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Autore Il vento che accarezza l'erba
Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 07-11-2006 22:58  
Il vento che accarezza l’erba è un film che parla degli irlandesi adottando il punto di vista degli irlandesi stessi. E’ un film, dunque, sullo Sinn Fein: ovvero sul partito che lottava per la Repubblica d’Irlanda, per l’affrancarsi dalla corona di Sua Maestà, ma anche, così come letteralmente si traducono i termini gaelici, su ‘noi stessi’, su quella eterna lotta contro l’oppressore che caratterizza, marxianamente, per Loach tutta l’umanità fotografabile e, dunque, tutta la sua cinematografia.
Scordatevi carezze sull’erba, però. Nell’originale, il titolo vuole che il vento non accarezzi i verdi prati dell’isola, ma che ne ‘scuota il frumento’. ‘The wind that shake the barley’ è infatti la vera e propria onomatopea, il paradigma stesso del lavoro di Loach.
Un vento che smuove la quotidianità tranquilla e placida delle campagne irlandesi, una risposta, ora e subito, alle angherie dell’esercito inglese sulla semplice popolazione civile.
Se Neil Jordan partiva da una locandina da presa della Bastiglia nel trattare il personaggio di spicco di quell’epopea nel suo Michael Collins datato 1996, Loach parte da un villaggio qualsiasi, dove si muove un gruppetto qualunque di giovani patrioti.
La scena iniziale è da antologia. Loach riesce a inquadrare, in una sola, elementare, sequenza, tutto quel che intende raccontare, la cifra etica ed estetica del film. E dunque la violenza dell’invasore, la rassegnazione e l’orgoglio dell’invaso, il dramma, l’appartenenza, la voglia di riscatto e il tormento interno di Damien, giovane protagonista, emergono da subito con forza e lucidità.
Peccato, un vero peccato che qui il film finisca, muoia, si adagi per una buona metà sullo slancio iniziale, perdendo del tutto la bussola nella coda, la cui retorica del patetismo, del ‘perché mi hai costretto ad ucciderti’, dilaga, alimentata dal sottotesto tipicamente ‘alla Loach’ della resistenza ‘senza se e senza ma’ contrapposta alla logica del compromesso.
La dinamica dell’indipendentismo, della rivoluzione che scorre sottotraccia nelle vene del popolo, si accompagna a quella che ruota intorno a due fratelli Damien (Cillian Murphy) e Teddy (Padraic Delaney), dualismo che si rispecchia nella struttura del film: una prima parte in comunione d’intenti, di identica lotta e di sentite passioni, e una seconda in cui Teddy sceglierà il compromesso di un’indipendenza sotto la potestà della corona, mentre Damien continuerà nella lotta repubblicana.
Mentre nella prima metà il film si adagia sulla virulenza delle prime battute, aprendo a una fase di sequenze descrittive della guerriglia armata, degli attentati e delle devastazioni, che risultano sorrette da quello slancio iniziale che bastava, da solo, a giustificare un certo, prevedibile, andamento, magari, come nel caso del film, ben fotografando splendide locations, la seconda parte cede di schianto alla retorica classista, tipica di Loach.
Il punto di frattura non è, come nel resto degli snodi narrativi, inserito in un climax narrativo. Bensì si dipana in una verbosa scena di dibattito politico, per nulla sentita e difficilmente comprensibile nelle sue sfumature. La rottura è quindi, a livello di senso, netta. E Loach lavora drasticamente d’ellisse, “sintetizzando” un’evoluzione degli eventi che è ingiustificatamente accelerata e che fa perdere il quid dell’azione, il fulcro che muove i personaggi.
Ci ritroviamo così un Damien improvvisamente su posizioni social-rivoluzionarie – “espropriamo la terra dei ricchi londinesi”, recita un suo volantino – un Teddy repentinamente asservito ad un potere che, almeno in parte, avversava fino a poco prima. Ma soprattutto davanti ad un finale (e chi non vuole perdersene il gusto salti alla fine del capoverso) poco comprensibile, nonché del tutto prevedibile. La morte di un fratello causata dall’altro, quasi non importa quale nella dinamica degli eventi, se nonché a spegnersi, fisicamente ma non moralmente, è, alla maniera di Loach, il più debole, quello che alle spalle non ha l’istituzione, ma che al contrario l’avversa.
Un film che subisce troppo, ironia della sorte, la mano pesante, i (calcati) tratti caratteristici del suo autore, finendo, dopo un ottimo avvio e una navigazione a vista, per venirne soffocato.

