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Autore Factotum
Petrus

Reg.: 17 Nov 2003
Messaggi: 11216
Da: roma (RM)
Inviato: 01-04-2006 22:13  
Charles Bukowski, oltre aver scritto il romanzo omonimo da cui è tratto Factotum, in qualche modo è presente in tutto lo svolgersi della storia. Un film alcolico, offuscato, immerso nella nebbia e nei fumi del whisky o della birra, che si dipana con lenta freddezza, con misurato sfascio lungo la vita di uno sbandato, o forse di un sognatore, o magari di un fallito. Di uno che probabilmente racchiude tutte e tre le cose, aggiungendoci, come se non bastasse, il fatto di avere uno strano dono per la scrittura, ma di riuscirla a sfruttare solo (?) all'interno di quel che è il suo mondo, raccontando così storie poco rassicuranti, lontanissime dall'American Dream, ma anche dalle consuete storie di dannazione e riscatto che tanto ipocritamente piacciono al pubblico dei dvd.
La messa in scena è, stranamente, sia il punto forte che la crepa del film.
Il primo aspetto si declina in una studiata lentezza, dell'andamento generale e dell'inquadratura singola, con l'accuratezza di non soffermarsi su dettagli trainspottinghiani, ma lavorando molto sui volti, sulle particolarità di determinate umanità e di determinati ambienti, non avendo paura di andare ad affrontare situazioni poco fruibili e non immediate.
Ma quel che è il suo punto di forza, rischia anche di indebolire strutturalmente un film che si trova invischiato in uno svolgersi dai tratti catatonici e dai colori che sembrano tutti convergere verso un grigio metallico. Una scelta, quella di premiare la riflessività dello sguardo della macchina da presa, che non premia l'incisività e la penetranza di una pellicola che, non foss'altro per le sue origini letterarie, indaga a fondo l'animo umano.
Fortunatamente gli interpreti aiutano l'operazione, caricandosi del bagaglio di responsabilità dell'assumersi il ruolo di veicoli principali della comunicazione filmica, e assolvendolo al meglio delle proprie possibilità. Molto brave le interpreti femminili, sia Marisa Tomei che, in particolare Lili Taylor, vero paradigma della classica "donna da quattro soldi", legata visceralmente al suo uomo da un misto di amore, senso di sicurezza, e di perizia nel fare sesso.
Altrettanto bravo Matt Dillon, che forse raggiunge nel film l'apice della sua carriera (almeno ad oggi) per espressività e senso dello spazio-tempo. Ogni mossa è calibrata alla perfezione, ogni sguardo soppesato, ogni battuta fatta pesare per quel che basta. Se Dillon era l'unico aspetto che si salvava nel fallimentare Crash - Contatto fisico, ultimo vincitore (purtroppo) dell'Oscar, qui è il vero elemento aggiunto di una pellicola di per sé ambigua, faticosa, che a momenti fa fatica a trovare il bandolo della matassa.
Lo si perdona comunque a Bent Hamer, regista scandinavo che è passato agilmente dalla piccola storia di caricatura quotidiana di Kitchen Stories - racconti di cucina, direttamente a Bukowski, riuscendo a cavarsela di fronte ad un tale maestro della letteratura in modo tutto sommato gradevole e sufficiente.
Ma poi, dopotutto, come diceva lo scrittore maledetto, in un film "ciò che conta davvero è come te la cavi a camminare sul fuoco".

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"Verrà un giorno in cui spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate"

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 02-04-2006 07:41  
il mio parere e' un po' diverso da quello di petrus...
il film lo dico subito per me e' stata una grande delusione.Mi aspettavo parecchio a livello recitativo ( una prova da oscar per matt dillon la credevo sicura ) , speravo di poter trovare anche una per quanto piccola angolazione visuale dei romanzi di bukowski, e invece il regista si limita a trasporre in film il romanzo e la vita dissoluta del protagonista senza approfondire nulla di questo e dillon non buca lo schermo come speravo.Il film, che tra l'altro non dura moltissimo ( 94 minuti ),ciondola pesantemente con una proposizione statica e ripetuta di situazioni che sono costanti e cicliche, con questo continuo andirivieni di lavori,alcool e fumo.Questo viene intervallato in maniera quasi scontata e patetica dal protagonista che si ferma, riflette e spara qualche grande ragione della vita (per lui).Non ci sono momenti di vero coinvolgimento nel seguire la costante escalation verso l'autodistruzione,anche perche' il resto dei personaggi non riesce a far introdurre nuova linfa alla narrazione.Si puo' pensare che quello era il romanzo e tanto e' , una fedele trasposizione, ma a questo punto il film per me risulta insipido e senza interesse.
Dillon fa quello che fa senza grande dispendio di energie e resa, mentre
Lili Taylor, fedele al modello ho sparato a andy warhol,recita costantemente anche lei con la sigaretta in bocca , fornisce una buona prova recitativa, e non ha problemi a fare qualche scena in lingerie trasparente nonostante un corpo non proprio in piena regola dimostrando grande partecipazione al personaggio e voglia di mettersi in gioco.
Breve ma molto gradita la partecipazione di Marisa Tomei , splendida ancora nonostante il passare degli anni. In definitiva per mio pensiero un film su cui nutrivo forse troppe aspettative e che credevo diverso, che mi ha deluso profondamente per il suo aspetto troppo secco e sintetico nel solo mostrare la dissoluzione e null'altro ( amore e sentimento per il protagonista fanno rima con garanzia di mantenimento,tra l'altro sentimenti che non riesce neppure a rendere duraturi come il suo lavoro ma destinati a chiudersi ).
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non solo quentin ma nel nome di quentin...quentin tarantino project
QUENTIN TARANTINO PROJECT

