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Autore Le ferie di Licu
ermejofico

Reg.: 17 Ago 2005
Messaggi: 662
Da: roma (RM)
Inviato: 28-05-2007 11:50  
Licu, commesso di sartoria nativo del Bangladesh ma ben integrato a Roma, chiede alcune settimane di ferie per recarsi nel suo paese natale per conoscere la donna che, in seguito agli accordi stipulati dalle famiglie, potrebbe diventare sua moglie. Ottenuto con qualche difficoltà il permesso e superati alcuni incidenti di percorso (i sensali della donna frappongono ostacoli alla conclusione del contratto e gli accordi economici necessitano di revisione), Licu riesce a sposare la ragazza (Fancy) e a tornare con lei in Italia, dove però nuovi problemi attendono la coppia.

“Le ferie di Licu” è il secondo lavoro del regista Vittorio Moroni che, dopo lo splendido esordio di “Tu devi essere il lupo” di due anni fa, ritorna nelle sale, nuovamente con l’originale formula dell’autodistribuzione attraverso la compagnia “Myself” (prevendita dei biglietti fatta dal produttore, che assicura al gestore della sala una piattaforma iniziale di spettatori) .
Diversamente che nel lavoro precedente, film dal tradizionale impianto “a soggetto”, il regista ha scelto per il suo secondo film la strada del cinema – verità, con abbondante uso della camera a mano che segue persone reali, interagisce a tratti con loro, li attende al varco nei momenti considerati importanti.

Secondo alcune dichiarazioni rilasciate dall’autore, si tratterebbe in buona parte di riprese o meglio di “occasioni filmate” in cui sono stati fissati su pellicola appunti per la realizzazione di un film di finzione ancora in fase di scrittura. Ma la realtà ci avrebbe messo lo zampino, dimostrandosi molto più interessante (ed esteticamente significativa) del previsto, per cui i lavori preparatori si sarebbero trasformati nell’opera finita (elaborando, ovviamente, il tutto attraverso il montaggio, girando probabilmente altre scene indispensabili al senso della storia e, ancora, introducendo in un unico caso una “brutale” didascalia) .

Restiture lo “splendore del vero” resta dunque la preoccupazione principale dell’autore (le scritte razziste sulle serrande mentre il protagonista esce di casa, lo sgozzamento di un bue nel villaggio, la giovanissima moglie che gioca con la gallina meccanica, un inizio di rissa in un negozio di alimentari, il colloquio amoroso che ricorda certi imbarazzi Kiarostamiani) . Bisogna però rassicurare i lettori che il pericolo del film – reportage è stato brillantemente scongiurato e che la cinepresa non si fa mai ingombrante; quando una frase della protagonista ne denuncia improvvisamente la presenza, siamo colti di sorpresa (Fancy, al telefono, dice: “sono qui a casa, guardo la televisione, mi stanno filmando” e alcuni del pubblico domandano attoniti: “Chi la sta filmando?”). Come già nel film d’esordio, Moroni riesce a tenere in ogni momento la giusta distanza (o sarebbe meglio dire: la giusta lontanaza) fra l’osservatore ed il soggetto, fra l’autore ed il personaggio, che gli permette di coinvolgere lo spettatore senza disturbare i suoi personaggi con indebite intromissioni. Riuscito anche l’ironico “discorso sui materiali”, introdotto con il “filmino del matrimonio indiano”, dal montaggio decisamente appariscente che fa venire subito in mente l’eccellente lavoro fatto in “Tu devi essere il lupo” con il teatro delle marionette.

Pochi i difetti. Una fastidiosa banda nera per i sottotitoli purtroppo toglie allo spettatore un buon ottavo del frame, rendendo il formato del quadro anomalo. Inoltre, a causa di limiti tecnici, l’immagine non ha sempre una profondità adeguata. Ma per il resto il film coinvolge, è arguto e trascinante, con un bel finale aperto che giustamente rifiuta di dare facili ed inesistenti soluzioni ai problemi che attendono la coppia alle soglie di un difficile percorso di adattamento.


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"Che cosa te ne fai di una banca se hai perduto l'amore?"

[ Questo messaggio è stato modificato da: ermejofico il 28-05-2007 alle 11:57 ]

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