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SENTIERI SELVAGGI di John Ford |
sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 31-07-2007 15:40 |
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se vogliamo usare l'italiano a cazzo di cane allora dico che Ford cucinava delle pessime melanzane alla parmigiana, con cui voglio "chiaramente" dire che faceva degli ottimi film.
abbandonare e rassegnarsi sono due cose quasi antitetiche.
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 31-07-2007 15:46 |
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quote: In data 2007-07-31 15:40, sandrix81 scrive:
se vogliamo usare l'italiano a cazzo di cane allora dico che Ford cucinava delle pessime melanzane alla parmigiana, con cui voglio "chiaramente" dire che faceva degli ottimi film.
abbandonare e rassegnarsi sono due cose quasi antitetiche.
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Ti giuro (ma non perché voglio aver ragione a tutti i costi) che mi pare una discussione più che inopportuna: al di la del fatto che non riesco a vedere in questi due termini due concetti antitetici, e comunque la si può sempre mettere così (ma non - ripeto - per voler dimostrare chissà che): si rassegna ed abbandona il suo western.
Infondo il senso del discorso era quello e mi pareva abbastanza chiaro: perché è come se raccontassimo l'aneddoto dell'amico Carlo che perde l'equilibrio e cade dal marciapiede.
Richmond dice che Carlo cade dal marciapiede (e con questa formulazione intende dire che perde l'equilibrio).
Sandrix contesta e dice che non cade dal marciapiede, ma perde l'equilibrio.
So anch'io che sono due termini antitetici presi singolarmente, ma con un minimo di elasticità mentale, fatti rientrare nel contesto...
Ed ora torniamo in tema, per favore.
_________________
- Ma almeno ha un lieto fine?
- Di quelli che solo la celluloide sa dare...
[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 31-07-2007 alle 15:49 ] |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 31-07-2007 15:50 |
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quote: In data 2007-07-31 15:46, RICHMOND scrive:
mi pare una discussione più che inopportuna:
| pare anche a me, e visto che continui a non capire direi di piantarla qui.
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 01-08-2007 10:29 |
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quote: In data 2007-07-30 00:33, Schizobis scrive:
Film ormai entrato nella leggenda con un famoso incipit che mostra cosa significhi essere un grande regista: una dicotomia interno esterno che viene resa con una successione di inquadrature memorabile. Il cartello con la scritta Texas 1868, il nero dell'interno della casa, la luce che proviene dalla Monument Valley, un uomo solitario che avanza con il suo cavallo e sta per ricongiungersi con la sua famiglia, un campo controcampo che annuncia che la distanza tra l'uomo solo e il gruppo familiare sta per annullarsi totalmente.
John Wayne è uno dei cercatori (the searchers) ma in realtà la sua sete di vendetta sembra nutrirsi di una solitudine senza speranza, lontano da Dio (interrompe bruscamente la funzione dei familiari trucidati dai Comanche) e dagli uomini (contesta il reverendo, chiede di non essere chiamato zio, non sembra avere donne). Il tempo della ricerca della piccola Debbie dura 10 anni e John Wayne ce lo indica senza didascalie ma con indizi visivi e lettere che fungono da raccordi temporali. Questo lungo arco di tempo mostra un uomo sempre più incancrenito nel suo dolore in contrasto con l'altro "cercatore" che subisce col tempo uin processo di maturazione che non solo non gli fa perdere la fiducia ma gli regala la necessaria lucidità per credere ancora di potere portare a termine la sua missione di salvataggio. Ed è proprio la sua testardaggine che crea quel cedimento nel granitico John Wayne che alla fine compierà quelgesto catartico che serve a salvare non solo la vita di Debbie ma anche la sua.
Ma alla fine tutti ritornano dentro il buio della casa, al riparo, al caldo degli affetti familiari, nel ritmo ipnotico di sedie a dondolo.
John Wayne rimane fuori, ad esporsi alle intemperie (e ai reumatismi) e a cercare di volare alto come le aquile. C'èmbisogno di qualcuno che vegli dall'alto. La Monument valley di fuori può nascondere gli Indiani.
