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Autore Ai confini del Paradiso - di F. Akin
RICHMOND

Reg.: 03 Mag 2003
Messaggi: 13089
Da: genova (GE)
Inviato: 17-12-2007 17:24  
Con Ai confini del Paradiso (Auf den anderen Seiten ), Fatih Akin, moderno poeta realista, già impostosi nel 2003 agli occhi della critica con l’ottimo La sposa turca , si fa portatore di ideali riconciliatori, multiculturali, in cui la dignità del singolo non cozza con il riconoscimento di ideologie o culture collettive.

Innanzitutto, riguardo alla sceneggiatura, che è stata anche insignita del premio di Cannes come migliore nella sua categoria, occorre ricordare che l'azzardo di un'evasione dalla semplicità, pur mantenendo i canoni narrativi tipici di questo regista (e cioè l'ellissi del racconto, la riflessione che fugge dal materiale, si erge al pensiero sofisticato viaggiando per luoghi e scoprendo nuovi volti, poi ritorna da dove ne è venuta) costituisce un preziosismo e non un difetto. A mio avviso Akin (anche sceneggiatore) ha avuto coraggio nell'elaborare una struttura particolare, dove la (sua) consueta intelaiatura che regge la storia, basata su un percorso ellittico, qui si sdoppia, si moltiplica in triplici e multiformi vicende. Così si ha la sensazione di una storia costruita attraverso la combinazione di cerchi concatenati, o forse solo tangenti. Potremmo definirla una struttura "olimpica", se per "olimpico" qui ci rifacciamo all'aspetto più moderno, più simbolico (con riguardo proprio allo stemma) del termine; se, insomma, ci immaginiamo il marchio delle Olimpiadi, e cioè una serie di cerchi uniti fra loro. E l'intento del regista è proprio quello di abbattere ancora una volta le frontiere, sopratutto culturali, suggerendoci come il Mondo sia davvero poca cosa, di come ci si sfiori, come le nostre vite siano tutte unite. Come si sia così vicini, che non importa quanto lontani (citando una celebre canzone dei Metallica), o viceversa. Come,insomma, le frontiere non abbiano più alcun senso.
E poi Akin ci propone tematiche così differenti fra loro, eppure così ben amalgamate da risultare davvero convincenti. Ed il collante è la poesia. C'è poesia nel suo Cinema. Perché nulla può, al pari della poesia, muovere dalle impressioni del reale, per parlare di ciò che sta molto più in alto, delle considerazioni più impegnate.

Così quest'opera trova lirismo, ad esempio, nel trionfo totale della luce. Ai confini del Paradiso è un film letteralmente dominato dalla luce, dove perfino la pelle (quella della protagonista è "di Luna", come da traduzione del suo nome) dei personaggi riesce a riflettere affascinanti luccichii, dove gli attori diventano spesso sagome nere che si stagliano in controluce, dove talvolta è la penombra di qualche lampioncino da giardino a diffondere un'illuminazione discreta, riservata, quasi sussurrata. Che però parla. Parla, sì. Una luce che presenta la scena e che, come a teatro, ci fa intuire che ciò che conta sono i personaggi; nient'altro. Ed infatti, anche nelle riprese, Akin preferisce escludere tutto ciò che non riguarda i suoi attori. Rinuncia alla profondità di campo, si butta in messe a fuoco sui volti dei protagonisti, esclude gli sfondi, indietreggia con l'obiettivo, non distogliendo mai l'attenzione da quei primi piani diegeticamente ipnotici, quasi sensuali, magnetici. I campi lunghi sono addirittura un tabù, per buona parte del film.

Ma ci sarebbe da parlare tanto anche degli spunti omerici, dei tributi al classicismo, della metafora saffica, qui intesa come elogio alla cultura, vista come un unico genere, scisso in diverse personalità, ma non scandibile qualitativamente. Insomma...per Akin la cultura è una sola. Così ricuce proprio lo scontro ideologico, culturale (ma anche generazionale, evadendo perfino in considerazione filosofico-religiose, dimostrando, al riguardo, un pensiero molto meno pessimista di quello teologico di Bergman) attraverso, prima, un bacio omosessuale, che rappresenti non l'incrocio fra due emisferi opposti, ma la vera ricomposizione di una sola ed unica cultura: quella umana, quella che trova fondamento nell'amore e nella ricerca della libertà. Poi, nella rivisitazione in chiave catartica del lutto, con feretri che viaggiano in maniera diametralmente opposta, ma che liberano dal peso dell'omologazione, che forse apparentemnte fanno regredire, ma che riportano, in realtà, a riscoprire sè stessi, gli altri, i propri cari.

