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Mein Fuhrer |
Petrus
 Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 23-11-2007 23:12 |
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Rispondendo alle critiche che hanno accolto in Germania il suo ultimo film, Dani Levy sottolinea che gli sembra francamente inutile l'interrogativo più ricorrente che è stato posto rispetto al film negli ultimi mesi: ossia se si possa o meno ridere su un argomento tanto serio, su Hitler e sul Reich nazionalsocialista.
Se questa può sembrare un'istanza oziosa, e forse lo è pure, la vera domanda che sorge dopo la visione di Mein Führer - La veramente vera verità su Adolf Hitler è se si possa ridere, sorridere, riflettere, sul nazismo con un film del genere.
Tutto il marketing, la locandina, ma anche la stessa impostazione scenica, la costruzione delle prime sequenze, imposta la pellicola come una commedia. Poco importa che lo stesso Levy si schermisca dicendo di aver voluto fare una "tragedia dalle venature comiche".
No respingiamo decisamente questa tesi politically correct, e scendiamo sul campo della lettura del testo cinematografico: Mein Führer è una commedia con tutti i crismi del caso.
L'ossessività del saluto nazista reiterato in tutte le prime sequenze, il calcare la mano sull'assurda burocratizzazione della macchina statale, il braccio ingessato del leader delle SS Himmler a mo' di perenne e ingombrante saluto romano, e via discorrendo. Tutti elementi che, uniti al grottesco e improbabile rapporto che si sviluppa tra Hitler e un attore ebreo che dovrebbe ridargli la carica per un ultimo, grandioso discorso, strutturano il film sui binari della commedia pura, ammiccano di continuo allo spettatore in cerca della sua indulgenza e del suo sorriso, senza soluzione di continuità.
Non basta una certa malinconica inesorabilità del finale a smorzarne l'effetto.
Assodato questo, alcuni aspetti dell'opera lasciano a dir poco perplessi. Un Hitler grottesco, interpretato da un Helge Schneider truccato al punto tale da sembrare quasi una maschera di carnevale, che arriva a dire di non avere nulla contro gli ebrei quando lo lasciano in pace, e che si corica nel letto tra l'attore che gli dà lezioni di recitazione (il compianto Ulrich Muhe, qui alla sua ultima interpretazione) e la moglie, a cercare un improbabile conforto affettivo, ha un impatto piuttosto agghiacciante, invece di far ridere come nelle intenzioni.
Ma è un pò tutto il rapporto che si instaura tra il Führer e l'attore ebreo che genera più di qualche perplessità. Una dinamica stantia, prevedibile, che si colora di un'opaca tinta grottesca più che di uno sfavillante humor nero, e che lascia veramente basiti: di fronte alla complessità e alla tragicità di tali eventi, non siamo certi che non si possa scherzare, ridere. Ma per lo meno lo si dovrebbe fare in modo ficcante, intelligente, innovativo. Che in qualche modo faccia riflettere.
Tutti aspetti che mancano a Mein Führer, che si maschera dietro un'improbabile analisi psicologica dell'infanzia del dittatore tedesco, ma che non riesce a fare i conti, pur con tutti i distinguo del caso, con l'intelligente percezione dell'impossibilità di non fare per nulla i conti con la drammaticità di determinate vicende propria, in periodi e a diversi livelli, di altri film che si inseriscono sulla stessa falsariga. Come non pensare a La vita è bella, di Benigni, o a Il grande dittatore di Chaplin.
Forse si potrà ridere anche di queste vicende. Senza però cadere nel ridicolo.
già pubblicata qui
_________________ "Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate" |
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kubrickfan
 Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 25-11-2007 09:16 |
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non sono per nulla d'accordo con te petrus, ne ho tratto tutt'altre considerazioni, l'ho visto in un altra ottica.
