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Quel maledetto problema di un'analisi cinematografica..... |
Richmondo
Reg.: 04 Feb 2008 Messaggi: 2533 Da: Genova (GE)
| Inviato: 01-10-2008 16:50 |
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Proprio in questi giorni sono stato coinvolto in una interessantissima discussione sul sito di un appassionato cinefilo, riguardo a The dark knight. In realtà, tale dubattito dal film di Nolan trae solamente lo spunto, per arrivare a toccare argomenti molto più complessi e delicati, spesso trattati anche qui sul forum (ultimo, quello sul topic "Cinema e memoria" sollevato da Marien poco più di un mese fa e che in qualche modo tange anche le problematiche che qui esporrò).
Nel sopracitato scambio di opinioni una persona sosteneva che il film di Nolan pecca laddove vorrebbe generare tensione, senza tuttavia riuscirvi, dal momento che infrange determinate regole assodate ed accettate universalmente da chiunque faccia (e capisca di) cinema, le quali non fonderebbero la loro veridicità altro che su assiomi matematici (od aritmetici).
Dall’altra parte, un'altra persona risponde che il cinema non è affatto basato su regole precise, bensì su convenzioni il cui margine di efficacia (od effettività?) è assai labile, tanto da essere state modificate od innovate più volte ed a più riprese nella ricca e nutrita storia della Settima arte.
Ecco, mi fermo qua, per dirottare immediatamente l'oggetto del topic laddove vuole andare a parare: come ricavare effettivamente un senso, un significato, dall'opera cinematografica?
Colui che ha denigrato "The dark knight" lo ha fatto adducendo che volesse generare tensione, sbagliando totalmente nella sua sintassi, data dal montaggio errato. Ha riportato come esempio il fatto che la sequenza (mi pare verso la conclusione del film) dell'inseguimento sia costruita su ritmi e secondo codici linguistici assolutamente mal colocati nell'ambito della "grammatica filmica", addcendo come tesi quella secondo la quale il cinema vanterebbe, nel suo linguaggio, appunto, delle regole puramente aritmetiche, incontrovertibili, con un significato unico ed incontestabile.
Ebbene, io penso che il campo in questione sia davvero molto delicato e si finisca per fare considerazioni che poi possano mettere in luce l'aspetto più intimo e soggettivo della critica cinematografica.
Sono anch'io d'accordo che il cinema conosca delle convenzioni, delle cifre linguistiche abbastanza assodate, utilizzate (ed abusate) nella produzione dei films. Ma credo anche che definirlo un linguaggio aritmetico sia qualcosa di abbastanza infelice, in quanto la storia della Settima arte ci insegna che appunto di convenzioni si tratta, sovvertite e smentite dal rivoluzionario di turno, innovando un linguaggio che si distingue da tutti gli altri per l'assenza di strutture mediatrici (la parola o un segno grafico artificiale) per comunicare qualcosa.
Da qui trovo che si insinuino davvero molti dubbi a proposito del senso da ricavarsi in un film. Posto che anche "il non senso" può avere un significato (e a tal proposito c'era il blog di un amico, che purtroppo adesso è chiuso, sul quale si trattava questo specifico argomento), comunque, da che mondo e mondo non si può denigrare (od elogiare) una pellicola basandosi solamente su di una sequenza, né partendo da un singolo frame, perché essi costituiscono solamente un elemento minimale atomico, dell'intero organismo filmico.
Bene. Ma allora come ricavare senso dal cinema? Riallacciandoci all'interessante discorso introdotto da Marienbad, il cinema è proceso mnemonico, nella nostra mente, per quella peculiare differenza che lo distingue dalle altre arti figurative, che è quella dell'elemento tempo in funzione dello spazio.
