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Fratello, dove sei? |
8ghtBall
 Reg.: 04 Feb 2004 Messaggi: 6807 Da: Cesena (FO)
| Inviato: 17-02-2005 12:01 |
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quote: In data 2005-02-14 23:56, gatsby scrive:
quote: In data 2005-02-14 21:46, 8ghtBall scrive:
Titolo italiano : Fratello dove sei ?
Strano che ancora non ci sia un topic su questo film!
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bah, io pensavo di averlo fatto, ma una rapida ricerca sul forum non ha dato esiti.
In sintesi il mio pensiero è semplicemnete che si tratta di uno dei film più belli, poetici,geniali, stravaganti, cinematografici mai fatti.
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Ti quoto...oltre sul fatto che pensavo ci fosse già un topic ma nemmeno la mia ricerca ha dato esiti , concordo su tutti gli aggettivi da te usati
Davvero un ottimo film...
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MaratSafin
 Reg.: 17 Ott 2004 Messaggi: 831 Da: trafalmadore (CO)
| Inviato: 17-02-2005 12:10 |
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Posso?
I fratelli Coen mi hanno scassato la minchia, loro e il loro cinema ammiccante. Dopo Il grande Lebowski, hanno deciso che più che raccontare storie, il cinema serve a raccontare la storia. Sia essa mitologica (come qui), cinematografica o di una cinematografia di genere (come nell'ultimo o in Prima ti sposo poi ti rovino). Si salva l'uomo che non c'era.
Personalmente tutti questi ammiccamenti e citazionismi e occhiolini allo spettatore mi hanno rotto le balle.
Questioni di gusti, penso, ma oltre al talento visivo e narrativo di questi Coen me ne faccio poco, soprattutto se il talento diventa rivisitazione fine a sè stessa. Di mercatini dell'usato ce n'è già troppi, in giro. |
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8ghtBall
 Reg.: 04 Feb 2004 Messaggi: 6807 Da: Cesena (FO)
| Inviato: 17-02-2005 12:40 |
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Grazie per avermi distrutto un mito
cmq apparte gli scherzi è certamente questioni di gusti , anzi si può anche essere d'accordo con te ( non che io lo sia , vedremo i prossimi lavori ) ma almeno mi hai risparmiato il Grande Lebowski dalle critiche , questo lo apprezzo
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gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 17-02-2005 12:51 |
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Guarda che marat sta criticando la filmografia dei Coen, non i film in se. e questo lo posso capire se comunque si parte dal presupposto che i Coen sappiano raccontare, perchè se così non fosse non si potrebbe esser delusi da loro.
Comunque Marat ha saltato un film come Lady killers, e visto che ha fatto anche un'eccezione (che invece è a mio avviso una rivisitazione del cinema noir drammatico, a partire da Lolita, e qundi ha tutte le ragioni per entrare in quella macroclasse delineata da Marat), ricondurre tutto a termini così generali non mi pare un punto di parenza per una critica, ma al massimo un appunto (che come ha detto Marat, questa è una questione di gusti).
io ad esempio apprezzo questo loro preciso modo di fare e intendere cinema, e non saprei immaginarmeli diversamente (solo il primo, Sangue facile, è un film "normale"), il loro modo di rendere grottesche situazioni tragiche è un modo di prendere in giro la quotidianeità, l'etrema serietà sia della vita che del cinema. Sono dissacranti sia nei confronti del sistema che nei nostri,quando ci propinano queste narrazioni circolari che poco hanno da invidiare a grandi e piccoli narrazioni lineari.
NOn che siano perfetti, ma se basta l'appunto di Marat per smontare un film (che mi sembra ti sia piaciuto quando lo hai visto)allora sei un pò troppo suggestionabile.
_________________ Qualunque destino, per lungo e complicato che sia, consta in realtà di un solo momento : quello in cui l'uomo sa per sempre chi è |
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MaratSafin
 Reg.: 17 Ott 2004 Messaggi: 831 Da: trafalmadore (CO)
| Inviato: 17-02-2005 13:25 |
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Bhe l'ultimo= Ladykillers, che poi è quello che mi ha fatto più arrabbiare.
