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Autore In memoria di me
Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 08-03-2007 08:30  
Dopo qualche tempo dall'esclusione di Private dalla corsa agli Oscar per motivi legati alla lingua in cui era stato girato, nuove polemiche investono Saverio Costanzo e la sua opera seconda, In memoria di me. Questa volta, però, le discussioni travalicano il mondo del cinema, andando a cavalcare la sottile linea del confine tra laici e cattolici, tra fideismo e ateismo, tra spiritualità e carnalità.
Costanzo costruisce il suo nuovo lavoro interamente all'interno di un seminario, raccontando di vocazioni, di turbamenti, del mondo rigido e severo dei gesuiti, che pur non vengono mai direttamente nominati. Ne esce fuori una pellicola sofferta, non definita né definitiva, alla quale, per stessa ammissione del regista, chiunque può attribuire il senso che gli è più consono, più corrispondente alle proprie corde.
Costanzo si muove morbidamente tra i corridoi di S. Giorgio Maggiore a Venezia, seguendo le sorde e chiuse peregrinazioni di un giovane novizio dell'ordine da poco arrivato, muovendo con garbo e grazia la macchina da presa con lunghe carrellate o dolly accennati, giocando sui raccordi di montaggio, e su una fotografia che mettesse in risalto il chiaroscuro.
Tecnicamente, dunque, un notevole passo avanti rispetto a Private, per un film che spara molto in alto, pur non avendo la pretesa di avere la soluzione in tasca, ma che mette sul piatto temi scomodi e controversi.
Il seminario in cui entra Andrea (l'attore bulgaro Cristo Jivkov, già visto ne La Passione gibsoniana) è regolato da norme così rigide da portare a molti tra i novizi allo stesso dubbio sulla propria vocazione. Ogni rapporto con la carnalità, con il rapporto umano in quanto tale, viene filtrato, deformato, distorto. "Un buon prete è colui che non desidera nulla, dobbiamo annullare ogni nostro piccolo desiderio" ammonisce il padre superiore.
In questo ambiente rarefatto, asfissiante, Andrea si avvicina in un lungo e travagliato rincorrersi, al suo confratello, Zanna. Simili sono le profonde problematiche relazionali, simile la crisi di vocazione, il sentimento di non essere al proprio posto.
Costanzo si muove ambiziosamente tra Dreyer e Bresson, conservandone quel toccante, lucido sentimento di ambiguità, ma perdendo in rigore morale, non avendo la barra del timone dritta su una rotta. Per sua stessa ammissione tante direzioni, tante sfumature che prende il film sono emerse quasi inconsapevolmente in sede di lavorazione. E se questo aiuta e rende consapevole il finale, durante il film fa sbandare, annaspare in una marea di input non risolti, che rischiano di far perdere la rotta in un mare di per se scuro e burrascoso.
Così l'immagine che del cristianesimo cattolico emerge è fuorviante. Non bastano le affermazioni del regista che sostiene di aver raccontato una semplice storia, senza voler in nessun modo descrivere la regola monastica. Quel che viene fuori dalla visione è un cattolicesimo inesistente, strano incrocio tra l'ascetismo orientale e tratti teologico-culturali tipicamente luterani. E seppur complessivamente il film evidenzi con coraggio i propri chiaroscuri, la cornice nel quale si inserisce è fuorviante (in questo non aiuta che il personaggio del padre superiore, incredibilmente tracotante ed arido, sia, malauguratamente, un tedesco).
In memoria di me rappresenta comunque un tentativo coraggioso di parlare di un argomento a prima vista così poco cinematografico, raccontandone con passione e senza cedere a tentativi di spettacolarizzazione un mondo troppo spesso in balia di stereotipi e di vulgate con poco fondamento, fallendo complessivamente l'obiettivo, ma segnando una strada che ci auguriamo venga sempre più spesso percorsa.

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 17-03-2007 18:42  
In memoria di me

Costanzo e il noviziato

Trama: Andrea (Christo Jikov) in crisi spirituale cerca di recuperare un equilibrio interiore recandosi in un seminario come novizio. Tra necessità di essere libero da ogni dogma per dedicarsi a una fede vera, viene a conoscenza di aspetti del tutto nascosti all'interno del luogo di preghiera...

Commento:un cinema fatto di luci e ombre, di stili geometrici e ricercatezza nel silenzio interrotto dalle musiche che ogni tanto irrompono a spezzare la continuità della monotona esistenza di questi novizi insicuri. Non tanto perchè gli manchi la fede, ma perchè non riescono a percepire il vero motivo della loro presenza e della loro missione all'interno del luogo di culto. Filmando con geometrie rigide e continui movimenti di zoom, per meglio centralizzare l'attenzione o allargare il campo visivo, Costanzo si concentra sulle luci e sulle ombre dei misteri che sono presenti all'interno dell'edificio mostrandoci lunghi corridoi mai veramente solari, volti che raramente tradiscono emozioni e persone che solo nella semioscurità riescono a mostrare il loro vero sentire. Claustrofobia cinematografica intensa, dato che quasi tutto il girato è all'interno e non si percepiscono rumori e segni di vita esterni se non nel fischio e nel passaggio delle navi, con tanti richiami a stilemi del passato con presente il cinema delle ombre tedesco.
la vicenda si muove silenziosa tra le mura senza mai innalzarsi a vera scoperta dei piccoli/grandi misteri che il regista semina lungo il girato, apatica, e i movimenti sempre uguali durante il giorno non fanno altro che confermare la totale mancanza di onestà di quanto si può fare o dire, e l'unica cosa personale che il novizio riesce a compiere è la fuga, silenziosa, lontana dalla verità della motivazione per tutti gli altri, mentre in qualche luogo vicino ma dimenticato qualcuno sta soffrendo le colpe di qualcosa che non si trova nell'azione ma nel dogmatismo.
Veramente suggestive le inquadrature con camera fissa dei lunghi corridoi, le ampie vetrate che ricordano un cancello verso l'esterno visivo ma fisicamente imprigionante, ma sopratutto la telecamera sempre discreta che segue con presenza non invadente i movimenti ritmici o meccanici dei novizi mai preda di alcun vero stato emozionalmente eccessivo, costretti da un dogmatismo impietoso a lasciarsi tutto dentro.
Non si può nenache parlare di cinema anticlericale come potrebbe sembrare al primo impatto, i discorsi sono improntati alla denuncia di alcuni stati di un certo argomento, mentre la fede e la voglia di conoscenza dei sacri testi è reale, genuina, completamente desiderata. Solo che manca una necessaria logica della serenità nel poterla trovare, governata da dietrologie del tutto imponenti e oppressive, come il bellissimo discorso spiato con alle spalle la figura della statua dell'alto prelato alle spalle.
Prendendo a spunto il cinema di Philip Groning con "Il Grande silenzio"e il concetto base di"Stigmate"della semplicità del credo, Costanzo costruisce un film criptico, da seguire con estrema attenzione, ma suggestivo e potente, del tutto disaffrancato da ogni influenza produttiva, con una vitalità nascosta e magmatica all'interno dello spirito molto superiore a una solo apparente mancanza di emozioni, che i visi e le parole raramente trascendono, di quello che vediamo sullo schermo.
Da vedere per riflettere questi prodotti girati con coraggio, lontanissimi da ogni moderna pellicola, apprezzabile sia dal laico che dall'ecclesiastico in quanto raccontano uan storia senza esaltare o distruggere il tutto ma solo il comparto.
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non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
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