Io sono dell'avviso che un significato si possa e si debba trovare a mente lucida e fredda (e non è un caso che io stesso abbia potuto giudicare "The dark knight" obiettivamente solamente dopo un paio di giorni), mai nel momento stesso in cui lo si sta vivendo. Un po' per via del fatto che si sta parlando di una vera e propria esperienza sensoriale, che dirompe sulla nostra sfera di percezione in maniera davvero aggresiva, limitando al masimo ogni nostra facoltà nell'ambito dell'intelletto. Di un quadro, come già scrissi, possono focalizzarsi effettivamente tutti e solo gli elementi rappresentati. E molte delle nostre energie cerebrali verranno spese, caso mai, per riconvertire in "linguaggio della realtà" (volendo lontanamente parafrasare Pasolini) ciò che è un insieme di punti, molto vaghi, in realtà, a proposito del loro significato.
Nel cinema, bene o male, quello che si vede è quello che è. In pittura, un vaso può essere un vaso, oppure una forma simile ad un vso, ma che in realtà, per ragioni stilistiche, può in realtà essere tutt'altra cosa. Nel cinema no. E, ancor di più, sarà impossibile, comunque, concentrarsi su quel vaso, dal momento che la macchina da presa sarà in grado di mostrarcelo - se lo vorrà - a tutto tondo, dilatandone il contesto, il paesaggio, manipolando effettivamente lo spazio e donando al tutto la dimensione del "coinvolgente". Inutile sarà soffermarsi sul rapporto cinema/spettatore, principalmente in virtù dell'ambiguità di fondo che adombra questa contrapposizione. Spettatore inteso come pubblico e spettatore visto come singolo individuo che guarda un film. Nel primo caso, molti sono stati i saggi che hanno trattato l'argomento cinema in rapporto ad una fruizione collettiva, sociale, ma sinceramente, non solo credo di essere la persona meno adatta per parlarne (soprattutto anagraficamente), ma tantopiù trovo che sia una valutazione davvero poco sensata, nella misura in cui il cinema e le sue interpretazioni, essendo appunto frutto di esperienze sensoriali, secondo me sono argomenti personalissimi.
Così dicendo, quindi, parrebbe quasi che io abbia già preso le distanze da qualunque tipo di analisi di tipo prettamente semiologico, sul film. E invece no. Io penso che lo studio del cinema come linguaggio e, per tanto, l'analisi delle sequenze dettagliate, sia un qualcosa di molto importante, forse essenziale per cominciare a capire il cinema. Ma ciò non basta a coglierne il senso, appunto.
Scondo me l'analisi di una sequenza (nella quale, peraltro, anch'io mi sono a fondo spesso impegnato) sta al cinema come un'analisi grammaticale sta alla "Divina commedia". E' importante, indispensabile comprendere come Dante è capace di servisri della struttura verbale, della parola, della metrica ecc...
Ma il senso che si ricava dalla "Divina commedia" non sarà certo quello dato da un'analisi sempre e comunque dettagliata, grammaticale, sintattica o anche solamente lessicale. Perché così facendo finiremmo per negare il potere stesso della parola, del linguaggio. Quando leggiamo un libro, mica stiamo tutti i momenti a studiarne l'uso peculiare che lo scrittore fa del linguaggio stesso, la sua metrica, la disposizione lessicale, il simbolismo. Ma casomai, ricaviamo un significato da qualcosa che è complessivo, troppo più grande di noi e che eppure così tanbto ci appartiene. Un linguaggio, appunto.
Bene. E nel cinema? Quanto può giovare l'analisi accurata e dettagliata di una sequenza nella cattura del significato di quello speciico film?
Io penso tanto quanto ciò giovi nella letteratura, nella pittura ed in ogni altra forma artistica. Capire, comprendere quyelle convenzioni (non aritmetiche!) che compongono il linguaggio cinematografico è indispensabile, ed un'analisi specifica fa sempre comodo. Ma il senso di un film, trae origine alla fin fine dall'immagine, nuda, pura, spogliata di ogni implicazione scientifica. Un frame, immobile. Una specie di fotografia. Che, sommato a cento altri, diventa fluido, scorrevole. Per giove! Ma è metrica! Ma allora posso leggere "La divina commedia" e godere del suo significato, carpirne il senso senza dovermi soffermare ad analizzare parola per parola, ma forse dando per scontate le mie conoscenze linguistiche? Posso ricavare il senso dal tutto, o devo ostinarmi a scomporre come uno scienztao incallito, ciò che trae la sua forza e la sua potenza ammaliante proprio dal'insieme?
