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Le regole del gioco |
Petrus
 Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 22-06-2007 21:11 |
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Rimaniamo stupiti sempre, come al solito, della bellezza insolita di Drew Barrymore. Ci sorprende come la traiettoria al rialzo di Eric Bana incappi in operazioni commerciali di basso cabotaggio.Ci stupiamo, e fortemente, di come un attore del calibro di Robert Duvall continui a riciclarsi da oltre quindici anni in film di fattura medio-bassa. Ma rimaniamo addirittura sbigottiti al sentire la voce esagitata di Caressa (ebbene si, proprio quello di ‘Tutti a Berlino!!’) commentare una sapidissima partita di poker. Questi sono solo alcuni dei motivi di disappunto che suscita Le regole del gioco, ultimo film di Curtis Hanson, regista che ha toccato vette ben più alte con L.A. Confidential, e che tenta di uscire onorevolmente da su un soggetto di Eric Roth sceneggiato in modo triste e piatto, che avrebbe potuto fruttare in maniera più congrua in una mano più sapiente.
Invece Le regole del gioco nasce imbalsamato in uno schema che lo rende prevedibile e scontato: la dinamica dell’uomo duro dal cuore d’oro, che tratta male la propria donna con la quale si riconcilia, e che ha un rapporto conflittuale con i propri genitori, è un cliché abbastanza comune. Viene qui riproposto senza nessuna discontinuità, senza nessun guizzo, di scrittura o di regia, che non portino a considerare quel che si vede come la riproposizione di qualcosa di ormai fuori tempo, usurato.
Insolita la cornice, quella di una Las Vegas piena di donne occasionali, di alberghi al di fuori di ogni comune immaginazione (e buongusto), ma soprattutto pullulata da giocatori di poker, di ogni razza, sesso ed età. Il padre (Duvall) e il figlio (Bana) sono divisi l’un l’altro dal fantasma della loro moglie/madre, alla quale entrambi erano molto legati (ma si giocano la di lei fede ad ogni buona occasione e con qualsiasi pretesto). Forse non occorre dire di come si riconcilieranno in un gran finale attorno ad un tavolo verde, per l’ultima, riconciliante, partita decisiva.
Il personaggio del protagonista è legato allo stereotipo di comportarsi nella vita troppo prudentemente, così come dovrebbe fare con le carte, e di essere del tutto spregiudicato e coraggioso seduto al tavolo. ‘E’ formidabile ad accumulare fortune, così come a disperderle’, lo descrive uno dei comprimari. Sarà il tormentone che tutta la pellicola si trova addossata, una zavorra etica e concettuale da cui non ci si riesce a liberare, facendo scivolare così la narrazione nella monotonia. Lo sfondo pokeristico, invece di introdurre quella tensione e quel patos che mancano in una ambiente ‘normale’, viene gestito in maniera piatta e scialba, comunicando alla lunga un senso di fastidio per tutte quelle fish, quei punti e quelle regole, ripetute e reiterate alla nausea, pedissequamente. Il tutto scivola via così, come una operazione di piccolo cabotaggio, opera di autocompiacimento per gli appassionati del genere, pallido spot per un mondo pieno di lustrini e ombrellini da cocktail.
Ci spunta, sul finale, un sorriso sulle labbra: merito del doppiaggio italiano, e di Caressa, nulla più.
pubblicata già qui
_________________ "Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate" |
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kubrickfan
 Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 23-06-2007 11:02 |
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concordo in pieno con petrus, evitate senza timori.
Trama: Huck Cheever è uno sfrenato giocatore di poker con il padre due volte campione del mondo. Padre con cui ha forti dissapori per un passato che non si dimentica. Huck deve cercare 10.000 dollari per iscriversi al campionato mondiale, cifra per lui impossibile da realizzare in quanto incapace di tenere vivo qualunque capitale nella sua tasca sinistra (modo di dire dei giocatori). Riuscirà con l'aiuto della dolce Billy a realizzare il suo sogno e a sconfiggere i fantasmi del passato nella sfida dell'anno?
Commento Una brutta caduta di tono per il raffinato Curtis Hanson, regista di film ben più validi come L.A. Confidential e Eight Miles. Questo Le regole del gioco vive su situazioni scadentissime, noiosi dialoghi al limite del paraddossale su anelli perduti e riconquistati e una sorta di stanchezza recitativa di fondo che investe il cast di grandi nomi.
