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L'URSS come l'USA, federazioni di sguardi. Identità nazionale nel cinema Sovietico. |
sandrix81
 Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 16-04-2005 15:24 |
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Non so se è la sezione giusta ma penso di sì.
Non so se fregherà a qualcuno ma penso di no. Comunque, visto che l'ho scritto per me, lo posto.
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PREMESSA
Facendo riferimento soprattutto agli anni Dieci e Venti, è impossibile non notare come il modello nazionale dell'Unione Sovietica ricalchi quello statunitense. Entrambi federazioni di Stati, per cui inevitabilmente identità multietniche, entrambi con una tensione ideologica verso l'esportazione del proprio modello economico e politico.
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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sandrix81
 Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 16-04-2005 15:25 |
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GRIFFITH SECONDO EJZENSTEIN
(riferimento bibliografico: Dickens, Griffith e Noi, articolo di S.M. Ejzenstein, 1944)
Il punto comune tra la cinematografia sovietica e statunitense è sicuramente la forma ideologica soggiacente i testi dei due Paesi (la differenza tra le due mentalità è soprattutto ideologica, e una tale differenza si esprime essenzialmente sul piano della forma).
L'ideologia, grazie al montaggio, riceve la propria articolazione; di qui la famosa affermazione di Ejzenstein "Ad ogni ideologia, un montaggio". Secondo il cineasta sovietico, ad ogni modo di pensare corrisponde una differente concezione (e quindi una differente realizzazione) del montaggio.
(cerco di citare più o meno alla lettera) "Dickens e tutta la galleria degli antenati (risalendo fino ai greci e a Shakespeare) ci ricordano che il nostro cinema non trae origine solo da Edison e tutta la schiera dei suoi inventori, ma c'è tutta una tradizione culturale [... che ha influenzato il nostro modo di concepire il cinema e la sua forma...] Immenso è il debito che [noi formalisti] abbiamo nei confronti di Dickens..."
C'è una grossa somiglianza, o, se vogliamo, una sottile differenza, tra lo stile di montaggio americano (quindi di Griffith, quindi risalente concettualmente a Dickens) e quello sovietico dei formalisti. Ma questa somiglianza è solo superficiale: entrambi si basano sul montaggio, e sul montaggio alternato e/o contrapposto.
Proprio qui nasce la critica di Ejzenstein, che pur stimava Griffith all'inverosimile ("...è dio padre. Egli ha tutto creato e tutto inventato. Per quanto mi riguarda gli devo tutto"), al padre del cinema americano. Quello che Ejzenstein contesta è l'uso griffithiano dell'alternanza (del montaggio) per puro scopo diegetico, volta a tentare di rappresentare il più possibile sensazioni di realtà e coerenza, mostrando la simultaneità di due azioni o lo svolgimento di due azioni nello stesso luogo, uso che del resto faceva già Dickens. La suspence dickensiana e la sua arte della digressione hanno avuto influenze facilmente individuabili sul cinema di Griffith, ad esempio in The lonely villa, del 1909, classico esempio del "last minute rescue" (salvataggio dell'ultimo minuto), cinematograficamente "inventato" proprio dal cineasta statunitense.
Come già detto, il pensare in termini di montaggio è inscindibile dal modo di pensare e di vedere la realtà. Nella struttura duale, fatta di contrasti, del montaggio di David Wark Griffith - scrive Ejzenstein - si riflette la sua dualistica visione del mondo, così come avveniva anche nei primi filmati di propaganda sovietici..
Griffith si limita ad un'accumulazione quantitativa di immagini. I formalisti miravano invece al salto qualitativo, al dar vita ad astrazioni concettuali combinando materiali concreti (cioè le immagini), al costruire un discorso che, oltre alla sfera diegetica, investa anche quella intellettuale; ciò è possibile solo concependo il montaggio in una certa maniera, che NON è quella di Griffith. Quello che manca a Griffith è la produzione di una brillante unità d'immagine, una fusione, per passare dalle immagini sullo schermo ad un livello ideologico di pensiero.
Gli esempi a tal titolo sono tantissimi, dai tre leoni de La corazzata Potemkin, al pavone meccanico di Ottobre, fino al finale de La madre di Pudovkin.
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sandrix81
 Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 16-04-2005 15:25 |
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VERTOV, EJZENSTEIN E LE IMMAGINI CONTRASTANTI; REALTA' O MESSINSCENA?
Prendiamo un film del 1926: La sesta parte del mondo, di Dziga Vertov. Un film chiaramente di propaganda, commissionato dal Gostorg (l'organismo addetto al commercio con l'estero) e pensato soprattutto per essere destinato a presentare all'estero l'attività del Paese, attraverso un'esplorazione, sotto l'occhio del kinoglaz (il "cineocchio"), della sterminata estensione e dello sviluppo industriale dell'URSS.
E' un esempio perfetto per rilevare le caratteristiche principali del montaggio Vertoviano, montaggio dal carattere accumulativo, additivo, enumerativo.
