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FilmUP Forum Index > Cinema > Tutto Cinema > The Orphanage di J. A. Bayona   
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Autore The Orphanage di J. A. Bayona
AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 24-11-2008 13:53  
quote:
In data 2008-11-21 17:17, oronzocana scrive:
quote:
In data 2008-11-19 21:01, Deeproad scrive:
Al di là del suo eventuale legame con la fiaba, non riesco a considerarlo un horror perché l'elemento soprannaturale a ben vedere rappresenta una sorta di "rinforzo" alla drammaticità dell'opera. E' un film drammatico e poetico (a prescindere dal fatto che la poesia in questione possa piacere o meno), ma secondo me non horror.




bravo, infatti sta proprio qui la mancanza totale di confronto con the others, che è principalmente un film ottimamente ancorato ad una sceneggiatura piuttosto semplice, ma di grande suspense.
Questo invece è un film di grande carica emotiva.




Due film si possono confrontare e scoprire che contengono delle somiglianze, anche se non sono esattamente uguali.., infatti in entrambi i film c'è suspense, onirismo, momenti di emotività e di mistero, entrambi i finali sono "patetici", di sicuro Bayona non voleva ricopiare Amenabar per filo e per segno, come a sua volta Amenabar non ricopiò "(gli) atri" ... registi.
E' possibile far risalire molti elementi testuali e figurativi di The Orphanage da film precedenti, non esattamente di genere, tuttavia incentrati sul mondo fantastico (inteso in senso lato, orrido e non), del bambini a confronto con il mondo "corrotto" degli adulti. Perfino a Shining.., vedi un po'!
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

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Richmondo

Reg.: 04 Feb 2008
Messaggi: 2533
Da: Genova (GE)
Inviato: 24-11-2008 13:57  
Però...eheh, è vero. Lo diceva anche Ghezzi, del resto, che oggi si è tutti così tendenti alla (s)ragione del movimento: camere a mano, mosse improvvise, panoramiche a schiaffo (e che schiaffo, allo spettatore) in filmacci come Saw o quell'altra merdatina che era I segni del male . Pellicole in cui, per sopperire alla carenza di stile, si tende a fare del cinema un macchinario di emozioni (e fin qui va bene)....ma sempre forzate. E, soprattutto, la sintesi ultima del dinamismo, perché così qualcuno dice che dovrebbe essere. Questo ossessivo traballare, questa ricerca disperata del movimento....ma è tutto così necessario per far capire che è cinema? Voglio dire....serve tutta questa paranoica ricerca del "mosso", dell'antitesi dell'immobilità, quasi fosse un concetto ontologico, da assumere come dogma fondante l'essenza stessa del cinema? Mi è venuto in mente Ghezzi proprio riguardo all' "Atalante", il film di Vigo. Diceva che non vi era nulla di straordoinario, di rivoluzionario in quello che si potrebbe definire il linguaggio del cinema. Ma....una situazione di pesante costrizione, di immobilità...su uno sfondo sfalsato, spesso in movimento (nel qual caso: il fiume o il canale). Enrico Ghezzi dice che l'Atalante è un po' un "ritorno al bordo del movimento", nel cinema. L'origine, il calderone di immagini ferme che esplodono e si ribellano ad ogni tipo di blocco ed imposizione. Ma lo fanno per loro stessa natura. Non per manovre o trucchetti forzati.

Detto ciò, mi limito a constatare un dato di fatto, che è questa caratteristica del dinamismo eccessivo presente in molto cinema di oggi. Non voglio affatto tacciare questa scelta tecnica come povera stilisticamente o esteticamente, né creare ad hoc una categoria di cifre linguistiche cinematografiche da "bollare" come "negative". Ci sono molti casi in cui il traballio, la camera a mano...hanno un loro perché profondo.
Ho solo ravvisato che alcune volte, a mio modo di vedere, rientrano in scelte quasi obbligate, per sopperire alla mancanza di stile, stiracchiare il video, il filmato....fino a portarlo a definirlo "cinema", quando fra le due cose,a dire il vero, passa molto di più che il semplice "movimento" di ciò che si vede.

Tutto questo, scusate, divagando e di molto: dal momento che non mi era balzato all'occhio quest'aspetto nel film di Bayona. Il quale, anzi, mi ha colpito proprio per quel rigore formale che ha detto Peppe. Insomma, contro i difetti che gli avevo trovato, comunque accorrevano ipregi di una messa in scena che...a mio modo di vedere è, se non impeccabile, comunque molto buona.
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E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti.