Robert Duvall (immortale Kurtz in Apocalypse Now) ormai continua a riciclarsi in particine anonime senza nessuna verve, vivacchiando ai limiti della decenza contrattuale, mentre Eric Bana fa il bello e dannato dalle tasche bucate che della vita non capisce altro che l'assurda ostinazione. Si salva la dolce Drew Barrywood (altra parte acqua e sapone dopo Scrivimi una canzone), ma sottoutilizzata e poco spessorata da una trama che la introduce ma poi dopo la ignora per lunghi periodi.
Hanson non riesce a sollevare di un millimetro l'interesse del film, rubando i minuti della troppo lunga durata con svolgimenti strascicati e delle noiosissime partite a poker che tutto hanno tranne che la tensione da comunicare allo spettatore, arrivando anche all'assurdo di parteggiare per gli avversari tanto il protagonista è antipatico, stereotipato nel bello e inconsapevole nelle scelte.
Con una regia comoda e pulita ma del tutto priva di qualunque scelta particolarmente significativa, Hanson ci conduce nel mondo del poker con la tattica dello svolgimento di Eight Miles, dove il solitario campione arriva dopo varie sfide alla resa dei conti (e non dite che vi tolgo la sorpresa perchè dopo venti minuti la cosa è assolutamente scontata).
Ma non c'è nulla della disperazione del suo film precedente, nulla dell'eversione o della lotta personale, che caratterizzava il personaggio interpretato da Eminem in questo messo in scena da Bana.
Occhi sempre assenti, parole sempre lapidarie, il bluff di Huck Cheever è scoperto sin dall'inizio, e noi spettatori giochiamo con lui a carte scoperte, vedendo la mano ancor prima che gliela servano, cosa gravisisma per un film di questo genere e trama. Non ci importa proprio nulla nel momento che si serve l'ultima carta per chiudere la scala se prima abbiamo dovuto fare un percorso fatto di pioli incostanti e incolori. E la beffa finale ce la giocano i capodoppiatori che hanno messo delle voci del tutto inadatte come quelle di Caressa e De Grandis a commentare le partite. Se non ci fosse la fotografia di Peter Deming (ricordiamolo per Mullholland Drive) che rende immaginifici i colori di Las vegas questo film proprio non avrebbe nulla per cui essere visto, neppure dai pokerofili (presenti anche dei veri grandi giocatori nel film) e dalle signore che vogliono un po' di rosa non shocking perchè la storyline affettuosa e tenera è proprio in disparte. Una partita a briscola casalinga di fine anno ha più emozioni di questo tavolo verde dalle puntate altissime.
_________________ non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT |
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Logan71
 Reg.: 16 Ott 2005 Messaggi: 3331 Da: TERRACINA (LT)
| Inviato: 26-03-2008 15:27 |
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Mi permetto di dissentire e fare la voce fuori dal coro.
io credo invece che questo sia un gran bel film, ben girato e caratterizzato anche meglio (Bana, Barrymore e un grande Duvall)
Ad onor del vero questo film mi piace anche perchè (più di "Rounders" di John Dahl con la la doppia coppia Matt Damon/Edward Norton e Turuturro/Malkovic (spettacolare Teddy KGB)) rende una certa giustizia al Poker Sportivo.
La bellisssima pellicola di Dahl infatti ha la pecca di far sembrare il gioco del Poker e tutti quelli che ci ruotano intorno dei laidi imbroglioni, degli incalliti ammalati di gioco, tutto svolto nella clandestinità.
Niente di più falso, soprattutto oggi grazie appunto ai tornei di Poker sportivo.
Ne anche perchè questo argomento mi tocca da vicino, visto che da quasi due anni partecipo (quando posso) ai tornei di Texas Hold'em organizzati dalla F.I.G.P. (Federazione Italiana Gioco Poker).
