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Leoni per agnelli |
Petrus
Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 31-10-2007 09:33 |
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Tre storie si intrecciano negli Stati Uniti di oggi: due soldati precipitano dal loro elicottero e si ritrovano soli su un altopiano afghano; un professore cerca di persuadere il suo allievo più promettente a non abbandonare gli studi e ad impegnarsi per costruire un futuro migliore; una giornalista dalle convinte idee liberal intervista un senatore repubblicano, che le svela un nuovo piano d’azione delle truppe americane in Afghanistan.
Redford non si smentisce, e torna con l’ennesimo film di impegno civile e politico. Lo fa partendo da una sceneggiatura di Matthew Carnhahan, giovane scrittore emergente di Hollywood, che ancora una volta - dopo il recente The Kingdom - si dimostra sensibile alle questioni geopolitiche che coinvolgono gli States nel Medio Oriente.
Ma, al contrario di quanto ci si potrebbe aspettare, Leoni per agnelli è tutt’altro che un film di guerra, quanto piuttosto un film “sulla” guerra, deciso a riflettere sugli sviluppi, presenti e futuri, dell'atteggiamento politico-culturale adottato dal paese che condiziona maggiormente lo scenario internazionale. Così, Redford mette in scena un’opera molto teatrale, divisa in tre atti separati che, però, si intersecano fra loro: la politica, la formazione e la cultura, l’esercito. Tre prospettive mostrate attraverso la personale visione di sei personaggi, ognuno con i propri ideali, le proprie convinzioni, i propri sogni, per un film molto dialogato, che schiera alcuni esordienti du contorno a tre mostri sacri del jet-set hollywoodiano; lo stesso Redford - diviso fra recitazione e regia - Tom Cruise, che ha accettato di interpretare un falco repubblicano del Senato, e Meryl Streep. Il film prova a restare in bilico sul sottile filo dell’imparzialità, che tenta di raggiungere non attraverso una mediazione e uno sfumare di toni, ma tramite un serrato confronto dialettico fra le varie posizioni sostenute dai protagonisti. Inevitabilmente, però, emerge la posizione dell’autore, detrattore convinto della politica americana dell’ultimo decennio.
Il problema è che Redford costruisce sì una pellicola rigorosa e intelligente, ben assortita nella sua composizione generale, risultando particolarmente coraggioso e innovativo nel proporre una storia che parla strettamente dell’oggi, estranea a un qualsivoglia processo di astrazione; ma non riesce a dire nulla di particolarmente nuovo rispetto a ciò che la cinematografia statunitense di impegno politico sta già affermando da tempo. Per di più la sceneggiatura appare debole in quella che dovrebbe essere la parte veramente innovativa, rischiosa: la formazione delle nuove generazioni e il coinvolgimento politico dei giovani, a tutti i possibili livelli di responsabilizzazione. Il dialogo tra il professore (interpretato dallo stesso Redford) e il suo giovane alunno è un susseguirsi di luoghi comuni, di maestose arie sull’impegno, sulla partecipazione e sulla poca democraticità dei processi decisionali, e risulta così sterile e retorico; cadendo uno dei tre “atti” sul quale è costruita l’architettura della pellicola, si smarrisce di conseguenza l’efficacia espressiva degli altri due.
Lions for Lambs è dunque un buon film, ma mostra il fianco a critiche che, in definitiva, potevano essere evitate attraverso una scrittura più curata e smaliziata.
pubblicata già qui
_________________ "Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate" |
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gatsby
Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 19-12-2007 21:40 |
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Riporto quanto già scritto per Filmup e qui, all'epoca della Festa del cinema di Roma
La guerra: una macchia rossa su un foglio bianco. Non una figura regolare, non un cerchio indivisibile, un insieme di atteggiamenti, idee e persone unite e impenetrabili, ma uno spruzzo improvviso e stonato, forte e dritto in alcune linee e curvo e pieno di insenature in altre parti. Chi ha il coraggio di dire che la sicurezza nazionale non sia importante? Ma, allo stesso modo, chi può sostenere senza alcun problema, che la morte di soldati serva davvero a salvare altre vite? La guerra riguarda tutto, riguarda noi, anche se noi non ne vorremmo avere a che fare. E se c’è un aggettivo che la possa definire è che è complessa: ha più strati, è instabile, vive di motivazioni contrapposte, e per questo è giustificata e ingiustificabile allo stesso tempo. Sono queste le considerazioni di partenza da cui è partito lo sceneggiatore Matthew Michael Carnahan per scrivere “Lions for Lambs”.
