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Autore Manhattan - W Allen 1979
sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 26-06-2004 01:48  
Ieri (forse in un raptus di follia) l'ho visto tre volte di seguito. In italiano, in inglese e ancora in italiano.

Incredibile. Manhattan non è mai stata così poeticamente descritta. Parola di chi Manhattan l'ha vista non più di 5 mesi fa. La fotografia è splendida, la "Rhaphsody in blue" sembra scritta apposta, le nevrosi di Woody/Isaac e di Diane/Mary riflettono il nervosismo della metropoli così come nella dolcezza di Mariel/Tracy si ritrova tutto l'amore di Allen per la sua città.
Azzeccati gli altri personaggi, nella già citata scena finale mi pare di aver visto un omaggio al finale di "Tempi moderni" di Chaplin. "Non è detto che tutti cambino in peggio nel tempo. Bisogna avere fiducia nella gente...". Commovente, divertente. Grande.

Scenografia e dialoghi geniali, tra i migliori in assoluto.
"Dammi i particolari, voglio sapere come sta mio figlio. Gioca a baseball, o fa il travestito?"

"Senza le mie 16 ore di sonno sono un grande invalido."

"Guarda, qui c'è un panino del 1951. Il manzo non dovrebbe essere blu."

"Capitolo primo. Era inguaribilmente romantico verso la città che amava. Dietro la montatura nera dei suoi occhiali si celava la potenza sessuale di una tigre della giungla. Ok, così mi piace. (non so perché tradotto con un "no, no, aspetta un momento.") New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata."

Immenso. Voto 10 e lode.

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"Non vorrei mai appartenere ad un club che accettasse tra i suoi soci uno come me." (Groucho Marx)
"Ci vuole tutta la vita per vivere.O anche: ci si mette tutta la vita per imparare a vivere.Si può dire in tutt'e due i modi." (Tiziano Sclavi)

[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 11-02-2005 alle 16:45 ]

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liliangish

Reg.: 23 Giu 2002
Messaggi: 10879
Da: Matera (MT)
Inviato: 26-06-2004 13:39  
ora so che dirò una bestialità, e forse mi sono soffermata a guardare solo la superficie del film, ma a me sembra che l'idea che comunica sia molto triste.

lui ha sposato una donna intelligente ed energica, così carica di caratteristiche maschili da rivelarsi poi lesbica.

frequenta una ragazza molto più giovane di lui, all'inizio si pensa per reazione alla delusione avuta da una moglie così carica di personalità, ma la frequenta apparentemente solo per il sesso, anche se la ragazza non è solo giovane e carina.

non appena infatti incontra una donna colta, intelligente e affascinante se ne sente attratto, fino a quando però il suo senso di inferiorità non prende nuovamente il sopravvento e ancora una volta viene scaricato.

quindi torna tra le braccia della giovane, che sarà pure diciottenne, ma è talmente semplice da gestire... ma la diciottenne sta per spiccare il volo, sta per diventare una donna anche lei, quindi foriera dei soliti problemi...

potrebbe sembrare quasi che Allen osteggi la libertà e l'indipendenza femminile, a favore di una figura più remissiva e tradizionale, più facile da controllare.


oppure al contrario il suo film è una straordinaria dichiarazione d'amore verso le donne e la loro capacità di essere complicate sempre, anche quando sono semplici.

questa doppia lettura è favorita dal linguaggio filmico di Allen, sempre ironico, in bilico tra il serio e il faceto...

l'ambiguità e l'ironia della storia sono le cose che più mi attraggono...e allo stesso tempo mi respingono.
_________________
...You could be the next.

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misaki84

Reg.: 29 Lug 2003
Messaggi: 2189
Da: Montecchio Maggiore (VI)
Inviato: 26-06-2004 13:46  
Difficile descrive un capolavoro... bellissimo, emozionante, divertente, malinconico... forse il migliore film del genio newyorkese.

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 26-06-2004 13:48  
Secondo me, ancora più di lui stesso, sono proprio le donne ad essere una metafora di Manhattan.

