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Cronaca di una fuga-Buenos Aires 1977 |
gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 04-05-2007 09:49 |
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Riporto qui, per dare uno spunto iniziale di conversazione, la recensione che ho scritto per filmup di questo che è a mio avviso uno dei migliori prodotti della stagione. Splendido film.
Come ha ben scritto il giornalista Theo Guzman: "Che la si chiami dittatura, guerra sucia o stagione dei desaparecidos, il regime che dal marzo del 1976 dominerà l'Argentina sino al 1982, ha scritto una delle pagine più buie della storia recente non solo dell'America latina". E questo perchè mentre il governo militare faceva del proprio potere uno strumento di morte, il resto del mondo (occidentale) chiuse gli occhi pur di mantenere i suoi reali o potenziali privilegi. Ecco quindi che il film dell'uruguaiano Israel Adrian Caetano, tratto dall'omonimo libro di Claudio Tamburini, e basato sulle testimonianze di due scampati "desaparecidos", risulta e risulterà sempre attuale. In Argentina un tempo come in Iraq "l'altro ieri" e per certi versi Guantanamo "ieri": far finta di nulla significa sempre sacrificare vite umane. Non è questo il centro e il senso di "Cronaca di una fuga", ma l'introspezione del film nei propri personaggi è tale che un po', giusto un milionesimo delle torture che si osserveranno, trapassi immancabilmente lo schermo per arrivare ad uno spettatore che quindi potrà non capire il dramma di situazioni analoghe.
La storia è quella di un gruppo di ragazzi sequestrati in una casa alla periferia di Buenos Aires affinché confessino il proprio appoggio ai guerriglieri ribelli. Sostegno ad una causa sovversiva di cui molti di loro non sanno assolutamente nulla: sono stati chiamati in causa infatti da altri ragazzi che sotto tortura erano stati costretti a dare qualche nominativo di fantomatici rivoluzionari. Un circolo vizioso che li porterà senza dubbio alla morte. A meno che non si provi a scappare...
Il film carcerario, con esito fuga, è un vero e proprio genere cinematografico, con tanti titoli più o meno riusciti. Nonostante questo "Cronaca di una fuga" risulta un film originale e di una potenza e intensità incredibile. Merito di una regia che diventa occhio dei protagonisti, e con loro subisce torture o pianifica tentativi per scappare. Uno stile che potrebbe sembrare per certi versi documentaristico (lo stesso titolo, "cronaca" dà l'idea di un reportage), ma che invece elabora continuamente cosa narrare attraverso le immagini e il sonoro. I dialoghi sono ridotti all'osso, la claustrofobia dell'angusto spazio è pressante, ma mai protagonista. I personaggi vengono distrutti della loro identità, chi è uno e chi l'altro è impossibile riconoscerli, così come in un campo di concentramento si era il numero che si aveva tatuato. Perfetta la cura del trucco, ottime scenografie e fotografia, perfettamente funzionali alla rappresentazione. E una scena, quella della fuga, di una suspence incredibile. Non è un caso se con questo lavoro il regista Caetano si sia guadagnato la possibilità di realizzare un film da 10 milioni di dollari finanziato da Francia e Stati Uniti. A Cannes nel 2006 dove "Cronaca di una fuga" è stato presentato, il suo operato non è passato inosservato.
pubblicata qui:
http://filmup.leonardo.it/cronicadeunafuga.htm
_________________ Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è |
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vietcong
 Reg.: 13 Ott 2003 Messaggi: 4111 Da: roma (RM)
| Inviato: 09-05-2007 00:32 |
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niente conversazioni gatsby, solo autocelebrazione:
Raramente si va al cinema davvero da soli: una qualche aspettativa infatti, ci accompagna quasi tutte le volte. E quando un film è chiamato a ripercorrere episodi legati a fatti storici fra i più atroci del secolo scorso, l'attesa è particolarmente carica, e lo spettatore attende letteralmente il film al varco. Cronaca di una Fuga si basa infatti sulla storia vera di Claudio Tamburrini, studente universitario e portiere di una squadra di serie B, che finisce per caso nella macchina della repressione della dittatura militare argentina. Catturato nel '77, passa quattro mesi nella famigerata Mansion Seré, uno di quegli assurdi luoghi deputati alla tortura sistematica dei dissidenti o presunti tali. Il film ci riporta dunque a uno dei più grandi crimini contro l'umanità del secolo passato (i desaparecidos argentini furono più di 30.000 in sei anni di dittatura), visto attraverso la storia di un vero e proprio sopravvissuto. C'è dunque (al di fuori del testo, del cinema) una massa di dolore e di dignità umana negata rispetto alla quale il film deve dimostrare di essere all'altezza.