Trama: Germania, 1944. Hitler è stanco e depresso, non riesce ad uscire da uno strato di prostazione personale per la guerra ormai persa e per il sogno della razza ariana e della grande Germania in decadimento. Goebbels, preoccupato di quanto sta accadendo, decide di chiamare da un lager nazista un professore ebreo di recitazione che dovrebbe ridare energia al fuhrer. Il compito è tutt'altro che semplice, oltretutto gli intrighi di palazzo che si stanno tramando potrebbero rendere il risultato della parata della rinascita e dell'orgoglio ben diverso dalle aspettative del cancelliere ...
Commento: il compianto Ulrich Mühe (protagonista splendido del film premio oscar Le vite degli altri e purtroppo recentemente scomparso) è Adolf, un professore ebreo di recitazione che abbandona il lager per cercare di ridare forza e vigore ad un Hitler ormai spento e sconsolato per la guerra ormai persa (la vicenda è ambientata alla fine del 1944). Goebbels, il cancelliere promulgatore delle idee del terzo reich, ha pensato bene che organizzando una parata nella Berlino fintamente rifatta (e invece distrutta dalle bombe alleate) con un Fuhrer (il cantante Helge Schneider) al massimo della forma l'orgoglio nazionale poteva essere ritrovato.
L'idea di base del film diretto da Dani Levy (ha diretto Zucker! che in Germania ha guadagnato molto bene) è quella che molte volte è più importante recitare e fingere di essere convinti di quello che si deve dire, anche se ciò non corrisponde alla realtà, per cercare di arrivare all'obbiettivo anche con l'inganno. L'opera di rassicurazione e convincimento di un Fuhrer ormai mentalmente depresso passa attraverso l'odio che questi ha per gli ebrei, di fatto il dualismo che si crea tra i due protagonisti è quello dell'allievo che deve prendere dal maestro i dettami e la forza per poi usarla per schiacciarlo, se avesse un professore tedesco ad aiutarlo non si avrebbero gli stessi stimoli. Come dimostra lo splendido cartellone, però l'astuzia di inculcare idee proprie facendole sembrare quelle che servono ad altri è un mezzo molto più fine e degno di menti molto più preparate. Chi si avvicina a questo film, realizzato da ebrei, non pensi assolutamente di trovarsi di fronte a una pellicola ridanciana che mette tutto in burletta, qui la satira è grottesca, malinconica e calibrata, non ci sono battute sguaiate o situazioni comiche pure, ma solo comportamenti paradossali che un regime dispotico e autoritario provoca non solo da parte di chi lo subisce (gli ebrei) ma anche da parte di chi lo compone (gli stessi tedeschi), arrivando alla nevrosi. Per cui assistiamo continuamente a saluti meccanici inutili inneggianti al fuhrer, seguiamo le riunioni dei capoccioni tedeschi sicuri all’apparenza ma che non sanno che pesci pigliare, cose che non ci fanno certe ridere ma soprattutto pensare a quanto una società possa divenire alveo di infermità mentale se non correlata da una logica di valori costruttivi, cosa che invece gli ebrei di contro sono disposti a fare con il loro sapere e con el loro capacità.
Film come questo ovviamente devono scontrarsi nel ricordo del capolavoro di Charlie Chaplin “Il grande dittatore”, ma ovviamente senza arrivare a tali punti di lirismo e poesia, questo film di Levy ha una sua precisa dignità, raccontando non Hitler ma quanto più il suo mentore spirituale per la ripresa cognitiva.
Grazie ad una strepitosa prova d’attore di Muhe, che costruisce un personaggio sfaccettato e malinconico, i tedeschi vengono resi come i romani di Asterix, convinti di ordire dei piani che loro credono di comandare e che invece la furbizia di un piccolo disprezzato ebreo ritorce loro contro. Il loro Fuhrer viene plagiato, modellato, ricondotto su strade passate di sicurezza di se stesso ma non con convinzione, ma come un burattino che giocherella nella vasca da bagno con una navetta di palstica. L'uomo leader sparisce, rimane solo il simbolo del tutto innocuo, anzi scomodo per gli stessi tedeschi, di una vuota utopia. E il circolo narrativo si chiude con chi ora può guardare con soddisfazione la sconfitta non tanto dell'uomo ormai minato da insanabili conflitti interni al di là della finzione ordita da Goebbels, quanto più della sua idea di oppressione, in una Berlino fasulla tanto quanto chi comanda.
