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Autore tesis e the addiction
Bash84

Reg.: 28 Dic 2005
Messaggi: 446
Da: Ascoli Piceno (AP)
Inviato: 24-04-2006 12:44  
The Addiction – Dedito ergo sum

Una realtà urbana magistralmente descritta da un bianco e nero contrastato, i luoghi stranianti della città, le persone che li abitano nella patetica (e vana) ricerca di umanità, le loro colonne sonore. Se l’anima fosse qualcosa di fisico e passibile di essere filmato da una cinepresa, The Addiction sarebbe un documentario sull’anima. Molti registi usano la violenza psicologica in merito di quella reale, Ferrara opera all’inverso, usando la violenza più materiale e rappresentativa per spogliare l’uomo delle sue maschere. Una vampira in un vicolo inizia Kathleen alla dipendenza, al vampirismo, poi l’abbandona. In nessun film sui vampiri la trasformazione e la brama di sangue è descritta con tanta cura e fascino. Accettare la metamorfosi è dura per la ragazza, va all’ospedale, si fa medicare come se ciò che le è accaduto fosse normale, e già nell’ospedale si rende conto che il suo nuovo “dono” è qualcosa di troppo grande perché gli altri possano curarlo o anche solo comprenderlo; è sola a combattere-conoscere la nuova Kate. La dipendenza chiama la ragazza ad agire da vampiro e fa crescere in lei il desiderio accrescendone contemporaneamente l’onnipotenza. C’è la consapevolezza del male e la sua accettazione come naturale e in questo si acquisisce la nuova visione della realtà ordinaria: il vampiro è la concretizzazione delle tendenze umane, celate da un ipocrisia di facciata sotto le gerarchie sociali (e universitarie), la degradazione suburbana, la violenta ma epica storia del genere umano (scritta col sangue). Il substrato filosofico del film non è fine a se stesso, ma ha il solo scopo di guidare lo spettatore alla “cattiva novella” che è già presente nel linguaggio più criptico e squisitamente filmico dell’opera: tra determinismo ed esistenzialismo, dal male come stato-condanna al male come scelta di vita... fino all’implosione dello stesso concetto di male. La vita si svela come una contrapposizione di rapporti di forza, un ego che vuole (deve) emergere sugli altri divorando letteralmente le personalità che lo circondano. L’inganno del libero arbitrio si esplicita nella paradossale intimazione del carnefice alla vittima: “Dimmi di andare via. Con fermezza...”. L’incontro di Kate con Peina porta con se la disillusione e il crollo delle nuove certezze, gli occhi finalmente aperti sul mondo si dimostrano ancora miopi al cospetto di questo veterano: liberarsi dalla dipendenza attraverso la strada dell’ascesi per essere “quasi umano”. Questo concetto è in apparente contrapposizione col messaggio che era andato conformandosi fino a questo punto, ma ci rendiamo conto che a sconcertare è proprio la tensione dei vampiri ad essere umani, la consapevolezza infondo di esserlo, assottigliando così fino all’annullamento la linea di confine tra i due mondi. Ma Kate non è pronta a questo passo, a sacrificare la sua natura in nome della normalità (abdicare la violenza in nome di un’altra più conformista). E si rifugia in un orgia di sangue per annegare i suoi dissidi interiori, uscendone con quello che sembrerebbe l’effetto di un overdose. La soluzione per uscire dal tunnel è la morte, se la dipendenza è l’attitudine caratterizzante dell’essere umano, l’unica cura è cessare di essere, ma anche questa strada è negata e a Kate non resta che una sorta di suicidio mistico, per mezzo di un prete-boia che sembra non credere alle sue stesse parole, e l’ostia che porge alla ragazza ha il gusto di una nuova droga in sostituzione della vecchia. La morte-rinascita di Kate non riesce a connotarsi come lieto fine, né come risoluzione, ma in essa si proietta la crisi interiore dello stesso regista che non può (e forse non potrà mai) trovare l’uscita dal tunnel della sua ossessione. I vampiri di “The Addiction” non sono tanto diversi dai mafiosi di “Fratelli”, il male ha lo stesso carattere ineluttabile, la morte ancora non è risolutoria ma triste atto di sottomissione all’entità della colpa. Le giustificazioni di Kate davanti alle sue vittime sono assimilabili alla perifrasi che Christopher Walken espone all’assassino di suo fratello prima di vendicarlo. La condanna del male diventa condanna dell’uomo stesso. Ancora una volta Ferrara ci apre violentemente gli occhi su questo insolubile contrasto, ancora una volta per farlo si serve di un capolavoro assoluto.