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 03-04-2006 13:56  
Sulle note cadenti di una musica ovattata e sommessa da periferico pub semivuoto, scorrono immagini nebbiose, dolenti e appesantite dalla sofferente robustezza dell’uomo che le riempie. Una voce grave e strepitante accompagna la nostra mente verso orizzonti invisibili perché coperti da palazzi in muratura, ma prima di tutto da tende verdognole serrate alle finestre. Ci addentriamo in una dimensione lontana dalla rapidità dei movimenti, dei riflessi e dei mestieri stessi; una dimensione pronta ad accoglierci apparentemente con grande indifferenza, con scarso interesse verso le nostre capacità e virtù, perchè insufficientemente conosciute e lontane dal “qui ed ora” frequentato.
Come in Kitchen Stories l’amicizia e l’amore sono rappresentatati esclusivamente dal legame presente fra due persone, che si stanno affianco e che si pensano quando sono lontane, il resto è mero opportunismo, è immagine volubile e fatiscente in attesa di scomparire alla prima occasione. Come Kitchen Stories ci ha insegnato, due persone di qualsiasi nazionalità, stato sociale ed età possono condividere insieme momenti di vera comunanza e sincera amicizia, che a noi globalizzati paiono davvero magia.
Malinconia e speranza che pervadono entrambe le pellicole, binomio e dualismo al tempo stesso che si fondono insieme in una particolare capacità d’intravedere la vita. Factotum è un film che si segue da un cantuccio, come quello in cui si appostava Grant di Kitchen Stories, sopraelevati e insicuri, liberati da qualsiasi autorità di giudizio sul prossimo e le sue azioni, sul suo modo di vivere e sulle sue - per la verità poche - sicurezze. Bent Hamer ci invita a seguire il suo film nelle vesti di uomini ingenui, puri, che si sorprendono facilmente e incoraggiano alla vita il loro protagonista senza mai spegnere la sua forza d’animo, che lo porta semplicemente a proseguire una vita da molti ritenuta meschina. Lottare contro la malinconia persistente, ridondante, monocroma di Factotum deve dare speranza al nostro Henry Chinaski, che sembra uscito dalle desolate lande della Norvegia di Bent Hamer, e approdato in un suolo nemico, dove per vivere bisogna combattere contro sé stessi, contro la viltà e l’insignificanza della propria persona. Ma la scrittura, il rumore della penna che traccia linee, parole e sentimenti sopra un foglio, possono far riaffiorare ancora quella forza d’animo residua, capace di credere che infine qualcuno possa apprezzare uno di quei foglietti, e possa capire qualcosa di più di una persona che non è mai stata compresa da nessuno prima d’ora, in primis dai genitori. Personalità rara capace poi di comporre vere e proprie opere d’arte? Da quelle parole distrutte di una dignità sociale che non emerge mai dai pub costellati di donne in topless e uomini sfiduciati, Henry Chinaski riceve la forza di andare avanti, di sopravvivere per scrivere ancora qualcosa, come Jan di scopare qualche uomo forte e vissuto, capace di donargli quella sicurezza e protezione che in vita non è mai riuscita a ricevere da nessuno, e Laura che cerca con più serenità la stessa sensazione. Uomini e donne alla ricerca di pretesti per potere andare avanti, continuare a bere e cercarsi un lavoro, in attesa di quel momento di piacere puro capace di salvarli dal baratro. Henry nei suoi racconti cercava di trascrivere le sensazioni che altrimenti sarebbero rimaste chiuse dentro la sua corazza, dura e buffa, destinata al tormento. I suoi scritti sono come i soldi che nessuno vuole concedergli, quelli spesi nell’alcool, una sua scelta. Forse alla fine uno dei tanti racconti spediti sarà pubblicato, apprezzato, e susciterà in qualcuno una riflessione più profonda di quanto si crede capace l’autore del testo.
In factotum non vi è pregiudizio, vi è solo una radicata indifferenza, rarefazione e un senso di profonda malinconia. Non mancano i momenti di humour tipici del cinema di Hamer, quelli della conciliazione e dell’immediatamente successivo addio, atto di solitudine. Al fluido utilizzo del carrello fanno seguito numerosi primi piani capaci di stampare negli occhi dello spettatore pelli sudate e sporche, calde e dure, bagnate e secche. Sensazioni monocrome che fanno capo a soggetti di contrasto e grande ispirazione. Scenografie e costumi rilassanti allo sguardo permettono la comodità e la dispersione, talvolta più ironica di quanto si creda. La grande qualità che va riconosciuta al regista norvegese e a molto del cinema limitrofo è quella di sapere dosare i tempi e i ritmi giusti, ovviamente lenti, creando grande armoniosità nel sottotesto filmico, e contemplazione nello sguardo spettatoriale. Estrapolandolo dal contesto filmico Factotum è un esempio eccellente di cinema letterario, dove il primo episodio fa da leitmotiv per tutti i successivi, che si vanno poi a spegnere cogliendo lo spettatore/lettore alla sprovvista.
Da un soggetto di Bukowski, Matt Dillon riesce ad esprimere meravigliosamente l’impostazione sottomessa e priva di aspirazioni di un uomo sempre appigliato ad alcool e vaghi sentimenti.
Emblema di Factotum e di tutto il cinema di Bent Hamer è la sequenza in cui Henry guarda fuori da una finestra e vede palazzi e grattaceli moderni, scrutandoli con grande diffidenza. Da Eggs a Kitchen Stories fino a Factotum, Bent Hamer ha maturato il suo sguardo e lo ha impreziosito con una nuova materia sociale rivolta al presente, mentre con malinconia e affetto osserva ancora il passato ed i suoi sentimenti. Sempre e comunque dal suo amabile cantuccio.

