Marcello78
 Reg.: 27 Giu 2007 Messaggi: 14 Da: Genova (GE)
| Inviato: 13-11-2008 13:20 |
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Titolo più azzeccato non si poteva trovare per l'ultimo lavoro di Manlio Petri, nepure parente alla lontana del ben più illustre Elio, per buona fortuna di quest'ultimo.
la storia parla infatti di macabri delitti consumati in una villa alle porte di torino (location monumentale, ma che allo stesso tempo richiama al provinciale del profondo rosso di Argento). Donne ritrovate con il cranio sfondato, seviziate e maltrattate. Indaga un commissario di polizia (G. Melandri) che ha tutta l'aria di voler imitare il pietro germi di "un maledetto imbroglio", sia nella mimica che nel caustico cinismo.
La figura centrale non è quella dell'assassino, che colpisce le sue vittime con "l'arma oscena del delitto" (il suo pene), ma il commissario: l'escalation di perversione di questo film lo presenta ai nostri occhi come l'inquirente tipo, corrotto e fulminato sulla via della giustizia (non diciamo di damasco, per decenza) proprio a causa di un repentino spstamento del baricentro delle sue attenzioni: dalla scena del delitto (da sempre punto di partenza per l'indagine modello di qualunque poliziotto) all'arma del delitto, con incursioni morbose e pensieri scabrosi. Da qui, appunto il titolo dal doppio senso ("arma oscena del delitto", da leggersi anche "arma o scena del delitto?"). Mix di citazioni, anche fra le più colte: dall'arancia mecanica di Kubrick (l'uomo che sottomette la donna con il fallo, simbolo di potere squallidamente maschilista) al "silenzio degli innocenti" di Demme, con picchi spalletr, porno soft (cioè hard) che esuberano ed oltrepassano il buon gusto: l'assassino infatti uccide e spella le sue vittime, per ricostruirsi il prepuzio perso in una circoncisione d'infanzia.
_________________ Io non sbaglio, abbaglio. |
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