Il cinema comincia dopo la fine di un film. Tornando all'argomento sollevato da Marien, solo dopo averlo assimilato, totalmente, averne percepito il senso vero del movimento, che è alla base della sua essenza. Il cinema parte dall'immobile, ma si fa gioco dinamico, spaziale, temporale, universale.
Percepire il suo significato, secondo me, sarà possibile soltanto a mentre sgombra da qualunque immagine immediata, ma solamente piena dei ritagli e delle parti essebziali che ci saranno rimaste, impresse nella mente, a testimonianza di quel senso intrinseco, marchiato a fuoco nei codici e nelle convenzioni linguistiche, che diamo per scontate. In quanto il cinema lo viviamo nella sua interezza. E, passatemi il seguente ossimoro, del tutto "inconsapevolmente consapevoli" dei suoi codici linguistici, sintattici, lessicali.
Chiudo inserendo le testuali parole di un mio intervento sul sopracitato sito:
credo che il cinema abbia giocato a confermarsi e smentirsi nel corso degli anni (ormai, secoli). In entrambi i casi lo abbiamo amato per la sua eterna possibilità di comunicare attraverso un linguagio alternativo, che Pasolini considerava traduzione di quello reale”, che io semplicemente definisco riproposizione della realtà, attraverso la sua stessa mistificazione.
Siamo di fronte ad un situazione in cui diversi confini stanno venendo meno: cinema del reale/cinema d’animazione, “cinema che coinvolge”/cinema che avvolge (3D), tutte innovazioni che non siamo ancora in grado di valutare, dal momento che le stiamo vivendo sulla nostra pelle, come capitò agli spettatori di “L’arivée d’un train en la Gare de la Chotat” dei Lumiere, che si racconta balzarono sulle sedie nel momento stesso in cui il cinema donò loro l’illusione di star vivendo davvero un momento inesistente.
E’ difficile, quindi, trarre conclusioni ben precise. Io suggerisco un approccio consapevole e maturo, ma anche profondamente nichilista, reltivo e pronto ad autosmentirsi. Perché nulla è certo nell’esperiena cinematografica. Tutto muta, si parte da un frame, immobile, fermo. Ma si finisce per amalgamarlo a cento altri, dado vita al movimento, nello spazio, nel tempo. Questo è il cinema. Ci sfugge di mano nel momento stesso in cui crediamo di averlo colto.
Qualcosa di profondamente diverso, quindi, dalla semplice aritmetica.
Quale credete sia l'approccio migliore nella critica cinematografica? Un analisi testuale accurata, puntuale e sempre impeccabile riguardo al riconoscimento di quelle regole (ferree, matematiche) da sempre accettate nel cinema, oppure il ragionamento a posteriori, un'esegesi sicuramente condizionata dalla trasfigurazione, nel tempo, dell'immagine vista (vissuta), ma comunque già scremata di tutto il superfluo, di tutti i fronzoli, ma densa e piena solamente di quel senso che è rimasto impresso dentro di noi?
_________________ E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti. |
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AlZayd
Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 01-10-2008 17:19 |
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Mi prendo un po' di tempo per leggere, elaborare, forse capire ed eventualmente rispondere... |
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Richmondo
Reg.: 04 Feb 2008 Messaggi: 2533 Da: Genova (GE)
| Inviato: 01-10-2008 17:20 |
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quote: In data 2008-10-01 17:19, AlZayd scrive:
...forse capire...
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Ahaha, spero solo di non aver divagato come al solito in eccesso.