I primissimi minuti, che raccontano la cattura di Claudio (interpretato da Rodrigo de la Serna, già visto ne I Diari della Motocicletta), fanno trapelare il dubbio che il regista Adriàn Caetano abbia la mano un po' pesante, a partire dalla caratterizzazione dei “cattivi”, grotteschi e unti come da copione. Ma del resto non è in questo che il film trova i suoi punti di forza, e i carcerieri rimangono sempre un po' opachi, mai analizzati (al contrario di quanto accade in Garage Olimpo, che aveva nel torturatore uno dei protagonisti). Ma è tutto l'impianto registico che da subito si segnala per una decisa scelta di stile: la fotografia ricca, satura e perfettamente incisa, il montaggio rapidissimo, la macchina da presa sempre mobile o instabile, la musica che sottolinea le emozioni. Il linguaggio è da subito quello di un film d'azione, mentre poco più avanti la detenzione verrà raccontata con le tinte del thriller. Caetano utilizza quindi un consolidato macchinario spettacolare: l'intento del film appare proprio quello di ritagliarsi uno spazio fra spettacolo e denuncia, una scelta che ad alcuni potrà far storcere il naso, ma che alla fine si rivela efficace. Man mano che il film procede, ci si rende conto di come riesca a mantenersi in quello che è un vero e proprio registro di genere (il film carcerario con fuga finale), senza scadere nella spettacolarizzazione, tenendosi lontano sia dal sentimentalismo hollywoodiano alla Schindler's List, sia dal cinismo pop di un Città di Dio.
Cronaca di un Fuga ottiene questo equilibrio soprattutto rispettando la natura della storia che racconta, evitando ogni genericità per focalizzarsi sugli elementi che possano restituire la realtà e le sensazioni e legate a quel luogo, a quel tipo di prigionia, e infine a quella dittatura. È dunque ridotta al minimo la fenomenologia della privazione, dello stento fisico; non assistiamo nemmeno alle torture (se non quelle di carattere più psicologico), di cui però vediamo i segni sempre più numerosi sui corpi dei ragazzi. Il film si sofferma soprattutto sulle condizioni mentali dei detenuti, sull'angoscia e la paranoia di chi si vede precipitato all'inferno spesso senza sapere neanche perché (è il caso di Claudio, estraneo alla protesta politica). A dominare la scena è il luogo, l'allucinante Mansiòn Serè (una villa coloniale in decadenza, fuori dalla quale la vita di tutti i giorni scorre normale), che viene dipinta come l'ingranaggio feroce di una dittatura ossessionata dalla repressione della dissidenza: i carcerieri non fanno che estorcere nomi, indirizzi, accuse contro altri ragazzi a loro volta da schiacciare nell'ingranaggio, perché diventino anche loro delatori, in un ciclo che appare senza fine e forse anche senza senso. Perché i torturati mentono quasi sempre: danno nomi di innocenti per salvare i loro compagni di lotta, danno gli indirizzi giusti, ma solo quando è troppo tardi, danno nomi a caso, perché non sanno niente e sperano solo di salvarsi. E se non sanno niente e rifiutano la logica perversa di condannare qualcun altro, non verranno creduti. Difficile capire chi è cosa: attivista, simpatizzante, “innocente”; la dimensione della paranoia domina anche i carcerieri. Alla fine ogni ragazzo ha una storia diversa ma il meccanismo sembra fatto apposta per renderli tutti uguali, e l'esito non è la verità, ma la strage indifferenziata. Un luogo sorto per ottenere informazioni è in realtà un surreale castello di bugie e depistaggi.
La menzogna più grande naturalmente è quella dei militari, che promettono libertà in cambio di nomi, che assicurano che tutti quelli usciti da lì sono tornati nelle loro case. Se il film sa esplorare meglio di ogni altra cosa il terrore del non sapere, dell'essere all'oscuro di tutto (simboleggiato dalla benda quasi sempre sugli occhi dei prigionieri), questa dimensione trova la sua articolazione più atroce nell'ignorare il proprio destino finale. Il percorso di Claudio e degli altri tre con cui condivide la parte finale della prigionia, è un aprire gli occhi, è la maturazione dalle prime ingenue speranze alla consapevolezza che non si esce vivi da quel posto. La fuga, che pure occupa una piccola porzione del film, è dunque centrale in quanto esito di questo percorso, ed è anche il momento in cui le capacità tecniche del regista si esprimono al meglio. Caetano, che già nella descrizione di un'ipotesi di fuga abortita si era concesso una scena di suspense pura, all'americana, costruisce la fuga finale come un pezzo di bravura, capace di trasmettere una tensione insostenibile anche se già se ne conosce l'esito. E nello stesso tempo, la visione di quei quattro corpi nudi in mezzo alla strada, esitanti, terrorizzati e forse ancora inadeguati alla libertà, è per lo spettatore un esperienza davvero dolorosa: qui Cronaca di una Fuga ottiene un raro equilibrio fra suspense cinematografica e consapevolezza della tragedia, personale e politica, il che è poi l'intento del film. Che sia riuscito ne è anche testimone lo stesso Claudio Tamburrini, dichiaratosi molto soddisfatto di come il film abbia saputo trasmettere le sensazioni della sua terribile esperienza nella Mansiòn Serè.
pubblicato aquì
[ Questo messaggio è stato modificato da: vietcong il 09-05-2007 alle 00:43 ] |
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gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 09-05-2007 14:27 |
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