Uso della musica didatticamente diegetico (basti pensare all'incipit) e grande abilità di Ford di evitare il melodramma e il particolare truculento (notate come mostra l'eccidio da parte degli indiani, la mdp si ferma all'entrata dell'oscura fossa comune dove giace tutta la famiglia di Wayne).
Ironia soffusa che mitiga la tensione della ricerca ("signora vuole concludere", la scena della lettera sgrammaticata, la zuffa tra i pretendenti).
Forse il senso non sta tanto in cosa si cerca, ma nella ricerca stessa (e nel viaggio).
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Sentieri Selvaggi , il West sbirciato da un pertugio.
Vorrei partire da qui, per rafforzare (e soffermarmi su qulche dettaglio di) ciò che hai scritto.
in quest'opera, Ford è mostruosamente puntiglioso nella messa in scena, poichè sussiste in essa un uso accurato di combinazione del tempo, dello spazio e del rapporto fra l'uomo (il cercatore) e lo sfondo che gli fa da cornice. Anzitutto è bene sottolineare quest'ultimo termine: cornice.
E' frequente, nelle sequenze di questa pellicola, la tendenza di Ford ad "incorniciare" l'inquadratura. Che cosa vuole dimostrare Ford? Probabilmente esasperare la granitica solitudine di Ethan (J. Wayne), protagonista e antagonista allo stesso tempo. Wayne ricopre un ruolo per niente facile, ma è spalleggiato dal regista, che lo introduce nel ruolo presentandolo come un uomo solo che lotta, in definitiva, contro se stesso. Ethan giunge dal West (ed in questo senso è fondamentale l'analisi combinata della prima e dell'ultima sequenza del film), dalla Monument Valley. Il suo è già di per sè un arrivo epico, soprattutto se si guarda alla trasposizione visiva che Ford ha attuato per questa sequenza: fin dalla prima inquadratura, lo spettatore è al sicuro (seppur nel buio totale) dalla durezza del Far West. L'estraneo è Ethan, che viene inquadrato dall'interno di una casa (l'inquadratura ce lo mostra avanzare, ma ciò che a tutti gli effetti vediamo è un riquadro luminoso -circondato da una cornice buia - al cui interno una figura si avvicina; potrebbe trattarsi di chiunque, la fuori, in mezzo a quelle terre selvagge).
Questa singolare visione del West ci viene riproposta durante il film altre volte: quando Ethan scopre i cadaveri dei suoi familiari, il punto di vista è ancora una volta dall'interno della casa (ancora una volta l'America ed i suoi protagonisti sono visti da dentro, ma in questo caso aumenta il senso di tensione).
A suffragio di questa particolare tecnica narrativa e visiva, Ford fa un uso della fotografia davvero suggestivo: i colori sono prevalentemente l'ocra della terra, sovente in contrasto con l'azzurro del cielo, ma spesso in moncromatica diluizione con l'orizzionte, quasi a voler sottolineare il dilatarsi del tempo e l'assenza di un preciso punto di riferimento nella vicenda.
Ma Ford non ci risparmia, quando opportuni, quelle esagerazioni estetiche, che in realtà vogliono esasperare la tensione già di per sè fomentata con le inuadrature (es.: la fotografia dai colori rossi ed aggressivi, nel momento in cui la famiglia di Ethan si barrica in casa, nella fobica attesa della tagedia che sta per consumarsi).
E come giustamente hai fatto notare, Ford non si scorda di sciogliere questa tensione con quei siparietti ironici (o addirittura comici?), che distraggono dalla pesantezza delle immagini che ci vengono proposte.
Ma il tema principale rimane sempre lì, nelle mani del regista, pronto a propinarcelo nuovamente quando meno ce lo aspettiamo.
Nelle snografiche scene di fuga, ancora una volta, c'è lo spazio per ritagliare un'inquadratura che mostra un pezzo di sfondo dall'interno di una spelonca.
E tra accorgimenti tecnici di questo genere, si arriva alla fine del film, con la sequenza più carica di significato di tutta l'opera:
Ethan ricompone (per quanto possibile) la famiglia. Ma non entra a farne parte.