Tre luoghi d’azione per tracciare i tratti principali che delimitano la guerra. La politica che si confronta con la stampa. Il professore, rappresentante del mondo intellettuale, che sollecita il giovane studente a prendere coscienza. Due coppie di dialoghi che si completano con la narrazione di chi la scelta, giusta o sbagliata che sia, l’ha già fatta e ora il sangue lo vede sul proprio corpo. La grandezza del film di Robert Redford (che si ritaglia il ruolo del docente) inizia prima di tutto da questo approccio. Che il suo autore sia contrario all’ingaggio militare è chiaro, ma per fare emergere il proprio punto di vista non strumentalizza gli eventi facendone del racconto di uno, l’occasione per dire “ecco, avete visto?”, ma si preoccupa di coprire tutto l’arco delle possibili “controargomentazioni” lasciando metaforicamente “parlare” anche i pensieri avversi. Il senatore repubblicano interpretato (bene) da Tom Cruise è credibile in alcuni suoi discorsi, si “scusa” addirittura per gli errori del passato e quantomeno ha la volontà di cercare nuove soluzioni per il futuro e chi dovrebbe contraddirlo, la giornalista Meryl Streep, sembra più volte affascinato e persuaso dalle sue parole. Il vero pensiero degli autori, e cioè che si tratti in realtà solo dell’ennesimo uomo spregevole mosso solo dall’ambizione, non è esplicito e sbattuto in faccia allo spettatore: lo si intuisce più volte, ma è rivelato davvero solo dalla sua ultima battuta, quando dice ad alta voce “Non mi candiderò mai alle elezioni presidenziali” e cioè esattamente ciò che lo studente di Scienze politiche dice ad inizio film rappresentare la frase simbolo del politico bastardo e corrotto. Il montaggio delle tre storie è, in tal senso, fondamentale.
Nonostante i sei protagonisti vivano situazioni diverse (e nel caso del faccia a faccia Redford – ragazzo, anche tempi diversi), alcune parole ed esempi ricorrono. Se da una parte Tom Cruise afferma che il modus operandi dell’imperiale Roma, che conquistava le alture delle montagne per avere il controllo dei territori appena occupati, è ancora valido e attuabile anche per l’Afghanistan, dall’altra Robert Redford risponde che Roma sta bruciando. E così altre parole, altre risposte indirette, dette in luogo e recepite in un altro. La presa di coscienza invocata da Redford è ascoltata anche dalla Streep, che la metterà in pratica e lascerà il proprio lavoro (ne è prova la didascalia che scorre sotto il telegiornale e che annuncia la notizia che lei non voleva dare). Ma c’è in realtà anche un quarto set, altre persone cui il film si sta parlando e siamo noi, gli spettatori. Quel “E adesso che fai?” ripetuto più volte in chiusura e a cui non viene data risposta, non è rivolto allo studente, ma alle nostre coscienze.
Tutti possiamo fare qualcosa, tutti abbiamo il dovere morale di scegliere come e dove stare, non ci si può girare da un’altra parte: “come si può godere la vita se si sa che dall’altra parte del mondo c’è morte e disperazione?”. Redford è contrario alla guerra, ma rispetta i soldati che si sono impegnati in nome del proprio Paese: quando i due ex studenti si alzano in piedi, non sono i protagonisti di una retorica scena di coraggio, ma gli emblemi del coraggio stesso: quello di credere che le cose si possano cambiare davvero.
_________________ Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è |
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kubrickfan
Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 24-12-2007 14:42 |
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Trama: Tre storie parallele su temi convergenti. Una giornalista sta facendo una intervista shock a un senatore arrivista, il professor Malley è a colloquio con uno studente perplesso che chiede le ragioni di certe scelte eseguite da degli studenti, due ragazzi della West Coast University, allievi di Malley stesso, si sono arruolati per fare qualcosa di importante nel corpo dei marines ma nel corso di una missione andata male finiscono dispersi braccati dai talebani sulle nevi dell'Afghanistan.