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 24-11-2008 16:15  
Hai scritto cose molto interessanti, non mi dilungo per ora, Rich, ho poco tempo, a mia volta cito Oliver Assayas

"Non c’è separazione, tra cinema narrativo [nel senso di classico - ndr] e cinema sperimentale esiste al contrario un profondo legame. Ogni film narrativo ha un centro poetico sperimentale."

che ha detto queste cose durante l'interessantissimo incontro con il pubblico avvenuto durante l'ultimo festival di Roma su cui riferii qui, uno dei rari incontri in cui si è parlato di cinema e non di gossip, anche grazie a Mario Sesti curatore della sezione più interessante del festiva, "l'Altro cinema".


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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 24-11-2008 16:26  
bravi... adesso non ho tempo di scrivere, 'sto cavolo di esame avvocatesco mi succhia tempo e sangue!
a dopo
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Partecipare ad un'asta, se si ha il Parkinson, può essere una questione molto costosa.
Michael J. Fox
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revangier

Reg.: 05 Feb 2008
Messaggi: 2484
Da: NAPOLI (NA)
Inviato: 24-11-2008 17:02  
quote:
In data 2008-11-22 09:49, kagemusha scrive:
quote:
In data 2008-11-19 23:43, revangier scrive:
Sì, però, quando descrivete le scene del film anteponete la parola spoiler.
... L'apparizione del bambino fantasma che chiude la tizia nel bagno... e grazie!



che poi è pure errato come spoiler




Il film l' ho visto e non è errato.
Quando è apparso il bimbo col sacchetto, già sapevo che l'avrebbe chiusa in bagno.

Cmq, io mi sono lamentata perché gli spoiler li leggo con piacere, anzi li cerco proprio a volte e non voglio 'sorprese' senza saperlo.

Infine, come commento, visto che mi trovo, volevo dire che sono d'accordo con Deep.
Molto poetico il film anche se ricorda altre pellicole come Silent Hill, Fragile, etc.
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Same rules don't apply to everyone!

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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 24-11-2008 19:29  
quote:
In data 2008-11-24 13:35, AlZayd scrive:
quote:
In data 2008-11-21 16:58, oronzocana scrive:
quote:
In data 2008-11-15 17:29, AlZayd scrive:

Il rigore formale delle inquadrature, la disinvolta plasticità della macchina da presa




'nzomma, non sono molto d'accordo.

Premesso che mi ha emozionato, soprattutto nella parte conclusiva, devo dissentire da questa tua affermazione. Ricordo diverse inquadratura con una macchina a mano che stona non poco con quel gusto rétro e classicheggiante che giustamente hai sottolineato; la sequenza (che poi, se non erro, è un'inquadratura sola) paradigmatica è quella in cui la protagonista, rimasta sola in casa, ripercorre il vecchio giochino del "uno, due tre - stella": la macchina da presa, inquadrando di profilo la suddetta protagonista, oscilla sul proprio asse compiendo un sinistra/destra tremolante e scialbo. La tensione infatti va a farsi benedire e la scelta di preferire questa soluzione non canonica, al posto del classico campo - controcampo, e non isolata, non coincide con quanto detto da te in apertura.

... continuo a leggere.




Con "disinvolta plasticità della macchina da presa" (nota la virgola dopo il "rigole formale delle inquadrature"), intendevo per l'appunto dire che, pur a fronte di un girato sostanziamente classico, rigoroso (non ho usato il termine "retrò", ma ci può stare) il regista si prende "disinvoltamente" le licenze da te rilevate. Il rigore formale (rigore inteso come buon controllo delle forme, dei contenuti e dello stile, non nel senso di rigidità e/o imbalsamazione) non esclude di per se la possibilità di girare in modo disinvoltamente plastico. In ogni caso, personalmente non trovo stonate queste "dissonanze". Non vale solo per i film (e si danno diversi casi filmici di "stile misto"), ci sono ad esempio musiche, composizioni, d'impianto tonale,
"tradizionale", che tuttavia contengono alcune dissonanze a sopresa che rendono il piatto più saporito. Non ho trovato scialbe dette riprese, si può restare formalmente rigorosi anche rinunciando al campo-controcampo sfruttando le possibilità stilistico/linguistiche della macchina a mano. Ma rivedrò presto il film, il lingua originale, e ti saprò dire con maggior dovizia di particolari. Forse avrei dovuto precisare ancor meglio, ma non si può dire tutto pedissequamente in una recensione già lunghina (non è un saggio, un approfondimento, e a questo servono i forum, a discutere sui contenuti, a confrontarci civilmente sulle idee, opinioni, sensazioni, ad ampliare le prospettive, non a chiuderci ad imitazione del grande fardello o delle isole dei fumosi... ) anche per non essere rimproverati di prolissità o di mancanza di sintesi... Ops! chiusa parentisiella simil-plemica...



per carità, ben vengano queste simil-polemiche.