_________________ E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti. |
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DeadSwan
Reg.: 05 Apr 2008 Messaggi: 1478 Da: Desda (es)
| Inviato: 01-10-2008 20:01 |
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quote: In data 2008-10-01 16:50, Richmondo scrive:
Nel sopracitato scambio di opinioni una persona sosteneva che il film di Nolan pecca laddove vorrebbe generare tensione, senza tuttavia riuscirvi, dal momento che infrange determinate regole assodate ed accettate universalmente da chiunque faccia (e capisca di) cinema, le quali non fonderebbero la loro veridicità altro che su assiomi matematici (od aritmetici).
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Colui che ha denigrato "The dark knight" lo ha fatto adducendo che volesse generare tensione, sbagliando totalmente nella sua sintassi, data dal montaggio errato. Ha riportato come esempio il fatto che la sequenza (mi pare verso la conclusione del film) dell'inseguimento sia costruita su ritmi e secondo codici linguistici assolutamente mal colocati nell'ambito della "grammatica filmica", addcendo come tesi quella secondo la quale il cinema vanterebbe, nel suo linguaggio, appunto, delle regole puramente aritmetiche, incontrovertibili, con un significato unico ed incontestabile.
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Dovrei sapere esattamente cosa ha detto costui prima di giudicare, ma posta in questi termini e' una pura e semplice vaccata.
_________________ Dresda, Sassonia, Germania
Se non riesci ad uscire dal tunnel, almeno arredalo |
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Tenenbaum
Reg.: 29 Dic 2003 Messaggi: 10848 Da: cagliari (CA)
| Inviato: 01-10-2008 20:33 |
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tutta la discussione poteva essere conclusa senza perdite di tempo con un bel "ma vai a cagher"
_________________ For relaxing times make it Suntory time |
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fuffina
Reg.: 30 Mag 2007 Messaggi: 153 Da: Milano (MI)
| Inviato: 02-10-2008 11:41 |
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Troppo lungo per i miei gusti, ahah, ma apprezzo lo sforzo di scrittura.
_________________ Non sono avventuriero per scelta, ma per destino.
(Vincent Van Gogh) |
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Richmondo
Reg.: 04 Feb 2008 Messaggi: 2533 Da: Genova (GE)
| Inviato: 02-10-2008 13:01 |
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quote: In data 2008-10-01 20:01, DeadSwan scrive:
quote: In data 2008-10-01 16:50, Richmondo scrive:
Nel sopracitato scambio di opinioni una persona sosteneva che il film di Nolan pecca laddove vorrebbe generare tensione, senza tuttavia riuscirvi, dal momento che infrange determinate regole assodate ed accettate universalmente da chiunque faccia (e capisca di) cinema, le quali non fonderebbero la loro veridicità altro che su assiomi matematici (od aritmetici).
[..]
Colui che ha denigrato "The dark knight" lo ha fatto adducendo che volesse generare tensione, sbagliando totalmente nella sua sintassi, data dal montaggio errato. Ha riportato come esempio il fatto che la sequenza (mi pare verso la conclusione del film) dell'inseguimento sia costruita su ritmi e secondo codici linguistici assolutamente mal colocati nell'ambito della "grammatica filmica", addcendo come tesi quella secondo la quale il cinema vanterebbe, nel suo linguaggio, appunto, delle regole puramente aritmetiche, incontrovertibili, con un significato unico ed incontestabile.
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Dovrei sapere esattamente cosa ha detto costui prima di giudicare, ma posta in questi termini e' una pura e semplice vaccata.
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Ed infatti lo è. Ma non è questo il punto che mi interessa, dal momento che è già stato ampiamente sciorinato dall'autore del sito (di cui avevo già messo il link, ma lo rifaccio: eccolo ) e non è affatto mia intenzione ripetere a pappagallo quello che c'è scritto lì, né occuparmi dei problemi di cui benissimo e a pieno diritto già l'autore del suddetto spazio web ha trattato e sta tuttora trattando.