Commento: il grande Robert Redford (in forma smagliante nonostante l'età) dirige questo film a tre strati, composto da due situazioni di incontro statiche (nella prima la giornalista Meryl Streep incontra il senatore arrivista e speculativo Tom Cruise, nella seconda il professor Malley, lo stesso Redford, si confronta con un perplesso studente), e una di movimento (due giovani marines, un nero e un ispanico, sono feriti e braccati dai talebani in un Afghanistan innevato e ghiacciato). Tra uffici dove si comunicano per fare speculazione politica strategie non del tutto convincenti, atenei che sperimentano ed incoraggiano comportamenti ardimentosi e il campo di battaglia dove i pensieri e le teologie si perdono per diventare necessità di sopravvivenza pura, il film si dipana come un lungo talk movie racchiuso in mura ristrette a due. Migliore il segmento del dialogo tra una sconsolata ed incredula Meryl Streep e un irrivente e spocchioso senatore Tom Cruise rispetto a quello di Redford che propone una soluzione davvero inusuale per risolvere i problemi di studio a un suo allievo. Di fatto le espressioni della Streep sono fenomenali nell'ascoltare le soluzioni che il grande pensatore (a suo modo di credere) propone per ridare vigore a una campagna politica e militare in declino, che si riducono a un ritorno a situazioni del Vietnam che già avevano fallito il loro obbiettivo. Una sorta di errori che vengono ripercorsi dopo aver rassicurato a lungo la popolazione che l'Irak o l'Afghanistan non ne saranno un nuovo capitolo, con la contemporaneità delle due vicende che potrebbero avere un nuovo corso se una di esse fosse risolta (una vittoria panacea che farebbe dimenticare un fallimento per l'opinone pubblica). Il lungo discorso tra giornalista e senatore con soluzioni di continuità (i tre segmenti sono montati in pezzi alternati uno con l'altro) rivela aspetti esecrabili della gestione centrale, con soluzioni pezza per un buco profondo di sistema che l'amministrazione si preoccupa di voler chiudere in qualche modo non per umanità o coerenza verso il dovere del paese ma per non vedere il proprio potere personale e la seggiola dorata sui cui si è seduti intaccati.
Le numerose foto di Cruise con i potenti (Bush Jr compreso) stigmatizzano come il senatore Jasper Irving sia un uomo che gode di grande fiducia da più parti che lo chiamano come soluzione estrema per i loro problemi, a cui lui si dedica indipendentemente da quale sia la fonte (e la giornalista che lo sente perplessa in passato lo aveva glorificato con un articolo).
Nell'altro segmento Redford e il suo studente analizzano i comportamenti dei laureandi, partendo da una "proposta indecente", cioè un 26 praticamente gratuito senza esame con solo obbligo di frequenza alle lezioni che ora vengono disertate, per poi discutere delle motivazioni che i due giovani compagni di college hanno maturato per decidere di arruolarsi nei marines. L'attacco all'amministrazione del presidente Johnson del tempo è totale, con la precisa accusa di aver mandato obbligatoriamente al Nam giovani delle classi sociali più disagiate ed irrequiete, e anche i carcerati, per liberarsi indirettamente di un problema in modo del tutto pulito e senza sporcarsi le mani in modo visibile. Un giovane professor Malley del tempo in una manifestazione anti-nam si prese anche parecchi punti di sutura in testa a seguito di percosse, peccato che il Malley odierno abbia a tutti i costi cercato di convincere con un progetto universitario ardito due giovani (che incarnano le classi disagiate e scomode che combatterono contro i vietcong) ad andare oltre invitandoli indirettamente a combattere in Afghanistan. il passato con i suoi errori ritorna, si trasforma e fa diventare gli uomini giovani delle controparti contraddittorie passate nella loro maturità post esperienza odierna.
