la protagonista recluta i lavoratori: sembra di assistere a scene da grande depressione, con la manodopera da una parte, ammassata come un gregge di pecore, e il padrone dall'altra a dispensare false illusioni più che un vero è proprio lavoro.
Il terzo mondo non è più tanto lontano.
_________________
Partecipare ad un'asta, se si ha il Parkinson, può essere una questione molto costosa.
Michael J. Fox
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Jourdain

Reg.: 21 Set 2007
Messaggi: 179
Da: Vignate (MI)
Inviato: 11-03-2008 15:58  
quote:
In data 2007-12-20 15:58, oronzocana scrive:
In questo mondo libero inizia è finisce alla stessa maniera. Un classico film a struttura ciclica, se vogliamo, ma non un classico film dal punto di vista contenutistico. Il tema importante ed attualissimo del lavoro interinale è solo il pretesto per allargare l'orizzonte narrativo ad un panorama socio-culturale globalizzato e globalizzante.
La storia di una donna trentenne con un foglio a carico, sola e senza un futuro, diventa la fotografia della generazione di chi ormai ha da poco passato il quarto di secolo. Una generazione dove i figli diventeranno più poveri dei genitori e, per citare un artico apparso su L'Espresso, dove ormai è in atto una vera è propria discesa di classe. Così la protagonista del film di Loach (Angie, interpretata da una procace Kierston Wareing) diventa una discesista da primato che si trova impossibilitata, vuoi per scelta vuoi per necessità, a trovare un punto di appiglio a cui ancorarsi. Tutto diventa un intralcio, anzi, una spinta ulteriore per raggiungere un traguardo dove nessuno sarà li a festeggiarla. Il figlio, la madre, il padre e l'amica sono solo un alibi morale per proseguire in lavoro deprecabile; una sorta di legge del taglione diventa il vero burattinaio che muove i fili di una società sull'orlo del baratro e dove l'egoismo e il “pan per focaccia” diventano la regola e non più l'eccezione.
Ma il film potrebbe descrivere tutto e niente, potrebbe muoversi su più binari rischiando di perdersi in sottotesti pericolosissimi per la linearità narrativa; invece, la bravura sta proprio nel mantenere ben saldo l'obiettivo della macchina da presa sul più immediato e visibile tema portante della ascesa/discesa morale e sociale della protagonista. Il resto è lasciato all'interpretazione dello spettatore che può partire dalla pellicola per una riflessione più profonda sullo stato dell'arte del consumismo globalizzato.
Proprio il progresso diventa un mito da sfatare; la stessa Angie cerca di giustificare, durante un dialogo con il padre, la sua “professione” di reclutatrice di manodopera, come figlia di un'evoluzione darwiniana, accorgendosi ben presto di trovarsi non dalla parte della specie in evoluzione, ma da quella che rimarrà vittima della selezione naturale.
Il regista britannico mette in scena il narrato con un taglio assolutamente da fiction, escludendo ogni tipo di riferimento ad una cinematografia figlia del documentario. Il film è infatti molto montato, con un uso deciso del campo e del controcampo in tutti, o quasi, i dialoghi; allo stesso modo assente è la camera a mano e la fotografia risulta piuttosto costruita. Insomma, tutta la regia è orientata verso il Cinema, con una scelta davvero efficace visto che, in caso contrario, si sarebbe appesantito troppo il complesso filmico a discapito di una fluidità narrativa importante per questa tipologia di opera.
Eloquenti le sequenze durante le quali la protagonista recluta i lavoratori: sembra di assistere a scene da grande depressione, con la manodopera da una parte, ammassata come un gregge di pecore, e il padrone dall'altra a dispensare false illusioni più che un vero è proprio lavoro.
Il terzo mondo non è più tanto lontano.




Mi congratulo con te per le parole scritte.

Ho visto "In questo mondo libero..." ieri sera e non posso fare altro che sottolineare il tuo intervento.
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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 11-03-2008 17:46  
grazie mille.
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Michael J. Fox
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