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Frost/Nixon, il duello |
kubrickfan
 Reg.: 19 Dic 2005 Messaggi: 917 Da: gessate (MI)
| Inviato: 11-02-2009 23:46 |
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Trama: 1977. Dopo tre anni dalle sue dimissioni forzate, l'ex presidente americano Nixon decide, per soldi e per cercare di riprendere il prestigio perso, di concedere un intervista in quattro sessioni a David Frost, un rampante conduttore d'intratteniment o, ma creduto inesperto di cose politiche, per cui ideale per Nixon e il suo staff. Ma l'ex presidente si troverà di fronte un osso davvero duro da domare.
Commento: Dalla piece teatrale di Peter Morgan, sceneggiatore anche del film. Strutturato come se fosse un ring che ospita un incontro di pugilato, Frost/Nixon è un perfetto esempio di come un ottimo regista possa efficacemente estrarre anche dalla materia apparentemente inerte un valido spettacolo, che approfondisce la vicenda politica/sociale ma anche e sopratutto il lato umano e le emozioni degli uomini coinvolti nel racconto.
Frost/Nixon è la cronaca reale di un avvenimento successo nel 1977:l'ormai ex presidente Nixon (un superbo Frank Langella) era in cerca di soldi (tanti) e di riscatto agli occhi del mondo, David Frost (Michael Sheen, nessuna parentela con i più famosi Charlie e Martin padre e figlio) era un conduttore televisivo di programmi leggeri, che aveva bisogno del grande colpo giornalistico per fare il salto di qualità. Questi due desideri potevano trovare sfogo in un incontro all'ultima parola ed argomento, svoltosi in una lussuosa residenza.
L'ex Richie Cunningham di Happy Days effettivamente fa sentire al pubblico come il suo lavoro possa riprendere il suo Cinderella Man nel tema pugilistico, abbiamo difatti la preparazione pre incontro con la grande spulciatura di ogni più piccolo particolare storico, i colpi mancini e quelli sotto la cintura con le domande affilate, le parate e i controattacchi dei due contendenti scovando particolari ed argomenti sempre diversi ma sopratutto inaspettati per l'avversario.
Lo scandalo Watergate (da allora il suffisso "gate" indicò ogni tipo di scandalo presidenziale, tipo Irangate o Sexygate) con le sue intercettazion i prese nel complesso edilizio da cui prese il nome, è la fiocina che aveva arpionato la balena Nixon, costringendolo a lasciare la carica di presidente nel 1974, ma anche il Vietnam fu argomento base su cui il duello tv verte, e Frost non esitò ad usarli per vincere la partita mediatica, anche se il ko arrivò proprio dove l'ex presidente non si aspettava.
Per Frost un insuccesso delle interviste avrebbe voluto dire la fine della carriera televisiva e il crack economico.
L'accordo prevedeva che l'incontro fosse strutturato in quattro sessioni diverse che trattavano argomenti stratificati, curiosamente l'ultimo era denominato "Nixon, l'uomo" che iconizza le reali intenzioni di Howard nel voler dirigere il film.
Per Nixon, e il suo staff, l'uomo di spettacolo e non di politica Frost pareva essere l'avversario ideale per vincere senza patemi, invece ebbe una tremenda delusione, le interviste furono viste da milioni di americani e il suo stato di rispetto verso la nazione ebbe a subire un nuovo calo.
Riconducendoci alla lavorazione della materia inerte che si diceva all'inizio dello scritto, poteva davvero sembrare una impresa dura portare dal teatro al cinema efficacemente un tale fatto, ma l'abilità di Howard è stata grandiosa nello sfruttare al meglio la grande prova recitativa di Langella (intenso e profondo in maniera sublime) ed evidenziare i sorrisi beffardi di Sheen (perennemente stampati sul volto, da autentico anchormen), in modo che lo spettatore non venga mai annoiato dalla staticità della situazione ma profondamente attirato dalla sua tagliente argomentazione vocale, per chiudere il film con un confronto a telecamere spente e duello finito dove la tristezza e la malinconia pervadono l'uomo prima che il personaggio storico/politico.
Interessante notare come le interviste (fatte agli attori che interpretano come se fossero i personaggi a vicenda finita) per far risaltare i momenti salienti sono intelligenti e ficcanti, un metodo ottimo per approfondire l'argomento e le sue ramificazioni.
