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Autore Nightwatching
DeadSwan

Reg.: 05 Apr 2008
Messaggi: 1478
Da: Desda (es)
Inviato: 12-11-2008 16:39  
Peter Greenaway mette in scena la realizzazione del celeberrimo quadro di Rembrandt "La ronda di notte", seguendo l'ipotesi (non ho capito se effettivamente sostenuta da Greenaway o accolta solo per motivi narrativi) che in esso si celi la rappresentazione di un omicidio che ha coinvolto i committenti del quadro (e cio' spiegherebbe il tracollo che ha avuto la carriera di Rembrandt, praticamente isolato dopo la realizzazione di quest'opera).
A prima vista cio' che colpisce in questo film, che a sentirne parlare prima della visione avevo preso per un esperimento formalista sulla pittura e l'immagine, e' quanto concede alla narrativita', alla vicenda nel senso piu' classico (hollywoodiano) del termine. Ma questo e' solo la superfice, e d'altronde queste 'concessioni' all'accadimento hanno la loro ragion d'essere.
Innanzitutto vorrei far notare la grande capacita' di immedesimazione VISIVA nella sua materia che ha il regista. Si tratta di pittura olandese del seicento? E la messa in scena, la struttura delle inquadrature, i codici iconografici che Greenaway usa sono quelli della pittura olandese del seicento (quella luce...). Non si tratta pero' di mero formalismo. Piuttosto, mi pare che Greenaway abbia voluto rappresentare una certa societa' attraverso i modi con cui questa societa' stessa ha rielaborato la propria immagine. Evidentemente non crede nel dogma pseudo-realista che fa di certi codici pretesi 'naturali' un linguaggio neutro applicabile in ogni dove. Greenaway, che di certo non e' l'ultimo arrivato in fatto di arti figurative, sa benissimo come determinati orizzonti storici creano la propria forma di espressione visiva, riflettendosi in essa come se fosse una 'mimesi' diretta, e contemporaneamente riflettendo la propria visione del mondo nei modi in cui questa 'mimesi' viene effettivamente prodotta e codificata. La forma piu' onesta, meditata e conoscitivamente valida di realismo sta nel mostrare una certa realta' e il suo "doppio" figurativo come un corpo unico, inscindibile, quale in effetti e'. E questo per liquidare la questione formalismo.
Ma piu' ancora, Greenaway fornisce la chiave per riunificare aspetto narrativo e aspetto formale. Un personaggio, ad un certo punto, commentando il quadro finito, dice a Rembrandt che ha realizzato qualcosa di falso, un pezzo di teatro. Questo perche' i ritratti collettivi (genere molto in voga nell'Olanda del Seicento, societa' borghese fondata su legami corporativi, familiari, locali) fino ad allora mostravano persone evidentemente in posa di fronte ad un pittore: ed in questo erano veritieri. Invece Rembrandt ha colto i suoi soggetti in gesti irriflessi (e per questo molto rivelatori, in maniera alquanto ironica e impietosa), compiuti come se non si fosse sotto lo sguardo di qualcuno, come se il pittore (e con lui la posterita') non ci fosse: e cosi' avrebbe fatto un "pezzo di teatro".
Spiegazione chiarissima e notevolmente acuta. E che volendo si puo' applicare anche al lavoro fatto da Greenaway stesso: un "Pezzo di teatro", personaggi che agiscono in preda alle loro passioni (stupende certe sequenze di 'degradazione' dello stesso Rembrandt) all'interno di scenari che sono teatrali e pittorici al tempo stesso, e comunque artificiali. Come a porre lo spettatore di fronte alla finzione in quanto finzione, e al tempo stesso a costringerlo a riflettere sulla "verita'" di quel che viene mostrato, sulla profondita' psicologica che viene esaltata dal suo essere messa "su un palco" (mentre verrebbe probabilmente disinnescata da una messa in scena che tenti di nascondere il suo essere tale).
Tutto cio' in un film che ha la sontuosita' di un classico film in costume (ma con un surplus di bellezza visiva) e una vicenda accattivante. Il che non e' lo scopo primario di Greenaway ma e' tutto valore aggiunto.
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Dresda, Sassonia, Germania
Se non riesci ad uscire dal tunnel, almeno arredalo

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AlZayd

Reg.: 30 Ott 2003
Messaggi: 8160
Da: roma (RM)
Inviato: 13-11-2008 16:09  
Ottimo scritto, anche se non ho visto il film.., e la cosa mi fa rosicare ancora di più. Uscira mai? Che vergogna...

Credo che visionando Nightwatching si capirebbe ancor meglio il già di per sè compiuto e sublime senso di Rembrandt' j'accuse - sempre di Greenaway -, e viceversa suppongo, dal momento che entrambi i film ruotano intorno al medesimo tema, o si fanno gravitare da quelli...

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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel

[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 13-11-2008 alle 16:09 ]

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oronzocana

Reg.: 30 Mag 2004
Messaggi: 6056
Da: camerino (MC)
Inviato: 13-11-2008 17:27  
quote:
In data 2008-11-13 16:09, AlZayd scrive:
Ottimo scritto, anche se non ho visto il film.., e la cosa mi fa rosicare ancora di più. Uscira mai? Che vergogna...





non posso che quotare.
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Partecipare ad un'asta, se si ha il Parkinson, può essere una questione molto costosa.
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