Comunque a me nonostante l'uomo che non c'era sia sì una chiara rivisitazione, non vi ho trovato quell'accanimento citazionistico e sulle atmosfere che invece ha totalmente svuotato di senso intrinseco i tre film che critico. Il problema è che se questi sono gli esiti, viene voglia di riconsiderare le premesse.
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[ Questo messaggio è stato modificato da: MaratSafin il 17-02-2005 alle 14:55 ] |
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8ghtBall
 Reg.: 04 Feb 2004 Messaggi: 6807 Da: Cesena (FO)
| Inviato: 17-02-2005 14:39 |
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quote: In data 2005-02-17 12:51, gatsby scrive:
Guarda che marat sta criticando la filmografia dei Coen, non i film in se. e questo lo posso capire se comunque si parte dal presupposto che i Coen sappiano raccontare, perchè se così non fosse non si potrebbe esser delusi da loro.
Comunque Marat ha saltato un film come Lady killers, e visto che ha fatto anche un'eccezione (che invece è a mio avviso una rivisitazione del cinema noir drammatico, a partire da Lolita, e qundi ha tutte le ragioni per entrare in quella macroclasse delineata da Marat), ricondurre tutto a termini così generali non mi pare un punto di parenza per una critica, ma al massimo un appunto (che come ha detto Marat, questa è una questione di gusti).
io ad esempio apprezzo questo loro preciso modo di fare e intendere cinema, e non saprei immaginarmeli diversamente (solo il primo, Sangue facile, è un film "normale"), il loro modo di rendere grottesche situazioni tragiche è un modo di prendere in giro la quotidianeità, l'etrema serietà sia della vita che del cinema. Sono dissacranti sia nei confronti del sistema che nei nostri,quando ci propinano queste narrazioni circolari che poco hanno da invidiare a grandi e piccoli narrazioni lineari.
NOn che siano perfetti, ma se basta l'appunto di Marat per smontare un film (che mi sembra ti sia piaciuto quando lo hai visto)allora sei un pò troppo suggestionabile.
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Hei Hei Hei... d'accordissimo ma non è così... credevo fosse chiaramente scherzoso il mio messaggio , come è effettivamente.
I Coen per me rimarranno sempre quello che sono ( speriamo , dipende ovviamente dal loro lavoro : ) ) e certo che non basta il parere soggettivo percepito da un'altro a farmi cambiare idea. Mi dichiaravo a suo favore per il fatto che può essere questioni di gusti , quello si . In questo caso addirittura quello che tu ami , lei(o lui) lo odia. Ma questo ci porterebbe in discorso più ampio e generale. Per quanto riguarda me e questo film rimango dell'opinione di prima: un grande film di grandi autori come avevi detto già tu con più enfasi e in maniera più dettagliata... e già avevo espresso il mio appoggio alle tue parole.
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MaratSafin
 Reg.: 17 Ott 2004 Messaggi: 831 Da: trafalmadore (CO)
| Inviato: 17-02-2005 15:36 |
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quote: In data 2005-02-17 14:39, 8ghtBall scrive:
lei(o lui) lo odia.
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Lui .
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HistoryX
 Reg.: 26 Set 2005 Messaggi: 4234 Da: cagliari (CA)
| Inviato: 26-01-2006 10:36 |
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Nell'america degli anni '30 tre galeotti fuggiranno dai lavori forzati per intraprendere un viaggio per recuperare un bottino da un milione di dollari, incontrando nel loro cammino imprevisti di ogni tipo.
Leggo nella recensione la similitudine con l'Odissea, credo sia troppo marginale ed ininfluente perchè sia degno di nota, o perlomeno, non direttamente riconducibili alla trama.
La commedia assume atmosfere particolari che forse solo i fratelli Coen sanno dare, sebbene non intraveda molta luce nei messaggi che vogliono dare nelle loro parodie.