Il film è chiaramente di parte, la satira colpisce solo unilateralmente, ma la costruzione ci fa capire che la morte dello stesso fuhrer ormai alla deriva (che viene anche a dormire in mezzo una famiglia di ebrei) a quel punto sarebbe dannosa per lo stesso popolo della stella di David, perchè gli stessi tedeschi (che confondono addirittura ormai l'Adolf ebreo con quello vero) vedendo come è ridotto il loro condottiero si convicerebebro a chiudere per sempre la partita con il mondo.
Non entrate in sala chiedendo risate facili, qui siamo davvero in un altra ottica, è un film grottescamente impegnato che riprende spunti aperti da La caduta con Bruno Ganz, richiede una dose di attenzione particolare, che alla fine premierà i vostri sforzi con una sodisfazione cognitiva davvero buona. Lasciate perdere cose più facili ma vacue, e premiate questi buoni spunti intellettivi, anche perchè purtroppo è l'ultima occasione per applaudire un grande professionista scomparso troppo prematuramente.
Sui titoli di coda delle impressioni davvero surreali e durante il film inserzione di immagini di repertorio
_________________ non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT |
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Jourdain
 Reg.: 21 Set 2007 Messaggi: 179 Da: Vignate (MI)
| Inviato: 25-11-2007 11:35 |
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Questo film potrebbe essere letto in chiave odierna e la trama potrebbe essere vista come un pretesto per affrontare un argomento attualissimo: il teatrino della politica, la cui arma è quella di ben apparire per poter gestire le masse con profitto. In questo teatrino ci sono figure (nel caso specifico, Hitler) che servono a catalizzare l'attenzione, di cui non si potrà mai sapere realmente quanta influenza abbiano avuto. Con ciò non voglio esprimere un giudizio sul ruolo storico avuto da Hitler...
Interessante è anche la trovata per cui, seguendo l'idea-base del film ossia il teatro della politica, non è importante se la storia narrata sia veramente quella accaduta; perchè anche quella messa sui libri di storia potrebbe benissimo essere stata una messa in scena.
Ho trovato "Mein Fuhrer - La veramente vera verità su Adolf Hitler" un film ben riuscito, che pone interrogativi senza per forza trovare risposte o soluzioni.
Anche perchè probabilmente non serve avere le risposte, basta prendere coscienza dei fatti. O meglio, di un modo di vedere i fatti.
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Jourdain
 Reg.: 21 Set 2007 Messaggi: 179 Da: Vignate (MI)
| Inviato: 25-11-2007 12:36 |
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quote: In data 2007-11-25 09:16, kubrickfan scrive:
L'idea di base del film diretto da Dani Levy (ha diretto Zucker! che in Germania ha guadagnato molto bene) è quella che molte volte è più importante recitare e fingere di essere convinti di quello che si deve dire, anche se ciò non corrisponde alla realtà, per cercare di arrivare all'obbiettivo anche con l'inganno.
Chi si avvicina a questo film, realizzato da ebrei, non pensi assolutamente di trovarsi di fronte a una pellicola ridanciana che mette tutto in burletta, qui la satira è grottesca, malinconica e calibrata, non ci sono battute sguaiate o situazioni comiche pure, ma solo comportamenti paradossali che un regime dispotico e autoritario provoca non solo da parte di chi lo subisce (gli ebrei) ma anche da parte di chi lo compone (gli stessi tedeschi), arrivando alla nevrosi.
