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Cinema e religione: "La via lattea" di Luis Bunuel |
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 03-03-2006 18:49 |
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Bunuel era anticlericale ma non rifiutava la religione, l'aspetto culturale (che poi era anche mistico) del cattolicesimo. Anzi, ha sempre sostenuto che lui, come artista e come uomo, che poi erano la stessa cosa, molto di più che in altri casi, caso più unico che raro nella storia dei registi, era una summa della forte educazione cattolica ricevuta da bambinio, ragazzo, adolescente, che non sconfessava nè rifiutava. Anzi, sosteneva (sempre con quel suo grigno ironico-grottesco, tra il serio e il faceto, oltre il vero e il falso, oltre la morale e l'ideologia, il dogma) che il sex non sarebbe così ... appeal, senza il desiderio per il "proibito" incultato dalla Chiesa. Bunuel era molto attratto dai "mistero" e dalla ascesi mistica (uno dei suoi pochi personaggi che, si capisce chiaramente, abbia realmente amato, era proprio Simon del desierto (e anche Nazarin)l'anacoreta, lo stilita che faceva la cacchina come un uccellino perchè magiava solo qualche foglia di lattuga... e colava lungo la colonna come la cera di una candela... Ne La Via Lattea cita San Juan de la Cruz, uno dei più grandi mistici di tutti i tempi, nonchè grande poeta, uno dei più importanti di tutta la letteratura spagnola, diventato oggetto di attenzione, studio e culto perfino da parte delle forme di religiosità Zen, per via delle molteplici affinità intercorrenti tra quello e queste. A noi cattolici (che al massimo dell'ambizione siamo per il miracolismo "padrepiesco", oltre che per le varie forme di fanatismo - a mio avviso, s'intende, e secondo don Luis che le ha più volte rappresentate) non è dato conoscere i grandi "pensatori", anche perchè scomodi per la Chiesa stessa, che ci li presenta - parlo del grande pubblico... - nelle forme più neglette e da iconografia innocuo- santistica, poichè ne teme le valenze più profonde ed alte che sono rivoluzionarie, dunque eversive, autenticamente "sante", poichè dicono verità in contrasto con il "piccolo" credo che la Chiesa va predicando alle sue pecorelle.. Basti pensare alle "estasi" (erotiche) di Santa Teresa d'Avila. Bernini ne scolpì una, stupefacente; si trova a Roma, nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria, da non perdere, da cinque stelle!). E' per questo che il mistico piaceva a Bunuel. Per il carattere "surreale" del suo pensiero, della sua vita, del suo comportamento/esempio. Dicevo, ne La via Lattea (un pozzo senza fondo d'idee, situazioni e significati, ben oltre il solo aspetto religioso - la Via lattea è un film sul desiderio, come tutti i film di Bunuel, ma non ci ho tempo pour tuot fair... ) c'è questa sequenza, una delle prime: i due pellegrini diretti verso Santiago di Compostela fanno l'autostop, un'auto non si ferma e uno di loro lancia una maledizione: "Che tu possa andare a sbattere!". Fuori campo si ode un rumore di automobile che cozza contro qualcosa... L'autista è morto, il diavolo è sul sedile posteriore, nei panni di PIERRE CLEMENTI (grandissimo attore anche in Bella di Giorno, dimenticato!) che annusa un fiore, mentre per la radio sta mandando un brando mistico che è per l'appunto di San Giovanni della Croce... l'"altra" voce... Grandissima parabola (mai parlare di simbolismo o di metafora con Bunuel, poi magari ci arrivo)
La Via Lattea è anche ispirato a La storia degli eterodossi spagnoli, di M. Pelayo, sulle eresie e le conseguenze di queste, a cui Bunuel era molto interessato. Vi sono poi riferimenti autobiografici, come sempre in Bunuel, legati alle sue fantasticherie ed "ossessioni", infantili ed adulte, quale ad esempio la scena del Cristo che si fa la barba. Avrete notato che il regista lo rappresenta secondo l'iconografia tradizionnale, da "santino", nonostante la non convenzinalità dei suoi comportamenti. Una fantasia infantile di Bunuel era quella del Cristo che correva e che si faceva la barba, cosa che, a suo dire, lo scandalizzava. La ripropone nel film. L'espediente narrativo atemporale e sfalsato, ricorda inoltre il romanzo picaresco spagnolo, il Don Chisciotte di Cervantes, in cui dalla storia centrale nascono altre storie parallele. Ne La via Lattea vi sono dunque riferimenti alla cultura letteraria e popolare, gergale, ispanica, che bisognerebbe però un po' conoscere per comprendere in pieno. Parabole anche quelle, mai simboli o metafore, sperando di aver capito bene i significati di tali termini. Al riguardo rispolvero una cosa che scrissi tempo fa