I due giovani convinti da Malley sono i protagonisti del terzo strato del film, quello sul campo, dove le parole non sono molte e c'è l'azione, con i due sfortunati e illusi protagonisti a dover essere inchiodati su un terreno gelato da nemici e ferite con tentativi disperati di soccorso (che sono paradigma e icona delle pezze che Irving vuol mettere alla due guerre che si stanno rivelando un fallimento) che non si sa se andranno mai a termine troppo ostacolati dal clima e dalle decisioni dall'alto inesatte. C'è sempre un fattore x che impedisce di portare a termine anche le operazioni tecnologicamente perfette, e questo è dato dall'orgoglio dei due che non vogliono cadere sdraiati ma in piedi rischiando di rendere la già diffiicile operazione di salvataggio inutile, l'uomo che mette lo spirito che lo differenzia dalla macchina.
Un film che dura molto poco (90 minuti scarsi) ma che è molto denso nelle sue affermazioni, dove ovviamente gli strati parlati sono il fulcro del come e perchè mentre quello sul campo di battaglia le conseguenze (disastrose) dirette di quanto deciso. Un film quindi tutt'altro che semplice, che richiede una buona dose di concentrazione, che va affrontato come una esperienza di approfondimento, migliore se è presente un medio background su quanto è avvenuto nella pluricinematograficamente celebrata esperienza del viet americana per capire le parole enunciate. Esperienza parlata al vetriolo questo è certo, decisamente forte e valida per un cinema che vuole andare oltre alla presenza in sala, utilizzando uno stile da confronto televisivo in locali tutt'altri che pubblici, che per meglio farsi capire mostra l'esterno per catalizzare quanto spiegato all'interno.
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QUENTIN TARANTINO PROJECT |
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Nietzsche
Reg.: 03 Ago 2007 Messaggi: 2264 Da: smaramaust (BZ)
| Inviato: 27-12-2007 11:45 |
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l ho visto anche io, a natale.
concordo sia col commento di gatsby che con quello di petrus.
sono senza dubio di parte perchè il mio pensiero politico coincide con quello di redford, ma ha detto bene chi ha evidenziato come in questo film non ci sia retorica, nè idee sbattute in faccia allo spettatore per accattiarselo. ottima la prova dei 3 attori (e anche qui sono un pò di parte, adorando cruise, e ritenendolo un grande attore). secondo me il film ha un ampio respiro nella sua totalità, a visione conclusa, nell intreccio dei 3 atti (come li ha chiamati petrus); però concordo nel dire che qualche punto debole nei dialoghi c'è, soprattutto in quelli di redford con lo studente, un pò troppi luoghi comuni. e soprattutto, si poteva secondo me realizzare un montaggio con un ritmo un pò più serrato, ch sarebbe stato più efficace rispetto a questo risultato finale che più che un film sembra un dibattito politico , se non un (seppur pregevole) monologo.
quindi secondo me, pur non raggiungendo vette di alto valore, lions for lambs è un buon film, e, vista la mediocre qualità dei film in programmazione durante le feste, aggiungerei: fossero tutti così! |
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oronzocana
Reg.: 30 Mag 2004 Messaggi: 6056 Da: camerino (MC)
| Inviato: 27-12-2007 12:22 |
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Non lo so... a mio avviso è un film molto scadente nella messinscena (intesa nel senso più ampio possibile). Tecnicamente è anche decente, ma nel complesso è molto politically corret nella sua critica. Si muove su un binario già visto e prevedibile, con una tangibilità emotiva pari allo zero. L'informazione manipolata e conformata ai poteri forti, la auto - barra - etero formazione culturale dei ventenni e la politica arrembante sono tutti temi importanti, trattati in modo assolutamente puerile e semplicistico, che diventano un sibilo, più che una voce, conformato anch'esso ad un dissenso populista.
_________________ Partecipare ad un'asta, se si ha il Parkinson, può essere una questione molto costosa.
Michael J. Fox
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 27-12-2007 14:20 |
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Politicamente troppo corretto, troppo morale, luogocomunista, messinscena schematico-statica, d'impianto teatrale, non aggiunge nulla di nuovo a quanto non sia già stato detto sulla questione trattata(America e Medioriente, impegno educazional-sociale individuale, dove però manca una prospettiva più ampia e strettamente collegata alle molteplici corresponsabilità che agiscono "dietro" le guerre, e si tende a giustificare, o solo "mediare", anche il punto di vista del "potere").
