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Saimir |
AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 25-05-2005 00:53 |
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Un buonissimo film italiano mal ditribuito, quindi poco visto. Un vero peccato. In questo forum mi sembra non se ne sia ancora parlato. Qui dissi la mia http://www.cinemaplus.it/leggi-recensione.asp?id=1402
Con numerosi cortometraggi all’attivo, alcuni pluripremiati, Francesco Munzi, classe 1969, realizza un primo lungometraggio dando prova di un grande mestiere e di un ragguardevole senso dell’inquadratura fotogenica, di voler tornare al cinema che evita i fronzoli e mira direttamente alla sostanza, alla rappresentazione della realtà ed insieme alla trasfigurazione del mero realismo. Il girato di Munzi è puntuale, essenziale, quasi spoglio, nel raccontare/mostrare in modo tuttavia semplice, incisivo e poetico una vicenda complessa, esemplare, paradigmatica, più volte riproposta dalla cronaca giornalistica e televisiva, dal documentarismo cinematografico, dal saggio letterario sociologico, dove il rischio di scadere nei topoi è sempre in agguato. Saimir, che non incappa nella scorciatoria del caricaturismo lezioso e didascalico, narra le vicende di un giovane immigrato albanese che deve misurarsi con il vissuto quotidiano, ordinario e straordinario, per conquistare una propria identità psichica, sociale e culturale, in un paese ostile, nelle cose semplici/complesse che fanno da sfondo all’intenso dramma che si prefigura. Sceneggiatura (oliatissima), regia/montaggio (perfetti, perfetti tutti i raccordi), fotografia (eccellente) musiche (che si alternano e sottolineano con discrezione i lunghi silenzi), interpretazioni, tutto concorre a formare un affresco armonioso e coinvolgente che fugge ogni sorta di banale sentimentalismo e sociologismo ostentato e in eccesso che possa sopperire a una carenza di idee e al debole approccio personale e immaginifico.
E’ per tale ragione che l’opera di Munzi (nella quale cogliamo assonanze con L'imbalsamatore di Matteo Garrone, nella livida e dolorosa densità della fotografia, nei vasti piani prospettici pervasi da un senso di panica desolazione) si discosta non poco da tanto cinema italiano banalmente consolatorio che punta direttamente alle ghiandole lacrimali dello spettatore. E' inoltre vero che Saimir fà tesoro della lezione neorealista e di alcune suggestioni narrative del cinema pasoliniano, ma tale continuità con il nostro grande passato non può che impressionarci favorevolmente. Tanto più che la ragguardevole cifra estetica di Munzi, la duttile cinepresa che coglie con efficacissimi primi piani i volti e i tratti più intimi, “segreti” ed umani dei nuovi “figli della violenza” e della disperazione (brutture che fatalmente ritornano e che anche ricordano i “ragazzi di vita” del nostro sottoproletariato che ebbe in P. P. Pasolini il suo grande e sensibile cantore), depongono a favore di un’opera affatto personale, originale e sentita. Raro il pudore con cui viene filmato il pestaggio (invisibile) della giovane ragazza albanese da avviare alla prostituzione. Tra le più belle del film, merita di essere segnalata anche la lunga sequenza del furto nella ricca villa borghese. Macchina a spalla mobilissima, espressiva al massimo grado, assistiamo a momenti pervasi da una corrente sotterranea catartico-lirica, quasi mistico-sacrale, mentre la musica vivaldiana sottolinea, esalta, trasfigura l’ineffabile stupore di Saimir e dei suoi coetanei Rom, “furfantelli” capitati in quella sorta di riccco paese dei balocchi, di paradiso terrestre a loro precluso. Impossibile non tornare con la memoria alle sequenze pasoliniane in cui la spiritualità delle musiche di J.S. Bach formavano un corpo unico col profano, con le scene di maltrattamento, di rabbia, di violenza, di ribellione, di sottomissione, d'impotenza, infine con la Pietas, con il sublime, “mantegnano” sentimento della trasfigurazione.
Francesco Munzi si avvale inoltre di interpreti principali e di comprimari professionisti e dilettanti, o per meglio dire presi dalla “strada”. E’ questo il caso di Mishel Manok, classe 1986, studente di Tirana, bravissimo, spontaneo, naturale Saimir che sembra interpretare se stesso. Del tutto straordinaria, davvero encomiabile, è la prova di Xhevdet Feri, nel ruolo del padre del protagonista, attore di cinema e di teatro, nonché insegnante di recitazione molto apprezzato nella sua Albania.