Gli attori perfetti, anche loro interpretati e arricchiti con cura e intelligenza, tutto il cast ottimamente caratterizzato, tanti personaggi per ottimi interpreti, niente lasciato al caso.
Fra parentesi, adoro Turturro, avrei lasciato anche qualcosa in più al suo personaggio, e, mi rendo conto allo stesso tempo di stravedere per George Clooney quando interpreta questi ruoli, quindi sempre.
Ritornando ai Coen e al film, il loro stile ti tiene incollato allo schermo, vien voglia di lasciarsi andare agli scenari colorati da fiaba e alla leggerezza del tocco registico, e, nonostante i vari richiami che ti portano a cercare significati celati, è maggiore la potenza del ritmo che ti porta l'interesse ad ascoltare la favola o...si, un' odissea...
Ultima lode per la colonna sonora e poi silenzio. |
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rockyeye

 Reg.: 31 Gen 2007 Messaggi: 105 Da: catania (CT)
| Inviato: 04-03-2008 13:10 |
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I fratelli Joel ed Ethan Coen, dopo aver prodotto il capolavoro "Il grande Lebowski", si impegnano con un nuovo film, questa volta on the road, che ci regala un prodotto di ottima qualità ed inventiva.
"O Brother, Where Art Thou" pare che sia una frase carpita ad uno dei tanti scritti di Shakespeare, ma i fratelli negano, dicendo di non saperne niente e di non aver neanche mai letto l'Odissea (in contraddizione con l'esplicita dichiarazione che compare nei titoli di testa), poema dal quale, invece, sembrerebbero aver tratto più volte ispirazione per le avventure dei tre disgraziati protagonisti, dichiarando, al contrario, di aver tratto più idee da una vecchia commedia mai messa in opera.
Siamo negli anni trenta, gli anni del proibizionismo, della depressione, del "Ku Klux Klan", degli straccioni, della corruzione e della violenza; in una prigione del profondo sud, un galeotto costretto ai lavori forzati per crimini di poco conto riesce a fuggire insieme ad altri due condannati.
Il nostro protagonista che, guarda caso, si chiama Everett Ulysses McGill, (un istrionico George Clooney) con tanto di baffetti, capelli impomatati (esclusivamente con brillantina Dapper Dan), parlantina colta e forbita, se la dà a gambe insieme ad un allampanato e timido Delma (Tim Blake Nelson) e al confuso Pete (John Turturro).
Ancora con le catene che li uniscono ai piedi e alle mani, i tre fuggono di gran carriera in mezzo ad un campo coltivato con le loro uniformi a strisce, lasciandosi alle spalle una lunga fila di condannati destinati a spaccare pietre sotto l'occhio vigile di guardie armate. Attraverso lo Stato del Mississippi andranno alla ricerca di un tesoro che Ulysses dichiara di aver nascosto tempo prima. In realtà costui mira a raggiungere la moglie Penny (Penelope) e le sue figlie.
Ciò che attende i nostri eroi sarà un viaggio irto di difficoltà e di incontri surreali. Per cominciare troveranno un passaggio su un carrello ferroviario manovrato da un uomo di colore cieco che elargisce loro delle profezie (un oracolo o l'indovino Tiresia?) dicendo che troveranno fortuna e che, tra le altre cose, le loro avventure termineranno solo dopo che avranno visto una mucca sul tetto di una casa.
Hanno solo quattro giorni di tempo per raggiungere il bottino, che consisterebbe in un milione e duecentomila dollari, che Ulysses dividerebbe con i suoi compagni di fuga.
Delle voci femminili che cantano attrarranno la loro attenzione. Sono fanciulle che lavano panni nel fiume, discinte ed incantatrici che li ammalieranno fino a far perdere loro conoscenza e coscienza. Magistrale l'inquadratura dei tre eroi ripesi distesi a triangolo, partendo dalle scarpe fino a raggiungere i loro visi addormentati e stravolti.