Apprezzabile per il fatto (a mio avviso anche il suo limite)l'approccio, funzional-didascalico-illustrativo adatto al grande pubblico - "rassicurato" dall'appeal se vogliamo anche giogionesco di tre interpreti molto popolari ed amati -, che di solito ignora gli approcci filmici più severi e scarnificanti, cinematograficamente più puri ed audaci di questo questo dramma sincero ma in fondo provinciale...
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 27-12-2007 alle 14:23 ] |
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planula
Reg.: 14 Giu 2003 Messaggi: 94 Da: CASTELLAMMARE DI STABIA (NA)
| Inviato: 02-01-2008 20:03 |
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...bel cast, bei racconti.
il tutto condito, però, da banalità.
e se il regista denunciasse un sistema fazioso che arruola in modo subdolo? intendo: se il prof invitasse, in modo sottile, a scegliere di arruolarsi contribuendo ad un sistema di continue informazioni e input che rendono la guerra "fattibile" quasi come un reality???
in qst caso l'unica politicamente corretta sarebbe la streep.
beh io ho provato a dare un senso a sto film che, mannaggia, proprio nn decolla...
[ Questo messaggio è stato modificato da: planula il 02-01-2008 alle 20:05 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: planula il 02-01-2008 alle 20:07 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: planula il 03-01-2008 alle 00:30 ] |
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dan880
Reg.: 02 Ott 2006 Messaggi: 2948 Da: napoli (NA)
| Inviato: 02-01-2008 20:06 |
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non l'ho ancora visto ma penso che è un ottimo film, da quel che ho letto. certamente è la conferma che negli Usa i registi hanno più coraggio a mettere in discussione la loro società e la loro politica.
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 05-01-2008 15:08 |
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quote: In data 2007-12-27 14:20, AlZayd scrive:
Politicamente troppo corretto, troppo morale, luogocomunista, messinscena schematico-statica, d'impianto teatrale, non aggiunge nulla di nuovo a quanto non sia già stato detto sulla questione trattata(America e Medioriente, impegno educazional-sociale individuale, dove però manca una prospettiva più ampia e strettamente collegata alle molteplici corresponsabilità che agiscono "dietro" le guerre, e si tende a giustificare, o solo "mediare", anche il punto di vista del "potere").
Apprezzabile per il fatto (a mio avviso anche il suo limite)l'approccio, funzional-didascalico-illustrativo adatto al grande pubblico - "rassicurato" dall'appeal se vogliamo anche giogionesco di tre interpreti molto popolari ed amati -, che di solito ignora gli approcci filmici più severi e scarnificanti, cinematograficamente più puri ed audaci di questo questo dramma sincero ma in fondo provinciale...
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Non mi è parso così negativo. Stando però alle probabili intenzioni di Redford (e cioè l'antagonismo fra "la diplomatica guerra fredda degli agnelli" mirata all'interesse economico e "la calda battaglia di un giorno dei leoni", con gloria, morte e martirio) si può dire che tutto quel mare di parole che si accavallano l'una sull'altra (e che uniscono, come in un triangolo, le tre sezioni filmiche su cui si srotola una sceneggiatura ben tracciata, suppoortata, su pellicola, da un montaggio serrato e difficilmente gestibile) sono in effetti indispensabili ai fini del messaggio che il regista vuole lanciare. Non essendo (come giustamente ha detto Petrus) un film di guerra, ma "sulla guerra", non poteva che fare della retorica la sua arma principale. Forse, in realtà, un'arma a doppio taglio.
Comunque sia, è stato bello veder gestire (seppur nell'annaspare in frenetici ed eccessivi campi e controcampi - che comportano, com'è naturale, anche notevoli imprecisioni, se non altrro nella loro composizione profilmica) i cambi di set in maniera così significativamente simbolica: particolarmente ho apprezzato la continuità dei colori freddi dell'ufficio di Cruise, caratterizzati da un verde smorto, mai suffragiato dalla luce della finestra, tenuta distante dalla mdp (tranne che nel momento di massima menzogna, in cui Cruise, come in un eclissi di verità, si frappone fra la stessa e l'obiettivo), con la scena del campo di battaglia. Un paesaggio lunare, grigio, sempre paurosamente smorto. Forse un pessimistico senso di impotenza verso la guerra, come prima origine dell'uomo: non so se fosse solo una caso che, in una scepografia primitiva ed essenziale, quelle esplosioni ricordassero tanto i crateri in eruzione di un pianeta in irrrequieto parto vitale.