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Cosa puoi perdonare ad un essere perfetto?

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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 06-09-2006 10:53  
THE ADDICTION di Abel Ferrara 1997 (alle radici del Male)

“Perché non mi hai mandato via?”

Filosofia pura questo film di Abel Ferrara, ed è un peccato perché una maggiore semplificazione e qualche citazione dotta in meno, forse avrebbe consentito una maggiore circolazione di questa opera. Invece il messaggio (importante e coraggioso) rimane per pochi intimi, per una fortunata elite culturale. Anche qui abbiamo un’alba ma non è quella della redenzione e della catarsi di Aurora e di Nosferatu, ma quella dell’eccidio da parte degli Americani sui vietnamiti, con capro espiatorio su cui gettare addosso tutti i peccati del mondo ( ma tutto il paese era colpevole, perché allora incolpare uno solo?). Agli eccidi americani seguono quelli nazisti e poi quelli serbi in una escalation di immagini violente che ripropongono lo stesso inquietante quesito: questo Male che ciclicamente la Storia ci ripropone in stermini e genocidi da dove nasce? Non è forse insito nella Natura umana? Nel rispondere a questa domanda filosofica, Ferrara non fa l’errore di puntare il dito all’esterno, cadendo nella demagogia e nel moralismo della Domenica. Ferrara è spietato e coraggioso nell’affermare a chiare lettere che il male non solo nasce dentro di noi, ma si propaga e dilaga come una malattia, come una droga che crea dipendenza ( e anche necessita di dosi più alte), proprio perché non siamo forti nel combatterlo, nel negarlo, nell’allontanarlo definitivamente. Siamo fondamentalmente vigliacchi e il più grande nemico dell’umanità non sono le armi di distruzione di massa, ma la indifferenza di massa, l’ignavia di chi ormai si è abituato all’inferno ed è diventato parte di esso.”Vigliacca sei una vigliacca… sei una collaborazionista” sono frasi precise e atti d’accusa violenti ma sinceri che la nostra protagonista Lili Taylor – Kathleen Conklin si sente rivolgere nel momento di essere vampirizzata per la prima volta. La debolezza genera la dipendenza, il sangue succhiato non basta mai. La Medicina si crede onnipotente ma poi si scontra con la contaminazione e propagazione di un male interiore, di un malessere angosciante, che si getta tra le braccia della morte in una sorta di autodissoluzione. Nulla può salvarci dalla propensione al Male e le ombre lunghe dei vampiri di New york testimoniano che le strade sono piene di morti viventi, di tossicodipendenti, di gente che marcisce dentro e ha l’alito di merda. Bisognerebbe fare come Christopher Walken e controllare il vizio con la propria volontà, predicare l’astinenza come affermazione netta della propria identità morale. La dipendenza altera la percezione della realtà: la perdita di autocoscienza e di consapevolezza ci rende schiavi del nostro vizio e l’eternità diventa una condanna perché prolunga le sofferenze della dipendenza (addiction) all’infinito.
Se si eccettua qualche scivolone del cattolico Ferrara sui crocefissi e sui preti, tralasciando certe testardaggini didascaliche e dozzinali, il film ha una forza visiva e narrativa dirompente.
Finale Pirandelliano alla maniera del Fu mattia Pascal (con annessa tomba).
Ma dobbiamo prendere le armi e combattere il vero nemico che è dentro di noi: solo la autoconoscenza permette la eliminazione della parte cattiva di sé.
Girato in un glorioso black and white molto espressionista (ombre lunghe alla Murnau).
Male distribuito, male criticato. Ha proprio ragione Abel Ferrara, c’è tanto male nel mondo. Ed anche tanta gente che non capisce, stretta nella camicia di forza della ignoranza.
Un film da tenere in videoteca e tramandare ai posteri.

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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 06-09-2006 11:01  
Dimenticavo grandissima colonna sonora (Onyx su tutti) con un certo Nietzche come autore!!!!

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