Rimane sull'uscio (ancora una volta inquadrato dall'interno della porta - esattamente come nell'inquadratura iniziale) deciso a rimnerne fuori e continuare ad appartenere al West monumentale che lo ha visto vagare da cercatore per dieci anni.
E l'America è ancora vista dal sicuro ambiente domestico, da una porta aperta, da un pertugio che ritaglia un pezzo di luce nel buio.
Ma al contrario di come era accaduto nell'inquadratura iniziale, in cui una porta apriva uno spiraglio di luce nel buio mostrandoci il West, qui una porta si chiude, ed il film termina (così come era cominciato) di nuovo nel buio.
_________________
- Ma almeno ha un lieto fine?
- Di quelli che solo la celluloide sa dare...
[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 03-08-2007 alle 19:27 ] |
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vietcong
Reg.: 13 Ott 2003 Messaggi: 4111 Da: roma (RM)
| Inviato: 01-08-2007 12:40 |
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devo dire che anche io l'ultima volta che ho visto The Searchers ho avuto l'impressione che certi alleggerimenti comici fossero un po' cinici e fuori luogo. Se non sbaglio durante l'irruzione nel campo indiano ho avvertito delle note stonate che facevano perdere forza al tutto. Molto belle invece le scazzottate, quelle ci stanno tutte.
_________________ La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 01-08-2007 12:50 |
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quote: In data 2007-08-01 12:40, vietcong scrive:
devo dire che anche io l'ultima volta che ho visto The Searchers ho avuto l'impressione che certi alleggerimenti comici fossero un po' cinici e fuori luogo. Se non sbaglio durante l'irruzione nel campo indiano ho avvertito delle note stonate che facevano perdere forza al tutto. Molto belle invece le scazzottate, quelle ci stanno tutte.
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Quando c'è il vecchio Mosè che fa finta di fare la danza indiana e John Wayne gli tira un calcio nel sedere c'è da farsi del serio ridere. |
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kagemusha
Reg.: 17 Nov 2005 Messaggi: 1135 Da: roma (RM)
| Inviato: 01-08-2007 13:04 |
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quote: In data 2007-07-31 09:05, RICHMOND scrive:
Ok, ma il Western di Leone, a mio avviso, è sia giovane che moderno (in relazione a quello classico, intendo). E, comunque, se non è ironico quello....(ma qui rispondo a Kagemusha).
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mai pensato a Leone |
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 01-08-2007 13:06 |
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quote: In data 2007-08-01 13:04, kagemusha scrive:
quote: In data 2007-07-31 09:05, RICHMOND scrive:
Ok, ma il Western di Leone, a mio avviso, è sia giovane che moderno (in relazione a quello classico, intendo). E, comunque, se non è ironico quello....(ma qui rispondo a Kagemusha).
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mai pensato a Leone
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A chi ti riferivi allora? Eastwood? Costner? Raimi?
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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kagemusha
Reg.: 17 Nov 2005 Messaggi: 1135 Da: roma (RM)
| Inviato: 01-08-2007 14:34 |
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quote: In data 2007-08-01 13:06, RICHMOND scrive:
quote: In data 2007-08-01 13:04, kagemusha scrive:
quote: In data 2007-07-31 09:05, RICHMOND scrive:
Ok, ma il Western di Leone, a mio avviso, è sia giovane che moderno (in relazione a quello classico, intendo). E, comunque, se non è ironico quello....(ma qui rispondo a Kagemusha).
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mai pensato a Leone
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A chi ti riferivi allora? Eastwood? Costner? Raimi?
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i primi due più Tommy Lee Jones e un altro paio di titoli
cmq precisiamo: in questi film non stonerebbe l'ironia (che fra l'altro è presente) stonerebbero i siparietti comici che si ritrovano invece frequenti nel western classico, quei momenti in cui quasi si blocca la storia per far fare quattro risate allo spettatore, i momenti in cui il western viene contaminato dalla commedia e prendono la scena le macchiette comiche e i caratteristi |
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Schizobis
Reg.: 13 Apr 2006 Messaggi: 1658 Da: Aosta (AO)
| Inviato: 01-08-2007 15:05 |
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quote: In data 2007-08-01 10:29, RICHMOND scrive:
quote: In data 2007-07-30 00:33, Schizobis scrive:
Film ormai entrato nella leggenda con un famoso incipit che mostra cosa significhi essere un grande regista: una dicotomia interno esterno che viene resa con una successione di inquadrature memorabile. Il cartello con la scritta Texas 1868, il nero dell'interno della casa, la luce che proviene dalla Monument Valley, un uomo solitario che avanza con il suo cavallo e sta per ricongiungersi con la sua famiglia, un campo controcampo che annuncia che la distanza tra l'uomo solo e il gruppo familiare sta per annullarsi totalmente.