Per tutto, però, ci vuole sacrificio. Così Akin ci parla anche di questo. Forse soprattutto di questo (e qui risiede, forse, un po' di pessimismo). E a far da sfondo a tutto....il contsto sociale, dove l'intersse collettivo prevale su quello individuale, o dove l'egoismo uccide la solidarietà dei popoli, senza riuscire a trovare un giusto equilibrio, una via di mezzo. Così, anche se - come già ci raccontò il Sommo nel magnifico Anche i boia muoiono - la vicina di casa è disposta a contribuire alla salvezza del suo popolo, nelle vi malfamate, per contro, c'è una gioventù che sta male, che vive nel disagio più totale, che ruba e spara. E quindi Istambul muta camaleonticamente, in continuazione, senza trovare equilibrio, proprio per un continuo scontro di ideologie e culture. C'è la "Casbah" "turcizzata", forse raccontata con lo stesso "emotivo distacco" (passi l'apparente contraddizione in termini) di Pontcorvo in La battaglia di Algeri ; ma c'è anche la resistenza polacca di Lang. Ma il sacrificio di Akin non è quello vano e sterile (mi riferisco all’aspetto narrativo e non a quello qualitativo a livello globale) di Fassbinder, il quale è indubbiamente più pessimista, ieratico, potremmo dire “pasoliniano”. Nell’opera di questo regista c’è molta più positività. Ai confini del Paradiso suscita grande commozione (come nella scena in cui viene rappresentata la disperazione repressa, poi sfogata in una stanza chiusa, di un’ottima Hanna Schygulla, la quale meriterebbe un Oscar come miglior attrice non protagonista). Ma mai fine a se stessa. Akin preferisce rinunciare al melò quale caramello fuorviante le attenzioni sulla sua persuasiva forma meramente romantica. Il martirio delle vite, qui, può incidere, in maniera ovviamente indelebile, una volta per tutte la parola “fine” su guerre e conflitti. Così come ci raccontava Renoir, quando – se vogliamo citare anche Truffaut – orizzontalizzava (e non verticalizzava) il Mondo, attraverso la solidarietà dei popoli, in base alle affinità e non alle barriere . Ma per Akin tutto questo non è per nulla utopia. Non è affatto una Grande illusione .
Ai confini del Paradiso è anche la celebrazione della fine della battaglia, l’ultimo capolinea dell’odio.

E, nonostante da tutto questo traspaia che non importa dove si giunga, ma ciò che conta è chi ci arriva, questo poeta (potremmo definirlo un moderno "realista poetico", alla Duvivier, se non fosse che è uno a cui le catalogazioni - geografiche o stilistiche - vanno strette. Infatti Akin è Akin ha tutto di tutti, oppure non ha nulla di nessuno) ci regala, nel finale (S P O I L E R), una magnifica inquadratura, dove il mare libera lo sgardo, gli orizzonti, le speranze. Dove effettivamente non esistono confini. Dove ci si può aspettare, reincontare, dove le diverse religioni hanno fallito nel sacrificio ali Dei, ma dove la vita ha ottenuto le sue corvèe di storie da raccontare, ha raccolto la sua mietitura, per salvare altre anime dallo smarrimento nella solitudine. Perché per tutto ci vuole sacrificio, sì.

Ma questo mare omerico, da cui partono giovani barche, attraccano vascelli vissuti, si strappano vele consunte, rollano, alla deriva, piccole barche dimenticate....beh...forse questo mare ha davvero abbattuto ogni frontiera.


Già postato qui .

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Prrrrrrrrrr......

[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 17-12-2007 alle 17:25 ]

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RICHMOND

Reg.: 03 Mag 2003
Messaggi: 13089
Da: genova (GE)
Inviato: 19-12-2007 09:10  
Quindici pagine su Matrimonio alle Bahamas , due commenti sparuti su quello di Cronemberg e nemmeno uno su questo gioiellino.
Siete proprio un forum di Cinema, sì.
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L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.

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HistoryX

Reg.: 26 Set 2005
Messaggi: 4234
Da: cagliari (CA)
Inviato: 19-12-2007 11:55  
Forse perchè hai scritto da cane...

Lo guarderò senz'altro, e invito tutti a farlo.
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[ Nessuno è più schiavo di colui che si ritiene libero senza esserlo. (Johann Wolfgang Göethe) ]

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badlands

Reg.: 01 Mag 2002
Messaggi: 14498
Da: urbania (PS)
Inviato: 19-12-2007 16:57  
da me ovviamente non lo danno,posso solo dire che la sposa turca era un piccolo capolavoro di poesia.
ciao!

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