Autore |
Dear Wendy |
Lilluz
Reg.: 21 Ott 2004 Messaggi: 947 Da: Pescara (PE)
| Inviato: 24-09-2005 01:09 |
|
Rapporto con le armi. Ecco il tema che affronta Von Trier in questo film diretto da Vittenberg, autore insieme a lui delle "12 regole".
La monotona vita di Dick si scuote quando compra un'arma giocattolo che alla fine si rivela vera. Insieme alla sua arma, Wendy appunto, egli scopre una passione irrefrenabile, un interesse assolutamente morboso per la pistola. Insieme ad un amico, anch'egli proprietario di un'arma, fonda un gruppo, i "dandie". I dandie sono un gruppo pacifico che hanno però come filo conduttore la passione smodata per le armi, intese non come oggetti per ferire, ma come "compagne" di vita, come oggetto sprigionatore di forza morale.
Quando entra nel loro gruppo un nuovo membro, portato da Dick, il sottile equilibrio creatosi nel gruppo inizia a vacillare. Piccoli episodi con lo sceriffo e con la nonna del nuovo entrato vanno a destabilizzare l'affetto materno che i dandie hanno per le armi portandoli al gesto che si erano ripromessi di non fare mai: usare le proprie "compagne" come mezzo per offendere.
In una scena finale quasi degna di un film western i dandie muoiono in uno scontro senza esclusione di colpi con la polizia.
La sceneggiatura di Von Trier è senza dubbio interessante e a volte piuttosto forzata. Il film, a mio avviso, ha però un grande fascino. Tutto il rapporto che i giovani dandie hanno con le loro armi assume un carattere divinatorio, materno. Il loro spasmodico ed irrefrenabile amore per le armi non assume mai, se non alla fine del film, un ruolo "pericoloso". Il loro "pacifismo con le armi", come dice Dick, è uno stile di vita, che però ha troppi punti deboli visto che essi convivono con pistole. Punti deboli che porteranno inevitabilmente alla morte dei protagonisti.
Film molto interessante
_________________ Lui ha visto la luce !!!!
LUI HA VISTO LA LUCE !!!!!!!!!!!! |
|
oldboy83
Reg.: 06 Gen 2005 Messaggi: 4398 Da: Mogliano (MC)
| Inviato: 13-10-2005 11:48 |
|
Von Trier colpisce ancora, e stavolta lo fa letteralmente: con lo stesso “amore” per le comunità americane isolate e indifese, le stesse morbosità nella localizzazione di precisi spazi d’azione, le stesse scenografie simulacri di alt(r)i significati ci descrive la precisa e funzionale geografia toponomastica di Estherslope, villaggio la cui densità di popolazione è sicuramente inferiore a quella di bandiere americane.
Dear Wendy è un film dalle multiple e complicate letture. È sicuramente presente una forte critica alle meccaniche consumistiche legate alla vendita al pubblico delle armi, incentrata soprattutto sui rapporti domestici che rendono “soprammobile venerabile” e oggetto del desiderio un potenziale strumento di morte: una sorta di totem del “bricolage violento” americano.
Ecco allora che i giovani protagonisti del film diventano adepti della pistola, venerata come un’amante, fondando il culto dei Dandies, in cui la religione della non-violenza viene celata alla polizia (armata istituzionalmente e portatrice di ordine) nel “Tempio” in cui esercitano il loro culto. Assistiamo anche alla loro crescita psicologica e fisica, che li trasforma da “nerds” a eruditi e colti teorici dell’arma da fuoco.
Elemento disturbante della setta, l’ingresso di Sebastian, un “diverso” (ragazzo di colore unico nel gruppo ad aver sparato contro qualcuno, e che, dopo aver scontato la pena impostagli dalla giustizia, viene affidato a Dick per essere reintegrato nella comunità) che spezzerà il rapporto d’amore e di rispetto tra Dick e la sua pistola, ribattezzata Wendy, mettendo in discussione la leadership del gruppo.
Ed è proprio a questo punto che il “teatrino” della violenza (come ricorda il piccolo sipario in cui il Dick deposita Wendy) si scatena: le regole vengono infrante, la pace armata si perde in una spettacolare guerra/sparatoria conseguenza di un futile e nichilista intento, in cui i ragazzi verranno “purificati” dalle pallottole dell’istituzione armata fino ai denti e schierata come un plotone di esecuzione; purificati da un atteggiamento assolutamente razionale rivolto alla violenza, ragionata e studiata nei minimi dettagli, nei fori d’entrata e d’uscita, nei castighi corporali, nelle teste distrutte.
Il regista danese Thomas Vinteberg sbeffeggia il genere musical-televisivo con dei sarcastici e straniante inserti kitch (la presentazione dei ragazzi e delle loro pistole, le traiettorie di tiro delle pistole di Susan) e si affida ad una messa in scena semplice e lineare, contrapponendola ad una sofisticata e interessante sceneggiatura che, oltre ad attaccare gli Usa e la sua politica guerrafondaia, potrebbe sembrare esser tratta da “Il Signore delle Mosche” di William Golding, in cui la conchiglia del potere diventa la pistola Wendy, che provocherà la fine dei Dandies e il ristabilimento della “pace”.
_________________ Una sola cosa è certa: da questa vita non ne usciremo vivi. |
|
|