John Wayne è uno dei cercatori (the searchers) ma in realtà la sua sete di vendetta sembra nutrirsi di una solitudine senza speranza, lontano da Dio (interrompe bruscamente la funzione dei familiari trucidati dai Comanche) e dagli uomini (contesta il reverendo, chiede di non essere chiamato zio, non sembra avere donne). Il tempo della ricerca della piccola Debbie dura 10 anni e John Wayne ce lo indica senza didascalie ma con indizi visivi e lettere che fungono da raccordi temporali. Questo lungo arco di tempo mostra un uomo sempre più incancrenito nel suo dolore in contrasto con l'altro "cercatore" che subisce col tempo uin processo di maturazione che non solo non gli fa perdere la fiducia ma gli regala la necessaria lucidità per credere ancora di potere portare a termine la sua missione di salvataggio. Ed è proprio la sua testardaggine che crea quel cedimento nel granitico John Wayne che alla fine compierà quelgesto catartico che serve a salvare non solo la vita di Debbie ma anche la sua.
Ma alla fine tutti ritornano dentro il buio della casa, al riparo, al caldo degli affetti familiari, nel ritmo ipnotico di sedie a dondolo.
John Wayne rimane fuori, ad esporsi alle intemperie (e ai reumatismi) e a cercare di volare alto come le aquile. C'èmbisogno di qualcuno che vegli dall'alto. La Monument valley di fuori può nascondere gli Indiani.
Uso della musica didatticamente diegetico (basti pensare all'incipit) e grande abilità di Ford di evitare il melodramma e il particolare truculento (notate come mostra l'eccidio da parte degli indiani, la mdp si ferma all'entrata dell'oscura fossa comune dove giace tutta la famiglia di Wayne).
Ironia soffusa che mitiga la tensione della ricerca ("signora vuole concludere", la scena della lettera sgrammaticata, la zuffa tra i pretendenti).
Forse il senso non sta tanto in cosa si cerca, ma nella ricerca stessa (e nel viaggio).
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Sentieri Selvaggi , il West sbirciato da un pertugio.
Vorrei partire da qui, per rafforzare (e soffermarmi su qulche dettaglio di) ciò che hai scritto.
in quest'opera, Ford è mostruosamente puntiglioso nella messa in scena, poichè sussiste in essa un uso accurato di combinazione del tempo, dello spazio e del rapporto fra l'uomo (il cercatore) e lo sfondo che gli fa da cornice. Anzitutto è bene sottolineare quest'ultimo termine: cornice.
E' frequente, nelle sequenze di questa pellicola, la tendenza di Ford ad "incorniciare" l'inquadratura. Che cosa vuole dimostrare Ford? Probabilmente esasperare la granitica solitudine di Ethan (J. Wayne), protagonista e antagonista allo stesso tempo. Wayne ricopre un ruolo per niente facile, ma è spalleggiato dal regista, che lo introduce nel ruolo presentandolo come un uomo solo che lotta, in definitiva, contro se stesso. Ethan giunge dal West (ed in questo senso è fondamentale l'analisi combinata della prima e dell'ultima sequenza del film), dalla Monument Valley. Il suo è già di per sè un arrivo epico, soprattutto se si guarda alla trasposizione visiva che Ford ha attuato per questa sequenza: fin dalla prima inquadratura, lo spettatore è al sicuro (seppur nel buio totale) dalla durezza del Far West. L'estraneo è Ethan, che viene inquadrato dall'interno di una casa (l'inquadratura ce lo mostra avanzare, ma ciò che a tutti gli effetti vediamo è un riquadro luminoso -circondato da una cornice buia - al cui interno una figura si avvicina; potrebbe trattarsi di chiunque, la fuori, in mezzo a quelle terre selvagge).