Dispiace, quello sì, vedere la totale sfiducia che Redford ripone nella gioventù moderna: le mode seguite ossessivamente, il volume della Tv alzato, nel tentativo di non lasciare all'oblio che meriterebbero le parole di un'annunciatrice televisiva che parla di Gossip e cronache rosa. L'apatia di una generazione che non distingue fra il lottare e perdere e l'essere sconfitti senza aver mosso un dito.
Una generazione di politici.
Forse triste. Ma altrettanto vero.
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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THEACHER
Reg.: 24 Gen 2007 Messaggi: 55 Da: roma (RM)
| Inviato: 05-01-2008 20:05 |
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IO HO AVUTO L'IMPRESSIONE CHE IL FILM PURCHE' SIA BEN FATTO FOSSE INUTILE.
Basta leggere i giornali per sapere che i senatori sono fiancheggiatori delle guerre e propugnano ideali liberali a cui si contrappongono i docenti delle università.
Insomma se non avete letto nessun autore americano contemporaneo o peggio non avete il senso della Storia recente americana il film può anche piacervi, per il resto come qualcun altro ha già scritto è pieno di luoghi comuni.
Non aggiugne e non toglie niente allo spettatore.
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 05-01-2008 23:44 |
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Aggiungo comunque che, quasi quarant'anni dopo Zabriskie point di Antonioni, mette paura vedere quanto siamo smidollati, nelle nostre "non" reazioni e nelle nostre "non" pulsioni di libertà. E almeno, all'epoca, si trombava sulle dune e si esplodevano le ville. Oggi....si alza il volume della Tv, per aggiungere rumore al fastidioso frastuono da cui vorremmo scappare.
Che struzzi.
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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eltonjohn
Reg.: 15 Dic 2006 Messaggi: 9472 Da: novafeltria (PS)
| Inviato: 08-01-2008 19:21 |
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Vi dico solo quello che mi hanno detto alcuni amici: "Non andarlo a vedere, è una cagata totale" esageravano?
_________________ Riminesi a tutti gli effetti...a'l'imi fata! |
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eltonjohn
Reg.: 15 Dic 2006 Messaggi: 9472 Da: novafeltria (PS)
| Inviato: 08-01-2008 19:29 |
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quote: In data 2007-12-27 14:20, AlZayd scrive:
Politicamente troppo corretto, troppo morale, luogocomunista, messinscena schematico-statica, d'impianto teatrale, non aggiunge nulla di nuovo a quanto non sia già stato detto sulla questione trattata(America e Medioriente, impegno educazional-sociale individuale, dove però manca una prospettiva più ampia e strettamente collegata alle molteplici corresponsabilità che agiscono "dietro" le guerre, e si tende a giustificare, o solo "mediare", anche il punto di vista del "potere").
Apprezzabile per il fatto (a mio avviso anche il suo limite)l'approccio, funzional-didascalico-illustrativo adatto al grande pubblico - "rassicurato" dall'appeal se vogliamo anche giogionesco di tre interpreti molto popolari ed amati -, che di solito ignora gli approcci filmici più severi e scarnificanti, cinematograficamente più puri ed audaci di questo questo dramma sincero ma in fondo provinciale...
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 27-12-2007 alle 14:23 ]
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Invece una recensione come questa ti fa venire voglia di andarlo a vedere, se lo stronca Alzayd è sicuramente un buon film..
_________________ Riminesi a tutti gli effetti...a'l'imi fata! |
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jedifan
Reg.: 15 Feb 2008 Messaggi: 806 Da: milano (MI)
| Inviato: 15-06-2008 14:57 |
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Una delle pellicole più noiose che abbia mai visto, sicuramente ben recitato ma per il resto non riesco a trovare altri aspetti positivi verso questo film.
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Il cinema non è la settima arte e la prima!
[ Questo messaggio è stato modificato da: jedifan il 15-06-2008 alle 14:57 ] |
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