Io ho solo preso spunto da quella discussione che partiva da "The dark knight" (comunque, se l'argomento sul film di Nolan ti interessa, puoi benissimo andare sul link che ho messo, in cui è riportata tutta la discussione, nel post intitolato "Aritmetica?") per capire come l'utenza cinefila filmuppiana si approcci effettivamente all'analisi di un film, alla critica cinematografica.
Solo questo mi preme sapere.
Come ricavate senso da un film? Seguendo schemi logici, matematici (appunto), quindi sempre e solo visionando una pellicola nelle sue componenti minime, scindendola atomicamente (cosa peraltro talvolta divertente, nella quale anch'io mi sono cimentato), oppure, più spesso, accade che del film vi rimanga un ricordo complessivo, un significato inconsapevole che avrete colto metabolizzando il "guardato", l'immagine, e sulla quale potervi esprimere razionalmente sulla base di impulsi interiori, irrazionali, solo in un secondo momento riagganciabili a quelle convenzioni linguistiche di cui il cinema è (anche) composto?
Io propendo, generalmente, per il secondo metodo, che poi non è una scelta autonoma, ma quasi costretta, per via del modo in cui il cinema si pone ai nostri occhi.
Nondimeno riconosco l'utilità ed il valore di un'analisi filmica approfondita, dettagliata, praticabile soltanto a mente lucida ma, comunque - e questo è l'aspetto più importante - intervenendo con spirito decostruzionista sull'interezza stessa del testo cinematografico.
_________________
L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post.
[ Questo messaggio è stato modificato da: Richmondo il 02-10-2008 alle 13:05 ] |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 02-10-2008 13:04 |
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ah ma è gahan?
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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TheSpirit
Reg.: 21 Set 2008 Messaggi: 3605 Da: Napoli (NA)
| Inviato: 02-10-2008 13:06 |
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Per adesso mi allineo a fuffina, ma più avanti leggerò. |
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Richmondo
Reg.: 04 Feb 2008 Messaggi: 2533 Da: Genova (GE)
| Inviato: 02-10-2008 13:07 |
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Sì. Ho visto che ha anche il link al tuo blog, nel suo sito.
_________________ E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti. |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 02-10-2008 13:19 |
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e pogoopossum sei tu?
edit: ah no pogo è quello che sembra marquez.
ma allora tu chi cazzo sei?
_________________
Le macchine producono beni di cui non abbiamo bisogno. Nessuno ha bisogno della bomba atomica o di un bicchiere di plastica.
[ Questo messaggio è stato modificato da: sandrix81 il 02-10-2008 alle 13:30 ] |
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DeadSwan
Reg.: 05 Apr 2008 Messaggi: 1478 Da: Desda (es)
| Inviato: 02-10-2008 13:34 |
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Ripeto, quell'impostazione di lettura e' e rimane una vaccata.
Cio' non ha niente a che fare con l'analisi dettagliata, 'anatomica', delle sequenze, che e' cosa giusta e sacrosanta, ne' con la formalizzazione delle convenzioni narrative e cinematografiche, che e' cosa altrettanto giusta e sacrosanta.
Ma una impostazione come quella del nostro matematico assertore della incontrovertibilita' delle regole inverte explicans ed explicandum, mezzo e fine.
Tanto per cominciare, ricava un giudizio normativo da una analisi descrittiva, cosa che ogni semiologo degno di rispetto rifugge come la morte. Le 'deviazioni' da regole assodate sono, appunto, solo deviazioni, non errori (od orrori) estetici. Non ci si puo' nascondere dietro una pretesa di scientificita' per gettare giudizi di valore. (In parole povere: "Nolan non ha rispettato la grammatica delle scene di suspence? Sticazzi").