Questa singolare visione del West ci viene riproposta durante il film altre volte: quando Ethan scopre i cadaveri dei suoi familiari, il punto di vista è ancora una volta dall'interno della casa (ancora una volta l'America ed i suoi protagonisti sono visti da dentro, ma in questo caso aumenta il senso di tensione).
A suffragio di questa particolare tecnica narrativa e visiva, Ford fa un uso della fotografia davvero suggestivo: i colori sono prevalentemente l'ocra della terra, sovente in contrasto con l'azzurro del cielo, ma spesso in moncromatica diluizione con l'orizzionte, quasi a voler sottolineare il dilatarsi del tempo e l'assenza di un preciso punto di riferimento nella vicenda.
Ma Ford non ci risparmia, quando opportuni, quelle esagerazioni estetiche, che in realtà vogliono esasperare la tensione già di per sè fomentata con le inuadrature (es.: la fotografia dai colori rossi ed aggressivi, nel momento in cui la famiglia di Ethan si barrica in casa, nella fobica attesa della tagedia che sta per consumarsi).
E come giustamente hai fatto notare, Ford non si scorda di sciogliere questa tensione con quei siparietti ironici (o addirittura comici?), che distraggono dalla pesantezza delle immagini che ci vengono proposte.
Ma il tema principale rimane sempre lì, nelle mani del regista, pronto a propinarcelo nuovamente quando meno ce lo aspettiamo.
Nelle snografiche scene di fuga, ancora una volta, c'è lo spazio per ritagliare un'inquadratura che mostra un pezzo di sfondo dall'interno di una spelonca.
E tra accorgimenti tecnici di questo genere, si arriva alla fine del film, con la sequenza più carica di significato di tutta l'opera:
Ethan ricompone (per quanto possibile) la famiglia. Ma non entra a farne parte.
Rimane sull'uscio (ancora una volta inquadrato dall'interno della porta - esattamente come nell'inquadratura iniziale) deciso a rimnerne fuori e continuare ad appartenere al West monumentale che lo ha visto vagare da cercatore per dieci anni.
E l'America è ancora vista dal sicuro ambiente domestico, da una porta aperta, da un pertugio che ritaglia un pezzo di luce nel buio.
Ma il film si chiude (coì come si era aperto) di nuovo nel buio.
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- Ma almeno ha un lieto fine?
- Di quelli che solo la celluloide sa dare...
[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 01-08-2007 alle 10:39 ]
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Ottime riflessioni. Che condivido.
un esempio di imitazione e trasposizione del genere western è il My Own Private Idaho di Gus Van Sant.
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RICHMOND
Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 01-08-2007 16:05 |
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quote: In data 2007-08-01 14:34, kagemusha scrive:
quote: In data 2007-08-01 13:06, RICHMOND scrive:
quote: In data 2007-08-01 13:04, kagemusha scrive:
quote: In data 2007-07-31 09:05, RICHMOND scrive:
Ok, ma il Western di Leone, a mio avviso, è sia giovane che moderno (in relazione a quello classico, intendo). E, comunque, se non è ironico quello....(ma qui rispondo a Kagemusha).
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mai pensato a Leone
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A chi ti riferivi allora? Eastwood? Costner? Raimi?
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i primi due più Tommy Lee Jones e un altro paio di titoli
cmq precisiamo: in questi film non stonerebbe l'ironia (che fra l'altro è presente) stonerebbero i siparietti comici che si ritrovano invece frequenti nel western classico, quei momenti in cui quasi si blocca la storia per far fare quattro risate allo spettatore, i momenti in cui il western viene contaminato dalla commedia e prendono la scena le macchiette comiche e i caratteristi
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Ah ok. Comunque rimango dell'idea che non si blocchi la storia, bensì sono momenti che ti prendono alla sprovvista. Ma l'effetto complessivo è ottimo, dai.
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- Ma almeno ha un lieto fine?
- Di quelli che solo la celluloide sa dare...
[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 01-08-2007 alle 16:06 ] |
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