... Si, ma è un "simbolismo" molto diretto, semplice, per niente astruso, comprensibile ai più. Ammesso che sia corretto parlare di simbolismo nel cinema di Bunuel, chè di fatto rappresenta una forzatura. La Via Lattea è formata da tanti piccoli racconti surreali, quasi elementari, da parafrasi e parodie, esplicite ed irriverenti, dei testi sacri e del dogma ecclesiale, con un andamento narrativo atemporale. Il simbolismo suppongo sia l’arte di parlare di un bicchiere d’acqua rappresentandolo con una sedia (so che nell’arte il significato è più complesso e profondo, mi si passi l’esemplificazione) mentre Bunuel mostra l'”oggetto” del suo desiderio rappresentandolo con null’altro se non con l’oggetto stesso. “Oggetti, soggetti e situazioni reali, ordinari, quotidiani, che diventano semmai meta-significanti, significato surreal-metafisico, parabola, non certo simbolismo o metafora. Bunuel ha sempre rifiutato con vigore tale "calunnia"… Che inquadrasse i piedi di una donna in maniera “feticistica”, intendeva esattamente esprimere un’ossessione feticista; che mostrasse le sue misteriose scatole era… per non mostrare nulla.., esattamente come Lynch in M.D, che fa suo quell'oggetto "oscuro" ricorrente nel cinema del regista spagnolo. Già con il "taglio dell'occhio" in Un Chien Andalou - l’iconoclastia filmica per eccellenza - Bunuel realizza una scena totalmente priva di significato o dal significato così scontato, per il quale si è ancora alla ricerca di interpretazioni e recondite congetture. Mi sembra di sentire Bunuel sbellicarsi ancora dalle risate nella tomba, esattamente come faceva in vita con certi critici e studiosi affamati di simboli e di significati. Cito lo stesso Bunuel, a proposito del coltello-crocifisso di Viridiana. "Mi hanno criticato per aver mostrato un coltello a forma di croce. In Spagna li trovi dappertutto, specie ad Albacete. Mia sorella, che e' molto religiosa, un giorno ha visto una suora che ne usava uno per pelare le patate. Sicche' non sono stato io ad inventare il Cristo a serramanico. Solo la fotografia fa risaltare la maliziosita' e il carattere surrealista [non simbolista] di un oggetto fabbricato innocentemente e in serie. [...] E' come se si considerasse blasfema la presentazione filmica di un posacenere che mostri in rilievo l'immagine della Madonna del Pilar. A Saragozza ne vendono a centinaia."
Insomma, la realtà stessa è surrealità piena di doppi e tripli... sensi, a seconda dei punti di vista, segun don Luis Bunuel.
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" L. Buñuel
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 03-03-2006 alle 18:50 ]
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Kieslowski
 Reg.: 09 Mag 2005 Messaggi: 1754 Da: Reykjavik (es)
| Inviato: 03-03-2006 19:30 |
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quote: In data 2006-03-03 18:49, AlZayd scrive:
Al riguardo rispolvero una cosa che scrissi tempo fa
... Si, ma è un "simbolismo" molto diretto, semplice, per niente astruso, comprensibile ai più. Ammesso che sia corretto parlare di simbolismo nel cinema di Bunuel, chè di fatto rappresenta una forzatura. La Via Lattea è formata da tanti piccoli racconti surreali, quasi elementari, da parafrasi e parodie, esplicite ed irriverenti, dei testi sacri e del dogma ecclesiale, con un andamento narrativo atemporale. Il simbolismo suppongo sia l’arte di parlare di un bicchiere d’acqua rappresentandolo con una sedia (so che nell’arte il significato è più complesso e profondo, mi si passi l’esemplificazione) mentre Bunuel mostra l'”oggetto” del suo desiderio rappresentandolo con null’altro se non con l’oggetto stesso. “Oggetti, soggetti e situazioni reali, ordinari, quotidiani, che diventano semmai meta-significanti, significato surreal-metafisico, parabola, non certo simbolismo o metafora. Bunuel ha sempre rifiutato con vigore tale "calunnia"… Che inquadrasse i piedi di una donna in maniera “feticistica”, intendeva esattamente esprimere un’ossessione feticista; che mostrasse le sue misteriose scatole era… per non mostrare nulla.., esattamente come Lynch in M.D, che fa suo quell'oggetto "oscuro" ricorrente nel cinema del regista spagnolo. Già con il "taglio dell'occhio" in Un Chien Andalou - l’iconoclastia filmica per eccellenza - Bunuel realizza una scena totalmente priva di significato o dal significato così scontato, per il quale si è ancora alla ricerca di interpretazioni e recondite congetture. Mi sembra di sentire Bunuel sbellicarsi ancora dalle risate nella tomba, esattamente come faceva in vita con certi critici e studiosi affamati di simboli e di significati. Cito lo stesso Bunuel, a proposito del coltello-crocifisso di Viridiana. "Mi hanno criticato per aver mostrato un coltello a forma di croce. In Spagna li trovi dappertutto, specie ad Albacete. Mia sorella, che e' molto religiosa, un giorno ha visto una suora che ne usava uno per pelare le patate. Sicche' non sono stato io ad inventare il Cristo a serramanico. Solo la fotografia fa risaltare la maliziosita' e il carattere surrealista [non simbolista] di un oggetto fabbricato innocentemente e in serie. [...] E' come se si considerasse blasfema la presentazione filmica di un posacenere che mostri in rilievo l'immagine della Madonna del Pilar. A Saragozza ne vendono a centinaia."