La mia era una puntualizzazione, meglio, una specificazione di quanto detto, visto che uno stile classico è comunque ravvisabile.
Premesso questo, il discorso che viene fatto sul movimento (s)regolato non ha un grande senso, a mio avviso.
Che significa usare un dinamismo esasperato? Non si usa uno strumento esasperandone l'essenza così, in modo assoluto. Un movimento stesso della mdp può essere più o meno pertinente in un determinato contesto; per converso, una staticità sterile può condurre alle stesso conseguenze di cui sopra.
L'anima di un film si costruisce grazie a tanti fattori che, moderni o conservatori, diventano utili e interpretabili nella loro complessità e reciproca dipendenza.
Dire che si abusa di panoramiche a schiaffo o di zoom è come dire che si fa eccessivo ricorso al primo piano, o al campo totale, così come al principio della triangolazione o al montaggio in macchina. Tutta questa serie di elementi, che appartengono più o meno convenzionalmente alla grammatica del cinema, come la punteggiatura di uno scritto, diventano sterili, trascurabili, inanimati nella loro autonomia.
E' un po' lo stesso discorso che si è fatto a riguardo del montaggio videoclippato, più volte criticato (da chi non lo ricordo) indipendentemente dal suo uso.
Uno spunto me lo offrono alcune recenti visioni di fantascienza anni 50/60: la critica che verrebbe da farsi è quella di stigmatizzare l'uso di riprese in interni (un mezzo/strumento; come quelli precedentemente detti), visto che visivamente anche ad un occhio non attentissimo risultano palesi, che, sia per comodità che per economicità, erano una prassi consolidata e, perché no, inflazionata. Alla stessa stregua potrebbe obiettarsi l'uso della sovrapposizione delle pellicole, o l'apposizione di filtri agli obiettivi delle mdp, come avviene ad esempio in Tarantola (per far sembrare gigante l'aracnide) o ne L'uomo dagli occhi a raggi x (per la vista eccezionale).
Il discorso di Ghezzi, citato da Rich, sembra quindi sottendere la nascita di una teoria generale della regia che, secondo la mia modesta opinione, non esiste. No si abusa di uno strumento in un periodo storico/artistico, ma si eccede nel suo uso in un unico contesto, che quello esclusivamente filmico di ogni singola pellicola che si ha il piacere di sviscerare (se possibile).
Il cinema è un macchinario di emozioni forzate, per il semplice fatto che sono indotte ad arte.
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kagemusha

Reg.: 17 Nov 2005
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Da: roma (RM)
Inviato: 24-11-2008 21:35  
quote:
In data 2008-11-24 17:02, revangier scrive:
quote:
In data 2008-11-22 09:49, kagemusha scrive:
quote:
In data 2008-11-19 23:43, revangier scrive:
Sì, però, quando descrivete le scene del film anteponete la parola spoiler.
... L'apparizione del bambino fantasma che chiude la tizia nel bagno... e grazie!



che poi è pure errato come spoiler




Il film l' ho visto e non è errato.
Quando è apparso il bimbo col sacchetto, già sapevo che l'avrebbe chiusa in bagno.




SPOLIERONE

è errato nel senso che il bambino non è un fantasma, ma Simon

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kagemusha

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Da: roma (RM)
Inviato: 24-11-2008 21:41  
molto giusto il post di oronzocana
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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
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Da: roma (RM)
Inviato: 25-11-2008 14:48  
quote:
In data 2008-11-24 19:29, oronzocana scrive:
quote:
In data 2008-11-24 13:35, AlZayd scrive:
quote:
In data 2008-11-21 16:58, oronzocana scrive:
quote:
In data 2008-11-15 17:29, AlZayd scrive:

Il rigore formale delle inquadrature, la disinvolta plasticità della macchina da presa




'nzomma, non sono molto d'accordo.

Premesso che mi ha emozionato, soprattutto nella parte conclusiva, devo dissentire da questa tua affermazione. Ricordo diverse inquadratura con una macchina a mano che stona non poco con quel gusto rétro e classicheggiante che giustamente hai sottolineato; la sequenza (che poi, se non erro, è un'inquadratura sola) paradigmatica è quella in cui la protagonista, rimasta sola in casa, ripercorre il vecchio giochino del "uno, due tre - stella": la macchina da presa, inquadrando di profilo la suddetta protagonista, oscilla sul proprio asse compiendo un sinistra/destra tremolante e scialbo. La tensione infatti va a farsi benedire e la scelta di preferire questa soluzione non canonica, al posto del classico campo - controcampo, e non isolata, non coincide con quanto detto da te in apertura.

... continuo a leggere.




