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Ecce bombo |
Petrus
 Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 19-01-2007 19:21 |
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Arriva lo straccivendolo, una sorta di rigattiere, arrotino ante litteram. Avanza dondolando sul suo risciò sul lungomare di Ostia, urlando in un falso latino sgangherato: "Ecce bombo!", ovvero "ecco il bombo, lo straccivendolo". Sequenza minuta, quasi d'ambientazione, di contesto, completata da un controcampo sui soliti amici, quelli di sempre, la combriccola di Michele Apicella, svegliatisi al grido del vecchio e accortisi di aver atteso per tutta la notte l'alba dalla parte sbagliata. Tra tutte le "strisce" di cui si compone il primo film professionale di Nanni Moretti, il regista romano sceglie questa come paradigmatica di tutto il suo lavoro, fino al punto di onorarla concedendole il titolo.
Nella frammentaria eppur sempre lineare opera morettiana si coglie un senso di spaesamento, un nuovo modo di fare cinema, ma anche una lucida capacità d'analisi della società (o per lo meno di un suo spicchio) in cui viveva. Per cui sì, Ecce bombo, sequenza tanto piccola quanto incastonata, a livello narrativo e di montaggio, nel cuore stesso del film. Non uno stacco serio(so) da una cifra globalmente ironica, non un momento di virtuosistico compiacimento. Nell'economia della pellicola, composta da tanti piccoli flash - situazioni tra le più disparate, legate insieme armonicamente da un sottotesto tematico e dalla prorompente, ma sommessa presenza del Moretti/Apicella -, la sequenza del titolo ricopre apparentemente lo stesso ruolo, la stessa funzione, di tutte le altre, presentandosi anche, per enfasi ed estetica, al pari di esse. Eppure è quella in cui meglio si imprime e che meglio restituisce quell'immagine di una generazione fumosa, senza alcuna attrattiva alla quale appigliarsi, orfana di un '68 infine risultato sterile e avaro. L'attesa dell'alba, l'incanto del fare una cosa che miri alla riconciliazione con il tutto che sfugge, viene spezzata, rotta dal passaggio del rigattiere. Un gioco di campi e controcampi che è la summa della tenera tragicità morettiana. I volti trepidanti, sobbalzando nella speranza di cogliere il primo raggio di sole, si sviliscono di fronte al banale richiamo. Il montaggio accosta l'urlo dello straccivendolo con il volto, deluso, della combriccola, quasi a voler dire "eccoli i veri stracci". Uomini senza un'aspettativa sul futuro, ma, quel che al regista duole di più, senza nessuna speranza sul presente, che scorre via tra la rivoluzione che vorremmo per metterci in luce, il desiderio di una tranquilla e nascosta vita borghese, il terrore vacuo dello sprofondare nel nulla. Per cui i problemi esistenziali, le dinamiche dei rapporti, si riducono a un "mi si nota di più se non vengo, o se vengo e rimango in disparte?", o al celebre "ma che fai per vivere? Mah, faccio cose, vedo gente…" .
Tutte le brevi irruzioni di Apicella nella realtà che lo circonda sono origine e frutto di una fittissima quanto sterile rete comunicativa, segno di un mondo che ha guadagnato in capacità di esprimersi, di mettere in rete idee e opinioni, ma che ha inversamente perso qualsiasi profondità di rapporto. La mordace e malinconica ironia e il violento sarcasmo che già erano emersi in Io sono un autarchico, girato in super8, vengono ripresi, rielaborati e bilanciati da Moretti, fino a creare un mix dirompente di umorismo e di critica dissacrante a quella società che il regista vedeva colma di comunisti vacui e imborghesiti.
Intuizioni che rincorrono tutt'oggi l'attualità cinematografica (e non solo!), e che non a caso hanno portato ad una riedizione della pellicola per le sale. Magari qualcuno, scoprendolo o riscoprendolo, ne trarrà qualche geniale spunto per il cinema che verrà
già pubblicata qui
_________________ "Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate" |
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dan880
 Reg.: 02 Ott 2006 Messaggi: 2948 Da: napoli (NA)
| Inviato: 20-01-2007 11:29 |
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segno di un mondo che ha guadagnato in capacità di esprimersi, di mettere in rete idee e opinioni.
qui
[/quote]
no, io direi il contrario: nanni moretti ha invece descritto proprio una realtà giovanile dove si avverte una enorme incapacità ad esprimersi.
anzi, proprio perchè il '68 è tramontato e per i suoi militanti è stato come ricevere uno schiaffo sulla faccia, lro si sentono completamente svuotati di tutti gli ideali che li animavano.
dunque non sanno più di cosa parlare e anche come farlo.
tant'è vero che alla radio, durante le riunioni di autocoscienza, il loro primo problema è da dove cominciare, con che tipo di argomento riaffacciarsi al mondo.
lo stesso mirko afferma:"qualcuno potrebbe dire perchè è scappato dal proprio paese d'origine. ma se siamo tutti di roma", indice di una monotonia esistenziale molto ripetitiva che li priva della possibilità di fare esperienze di vita, non solo politiche, e dunque della possibilità di avere qualcosa da raccontare agli altri.
e ti potrei citare tante scene simili:
non sanno che nome dare al loro gruppo(date, numeri, urli...)
alla radio parlano di tutto e di niente in realtà(si spazia senza nessun nesso logico dai problemi in famiglia alla socializzazione, allo studio senza mai poi centrare il fulcro dei problemi)
e anche di notte, in attesa dell'alba, ognuno se ne va per i suoi discorsi, senza più una identità e una capacità di esprimersi che li accomuna(michele che critica il cinema tedesco; mirko che espone le sue funeree poesie; cesare che si tira fuori addirittura, sentenziando telegraficamente che lui è uno realizzato; goffredo che aspetta siano sempre gli altri a rompere il ghiaccio; il barbone che parla dei personaggi della storia italiana: da pinocchio a mike bongiorno)
quindi neanche più tra loro stessi sanno comunicare e anche il fatto di scegliere una radio è segno del loro volersi allontanare dalla società, per paura di confrontarsi direttamente con la gente.
persino il giovane che parla sempre del suo amico etiope: lui fa finta, non usa mezzi termini. cioè è come se lui non fosse più una persona. si trascina nella sua vita di ogni giorno quasi come un automa, dissociato dagli altri e che non è più capace di osservare e criticare il suo Paese. O per meglio dire lo fa attraverso le opinioni di questo suo amico etiope.
quindi un film proprio sull'assenza della capacità di comunicazione.
ed è per questo che il film, non a caso, si chiude proprio su una sequenza completamente muta: michele e olga tentano di capirsi. non sanno cosa dire ma hanno il coraggio di iniziare a non scappare più dinanzi alle loro solitudini reciproche. |
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Petrus
 Reg.: 17 Nov 2003 Messaggi: 11216 Da: roma (RM)
| Inviato: 20-01-2007 11:35 |
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