Insomma, la realtà stessa è surrealità piena di doppi e tripli... sensi, a seconda dei punti di vista, segun don Luis Bunuel.
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" L. Buñuel
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 03-03-2006 alle 18:50 ]
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 03-03-2006 alle 18:52 ]
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Incantato!! Vorrei approfondire bene questo tuo vecchio scritto, pieno di spunti interessantissimi da sviluppare. Intanto credo di poter dire che la causa dell'usare un linguaggio diretto, immediato e come dici giustamente "semplice e comprensibile ai più" è facilmente captabile da ogni suo film, maggiormente nelle sue opere più celebri: Bunuel non cercava il diamante pregiato che sta sulle mani di un nobile (anche se, "involontariamente", ha creato solamente stupefacenti esempi di un cinema unico, vere e proprie perle senza tempo), bensì cercava di partire dal "nulla", da quell'inconcretezza che riteneva (e riteniamo in molti) la più pura e ricca di spirito, la vera essenza, l'anima, su cui lavorare. Non cercava il prodotto perfetto, cercava il lavoro soddisfacente, sudato ma giustamente ricompensato. Come metafora userei in questo caso la differenza che intercorre tra la maggior parte dei pianisti europei e quelli orientali durante le esibizioni dal vivo. Se i primi tendono a suonare con l'anima (non con le dita) pur sbagliando qualche nota, pur evidenziando talvolta errori, gli altri sono rigorosi e impeccabili nell'esecuzione, ma non hanno quell'amore per lo svolgimento, la passione che li lega al loro strumento. Bunuel non era spesso rigoroso (gli attori come complici, al pari del regista - solo i grandi riescono a creare questo tipo di legame tra chi sta davanti e dietro la macchina da presa -, le riprese che non volevano essere inappuntabili a priori, ma "costruite" sulla spontaneità dell'insieme), era grezzo (non nel senso dispregiativo del termine) e anche artigianale, ma andatelo a dire ai nostri occhi quando ammiriamo una qualsiasi delle sue intricate novelle. E se vi è tanta sensualità nei suoi film è proprio perchè anch'esso è un sentimento derivante dalla spontaneità (il confine tra l'attore e il ruolo da interpretare è sempre più labile...), naturale nell'uomo, naturale come la rabbia che diventa morte per altri (e passa tra le vene, gonfia la follia dell'assassino),naturale come il misticismo che influenza Bunuel (ma chi potrebbe dire di non essere mai stato affascinato dal proibito? E' nell'essere uomini, il regista lo sa bene; sfrutta questo collegamento tra la condizione e i condizionati) e se ne impadronisce ogniqualvolta lo spagnolo accende la mdp. Fai troppo bene a citare Lynch, è l'unico che negli ultimi anni ha saputo ricordare (il che è già un traguardo immenso) il maestro. Mulholland Drive come Calle della Providencia, stesso surrealismo come mezzo per incanalare situazioni concretissime, stessa consapevolezza che, vado a memoria, "L'uomo reca in se la sua condanna e la salvezza" ....