Con "disinvolta plasticità della macchina da presa" (nota la virgola dopo il "rigole formale delle inquadrature"), intendevo per l'appunto dire che, pur a fronte di un girato sostanziamente classico, rigoroso (non ho usato il termine "retrò", ma ci può stare) il regista si prende "disinvoltamente" le licenze da te rilevate. Il rigore formale (rigore inteso come buon controllo delle forme, dei contenuti e dello stile, non nel senso di rigidità e/o imbalsamazione) non esclude di per se la possibilità di girare in modo disinvoltamente plastico. In ogni caso, personalmente non trovo stonate queste "dissonanze". Non vale solo per i film (e si danno diversi casi filmici di "stile misto"), ci sono ad esempio musiche, composizioni, d'impianto tonale,
"tradizionale", che tuttavia contengono alcune dissonanze a sopresa che rendono il piatto più saporito. Non ho trovato scialbe dette riprese, si può restare formalmente rigorosi anche rinunciando al campo-controcampo sfruttando le possibilità stilistico/linguistiche della macchina a mano. Ma rivedrò presto il film, il lingua originale, e ti saprò dire con maggior dovizia di particolari. Forse avrei dovuto precisare ancor meglio, ma non si può dire tutto pedissequamente in una recensione già lunghina (non è un saggio, un approfondimento, e a questo servono i forum, a discutere sui contenuti, a confrontarci civilmente sulle idee, opinioni, sensazioni, ad ampliare le prospettive, non a chiuderci ad imitazione del grande fardello o delle isole dei fumosi... ) anche per non essere rimproverati di prolissità o di mancanza di sintesi... Ops! chiusa parentisiella simil-plemica...



per carità, ben vengano queste simil-polemiche.

La mia era una puntualizzazione, meglio, una specificazione di quanto detto, visto che uno stile classico è comunque ravvisabile.
Premesso questo, il discorso che viene fatto sul movimento (s)regolato non ha un grande senso, a mio avviso.

Che significa usare un dinamismo esasperato? Non si usa uno strumento esasperandone l'essenza così, in modo assoluto. Un movimento stesso della mdp può essere più o meno pertinente in un determinato contesto; per converso, una staticità sterile può condurre alle stesso conseguenze di cui sopra.
L'anima di un film si costruisce grazie a tanti fattori che, moderni o conservatori, diventano utili e interpretabili nella loro complessità e reciproca dipendenza.
Dire che si abusa di panoramiche a schiaffo o di zoom è come dire che si fa eccessivo ricorso al primo piano, o al campo totale, così come al principio della triangolazione o al montaggio in macchina. Tutta questa serie di elementi, che appartengono più o meno convenzionalmente alla grammatica del cinema, come la punteggiatura di uno scritto, diventano sterili, trascurabili, inanimati nella loro autonomia.
E' un po' lo stesso discorso che si è fatto a riguardo del montaggio videoclippato, più volte criticato (da chi non lo ricordo) indipendentemente dal suo uso.
Uno spunto me lo offrono alcune recenti visioni di fantascienza anni 50/60: la critica che verrebbe da farsi è quella di stigmatizzare l'uso di riprese in interni (un mezzo/strumento; come quelli precedentemente detti), visto che visivamente anche ad un occhio non attentissimo risultano palesi, che, sia per comodità che per economicità, erano una prassi consolidata e, perché no, inflazionata. Alla stessa stregua potrebbe obiettarsi l'uso della sovrapposizione delle pellicole, o l'apposizione di filtri agli obiettivi delle mdp, come avviene ad esempio in Tarantola (per far sembrare gigante l'aracnide) o ne L'uomo dagli occhi a raggi x (per la vista eccezionale).
Il discorso di Ghezzi, citato da Rich, sembra quindi sottendere la nascita di una teoria generale della regia che, secondo la mia modesta opinione, non esiste. No si abusa di uno strumento in un periodo storico/artistico, ma si eccede nel suo uso in un unico contesto, che quello esclusivamente filmico di ogni singola pellicola che si ha il piacere di sviscerare (se possibile).
Il cinema è un macchinario di emozioni forzate, per il semplice fatto che sono indotte ad arte.




Che questo film sia girato in modo classico, con alcune "deregolazioni" delle forme canoniche (prassi a cui si faceva normalmente ricorso anche nel periodo classico stesso, perfino nel "preistorico", anzi, in quel periodo di febbrili curiosità, sperimentazioni e inedite scoperte era un continuo superare l’ordine delle cose che si andava via via costituendo), è uno dei primi aspetti che ho evidenziato, e poi ribadito, e mi sembra si sia d'accordo in linea di principio su questa possibilità di trasgressione delle tecniche costituite, dove potremmo non concordare sulla bontà delle scelte tecniche operate da Bayona che tu trovi sregolate, in senso negativo, mentre io ravviso, in positivo, una disinvolta plasticità della macchina da presa. Non ho mai parlato però di "dinamismo esasperato", che potrebbe voler dire tutto e niente.

