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Autore L'Estate di Kikujiro
Tristam
ex "mattia"

Reg.: 15 Apr 2002
Messaggi: 10671
Da: genova (GE)
Inviato: 27-09-2005 01:48  
Minchia, ma qui si sfiora il parossismo.
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"C'è una sola cosa che prendo sul serio qui, e cioè l'impegno che ho dato a xxxxxxxx e a cercare di farlo nel miglior modo possibile"

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kaciaronr1

Reg.: 22 Set 2005
Messaggi: 52
Da: caprarola (VT)
Inviato: 10-10-2005 19:04  
film geniale come tutta la sua opera non mi stanchero' mai di ripeterlo

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trelkowski

Reg.: 09 Mar 2006
Messaggi: 107
Da: palermo (PA)
Inviato: 07-04-2006 16:56  
VOTO 8
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Dick Laurant è morto

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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 10-12-2006 17:05  
L’ESTATE DI KIKUJIRO di Takeshi Kitano 1999 (il gioco come mezzo di esplorazione della realtà ovvero on the road again)

“Ehi ragazzi smettete di fumare…
se fumate diventati deficienti
come questo qua…”

Durante la premiazione al festival del cinema di Venezia 1997, in cui Kitano vinse il leone d’oro con Hana-Bi, Jane Campion, la presidentessa della giuria, avvicinò il regista giapponese e lo mise a conoscenza che il premio gli era stato assegnato nonostante nei suoi film fosse presente la violenza, e i giurati avrebbero preferito premiare un film non violento. A parte il fatto che queste considerazioni gettano una sinistra luce sulla competenza delle giurie di certi festival (e sui criteri di valutazione, con tali parametri Tarantino si sarebbe sognato di vincere Cannes con Pulp Fiction nel 1995), Beat Takeshi Kitano deve avere mandato a memoria il discorso della regista australiana (della quale però ricordo un paio di dita mozzate in Lezioni di Piano e molto arditezze in In The Cut) perchè nel 1999 esce con questo piccolo poemetto morale, scevro di ogni immagine violenta, denso di malinconica mestizia e tragica comicità, che è L’Estate di Kikujiro. La storia narrata sembra un cinefilo deja vù: un bambino che viene accompagnato da un adulto (Lo stesso regista Beat Takeshi) verso la casa della propria madre che lo ha abbandonato per andare a lavorare (ma la verità sarà ben più amara) in una estate piena di luce e colori, in mezzo ad una natura accogliente e benigna. E’ stato scomodato il Benigni de La vita è bella”, Jacques Tati e Luc Besson. Perfino Chaplin con “Il Monello” ma Masao di monello non ha proprio niente, poveretto. In realtà Kitano ribalta il tutto e la storia potrebbe essere riassunta meglio dicendo che il film tratta di un adulto che viene accompagnato da un bambino verso un ritorno alle proprie origini (e al gioco esplorativo dell’infanzia) e verso la lucida consapevolezza della immaturità della propria esistenza. E in effetti il titolo è alquanto rivelatorio. Quindi se mi viene permesso l’azzardo, direi che siamo più dalle parti di Ladri di Biciclette.
Sin dall’inizio viene raffigurato un angioletto che ricorre per tutto il film: è un richiamo alla spiritualità che è ben più marcato (forse troppo con l’apparizione dell’angelo campanellino) che in Hana Bi, e la corsa del bambino al rallentatore, con zainetto provvisto di alucce, ha un che di spensierato e liberatorio insieme. Masao è un bambino di nove anni, che vive con la nonna, ma sembra molto più maturo della sua età e determinato ad andare a ritrovare la madre che lo ha abbandonato. Masao viene tratteggiato come un bambino solitario, che il primo giorno di vacanza si presenta al campo di pallone per gli allenamenti ma non trova naturalmente nessuno. Tutti gli amichetti partono con le famiglie, lui non sa che fare, fino a quando un pacco postale arrivato inaspettatamente a casa, lo fa risalire all’indirizzo della madre.
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Schizobis

Reg.: 13 Apr 2006
Messaggi: 1658
Da: Aosta (AO)
Inviato: 10-12-2006 17:07  
Stupenda la scena di Masao che fugge da casa e la MdP che si solleva lentamente in un lungo piano sequenza prima di perderlo in lontananza. Un amico della nonna, che lo intercetta on the road per caso, gli farà da guardia del corpo (non da angelo custode), ma prima passerà attraverso vari livelli di coscienza e autoanalisi. Tutta la prima parte del film è godibile e ben calibrata, tra le scommesse al velodromo e l’incontro con il pedofilo (sdrammatizzato alla grande da Kitano), e le sottolineature sui troppi divieti che siamo costretti a subire sono veramente in grande contrasto con la assoluta libertà del mondo giocoso dei bambini. Beat Takeshi rispolvera l’armamentario comico che lo ha reso celebre in tutto il mondo, maldestro e rozzo, ha però una purezza primordiale da buon selvaggio che lo rende simpatico al pubblico. Il film ha la vetta più alta nel momento della rivelazione della realtà crudele agli occhi del bambino che scopre sulla sua pelle la menzogna e il raggiro. Sono tra i minuti più intensi e sacri di tutta la filmografia di Kitano e segnano una svolta critica negli altri adulti che ruotano intorno al bambino.Beat Takeshi decide che da questo momento in poi non ci saranno più divieti, la dimensione disillusoria della verità sarà sostituita dall’oblio leggero del gioco, dello scherzo, della pantomima, via dalla città e dentro la natura. Ma è proprio in questa seconda parte che l’attore Beat Takeshi prende il sopravvento sul regista Kitano, si ipertrofizza a dismisura e onestamente il film rallenta moltissimo fino a quasi fermarsi nella canicola estiva, nell’autocompiacimento delle situazioni ridicole. Il peccato è naturalmente veniale e non inficia molto la grandezza di questo film. .
Il male è comunque una traccia appena avvertibile e si fa strada attraverso il sogno, il subcosciente rimosso ritorna in immagini spaventose.
Ma la notte è anche un immenso cielo stellato dove individuare il Grande Carro e riderci su.
Non sapere nuotare, non sapere guidare la macchina, non sapere ballare il tip tap, non sapere ottenere le cose con gentilezza: non saper vivere ed imparare nel travestimento, nello scherzo goliardico, un possibile avvicinamento alla comprensione della società degli uomini. E cosi ogni foto ricordo si anima, e le nostre ferite (“sono caduto dalle scale”) si rimarginano.
Beat Takeshi dice finalmente al bambino quello che il pubblico ha ormai da tempo realizzato: “Io e te siamo proprio uguali”. Il suo sacrificio lo porta alla consapevolezza dolorosa di quello che ha rimosso (una madre catatonica in una specie di ospizio) e la sua camicia Hawaiana diventa bianca e linda. Un ponte è gettato tra il mondo degli adulti bambini e quello dei bambini adulti. “Il Signore ha giocato con me…..ma come si chiama Signore?” il bambino dà un nome a questo suo indelebile ricordo d’estate, attraversa il ponte e si perde in lontananza. Masao e Kikujiro si sono riconosciuti.
Musiche azzecattissime di Hisashi con il tema principale ripreso da “Mio Zio” di Jacques Tati.

GIA PUBBLICATO QUI
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