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"Trono di sangue "- di A. Kurosawa. Il teatro osato con una macchina da presa |
RICHMOND
 Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 04-09-2007 11:45 |
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Il talento registico di Akira Kurosawa ci propone la trasposizione cinematografica del Macbeth di Shakespeare, rinunciando, tuttavia, alla poeticità dei dialoghi e puntando tutto sulla forza delle immagini, attenendosi alla cultura giapponese, a lui più congeniale, e allo stile teatrale del No .
Così come Rashomon ci aveva stupiti per la sua semplice linearità dell'immagine (per la quale il regista rappresentava una scena orizzontale, schiacciando i protagonisti su una linea visiva, molto vicina all'impianto scenico del palco teatrale), dalla quale occasionalmente fuggiva, attraverso incursioni nella profondità visiva, per buttarsi in macabre danze tribali, anche Trono di sangue (1957) vuole mantenere contatti con il teatro, in particolare con il No , osando, tuttavia, molto di più, sia dal punto di vista estetico che da quello stilistico.
Prima di passare ad una disamina più approfondita, è interessante soffermarsi sulle differenze rispetto all'opera originale di Shakespeare.
Kurosawa, infatti, sembra concentrarsi meno sulla ricerca particolaristica del personaggio. Egli non vuole, differentemente da Shakespeare (la cui opera, era la tragedia del singolo, isolato nel tempo e nello spazio), indurci ad indagare sulla personalità del suo protagonista Washizu (T. Mifune) - il "suo" Macbeth - bensì preferisce spingerci ad una ruminazione della nostra mente, ad un'analisi introspettiva buona per ogni spettatore. La sua non è la tragedia di Washizu, ma la tragedia del genere umano, ancora una volta indebolito dalla propria aridità d'animo e dalla propria ambizione, che pagherà a caro prezzo.
Molti ritengono che nel tratteggiare il personaggio di Lady Washizu, Kurosawa non si sia discostato molto dall'opera di Shakespeare: un personaggio abituato a non mediare fra pensiero ed azione, dalla personalità molto più semplice di quella del marito. Personalmente, invece, ho ravvisato ancora una volta la caratterizzazione di questo personaggio femminile come riflessivo e connotato piuttosto negativamente (proprio come accadeva in Rashomon ): mentre lui è inqueto e turbato, lei siede calma ed apparentemente serena sul pavimento, pronta a spronarlo, aizzarlo al delitto, denotando attitudine all'inganno e un po' di opportunismo.
Da un punto di vista stilistico, Trono di sangue è indubbiamente più complesso di Rashomon .
Qui Kurosawa non rinuncia all'orizzontalità dell'immagine (specialmente in fase di montaggio, negli stacchi fra una sequenza e l'altra che scorrono linearmente, come a ricordare le quinte di un teatro), che nelle sequenze più solenni rimane e rafforza la gravità delle inquadrature, ma la spezza, molto più frequentemente, tramite più diffuse incursioni nella profondità, qui data, a mio avviso, dal movimento circolare (riscontrabile, ad esempio, nella sequenza in cui il protagonista Washizu, insieme al suo compagno di viaggio, incontra lo spirito nella foresta, al quale girano intorno, a metà fra lo spavento e la curiosità; ed anche nei gesti del fantasma stesso, il quale, mentre predice il futuro ai suoi interlocutori, fa girare una ruota, costruita artigianalmente, con le mani).
In più di un'occasione Kurosawa si serve dell'intersezione di linee orizzontali con linee gettate in profondità, come nelle sequenze - volte a vivacizzare la monotonia del momento e ad aumentarne la tensione per sottolinearne la valenza simbolica - in cui schiere di soldati che si muovono in orizzontale si incontrano con schiere di soldati che si muovono in profondità (verso l'obiettivo o sfilando dall'obiettivo verso l'orizzonte), dando luogo a piacevoli balletti e dinamiche svolte sceniche.
In quest'opera è, a mio avviso, molto importante la gestione "interno"/"esterno" che Kurosawa sapientemente mette in atto.
L'esterno è spesso caratterizzato da ampie panoramiche, vestite di misticità tramite un difusso uso della nebbia, spesso alternate a conflittuali scene dinamiche e irrequiete inquadrature che seguono lo spostamento degli attori. Come accadeva anche in Rashomon , Kurosawa dà una valenza più che simbolica alle ambientazioni della foresta e alle sequenze girate in essa, trasformando la stessa in un luogo più metafisico che reale.