già presente qui
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La ragione è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie

René Descartes

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Albysat

Reg.: 19 Feb 2003
Messaggi: 863
Da: ffshdgf (AR)
Inviato: 03-04-2006 22:09  
Io l'ho visto..
Bhè ottimo il Dillon
Una recitazione da vero oscar...
ma il film nn mi ispira...
6.5
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Hey Franck...
Vaffanculo Frank...

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ines49

Reg.: 15 Mag 2004
Messaggi: 376
Da: PADOVA (PD)
Inviato: 04-04-2006 23:00  
Lieve delusione: i dialoghi della voce fuori campo sono stati la sola vera emozione, quelli dentro al film, la regia, l'interpretazione di un poco alcolico Matt Dillon non mi hanno entusiasmato. Mah!

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Verme87

Reg.: 01 Set 2006
Messaggi: 2564
Da: catanzaro (CZ)
Inviato: 01-12-2006 02:00  
Ottima interpretazione di Matt Dillon...una delle sue migliori perfomance da attore.
Henry Chinaski è davvero un 'ottimo personaggio...un uomo arrivato al fondo, che arriva consapevolmente ad esplorarne gli abissi e da emarginato può analizzare il mondo dall'esterno. Un "perdente" secondo il senso comune, che osa criticare la forma mentis borghese e l'assurdità della vita fatta di azioni meccaniche di cui non ci si chiede il significato.
Henry conosce bene le difficoltà di realizzare il suo sogno di diventare scrittore, ma ne affronta comunque le conseguenze: "Non ci provare. Se vuoi provarci, allora provaci fino in fondo".
Davvero un bel film !
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JEFF BUCKLEY FORUM

SINEAD O'CONNOR FORUM

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Saeros

Reg.: 27 Mag 2004
Messaggi: 7565
Da: Napoli (NA)
Inviato: 01-12-2006 12:33  
considerato il mio amore viscerale per Charles ( ) il film mi ha un po` delusa, l'ho trovato meno travolgente della sua arte e della sua grandiosa scrittura.
ma, ovviamente, salvo Matt Dillon, a mio parere uno dei migliori attori in circolazione attualmente.
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Mizar:Sae è da interpretare stile rebus..
Un Lugubre Equivoco

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Goose76

Reg.: 16 Ago 2003
Messaggi: 224
Da: treviglio (BG)
Inviato: 01-12-2006 14:47  
Riprodurre le atmosfere dei racconti .. rendere credibile il personaggio principale senza cadere nel macchiettistico.. pochi dialoghi ma buoni.... non mi sembra cosa da poco.
Ottimo lavoro e ottimo cast.



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