Iniseme ai due protagonisti abbiamo sulla scena un Kevin Bacon che fa l'assistente principale di Nixon e la sensuale Rebecca Hall (Vicky Cristina Barcelona) che è la compagna di Frost, partita per i soldi e la fama e poi affezionatasi veramente all'uomo di televisione.
Il risultato è comunque, è bene avvertire, in mezzo a un mare di effettiva bontà, un prodotto ostico per il grande pubblico che vuole ben altro, totalmente scevro di ogni fronzolo speculativo e virata spettacolare fine a se stessa, anche se speriamo di essere sconfessati ampiamente, crediamo che questi film avranno maggiore penetrazione in home video piuttosto che sul grande schermo, dove il pubblico non può gestire i 122 minuti di durata a suo piacimento. Ed è un autentico peccato, perchè l'impegno del regista è stato davvero notevole e come Frost ha rischiato di accollarsi un lavoro con tante incognite, la prima la mancanza del botteghino sicuro.
In definitiva un grande lavoro registico e interpretativo, che disegna la figura di un uomo prima che del politico, intenso e corrucciato, privo di momenti vuoti anche se si svolge in ambienti chiusi come da nascita teatrale, che pensiamo davvero debba essere premiato con il lodevole sforzo e non sacrificio di una serata d'impegno che di contro dà grandi risultati. Non aspettatevi nessuna celebrazione, ne da una parte ne dall'altra, è solo una asettica e crudele cronaca della scalata ai network o del riscatto morale condito da un saporito piatto di soldi, la voglia di verità e onestà nella vicenda Frost/Nixon conta davvero poco per i duellanti. Un altro colpo a segno, vecchio caro Richie
Pubblicato su Cine Zone
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non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT
[ Questo messaggio è stato modificato da: kubrickfan il 11-02-2009 alle 23:46 ] |
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sandrix81
 Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 05-03-2009 01:15 |
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apperò, un successone sto film su sto forum.
LE REGOLE DEL GIOCO
«Senza esclusione di colpi». Questa battuta viene ripetuta almeno sei volte nell’ultimo film di Ron Howard (il primo del regista che non mi abbia trasmesso istinti omicidi verso l’ex Ricky Cunningham, e che anzi ho trovato molto ben fatto). In particolare, il Presidente Nixon (un Frank Langella straordinariamente in parte sia teatralmente che cinematograficamente) la ripete due volte nel primo incontro con David Frost (un altrettanto straordinario Michael Sheen, ingabbiato per più di metà film da un patetico ghigno servile), e altre due volte nella intensa telefonata allo stesso presentatore, la sera prima dell’ultima intervista. Senza esclusione di colpi, dunque.
Howard deve evidentemente essersi fatto un esame di coscienza, aver guardato indietro alla sua filmografia prima di cominciare a mettere le mani su questo soggetto, ed aver trovato le cose migliori, gli appigli per creare qualcosa che potesse farlo somigliare ad un buon regista, nel film di boxe Cinderella man. Sì, perché il duello Frost/Nixon è messo in scena, a partire dal titolo, come si trattasse di un incontro di pugilato, con tutti annessi e connessi inerenti questo particolare sottogenere che ad Hollywood e dintorni è già stato ampiamente affrontato e consolidato. Le marche dell’enunciazione di questa volontà non si fermano certo all’onnipresente motto con cui ho aperto questo commento, ma se ne trovano in abbondanza ad esempio nei suggerimenti che ai due protagonisti danno le rispettive equipe, i rispettivi “secondi”. «Risposte lunghe, lo tenga a distanza» consiglia Jack Brennan (un imperscrutabile Kevin Bacon) a Nixon. «Tienilo nell’angolo», «Mantieni le distanze, prima delle riprese» si sente rimproverare Frost dal terzetto che lo accompagna nell’impresa (su tutti e tre, spicca un agguerrito, ottimo come al solito, Sam Rockwell). Si parla di «faccia gonfia», nel finale, per lo “sconfitto”, che a sua volta, nell’ultima pausa, rimprovera in privato il proprio braccio destro per aver «gettato la spugna».