"New York era la sua città, e lo sarebbe sempre stata."
Tracy era la "sua" donna. E ("Bisogna avere fiducia...") lo sarebbe sempre stata.
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 10-02-2005 19:05  
"Hey, ma come va con questo...Daddy? Chi il mio analista? Bene! Bene? MA se hai l'autostima di una tacca inferiore a quella di Kafka!"
Visto che un pò tutti avete citato, inizio citando anch'io.
Non è che abbia molto da dire poi. Le chiavi interpretative di Allen mi sfuggono, soprattutto per ignoranza del soggetto.
Manhattan, a mio avviso, rappresenta uno dei momenti più significativi della produzione di Allen.
Una delle descrizioni più belle della city per eccellenza, usando come mezzo (come mi pare sottolineasse opportunamente Zebe) i caratteri e le raffigurazioni dei personaggi.
E a dispetto d'un'incalzare serrato di battute e citazioni divertenti e divertite, un dipanarsi della trama casualmente ironico e sorprendente, ci si accorge che Allen in tutto il corso dell'ora eccetera di film, non sorride che una volta: alla fine.
La verbosità, il citazionismo compiaciuto del personaggio (del personaggio,si badi bene, non del film come in altri casi è successo) franano miserrimamente su un volto, sulla consapevolezza che un volto così non si sarebbe mai più rivisto.
Sorriso amaro dunque.
La messa in scena è piuttosto teatrale. Allen privilegia il plan fisso, o mobile quel tanto che basta allo svolgimento dell'azione. Alcune scelte d'inquadratura sono addirittura anticonformiste e estranianti. Il bianco e nero e la scelta del plan fisso aiutano Allen nella definizione filmica della sfuggevolezza dei personaggi, della loro definibilità sociale ma impercettibilità umana.
Basti pensare a come gioca la fotografia nella sequenza del planetario, o alla costruzione della sequenza nel circolo sportivo.
Un film che, comunque lo si veda, quasi non si riesce ad essergli ostili. Anche perchè dà pochi appigli in questo senso
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"Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate"

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Bonjo3

Reg.: 13 Ott 2004
Messaggi: 404
Da: Lucca (LU)
Inviato: 10-02-2005 19:22  
uno dei qui film in cui allen riece ad andare ceramente oltre al vena comica che percorre i suoi film.

Le donne anche secondo me sono solo feticci di attegiamenti cittadini(passsatemi l'espressione), l'attrice protagonista è NYC ed è per questo che la scena finale è meravigliosa: pura conteplazione dell'ogetto amato senza bisogno di niente altro.
Anche all'inizio quello che il regista ci mostra è una carrellata di alcuni dei punti più belli della città che però sono ai più poco noti; così come di una donna che si ama ci piaccione quei dettagli che solo noi conosciamo.

Su dialoghi attori ecc... si è già detto di tutto ormai.

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Va un casino quest'anno!

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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
Messaggi: 29115
Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 10-02-2005 19:55  
visto che in archivio non c'è...
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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denisuccia

Reg.: 14 Apr 2002
Messaggi: 16972
Da: sanremo (IM)
Inviato: 11-02-2005 16:23  
Manhattan non è descritta metaforicamente nei suoi personaggi femminili. Il significato è un altro, celato ma ben spiegato dal regista successivamente.
Lo stile dei film di Allen, stando a lui, deriva dalla sua infanzia e dai film che, durante tale periodo, egli ha potuto vedere e amare. Quando lui scrive una sceneggiatura, anche ambientata ai nostri giorni, cerca sempre di riprodurre la sensazione che provava da bambino nel vedere determinati film. Una sua frase infatti è “Quando faccio dei film la cui vicenda si svolge nel passato, per esempio negli anni Quaranta, non si tratta dei veri anni Quaranta, ma piuttosto degli anni Quaranta così come li ha mostrati il cinema”.
Manhattan, quindi, riflette un’idea cinematografica della città di New York più che della sua realtà.
Nella vera Manhattan non si possono, infatti, trovare scorci in bianco e nero che si susseguono in armonia con le melodie di Gershwin, la vera Manhattan è rumore, caos, colore e ben altro. Altra frase che spiega è, infatti “I miei film nascono da un mio rapporto con il mondo che si fonda più sul cinema che sulla realtà”.
Manhattan è, quindi, come un regalo che Allen decide di fare al cinema del suo passato, che gli ha regalato momenti che fossero in grado di trasportarlo al di là della realtà, che forse non amava.
Non tanto come se il cinema potesse essere il legame tra la realtà e il sogno, ma la chiave di lettura che rendeva la realtà più magica ai suoi occhi…




ps: mi ha molto illuminata Conversazione con Woody Allen, di Frodon, che consiglio a chi voglia capire un pò di più il suo cinema
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L'improvviso rossore sulle guance di Thérèse, identificato immediatamente come il segno dell'Amore, quando io avevo sperato in una innocente tubercolosi.

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