Pete non c'è più. Rimangono solo i suoi abiti. Lo spavento ed il dolore di Delma lascia allocchito anche lo spettatore. "E' rimasto solo il cuore". Infatti, nei panni vuoti e composti come se dentro vi fosse un uomo, all'altezza del petto qualcosa si agita. E' una rana che il povero Delma accudirà con devozione (in questo caso, a differenza dell'Odissea, gli uomini non si trasformano in maiali, ma in rane).
Il prossimo quadro mostrerà l'incontro con un robusto venditore di Bibbie senza scrupoli, nerboruto e con un solo occhio (il Ciclope Polifemo) che, non solo li deruberà, ma darà loro una lezione di vita con una bastonata da tramortire un elefante. Magnifica a questo proposito l'espressione di Ulysses che guarderà completamente indifferente il compagno abbattuto continuando a mangiare e ad ascoltare le affabulazioni del malvagio predicatore fino ad essere colpito a sua volta.
Scene come quelle della purificazione nell'acqua, dell'incontro con una folle gangster (Baby Face), un nero che ha venduto l'anima al diavolo per poter suonare la chitarra ed altro ancora fino alla "conversione" di Everett, con tanto di cappio al collo con i suoi compagni di sventura, che supplicherà Dio con tutto il cuore con una commovente preghiera, salvo ritrovare la sua laicità una volta terminato il pericolo, fanno sì che lo spettatore non abbia modo di stancarsi e di non poter fare a meno di sorridere.
Si ha la netta sensazione che anche i fratelli Coen si siano parecchio divertiti nel girare questa chicca di film, apparentemente soltanto scanzonato, ma ricco di parodie e con una magistrale colonna sonora. Fa rimanere sconcertati e assolutamente divertiti la trovata di una casa discografica in mezzo al nulla, tra coltivazioni sterminate di grano dove il nostro terzetto, a sorpresa, in compagnia del chitarrista di colore intonerà ed inciderà un rudimentale disco che diventerà un successo in tutto il paese.
La musica riveste un ruolo centrale nella pellicola: country e blues dell'epoca accompagneranno tutto il film, interpretati così magistralmente da invitare quasi lo spettatore a ripetere le gesta e le grottesche espressioni del terzetto di attori.
La ricerca poi del colore un po' livido, talvolta giallastro, con paesaggi quasi dimenticati, ricchi di vegetazione, polvere e casupole, dove si mescolano con fantasia e genialità lo storico con la commedia ed il western, ne fanno un prodotto originalissimo ed arguto, con un finale che definire travolgente sarebbe eufemistico.
Sia lo spettatore medio che l'intenditore o il critico più esigente, l'appassionato che non perde nemmeno un istante in cerca di citazioni colte o d'autore, non potranno che essere profondamente soddisfatti.
Infatti non si cade mai nel banale o nel caricaturale, ma la parodia viaggerà tra il surreale e il grottesco, con una varietà di trovate, soluzioni e conclusioni che rendono difficile, se non impossibile farne un riassunto puntuale e soddisfacente.
Mai trio è stato più fortunatamente scelto per tale genere di film.
Tutti lavorano alla propria parte con assoluta adeguatezza ed i fratelli Coen escono da questa prova ancora una volta con eccellenza, aggiungendo un tassello al puzzle della loro filmografia che va facendosi via via sempre più ricca ed importante nella sua prorompente maturazione e rielaborazione, dando vita all'immaginario, non solo cinematografico, ma artistico, americano. Le vicende riportate, guardate con più profondità, accompagneranno lo spettatore mettendolo a contatto con le mille sfaccettature del male della stupidità e dell'idiozia, attraverso la corruzione ed il razzismo, la violenza e l'ignoranza che percorrono il Paese del Grande Sogno.
George Clooney, qui, grazie anche ad una grossa dose di autoironia, è l'antidivo per eccellenza, e si è guadagnato il Golden Globe come miglior attore protagonista. La sceneggiatura non originale è stata candidata all'Oscar, insieme alla fotografia di Roger Deakins.
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