Una volta, spero, d’accordo su questo, e a prescindere da ciò che dice il Ghezzi, che una ne dice e cento ne pensa.., molto spesso azzeccandoci, non esistono, mai esistite tecniche, stili o estetiche precostituite/definite, se non delle linee guida generali delle forme (che a seconda delle epoche, nelle varie fasi evolutive del cinema, tendono a consolidarsi e in seguito a modificarsi, avanzando, arretrando, intersecandosi tra loro senza soluzione di continuità) all'interno delle quali è possibile compiere ogni sorta di variante, superamento, vere e proprie rivoluzioni formali, pur rimanendo ancorati alla radice (fino ad ora non mi è sembrato si scorgere nessun creatore dell'assoluto increato..., ne parlavo sopra, a proposito del film di Bayona, del suo essere fortemente cinefilo, di certe inattese dissonanze in una partitura musicale dal taglio consonante che, lungi dall'essere elementi estranei e stridenti, rendono il brano più vario e intrigante: niente di meglio delle “ambiguità” in arte quando servono a superare le più rassicuranti, ma anche spesso mediocremente inermi, stasi creativistiche). Questa non è una teoria, un’ipotesi ma una verità rivelata dalla storia del cinema (e di tutte le arti), basta sfogliare le pagine del suo immenso libro per rendersene conto.
Si tratterebbe semmai di stabilire quando, in che modo, si realizza la perfetta armonia di forme tra consonanze e dissonanze. Inoltre… qualsiasi tecnica, anche la più rozza, secondo il comune senso dell’estetica, se nel trattamento autor(evole)iale raggiunge l'effetto linguistico/espressivo e poetico desiderato, è la dimostrazione di come sia possibile sovvertire l’ordine grammaticale costituito e rilasciare permessi di soggiorno per le grammatiche "clandestine". Per fare un esempio concreto, riprendo da te, lo zoom a schiaffo usato da Kubrick in EWS (che poi non è a schiaffo, il movimento è piuttosto morbido, ma in genere lo zoom viene visto male, e non a torto in assoluto), da alcuni criticato, in quel contesto ha un suo preciso significato estetico/emozionale, si raccorda perfettamente con le altre inquadrature e sequenze che concorrono a formare il rigoroso, unitario e plastico quadro visivo, mentre gli zoom a schiaffo, e anche i fuoco/fuorifuoco repentini tra soggetto, o oggetto, in primo e secondo piano, in un film sgangherato come The Mist (ne abbiamo parlato nel topic del film) fanno cagare, già che si avverte l'imperizia, l'effettaccio fine a se stesso e per giunta reiterato. La grammatica del cinema è come la grammatica della letteratura, della pittura, della musica, di ogni altra arte (e anche della vita..; un "modo di dire/fare/suonare/dipingere/danzare/filmare/…amare..." inelegante, rozzo, proibito, errato, sgrammaticato, arrogante.., da paccottiglia (sulla carta) può trasformarsi in ottima estetica, in momento di poesia. L’arte non si nutre di convenzioni, non conosce le regole ferree e inamovibili, moduli prefabbricati. Basti pensare ai risultati raggiunti con queste forme sintattiche “sporche”, “sgrammaticate”, proibite, ecc, dalle varie cinematografie indipendenti americane e non solo americane, dalla nouvelle vague, da altre correnti o scuole della creatività sperimentali, dai registi “solitari” come Bunuel, Kubrick, Cronenberg, Lynch, Russel, che riscrivono le regole lessicali e semantiche “aggredendole” dall’interno delle strutture convenzionali, rivalutando e donando fascino e significato inedito alle stesse.
Tutti gli strumenti tecnici che citi ( tra cui le sovrapposizione di pellicole, lenti o filtri correttivi, effetti speciali di vario tipo, ecc) vanno più che bene, purchè siano il mezzo dell'estetica, dello stile, del linguaggio, della poesia, e non il fine, l’essere fini a se stessi.. Un accorgimento semplice e povero (ma non dimentichiamo che correvano i primi anni ’60, che si tratta di un film a bassissimo costo) come i filtri usati da Corman in L'uomo dagli occhi a raggi x, con la loro immediata, quasi surreale, onirica ingenuità e rozzezza, potrebbero essere (e a mio avviso lo sono), molto più espressivi e significanti, rivoluzionari sul piano tecnico/linguistico degli artifici tecnico-naturalistici, così prosaicamente vicini al reale da sembrare finti e inanimati, di tanto cinema moderno spettacolar-spielberghiano e via dicendo… Dunque tutto è relativo, non c’è una teoria generale della regia, non c’è una tecnica migliore di un’altra, c’è solo del buon cinema e del cattivo cinema. Anche perché al pubblico delle tecniche frega meno di niente.
Ma questi sono discorsi che ricorrono spesso, anche ultimamente ne abbiamo parlato qui, partendo da un punto di vista diverso che però converge sull’annoso problema dell’interpretazione dell’opera cinematografica, dell’arte tutta. Al riguardo, sempre in quel topic, ho postato alcune considerazioni che potrebbero tornare utili anche ai fini di questa discussione.
Non si se hai visto il Pianeta proibito di Wilcox, del 1953, un film di “genere” fantascientifico, libera rilettura de La Tempesta di Scespir, bellissimo, modernissimo, con effetti speciali ancora sorprendenti, tra i primi film a caratterizzare un robot “intelligente” al servizio dell’uomo (quante volte ripreso, dalle Guerre stellari, perfino da Kubrick…), con riflessioni filosofiche e psicanalitiche, che “nobilita”, riafferma ed insieme trascende e rivoluziona (relativamente ai tempi), date le “convenzioni” del genere.., il genere stesso, non solo per quanto riguarda il testo ma soprattutto per gli inediti ed efficaci accorgimenti tecnico/linguistici che rendono credibile il testo.
E al cinema il testo e l'"emozione" funzionano, e durano, a condizione che funzioni l'immagine.


