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Autore Due partite
martalari

Reg.: 11 Mag 2006
Messaggi: 460
Da: roma (RM)
Inviato: 07-03-2009 12:39  
che noia, soporifero....

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badlands

Reg.: 01 Mag 2002
Messaggi: 14498
Da: urbania (PS)
Inviato: 07-03-2009 14:11  
il testo teatrale,dell'ottima comencini,a me era piaciuto molto,questo lo vedrò di certo,non foss'altro per il ricco cast
ciao!

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eltonjohn

Reg.: 15 Dic 2006
Messaggi: 9472
Da: novafeltria (PS)
Inviato: 09-03-2009 13:17  
Si può sperare almeno in qualche scena d'amore lesbo?
_________________
Riminesi a tutti gli effetti...a'l'imi fata!

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liliangish

Reg.: 23 Giu 2002
Messaggi: 10879
Da: Matera (MT)
Inviato: 16-03-2009 14:24  
Per me questo film rappresenta alla perfezione come non dev'essere adattata un'opera teatrale per il cinema.
In effetti parlare di adattamento è un po' forzato, bisognerebbe usare il termine trasposizione, perché il regista non fa che riprendere dal vivo le attrici che recitano, inserendo di tanto in tanto qualche movimento di macchina, tanto per farci ricordare che siamo al cinema.
Da ciò deriva una prima parte (coincidente, ci scommetto, con il primo atto) lenta, difficile da seguire nei dialoghi anche ridondanti delle quattro protagoniste.
Con la seconda parte il film si vivacizza un po', ma resta confinato in ambiente teatrale, senza nessun guizzo che non derivi dalla bravura delle quattro giovani (quasi tutte più brave delle "vecchie").
Anche l'ambientazione medio borghese, ideale per il teatro, sullo schermo trasmette una lettura semplicistica della società femminile soprattutto contemporanea.

Insomma, tanto materiale in termini di cast e sceneggiatura per un film che annoia e tradisce una funzione didascalica.

Per avere un po' di cinema dobbiamo aspettare i titoli di coda, dove finalmente sono le immagini e non le parole a scandire la narrazione.

_________________
...You could be the next.

[ Questo messaggio è stato modificato da: liliangish il 16-03-2009 alle 14:25 ]

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 21-03-2009 13:02  
Trama: Otto donne, quattro madri e quattro figlie, si ritrovano in tempi diversi a raccontarsi la loro vita e i loro problemi. Nel 1966 le madri con le figlie piccole si ritrovano a giocare ogni giovedì pomeriggio a carte, una di esse è in procinto di avere una bambina, ed è timorosa del futuro per la sua creatura. Le amiche poi non fanno nulla per nasconderle le difficoltà del mondo e i dolori del parto futuro, raccontando con sincenrità anche amori disillusi e tradimenti.
Trenta anni dopo, in occasione del funerale di una delle loro madri, le quattro figlie si ritrovano assieme, nella stessa stanza delle carte, a parlare dei loro problemi. Il faccia a faccia rivela che le cose e i tempi sono passati, ma le emozioni e le difficoltà sempre le stesse.