Il film ha sì le atmosfere e i toni del thriller politico d’inchiesta, ma – non essendo il revisionismo storico (alla Oliver Stone) nell’interesse di Howard – un thriller di cui sia noto il finale parte sconfitto, a meno di un’idea che possa tenere alto l’interesse fino a quel finale, un’idea per tenere viva la suspense, e l’euristica di Howard per Frost/Nixon si muove proprio su una traslazione completa delle dinamiche e dei rapporti dal thriller, appunto, al film di sport. Nel film di sport si sa già da subito chi vincerà e come vincerà (ossia sul campo, secondo le regole del gioco); l’interesse che si crea è concentrato proprio nell’instaurarsi di determinate relazioni tra i contendenti e all’interno dei vari team, e nei diversi percorsi che li conducono alla sfida finale.
Frost/Nixon si muove proprio secondo queste direttrici, risultando perfettamente avvincente per chiunque, che conosca o meno il “risultato”, la vicenda, l’intervista, la storia politica americana recente.
Così il film inizia con il piccolo sfidante, introdotto come un novello Rocky nella modestia dei piccoli incontri di secondo piano con cui sbarca il lunario, che vede in tv il campione fiero del proprio successo e partorisce il sogno di affrontarlo su un ring. I due si incontrano per lanciare la sfida, poi seguiamo la loro preparazione, l’allenamento, il climax psicologico, e il crescendo fino alla sfida. Il campione gioca d’esperienza per intimorire l’avversario, che però «capiva la televisione», come si dice in una delle dichiarazioni che aprono la pellicola.
Frost decide di sfidare Nixon quando rimane folgorato dall’uscita di scena, assolutamente a testa alta (secondo la sua unità di misura: lo share), del Presidente, e questo perché entrambi inseguono lo stesso premio: il successo, appunto. Che sia sotto forma di potere e denaro (obiettivi del Presidente) o mediatico (obiettivo dello showman). La differenza se c’è è davvero minima.
Frost/Nixon è infatti una grande parabola sul potere della televisione, a livelli di volta in volta più e meno espliciti. Si accenna a come Nixon avrebbe potuto vincere contro Kennedy se non fosse stato per il potere del primo piano televisivo; è grazie al mezzo televisivo che si tira fuori con pochi danni dalla situazione in cui si era cacciato a causa del Watergate; ed è la televisione il ring e il regolamento su cui il grande campione ed il piccolo uomo bianco danno vita ad uno dei più avvincenti duelli per il successo dell’ultimo mezzo secolo.
http://www.positifcinema.com/positif/Frost_Nixon.html
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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Janet13 ex "vinegar"

 Reg.: 23 Ott 2005 Messaggi: 15804 Da: Cagliari (CA)
| Inviato: 17-03-2009 15:55 |
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Cavoli, non sono un'estimatrice di Ron Howard ma questo film mi è piaciuto parecchio.
Ultimamente la moda è quella di umanizzare i personaggi peggiori della storia e questo era uno degli intenti del regista.
Frank Langella è spettacolare, fiero, espressivo, così come Sam Rockwell incarna il sanguigno James Reston e Michael Sheen nei panni del perfetto English Man.
L'intervista viene vista da 3 punti di vista differenti: per qualcuno è soprattutto un veicolo per la fama, per qualcun altro costituisce il processo che Nixon non ha mai avuto mentre per qualcun altro è una possibilità di riscatto e di ottenere qualche nuovo consenso.
"nella boxe c'è sempre quel primo momento, lo vedi nell'espressione dello sfidante, l'impatto in cui sente il primo jab del campione... un momento nauseante in cui lui realizza che tutti quei mesi pieni di incitazione e di speranze erano un'illusione e nient'altro": come inizia l'intervista agli occhi del personaggio di kevin bacon (uomo di fiducia di nixon) ed è così che vediamo in azione il carismatico in ascesa e all'aumentare del favore di uno si riducono i consensi verso l'altro.
Non ho più tempo per scrivere e so di aver scritto qualcosa di inconcluso e inconcludente però ho fretta. Una sola piccola osservazione: questo modello di intervista/interrogatorio non può essere importata ESATTAMENTE così com'è in Italia? Qualche nostro politico potrebbe mai sottostare ad una serie di domande così serrate? Che domande retoriche del cazzo faccio?
_________________ "Mi scusi ma... non m'ha già visto in qualche posto?"
"Ricordo il nome ma non la faccia" |
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