In secondo luogo, confonde la sintassi di un certo messaggio con il suo esito comunicativo (emozionale, per di piu'). Come se la grammmatica di una sequenza di suspence SIA la suspence. Se la sintassi puo' essere trattata in termini di assiomi matematici (a parte il fatto che logici di genio hanno tentato di farlo per linguaggi molto piu' semplici di quello cinematografico, ed hanno fallito), cio' non implica la deducibilita' da questa dell'esito comunicativo. (In parole povere: "E se la gente nel cinema questa suspence l'ha provata? Che fa, va lui con gli Elementi di Euclide in mano a dimostrare che si sbagliano?").
In terzo luogo, e le convenzioni linguistiche del cinema e gli esiti comunicativi dello stesso nascono da pratiche ben precise che, per quanto studiabili anche con strumenti scientifici, non sono sottoposte a criteri deduttivi. E, sicuramente, NON si limitano alla struttura formale del film. Nel cinema come in ogni comunicazione umana, esiste tutta una pragmatica della comunicazione (che i soliti logici di genio hanno trattato con strumenti logici raffinatissimi... guarda caso, proprio dimostrando la sua irriducibilita' agli aspetti formali della sintassi). Per dire, costui da per scontato che Nolan abbia voluto costruire una scena di suspence, NON RIUSCENDOCI: ogni essere pensante si dovrebbe chiedere, se formalmente quella NON e' una scena di suspence, come fa a dire il nostro calcolatore che DOVREBBE esserla (e quindi che e' errata)? Queste sono cose che in pragmatica si chiamano 'implicature comunicative'.
Quarto, tutti questi aspetti pragmatici sono stati studiati in modo formale. Lo stesso vale per le convenzioni artistiche. Ma, e qui il nostro novello Euclide prende un abbaglio grosso come la Piramide di Cheope, il fatto che siano in generale studiabili con strumenti rigorosi, NON VUOL DIRE che ogni applicazione particolare sia deducibile per via assiomatica dalla regola. Le massime pragmatiche sono formalmente molto ben definite, ma il loro uso non e' una questione di On/Off, o dentro o fuori; e' questione di interpretazioni ed ipotesi. Costui confonde il rigore degli strumenti formali elaborati per fare l'analisi con il rigore delle regole da seguire assolutamente, pena il pollice verso del critico.
Infine, quinque parli di "assiomi" e regole "incontrovertibili" in riferimento ad un qualsiasi linguaggio che non sia quello della logica formale, potra' essere un dio dell'analisi cinematografica, ma dovrebbe farsi un nel po' di doposcuola di linguistica e semiotica.
Questo sempre ipotizzando che la sua tesi sia quella riportata da Richmond.
_________________ Dresda, Sassonia, Germania
Se non riesci ad uscire dal tunnel, almeno arredalo |
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sandrix81
Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 02-10-2008 13:51 |
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sì sì la tesi è quella, ma il tipo è chiaramente un demente.
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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DeadSwan
Reg.: 05 Apr 2008 Messaggi: 1478 Da: Desda (es)
| Inviato: 02-10-2008 14:46 |
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quote: In data 2008-10-02 13:51, sandrix81 scrive:
sì sì la tesi è quella, ma il tipo è chiaramente un demente.
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Vabbe', avevo del tempo da perdere per rimarcare l'ovvio.
Scherzi a parte, trovo le analisi formali degli strumenti particolarmente utili (ma appunto: "strumenti") se usati con criterio, non mi va di vederle sputtanate da gente che ha appena scoperto il kit del piccolo critico.
_________________ Dresda, Sassonia, Germania
Se non riesci ad uscire dal tunnel, almeno arredalo |
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Richmondo
Reg.: 04 Feb 2008 Messaggi: 2533 Da: Genova (GE)
| Inviato: 02-10-2008 15:16 |
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quote: In data 2008-10-02 13:19, sandrix81 scrive:
e pogoopossum sei tu?
edit: ah no pogo è quello che sembra marquez.
ma allora tu chi cazzo sei?
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Non lo so manco io.
Ma mi chiamo Richmond. E sto nei commenti all'articolo.
_________________ E' meglio essere belli che essere buoni. Ma è meglio essere buoni che essere brutti. |
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