[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 25-11-2008 alle 15:14 ]

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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
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Da: camerino (MC)
Inviato: 25-11-2008 16:59  
quote:
In data 2008-11-25 14:48, AlZayd scrive:


... così prosaicamente vicini al reale da sembrare finti e inanimati, di tanto cinema moderno spettacolar-spielberghiano e via dicendo… Dunque tutto è relativo, non c’è una teoria generale della regia, non c’è una tecnica migliore di un’altra, c’è solo del buon cinema e del cattivo cinema.

Anche perché al pubblico delle tecniche frega meno di niente.




sono d'accordo su quanto scritto. Ho voluto quotarti in questo passo per sollevare una ulteriore riflessione.
Il problema del costruire un effetto molto simile al veritiero, quasi da confondersi con esso, è centrale: credo che allo spettatore interessi molto la tecnica usata, ma inconsciamente.
La maggioranza del pubblico non sa riconoscere un particolare mezzo/strumento di messinscena, ma istintivamente percepisce ed apprezza la finzione dichiarata e mal si rapporta ad una evoluzione tecnologica che tende a far confluire, in un'unica soluzione, finzione e realtà.
Penso al cinema prima della "rivoluzione" nuovelle vague, un cinema quasi esclusivamente girato in studio, visibilmente artificioso, ma assolutamente affascinante nella suo perfezione stilistica, nella sua compostezza quasi austera. In questo caso lo spettatore vede la finzione di un inseguimento in auto, di una chiacchierata nel retro di un taxi, con il fondale che ciclicamente si ripete, o la patinatura di alcune scenografie... ecc.
Allora con la perdita di questa confessione, di questa aperta dichiarazione, il regista perde la sua arma illusoria principe, come un incantatore di serpenti senza flauto... certo, il cinema ne guadagna in realismo, ma è poi sempre un bene questo progresso?

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
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Da: roma (RM)
Inviato: 26-11-2008 02:12  
quote:
In data 2008-11-25 16:59, oronzocana scrive:
quote:
In data 2008-11-25 14:48, AlZayd scrive:


... così prosaicamente vicini al reale da sembrare finti e inanimati, di tanto cinema moderno spettacolar-spielberghiano e via dicendo… Dunque tutto è relativo, non c’è una teoria generale della regia, non c’è una tecnica migliore di un’altra, c’è solo del buon cinema e del cattivo cinema.

Anche perché al pubblico delle tecniche frega meno di niente.




sono d'accordo su quanto scritto. Ho voluto quotarti in questo passo per sollevare una ulteriore riflessione.
Il problema del costruire un effetto molto simile al veritiero, quasi da confondersi con esso, è centrale: credo che allo spettatore interessi molto la tecnica usata, ma inconsciamente.
La maggioranza del pubblico non sa riconoscere un particolare mezzo/strumento di messinscena, ma istintivamente percepisce ed apprezza la finzione dichiarata e mal si rapporta ad una evoluzione tecnologica che tende a far confluire, in un'unica soluzione, finzione e realtà.
Penso al cinema prima della "rivoluzione" nuovelle vague, un cinema quasi esclusivamente girato in studio, visibilmente artificioso, ma assolutamente affascinante nella suo perfezione stilistica, nella sua compostezza quasi austera. In questo caso lo spettatore vede la finzione di un inseguimento in auto, di una chiacchierata nel retro di un taxi, con il fondale che ciclicamente si ripete, o la patinatura di alcune scenografie... ecc.
Allora con la perdita di questa confessione, di questa aperta dichiarazione, il regista perde la sua arma illusoria principe, come un incantatore di serpenti senza flauto... certo, il cinema ne guadagna in realismo, ma è poi sempre un bene questo progresso?