L'interno, al contrario, è caratterizzato da un rigore geometrico (con forti richiami alla scena del teatro No ) e da un ordine (metaforicamente anche mentale) in cui il protagonista (che fugge dal caos esterno, irrompendo sulla scena attraverso la sua Hashigakari - la passerella che lo immetterebbe sul palco e che qui è rappresentata dalla porta che comunica con l'esterno) cerca sicurezza. Ma questa sicurezza dventa opprimente, fino a trasformare l'interno in una prigione psichica nella quale Washizu non saprà ambientarsi e perderà l'equilibrio (si veda la sequenza in cui combatte con un nemico immaginario, nello stupore dei suoi commensali) e dalla quale dovrà nuovamente fuggire. Kurosawa gioca abilmente con i chiaroscuri per rafforzare questa ambiguità (es.: l'ottima inquadratura che vede la moglie del protagonista scomparire, nel buio, varcando una soglia, e subito dopo riapparire, sempre dal buio, rientrando nella stanza).
La sequenza finale (S P O I L E R) è una delle più violente della storia del cinema: pur in assenza di emoglobina, Kurosawa riescea trovare un elemento disturbante per gli occhi, quasi fastidioso; si tratta del legno delle frecce (forse, ancora una volta, in omaggio al teatro No ).
Ma è nell'avanzare della foresta (gli inquietanti "alberi che camminano") che la metafora dell'opera viene fuori con tutta la sua forza: Washizu (l'uomo) crede di aver conquistato l'equilibrio interiore, pur nell'efferatezza dei delitti che ha commesso, pensando di trovare nel potere la chiave per essere in pace con se stesso. Ma il castello (l'interno che si era conquistato) viene circondato dall'esterno, come in un cerchio che inesorabilmente si stringe.
L'uomo implode e crolla su sè stesso.
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- Ma almeno ha un lieto fine?
- Di quelli che solo la celluloide sa dare...
[ Questo messaggio è stato modificato da: RICHMOND il 04-09-2007 alle 11:52 ] |
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kagemusha
 Reg.: 17 Nov 2005 Messaggi: 1135 Da: roma (RM)
| Inviato: 04-09-2007 12:39 |
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ben detto
film straordinario, sperimentale, raffinatissimo in cui ogni scena è una gioia per gli occhi
la potenza espressiva di Kurosawa al suo apice che con una noncuranza tutta orientale (impossibile in occidente) abbandona totalmente il sacro testo del bardo inglese per concentrarsi su storia, immagini, sequenze,stilizzazione felicissima
due tradizioni teatrali opposte che si fondono
la prima, quella occidentale, fatta di grandi testi e grandi storie
la seconda, quella orientale, di gesti, performance e stilizzazione estrema |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 05-09-2007 15:33 |
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Solo per dire che questo capolavoro deve essere visonato rigorosamente il lingua originale. Il doppiaggio, come sempre, ma qui in modo speciale, è un vero e proprio massacro! E' come una partitura musicale concepita in 2/2 che viene eseguita in 4/4.
Il ritmo si affloscia rovinosamente.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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eltonjohn
 Reg.: 15 Dic 2006 Messaggi: 9472 Da: novafeltria (PS)
| Inviato: 05-09-2007 17:16 |
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Ho sempre desiderato vederlo ma non riesco a trovarne il dvd (sempre ammesso che esista...)
_________________ Riminesi a tutti gli effetti...a'l'imi fata! |
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RICHMOND
 Reg.: 03 Mag 2003 Messaggi: 13089 Da: genova (GE)
| Inviato: 06-09-2007 10:14 |
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quote: In data 2007-09-05 17:16, eltonjohn scrive:
Ho sempre desiderato vederlo ma non riesco a trovarne il dvd (sempre ammesso che esista...)
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Esiste. Alla Fnac di Genova sono pure in offerta speciale in questi giorni.
_________________ L'amico Fritz diceva che un film che ha bisogno di essere commentato, non è un buon film . Forse, nella sua somma chiaroveggenza, gli erano apparsi in sogno i miei post. |
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