Il film è chiaramente di parte, la satira colpisce solo unilateralmente, ma la costruzione ci fa capire che la morte dello stesso fuhrer ormai alla deriva (che viene anche a dormire in mezzo una famiglia di ebrei) a quel punto sarebbe dannosa per lo stesso popolo della stella di David, perchè gli stessi tedeschi (che confondono addirittura ormai l'Adolf ebreo con quello vero) vedendo come è ridotto il loro condottiero si convicerebebro a chiudere per sempre la partita con il mondo.
Non entrate in sala chiedendo risate facili, qui siamo davvero in un altra ottica, è un film grottescamente impegnato che riprende spunti aperti da La caduta con Bruno Ganz, richiede una dose di attenzione particolare, che alla fine premierà i vostri sforzi con una sodisfazione cognitiva davvero buona. Lasciate perdere cose più facili ma vacue, e premiate questi buoni spunti intellettivi, anche perchè purtroppo è l'ultima occasione per applaudire un grande professionista scomparso troppo prematuramente.
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Concordo pienamente.
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Janet13 ex "vinegar"

 Reg.: 23 Ott 2005 Messaggi: 15804 Da: Cagliari (CA)
| Inviato: 26-11-2007 19:20 |
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Son d'accordo con Kubrickfan e non con Petrus.
La commedia, mi piace sottolinearlo, non ridicolizza il Führer, lo umanizza, ne esalta i lati più profondi e intimi che un dittatore del suo calibro non può permettersi di manifestare apertamente. Tanto che lo stesso Adolf (qui è paradossale l'omonimia dei due personaggi così diversi) Grünbaum, attore ebreo ripreso da un lager (la scena con Goebbels iniziale è, anche questa, abbastanza grottesca), seppure per alcuni istanti, rimane colpito, o forse impietosito, dalla sensibilità e instabilità del Führer.
Non ho voglia di scrivere altro in questo momento, comunque lo consiglio.
_________________ "Mi scusi ma... non m'ha già visto in qualche posto?"
"Ricordo il nome ma non la faccia" |
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Petrus
 Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 26-11-2007 20:48 |
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io, invece, l'ho trovato estremamente volgare
opera una riduzione e un calligrafismo della figura di Hitler che, inserita nello schematismo del rapporto con un ebreo, assume delle sfumature veramente sconcertanti
anche se evidentemente sono condizionato in ciò dal fatto che è ormai da cinque anni che studio il nazionalsocialismo, per cui certe riduzioni e certe facilonerie, pur mascherate da commedia, giustificate da una risata, mi risultano stonate
_________________ "Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate" |
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gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 27-11-2007 08:25 |
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quote: In data 2007-11-26 19:20, Janet13 scrive:
La commedia, mi piace sottolinearlo, non ridicolizza il Führer, lo umanizza, ne esalta i lati più profondi e intimi che un dittatore del suo calibro non può permettersi di manifestare apertamente.
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però visto che questa umanizzazione non è biografica, bensì estremizzata (e cioè lo si umanizza più di quanto sia vero: alcuni aspetti del furher sono veri, ma non a questi livelli) affinchè si rida, il vero nocciolo della questione è :si ride? Perchè se non si ride questa "umanizzazione" di Hitler
passa come qualcosa di vero (non tutta, ma un po'), e non so quanto ce ne sia bisogno.
E a mio avviso più di tanto non si ride.A parte l'aspetto grottesco del tutto, poche sono le scene in cui c'è una costruzione dell'aspetto comico che non sia il far fare ad Hitler quello che non vi aspetteresti che faccia.Alla fine ti aspetti però che si comporta in un certo modo e la risata latita.
E' ripetitivo, non ha evoluzione nè nei suoi personaggi nè in quaslsiasi altro discorso.
Non che sia pessimo come film, e neanche brutto, ma bruttino sì.Si esaurisce nello spunto e in un paio di sketch.
_________________ Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è |
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