D'accordissimo. Difficile stabilire cosa sia bene e cosa sia male, sicuramente l'arte non risponde ad una logica di progresso inteso come mera progressione temporale, dunque di moda, di opportunità da cogliere.., anche perchè cambiano le tecnicnologie, diventano sempre più complesse, per restare in fondo sempre le stesse. L'arte si accontenta di poco e di tanto.., e la più avanzata e sofisticata delle soluzioni tecnologiche (che non per questo è quel "tanto"...)resta sempre al servizio dell'arte, ed è un male quando la tecnologia riduce l'arte al rango di cavallo di troia per sbarcare se stessa... Credo che allo spettatore interessi (o meglio viene colpito più o meno inconsciamente) dal linguaggio e non dalle tecniche che rappresentano la materia (di per se inerme) dell'espressione.

Il realismo, il naturalismo, il tecnicismo perfetto e anche esasperato, è a mio avviso l'esatto contrario dell'astrazione/trasfigurazione artistica che per sua natura è "artificiale", artiginato, fucina mediovale, rinascimentale - bottega del fabbro, materie vive, ferro incandescente e martello battente sull'incudine per creare una meraviglia di suoni e di scintille - e anche settecentesca: importante il barocco, arte del(in) "movimento", evocatica per eccellenza (non a caso K. riconduce l'"argonauta" morente, pronto a rinascere.., nella stanza rococò), architettura e musica soprattutto, per capire meglio l'artefizio cinematografico. Il progresso è uno stato mentale, psichico, filosofico.

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Richmondo

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Inviato: 26-11-2008 12:13  
Bellissimi i vostri post. Dico davvero.
Comunque....il discorso di Ghezzi era una frase al volo, catturata da chi la vuole intendere, altrimenti immersa in un contesto che con ciò ha abbastanza poco a che fare.
Una frecciata alla carenza stilistica di certo cinema di oggi, i cui ricami intorno, comunque, ho fatto io, interpretandola a mio modo di vedere, condividendone le linee di pensiero e di fondo.

Non ho poi visto The Mist, ma ho assistito negli anni a diverse disintegrazioni del canovaccio che lega il cinema allo scopo di parlare attraverso il vedere. Vertov interpretava la macchina da presa quasi come un essere autopensante, un qualcosa di slegato dall'uomo. L'eccessivo sentirsi così padroni del linguaggio, il volerlo rendere così proprio e propriamente pregno di un'identità artefatta ed inventata. Questo mi infastidisce. D'accordo anch'io, quindi, che la sperimentalità faccia fronte ad un classicismo che, in fondo - come tutto ciò che è un linguaggio antico più dell'uomo (che è quello del "vedere", connesso al "mostrare") - è solamente una convenzioe terminologica che noi attribuiamo al cinema. Che è troppo più grande per poter rientrare in tutto ciò.
Le differenze ci sono state, c'erano, ci sono e ci saranno sempe, ok.
Ma penso che alla fine, il discorso che ha linkato Peppe, o quanto meno il nodo cnetrale da cui tutto si dipana, cioè la frase che cito a memoria (labile) "all'interno di ogni cinema classico c'è un nucleo di sperimentalità" (o qualcosa del genere) sia quello centrale.

Non è quindi il caso di dividere fra buoni e cattivi, né di pensare o di inventarsi che il cinema possa essere qualcosa di troppo idealizzato. Ma è anche vero che, essendo linguaggio, è un po' (tanto) vero ciò che diceva Vertov, pertanto cambiarlo per il solo gusto di farlo (e non per adeguarsi ad un progressivo modificarsi che sia riconducibile ad un atteggiamento del tutto inconsapevole e del tutto proprio in realtà dell'uomo: quando cambierà impercettibilmente il vedere, il tastare....allora cambierà il cinema. Sta accadendo con il tridimensionale, per esempio), mi pare una forzatura bella e buona.

Questo intendevo dire io, citando Ghezzi.
Questo accade in Saw , così come (mi baso sulla fiducia, dato che non l'ho visto) anche in "The Mist", probabilmnte, secondo quello che dite.