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roccomedia
 Reg.: 15 Lug 2005 Messaggi: 3829 Da: Bergamo (BG)
| Inviato: 04-03-2006 00:24 |
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quote: In data 2006-03-03 18:49, AlZayd scrive:
Bunuel era anticlericale ma non rifiutava la religione, l'aspetto culturale (che poi era anche mistico) del cattolicesimo. Anzi, ha sempre sostenuto che lui, come artista e come uomo, che poi erano la stessa cosa, molto di più che in altri casi, caso più unico che raro nella storia dei registi, era una summa della forte educazione cattolica ricevuta da bambinio, ragazzo, adolescente, che non sconfessava nè rifiutava. Anzi, sosteneva (sempre con quel suo grigno ironico-grottesco, tra il serio e il faceto, oltre il vero e il falso, oltre la morale e l'ideologia, il dogma) che il sex non sarebbe così ... appeal, senza il desiderio per il "proibito" incultato dalla Chiesa. Bunuel era molto attratto dai "mistero" e dalla ascesi mistica (uno dei suoi pochi personaggi che, si capisce chiaramente, abbia realmente amato, era proprio Simon del desierto (e anche Nazarin)l'anacoreta, lo stilita che faceva la cacchina come un uccellino perchè magiava solo qualche foglia di lattuga... e colava lungo la colonna come la cera di una candela...
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Bunuel è un esempio di come vada professato l'ateismo in un'epoca in cui quest'ultimo, come diceva Pasolini, è diventato una "ginnastica di massa". Bunuel, come ben dici, ha uno straordinario rispetto per i suoi anti-eroi cristiani. Se colpisce la religione, lo fa sui simboli, ma mai infierendo direttamente sugli uomini. Su questi "Unti dal Signore" non cala mai lo scherno e il disprezzo irriverente che il regista spagnolo usa per i borghesi. Citando Hannah Arendt sono esempi di una "bontà, che non essendo di questo mondo, quando vi entra finisce per essere guardata con sospetto e perseguitata" (Arendt, 1964, p. 57). Una bontà che spesso soccombe al mondo non riuscendo a cambiarlo ("Nazarin" è arrestato e non riesce a salvare Beatrice; "Viridiana", delusa dai suoi poveri, ripara tra le braccia del cugino...e della serva; "Simon" catapultato nel XX secolo, è costretto a sentire il peso del vivere al di fuori del suo mondo ascetico) ma che qualche volta è anche premiata (la cristiana madre di Alberto che riesce con l'aiuto di Dio e della polizia a scacciare dalla fazenda il diavolo "Susana" e a riportare così la quiete nella sua famiglia). |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 09-03-2006 01:13 |
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quote: In data 2006-03-03 19:30, Kieslowski scrive:
Vorrei approfondire bene questo tuo vecchio scritto ... Omissis ....
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Si, è possibile che il cinema di Bunuel sia "grezzo" (lo diceva anche Godard ma ora non ricordo bene le motivazioni, dovrei ricordarmi dove lo lessi) ed insieme spontaneo, però, però ... mica tanto.
Lui aveva in uggia le tecniche e improvvisava molto, pur sapendo sempre esattamente cosa volesse, raramente ripeteva i ciack, preferiva accontentarsi, non era maniacale, però... io trovo che solo un genio come Bunuel poteva girare un film come l'Angelo sterminatore, tutto in interni, dovendo controllare un materiale umano in continua eruzione, deflagrazione, evoluzione, mille (non) storie in una, in un crogiuolo da altoforno, con uno stile impeccabile, perfino elegante, nonostante le ruvidezze del narrato. Nessuno dubita del valore di questo film, sul piano dei significati e delle "filosofie", però a mio avviso resta sottovalutato il GIRATO, non se ne parla abbastanza. Il suo occhio è preciso, calcolatore e spietato, come quello di un rapace; la sua mdp è leggera e plastica, drammatica e giocosa, come un gatto che abbia tra gli artigli un topo. C'è poco altro di così elegante, ed insieme sofisticato, pur senza parere, ostentare, insomma senza tirasela troppo come tanti cineasti che fanno della tecnica il proprio dio a discapito della poesia.
Però è vero che Bunuel non cercava il diamante; non ne aveva bisogno, era in grado di far apparire prezioso anche un ciondolo di vetro da lampadario, perchè, diamante o vetro che fosse, il vero oggetto del suo desiderio era sempre otras cosas, oltre l'oggetto stesso.
quote: [i]Mulholland Drive come Calle della Providencia, stesso surrealismo come mezzo per incanalare situazioni concretissime, stessa consapevolezza che, vado a memoria, "L'uomo reca in se la sua condanna e la salvezza" ....
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El club Silencio (no hay banda) E' una calle de la Providencia, dove, che ci si perda o che ci si ritrovi, si è soli con e contro se stessi, per un esito non spiegato e non garantito. In ogni caso, si giunge in un luogo, punto, (a)temporale, di non ritorno e di non avanzamento, dal quale non è possibile fuggire, nè progredire. Bisogna invocare la magia, la "scatola", il pozzo senza fondo della coscienza che sprofonda fin dentro le più segrete ed oscure dimore dell'ES. (da un chien amdalou in poi)
Geniale intuizione della continuità ideale, ombelicale tra i due cineasti, quella di Enrico Ghezzi quando, qualche anno fa, fece comparire i titoli di testa di Bella di Giorno di Bunuel, come in una dissolvenza in nero, da dentro la "scatola" di Mulholland Drive dentro cui sprofonda l'obiettivo di Lynch.