Recensione: Ci sono lavori che escono dal teatro e arrivano al cinema con grande impatto (ricordo con piacere la perfetta trasposizione di Rumori fuori scena del 1992, con un cast stellare che purtroppo rievoca anche tristi scomparse, come quella di Christopher Reeve e John Ritter, ma in tempi recentissimi anche Il dubbio, tanto per citarne solo due, ma ci sono moltissimi casi), altri, invece, sono confinati alla loro origine e su pellicola in fondo non paiono granchè. Questo è il caso di Due partite, la malinconica storia di otto donne che nel 1966 e nel 1996 si confrontano su vari temi e sui problemi personali.
Prima di dirvi le debolezze che si sono evidenziate in trasposizione, partiamo dalle situazioni della piece di Cristina Comencini riportate da Enzo Monteleone (regista di El Alamein) in pellicola per poi giungere alle conclusioni.
Nel 1966 quattro donne ogni giovedì si riuniscono per giocare a carte, portandosi dietro le loro tre figlie (una non ne ha ma sta per partorire) che stanno nella stanza accanto a giocare con le bambole e a tagliare le figure di moda. Ognuna ha delle problematiche particolari, chi ha il marito che la tradisce, chi tradisce il marito, chi fa la perfettina ma ha un sacco di problemi e chi in procinto di avere un figlio ha mille timori e piange in continuazione. Le quattro donne non riescono a giocare a carte e continuano a confrontarsi con forza e durezza, con parole pesanti e frecciate l'una verso l'altra. Alla fine una ambulanza porta via la gestante e si fa un salto di trenta anni, dove le quattro figlie si radunano per un funerale.
Nel 1996, tutte vestite di nero, si ritrovano come le loro madri a parlare dei loro sogni, dei loro uomini, delle loro paure, la fondamentale differenza è che una di esse non riesce ad avere figli, cercandoli intensamente con la fecondazione artificiale.
Il cast del 1966:Margherita Buy è Gabriella, una donna che nasconde dietro la facciata di perfezione dei profondi problemi, Isabella Ferrari (qui lontana dalla scena hot di Caos Calmo) è Beatrice, la gravida timorosa del futuro, Marina Massironi è Claudia, la donna tradita dal marito, tresca che lei giocoforza sopporta, Paola Cortellesi è Sofia, la algida fumatrice incallita che invece tradisce il marito.
Il cast del 1996: Carolina Crescentini è Sara, figlia di Gabriella, una pianista giramondo che mal sopporta l'amorevole marito che le fa trovare tutto pronto, Valeria Milillo è Cecilia, figlia di Claudia, ossessionata dall'avere figli, Claudia Pandolfi è Rossana, la figlia di Sofia che usa una sigaretta finta per non avere gli stessi problemi della madre, ed infine, la più misurata di tutte, Alba Caterina Rohrwacher che è Giulia, figlia di Beatrice, morta suicida, che cerca di superare il trauma.
Da segnalare che nella brevissima intersezione tra i due atti, con l'ambulanza e il funerale, il ciclo nascita-vita-morte che si compie, vediamo brevemente le tre attrici del 1966 pesante invecchiate da un trucco notevole usanto solo per brevi secondi.
Ricollegate madri con le figlie, il gioco e il divertimento al cinema finisce in fondo qui:i discorsi che a teatro possono avere valenza positiva perchè il pubblico ascolta una scena in quel momento reale e gode anche della costruzione di essa, in una trama tanto immobile nella sala cinematografic a si disperdono, annoiano e paiono delle invenzioni intellettualoi di poco ficcanti, modestamente partorite per sembrare geniali senza dire nulla di che. Le musiche d'epoca sono gradevoli (vedremo poi una famosa pubblicità di una banca dove ha copiato il motivo musicale) ma paiono inserite a forza per contestualizza re senza nessun senso pratico. Prendete l'esempio del biglietto che non viene mai letto da Beatrice per via dei suoi dolori da gestazione, quando nel 1996 lo leggeranno, direte: "Tutto qua?". Una apnea di sorpresa del tutto sbiadita, che non dice nulla, vale un tono decolorato di riporto che potevano benissimo non mettere. Non essendo poi dei discorsi pieni di chissà che verità assolute, a reggere il film rimane solo la simpatia delle protagoniste, molto più marcata nel 1966 che nel 1996, dove le quattro figlie sono in fondo solo della progenie che vive di propria necessità senza voler dare nulla a compagno, marito ma anche amante che sia, cose iconizzate dal discorso di Cecilia che un figlio si puà crescere benissimo da sole. Le donne di un tempo avevano maggiore impulso d'amore genuino, quelle di oggi vivono la passione come un fast food finalizzato a una necessità ormonale (visto che c'è la fecondazione artificiale non serve neppure farlo per avere figli) o a un dovere quasi noioso (vedi ciò che dice Rossana su Saverio), se un uomo si dimostra amorevole e gentile rischia anche forti critiche (Sara con Mario).
Il grande tema del film è di mostrare chi è migliore o meno, il problema è che alla fine gli anni sono passati ma in fondo le cose sono uguali.
Tutte queste cose fondamentalmen te valide sono appiccicate sullo schermo con la carta moschicida che non si usa ormai da anni, mancano di quel tocco di classe per rendere un lavoro teatrale di totali dialoghi (senza scenografie che lo movimentano) affascinante anche al cinema.
In definitiva un film all-women uscito per la festa della donna che non è altro che un grande insieme di pensieri e sensazioni proprie che l'autrice (parliamo della Comencini) elabora senza riuscire ad affascinare nella messa in scena diretta da Monteleone, dialoghi poco omogenei e a volte banali, interessanti come una chiaccherata tra amiche sui loro uomini e i loro sogni, che non ripagano il costo del biglietto del cinema, di quello del teatro sicuramente un po' di più visto che quella è la locazione giusta.

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non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT

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