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 21-11-2006 22:50  
TRAMA: 1920 , l'Irlanda e' sotto la dominazione inglese e cerca faticosamente di liberarsi dal giogo oppressivo con una rivolta prima sotterranea che poi nelle speranze possa estendersi a una lotta di popolo grazie all'esempio coraggioso dei rivoltosi. Il sangue non tarda a scorrere insieme alle controreazioni dell'esercito inglese che fa di tutto , giungendo anche alla tortura , pur di arrivare ai capi della rivolta. I risultati della guerra di liberazione avranno esiti del tutto inaspettati per i protagonisti della rivolta...

Sunto del commento per lettura veloce : un bel film , da vedere eventualmente con “ Michael Collins “ ( interprete Liam Neeson ) per approfondire l'argomento, di grande impatto emozionale girato con uno stile preciso e asciutto , senza fronzoli come nello stile di Loach. Due sezioni compongono questo film ( il prima e dopo ) fornendo i due volti di una stessa lotta in maniera impeccabile. Consigliatissimo per godere di un opera lontano da ridondanti ed epiche battaglie ( non ci sono mai grossi eserciti a confronto ma gruppi di combattenti contro esercito ) , impreziosito da una fotografia delle colline irlandesi veramente stupenda. Da non perdere , nonostante una interpretazione non eccelsa del poco espressivo cast , per il suo stile decisamente impattante su un argomento cosi' complesso.

Osservazioni : La palma d'oro del festival di Cannes 2006 arriva con un ritardo imperdonabile nelle nostre sale, speriamo che il pubblico lo premi con il giusto tributo. Il film ha uno stile secco e vigoroso , non eccede in fronzoli inutili , a cui del resto Loach raramente o mai si concede , e nonostante probabilmente un budget non faraonico ( chi si aspetta grandi scontri urbani o nelle colline tra diversi schieramenti rimarra' deluso, le lotte sono microscontri tra gruppi ) riesce ad avere un grande impatto per come mostra la lotta e il sangue che scorre senza nessuna pieta' attraverso situazioni di confronto tra oppressori e oppressi .Stupendi a tale proposito le scene iniziali dove anche l'identita' diventa un diritto da sbandierare con orgoglio, diritto che non si puo' avere in quanto la prima cosa che deve fare un governo oppressore e' sradicare le tradizioni per poter poi innestare le proprie. Concetto che viene poi ribadito con il tradimento del giovane soldato
dove il luogo di nascita determina una ideologia non strappabile con la forza e appioppando una divisa che non si sente propria. Immagini come si diceva senza alcuna inutile ridondanza , ma che si avvalgono di una fotografia strepitosa per quanto riguarda le colorazioni di verde , e in alcuni punti addirittura il sole sembra dare una connotazione di grassetto luminescente alle sagome in controluce veramente affascinante. Poi la bravura di Loach sta nel dividere splendidamente i due comparti del film , quelli che riguardano il prima e dopo oppressione , quelli che approfondiscono il tema dove in fondo se non si ha una vera vittoria ma solo illusori placebi vestiti da accordi che sembrano calmare gli animi ma non risolvono veramente il problema non si arriva a nulla.
Questi stati d'animo sono miscelati benissimo e nei discorsi dei combattenti risuona sia il vero cuore e il pensiero per la vera vittoria mancata , sia la grande voglia di sola dimostrazione di un obbiettivo senza poi alla fine risolvere nulla se non di facciata. Loach ci pone poi di fronte l'intransigenza del dovere cieco , del folle perseguire e mantenimento di un obbiettivo quando la frittata viene rivoltata completamente , quando la lotta fratricida assume connotati indegni per amici e fratelli che insanguinano loro stessi un suolo tanto amato. Decisamente questo e' piu' bufera che vento , queste sono sberle piu' che carezze , il lato duro di una lotta che poesia non ne ha alcuna. Veramente un bel film che arriva all'obbiettivo del suo racconto, dove la lotta di un popolo e' una vera conquista quando raggiunta la liberta' scacciando l'oppressione poi si trova una unione vera.
Deplorevole il doppiaggio italiano non tanto per le inflessioni ma quanto piu' per l'utilizzo continuo ed esagerato di stranianti parolacce fuori luogo per collocazione storica.
Il cast purtroppo poteva rendere ancora meglio il lavoro di loach , ma molte volte la recitazione eccede in grinta e smorfie senza coinvolgere completamente lo spettatore. Cillian Murphy , dopo il disastroso lavoro con Craven , non riesce a bucare un personaggio che doveva avere una rappresentazione scenica piu' completa dato che era perno confronto razionale e profondamente rappresentante delle due situazioni confronti che i comparti del film propongono

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