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EDIT: già che c'ero ho corretto qualche errore di sbaglio...
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"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" L. Bunuel
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 25-08-2008 alle 15:49 ] |
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kropchik
 Reg.: 08 Apr 2004 Messaggi: 40 Da: milano (MI)
| Inviato: 25-05-2005 09:20 |
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Tanti complimenti,AlZayd,per la tua precisa,profonda e passionale critica che condivido pienamente. Non posso competere con la tua acuta osservazione professionale nemmeno col tuo italiano visto che non sono Italiano (per fortuna avendo sulle spalle un'esperienza ben più ottimista di quella di Saimir ma non meno inquietante...).
Comunque,è vero,il film riesce a creare un'atmosfera estremamente credibile e quasi affascinante pur raccontando una storia così oscura ma non priva di umanità: una visiona della vita dove questioni esistenziali sulla sopravivenza,il destino,la famiglia,l'identità vengono toccati tramite un racconto preciso sostenuto dai gesti (semplici ma estremamente precisi),silenzi "fortissimi" del mare, del motore del vagone del padre,dalle infinite sigarette fumate (per dare un po di esempi).
Il Shanuk (Saimir)recita con una presenza scenica di un grande attore di classe e con un fascino hiper realistico che pochi laureati di scuole di recitazione non dimostrano di avere. Il Padre è eccellente a raccontare i suoi profondi conflitti fra il lavoro e l'affetto per il figlio.
La fotografia bellissima (ricordando l'atmosfera oscura del sorprendente l'imbalsamatore).
La toccante scena del rapimento - piena di drammaticità e poesia, il mondano e lo spirituale in una danza del cuore...forti applausi!
Una distribuzione che ignora un film e un regista di questi livelli ha bisogno di un profondo esame di coscienza....
Amanti del cinema (italiano),andate a vederlo prima che sparisca dal circolo.
_________________ "Invece di parlare suona, e quando dovrebbe suonare parla"
(il musicista extracomunitario che ancora fa errori in italiano...perdonatelo) |
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lemona
 Reg.: 07 Gen 2002 Messaggi: 819 Da: ferrara (FE)
| Inviato: 27-05-2005 17:06 |
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Ottimo film italiano, che paga il ritardo della distribuzione(inizialmente non aveva distribuzione , poi hanno aperto gli occhi),forse il migliore visto a venezia come italiano.. e' un miracolo averne di questi film .. |
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quentin84
 Reg.: 20 Lug 2006 Messaggi: 3011 Da: agliana (PT)
| Inviato: 25-08-2008 15:19 |
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L'ho visto ieri su Rai3 e condivido le cose positive che sono state dette.
Davvero bello: uno stile pudico, asciutto ed essenziale per raccontare con dolente poesia l'immigrazione tra illegalità, violenza, ma anche voglia d'integrazione, e il processo di crescita e maturazione di un ragazzo.
[ Questo messaggio è stato modificato da: quentin84 il 25-08-2008 alle 15:27 ] |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 25-08-2008 15:25 |
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L'ho rivisto anch'io ieri sera, beccato per caso, finalmente la rai se ne è ricordata.., uno dei più bei film italiani delle ultime stagioni, praticamente ignorato, distribuito a suo tempo con un numero di copie irrisorio. |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 25-08-2008 15:40 |
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quote: In data 2005-05-25 09:20, kropchik scrive:
Tanti complimenti,AlZayd,per la tua precisa,profonda e passionale critica che condivido pienamente. Non posso competere con la tua acuta osservazione professionale nemmeno col tuo italiano visto che non sono Italiano (per fortuna avendo sulle spalle un'esperienza ben più ottimista di quella di Saimir ma non meno inquietante...).
Il Shanuk (Saimir)recita con una presenza scenica di un grande attore di classe e con un fascino hiper realistico che pochi laureati di scuole di recitazione non dimostrano di avere.
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Mi era sfuggito questo tuo post, grazie per le belle parole, nel caso leggessi vorrei dirti che il mio cuore è zingaro, e mai dunque potrà diventare professionista...
Altrettanto toccanti e condivisibili sono le tue parole, anche se non quoto tutto, come non concordare sull'interpretazione del giovane Shanuk (simpatico e spontaneo anche durante la conferenza stampa seguita all'anteprima del film) che spero non diventi mai un "professionista", un accademico... La scuola della vita a volte insegna più cose di un corso di laurea.
Spero che la tua "esperienza" si sia risolta nel migliore dei modi.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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