Ciò, invece, non accadeva in EWS di Kubrick, per il discorso fatto da Alzayd.
Come non accadeva in Visconti, dove lo zoom - che all'aparenza poteva sembrare sempice esercizio di stile per "scappare" dal realismo che da sempre era stato compagno di viaggio del suo cinema - continuava ad essere collegato all'ossessione prima ed ultima del cinema, che è poi ciò che comporta miriadi di altre implicazioni, dal suono, all'immagine stessa, dalla relatività al movimento: il tempo.
Negli altri flm che abbiamo citato, invece, si tratta di scorrazzare e di "sperimentare", o forse di giocare...con qualcosa che potrà essere anche una farsa, uno spettacolo pirotecnico ed illusorio (tanta luce destinata a dissolversi, o molto rumore per nulla), ma che appartiene talmente tanto alla nostra sensazione, o meglio percezione che abbiamo del mondo attraverso i sensi (e l'immaginazione), che non si può prendere assolutamente sottogamba. Così i movimenti, forsennati e scriteriati che informano parecchio cinema di oggi, o parecchio linguaggio ed estetica di esso, rimangono fini a se stessi. Non trovano più alcun ancoraggio alla realtà, al tempo, ma tendono ad atrofizzare e smorzare, quindi inibire, ogni collegamento diretto che esiste fra la percezione del tempo (e del presente), la memoria del passato e l'immaginazione dell'immediato futuro.

Finché, invece, qualunque scelta tecnica, estetica e stilistica...sarà rivolta a combattere contro (ma anche insiemse a) lo spettro del tempo, nel cinema, nulla sarà mai fine a se stesso.



Probabilmente ho perso di vista l'argomento centrale.
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Inviato: 26-11-2008 13:40  
quote:
In data 2008-11-24 21:41, kagemusha scrive:
molto giusto il post di oronzocana



concordo anche io.
Tranne che per il fatto che affermare che il cinema abbia una grammatica e quindi un linguaggio è sbagliato.

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Tristam
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Da: genova (GE)
Inviato: 26-11-2008 13:57  
Ho letto tutto eh. Ma non capisco come un movimento forsennato e fine a se stesso possa dare fastidio. Cioè personalmente si. Come mi può dare fastidio che Totti faccia gol col pallonetto. Ma tanto alla fine fa gol. E stop.
così allo stesso modo non credo che ci sia differenza se uno fa un film con il cellulare e l'altro con la cinepresa da 70 mm.
L'idea sta nell'immagine, mica nella sua realizzazione "qualitativa". Se ti faccio un primo piano fisso o a spalla, quasi sicuramente il motivo della presenza di quel primo piano, lì, in quel momento preciso del film, è lo stesso.
Perchè poi la cosa bella del cinema, dell'assenza completa della grammatica e quindi del linguaggio, è che ad ogni significato corrispondono più segni, così tanti che alla fine la gente parla solo di questi.
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Richmondo

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Inviato: 26-11-2008 15:24  
quote:
In data 2008-11-26 13:57, Tristam scrive:
Ho letto tutto eh. Ma non capisco come un movimento forsennato e fine a se stesso possa dare fastidio. Cioè personalmente si. Come mi può dare fastidio che Totti faccia gol col pallonetto. Ma tanto alla fine fa gol. E stop.
così allo stesso modo non credo che ci sia differenza se uno fa un film con il cellulare e l'altro con la cinepresa da 70 mm.
L'idea sta nell'immagine, mica nella sua realizzazione "qualitativa". Se ti faccio un primo piano fisso o a spalla, quasi sicuramente il motivo della presenza di quel primo piano, lì, in quel momento preciso del film, è lo stesso.
Perchè poi la cosa bella del cinema, dell'assenza completa della grammatica e quindi del linguaggio, è che ad ogni significato corrispondono più segni, così tanti che alla fine la gente parla solo di questi.




Sì, ma l'"immagine risultato" può star bene, essere perfettamente incastonata in un contesto, sia esso anche lontano dal'idea "classica" del racconto cinematorgafico, e quindi molto sperimentale; tanto da assumere un significato proprio, incontrovertibile, eppure altrettanto interpretabile grazie al segno stesso (o ai segni stessi) attraverso cui si manifesta.
Mentre un'immagine piazzata lì, per forza, che non tenda ad essere funzionale ai suoi contenuti, ma che esaurisca gli stessi....(passatemi il gioco di parole) in se stessa, voglio dire...in quanto tale, uccide il senso del cinema. Mi spiego meglio: un'immagine implica interpretazioni e tuttte le seghe mentali che ci stiamo facendo. Sia essa un mezzo, sia essa al contrario anche un traguardo, u risultato finale. ma se quel risultato è solo di essere un'immagine, parlarne in quanto tale limita e di molto le potenzialità di un mezzo espressivo quale è il cinema.

Non per nulla...tu mi insegni che il cinema non è un che coa, di finito e delimitato all'interno di un segno che spiega se stesso, sul quale discutere a livello solamente sueprficiale. No, il cinema è un come. La stessa inquadratura, il medsimo movimento di macchina, in un contesto differente e per mano di un regista diverso...assume anche un diverso significato.
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