Gioco a poker tradizionale da una vita e sempre con gli stessi 5/6 amici, poi, grazie anche alla notorietà avuta in TV ed ad una associazione nata proprio nella mia città, ho voluto fare il "salto" di qualità e, più per curiosità che per altro, ho partecipato a qualche torneo...con discretissimi risultati (un 3° posto su 75 partecipanti...ma quasi sempre arrivo al fatidico "Tavolo Finale")
Come in tutti i tornei, qui non ti giochi le chiavi della macchina, la casa e la famiglia, ma solo il prezzo dell'iscrizione al torneo che di solito oscilla tra le 50 e le 80 €...ma torniamo a noi.
Il film non si discosta molto dalla realtà del gioco, anche se, per stereotipo si calca un pò troppo la mano sul discorso "mi gioco tutto...e resto in mutande" e sull'equazione "Pokerista=pericoloso malato".
Fatta solo quest'eccezione il film è godibile, veloce e appassionante.
Nel film sfilano grandissimi professionisti del poker (praticamente quasi tutti quelli che si vedono seduti al tavolo con i protagonisti).
Altro punto che ha a favore è...proprio il doppiaggio di Caressa!
Se nessuno lo sa lui da sempre commenta le gare di Poker (torneo Europeo e Mondiale) per Sky e dà alle partite quel pizzico di brio e simpatia che non guastano (mitica la sua frase "...e questa è una mano da Esculapio!" dove Esculapio sta appunto per "Botta De Culo" o "Sculata")
Sentire la sua voce commentare la finale è stata una sorpesa molto gradita.
La Coppia Bana/Duvall si staglia su tutti mettendo in campo un clichè caro a Hollywood ossia lo scontro Padre/Figlio.
Qui però c'è dell'altro...il giovane Huck Cheever è un Rounder professionista con il raro dono di saper "leggere" gli avversari e le carte che hanno in mano ma con la cattiva abitudine di essere qualche volta un emotivo e "andare in Tilt" e diventare così troppo "Loose" "aperto" "aggressivo".
Questo poi gli capita praticamente sempre quando siede al tevolo con il padre, il 2 volte campione del mondo L.C. Cheever, con il quale ha un rapporto molto particolare.
L.C. cerca di insegnare a Huck la prudenza ma lo fa qualche volta in modo sbagliato.
Poi c'è di mezzo il passato e le sue ferite mai rimarginate e quella eterna sfida tra i due che non finirà mai...Infatti dice Huck:<< Mi ha insegnato lui a giocare, giocavamo con i tappi...non ho mai battuto ne mi ha mai lasciato vincere, neanche una volta.>>
Memorabile, a rimarcare questo dualismo, la partita a Poker tra loro due seduti in una tavola calda...neanche il tempo della colazione.
Tra loro si inserisce la bella e sempliciotta Billie Offer/Drew Barrymore, cantante alle prime armi in cerca di fortuna e di un lavoro nella fulgida Las Vegas che farà innamorare il Pokerista e gli darà un nuovo "punto di vista" con cui guardare le carte, la vita...il padre.
Altre chicce...in una scena appare un croupier molto anziano che sbaglia a dare le carte...e proprio l'ultima vela, il "Bloody rrrriver!" come dice Caressa.
Bene quel vecchietto è proprio un croupier professionista, il più anziano croupier di Las Vegas ancora al lavoro...e tranne in quella scena, non ha MAI sbagliato nel dare le carte.
Da antologia la colonna sonora che si apre con "Lucky Town" del grande Boss e passa per spettacolari ballate Country, Liza Minelli, Bob Dylan e con una "The Cold Hard Truth" splendidamente cantata da Drew Barrymore che aveva già fatto "vedere" le sue belle doti canore in "Music & Lyrics" di Marc Lawrence ed in perfetta sincronia con un divertentissimo Hugh Grant.
Ok...forse l'anima del Pokerista mi fa vedere questo film in maniera diversa, ma di certo non annoia ne è una schifezza come è stato descritto precedentemente.
Forse siete stati un pò troppo severi.
E Caressa è un mito (ma solo quando commenta il Poker)!
P.S.
A Tal proposito, l'anno scorso con la Gazza uscirono dei DVD con libricino sul Poker alla Texana (e su una variante detta Omaha)...bhe ovviamente io ce'lho tutti e 12...con il Commento di Caressa che è da antologia!
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Sono il migliore in quello che faccio...ma quello che faccio a volte non è sempre piacevole...Snikt!
[ Questo messaggio è stato modificato da: Logan71 il 26-03-2008 alle 15:30 ] |
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