Decisamente Bunuel non era un pianista cinese... Forse lo sai già, lui perlatro non apprezzava la cultura orientale; diceva di non capirla, di sentirla lontana; era un europeista, cattolicista, oscurantista, arrazzatissimo con il fascino perverso del proibito... Lui diceva che l'eros troppo felice e libero all'orientale non era soddisfacente come quello legato al "proibito". Naturalmente Bunuel non va mai preso sul serio, perchè egli stesso non si prendeva sul serio. Ma non c'è nulla di più serio e di "veritiero" di una mente consapevolmente e lucidamenente, poeticamente, contraddittoria.
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" L. Buñuel
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 09-03-2006 alle 01:15 ] |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 09-03-2006 01:51 |
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quote: In data 2006-03-04 00:24, roccomedia scrive:
Bunuel è un esempio di come vada professato l'ateismo in un'epoca in cui quest'ultimo, come diceva Pasolini, è diventato una "ginnastica di massa". Bunuel, come ben dici, ha uno straordinario rispetto per i suoi anti-eroi cristiani. Se colpisce la religione, lo fa sui simboli, ma mai infierendo direttamente sugli uomini. Su questi "Unti dal Signore" non cala mai lo scherno e il disprezzo irriverente che il regista spagnolo usa per i borghesi. Citando Hannah Arendt sono esempi di una "bontà, che non essendo di questo mondo, quando vi entra finisce per essere guardata con sospetto e perseguitata" (Arendt, 1964, p. 57). Una bontà che spesso soccombe al mondo non riuscendo a cambiarlo ("Nazarin" è arrestato e non riesce a salvare Beatrice; "Viridiana", delusa dai suoi poveri, ripara tra le braccia del cugino...e della serva; "Simon" catapultato nel XX secolo, è costretto a sentire il peso del vivere al di fuori del suo mondo ascetico) ma che qualche volta è anche premiata (la cristiana madre di Alberto che riesce con l'aiuto di Dio e della polizia a scacciare dalla fazenda il diavolo "Susana" e a riportare così la quiete nella sua famiglia).
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Vero, nei film che hai citato c'è l'elogio (sentimentale) e al tempo stesso la critica (razionale) della "coerenza" che può, involontariamente, risultare controproducente. Esemplare in tal senso è Nazarin. E' la duplice natura bunueliana.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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roccomedia
 Reg.: 15 Lug 2005 Messaggi: 3829 Da: Bergamo (BG)
| Inviato: 09-03-2006 13:47 |
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quote: In data 2006-03-09 01:51, AlZayd scrive:
quote: In data 2006-03-04 00:24, roccomedia scrive:
Bunuel è un esempio di come vada professato l'ateismo in un'epoca in cui quest'ultimo, come diceva Pasolini, è diventato una "ginnastica di massa". Bunuel, come ben dici, ha uno straordinario rispetto per i suoi anti-eroi cristiani. Se colpisce la religione, lo fa sui simboli, ma mai infierendo direttamente sugli uomini. Su questi "Unti dal Signore" non cala mai lo scherno e il disprezzo irriverente che il regista spagnolo usa per i borghesi. Citando Hannah Arendt sono esempi di una "bontà, che non essendo di questo mondo, quando vi entra finisce per essere guardata con sospetto e perseguitata" (Arendt, 1964, p. 57). Una bontà che spesso soccombe al mondo non riuscendo a cambiarlo ("Nazarin" è arrestato e non riesce a salvare Beatrice; "Viridiana", delusa dai suoi poveri, ripara tra le braccia del cugino...e della serva; "Simon" catapultato nel XX secolo, è costretto a sentire il peso del vivere al di fuori del suo mondo ascetico) ma che qualche volta è anche premiata (la cristiana madre di Alberto che riesce con l'aiuto di Dio e della polizia a scacciare dalla fazenda il diavolo "Susana" e a riportare così la quiete nella sua famiglia).
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la critica (razionale) della "coerenza" che può, involontariamente, risultare controproducente. Esemplare in tal senso è Nazarin. E' la duplice natura bunueliana.
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Io la definirei una "sociologia dell'effetto perverso", presente tra l'altro in modo paradigmatico già ne "I figli della violenza". |
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