Vertov è il meno incline, tra i cineasti sovietici, ad attingere ai modelli americani, si discosta quindi più degli altri dalla posizione, griffithiana e prima ancora di Dickens, meramente contemplativa del dato di fatto, del contrasto. Cercando tra gli autori statunitensi, Vertov si può forse accostare alla poesia di Walt Whitman (insieme a Majakovski, Whitman era infatti il poeta preferito da Vertov).
In Dziga Vertov e nella sua filmografia, i contrasti si succedono nella forma di un'enumerazione senza fine. Quello che ci si chiede è se il suo metodo accumulativo possa in qualche modo portare a quella moltiplicazione dei significanti ideologici teorizzata (e messa in atto) da Ejzenstein.
Per Ejzenstein, questo doveva avvenira per mezzo di immagini contrastanti messe in scena appositamente per lo scopo. Per Vertov, invece, la visione dialettica può avvenire solo con il montaggio di immagini reali, solo se la qualità reale prende il posto della molteplicità reale. Vertov ambisce a trasformare il cinema in una federazione di immagini e di sguardi a disposizione delle masse, attraverso il montaggio. In questo Vertov è forse molto vicino alla concezione di montaggio come concatenazione collettiva di enunciazioni, teorizzata da Deleuze.
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sandrix81
 Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 16-04-2005 15:25 |
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Le teorie di Ejzenstein e di Vertov, comunque, trovano la propria ricchezza nella possibilità di essere differenti. Prima che proprio colui che è la figura di riferimento de La sesta parte del mondo, Stalin, giunga a negare tale possibilità, promuovendo e affermando la poetica e lo stile, stavolta davvero unici, ufficiali del regime socialista.
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ilaria78
 Reg.: 09 Dic 2002 Messaggi: 5055 Da: latina (LT)
| Inviato: 17-04-2005 11:14 |
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quote: In data 2005-04-16 15:25, sandrix81 scrive:
C'è una grossa somiglianza, o, se vogliamo, una sottile differenza, tra lo stile di montaggio americano (quindi di Griffith, quindi risalente concettualmente a Dickens) e quello sovietico dei formalisti. Ma questa somiglianza è solo superficiale: entrambi si basano sul montaggio, e sul montaggio alternato e/o contrapposto.
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come giustamente hai detto tu, c'è un luogo di nascita comune tra il modo di fare cinema americano e quello sovietico, ma partendo da un punto di vista comune le due "scuole" vanno in direzioni esattamente opposte, come opposte sono le ideologie socialiste e capitaliste.
interpretando “ideologicamente” i due modi di fare cinema e quindi anche usando lo stesso linguaggio, abbiamo da un lato l'America che vuole far "consumare", fruire facilmente, creare l'illusione di realtà di quanto si sta vedendo, vendere un prodotto, e dall’altra Ejsensteijn che vuole dare significato, vuole creare un ‘opera che è slegata da dinamiche di commercio e “vendibilità”, che vuole rendere consapevole lo spettatore e fargli rielaborare quanto sta vedendo.
Ora al di la del fatto che poi lo stesso Eijstenstain fu sfruttato per la propaganda, che la dittatura è un po’ come il capitalismo, vive di persone che non riflettono e non si “ribellano” e che quindi il cinema professato da Ejsensteijn non è esattamente espressione politica e artistica del suo paese, ma sua e di pochi altri, possiamo far ritornare la vera e propria dicotomia del cinema Urss/Usa a due modelli mutuati dal teatro stesso, il teatro classico e quello brechtiano, ovvero quello che abbatte la quarta parete e quindi l’illusione di realtà tanto cara agli americani.
Le trovate sacrosante di Griffith saranno perciò adottate sia da Urss e Usa, ma sfruttate in senso opposto.
Che poi questo discorso può essere ampliato al cinema moderno, con la differenza tra cinema commerciale e cinema d’autore, che è sempre troppo generica e semplicistica da affibbiare ma mai chiusa in compartimenti stagni.
ps. noto con piacere che ultimamente la storia del cinema di film up si sta rimpinguando di parecchie nuove voci
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...quando i morti camminano signori..bisogna smettere di uccidere...
[ Questo messaggio è stato modificato da: ilaria78 il 17-04-2005 alle 11:15 ] |
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oronzocana
 Reg.: 30 Mag 2004 Messaggi: 6056 Da: camerino (MC)
| Inviato: 17-04-2005 12:27 |
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quote: In data 2005-04-16 15:25, sandrix81 scrive:
Per Vertov, invece, la visione dialettica può avvenire solo con il montaggio di immagini reali, solo se la qualità reale prende il posto della molteplicità reale. Vertov ambisce a trasformare il cinema in una federazione di immagini e di sguardi a disposizione delle masse, attraverso il montaggio. In questo Vertov è forse molto vicino alla concezione di montaggio come concatenazione collettiva di enunciazioni, teorizzata da Deleuze.
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Questo anche perchè Dziga Vertov non era proprio un amante dei film a soggetto tanto che considerava le trame dei film come l'oppio del popolo.
Credo poi che lo stesso Vertov possa essere considerato il pionere del documentario e del cinegiornale sovietico(preferendoli di gran lunga ai film a soggetto a differenza di Ejzenstein), che anche se di propaganda, rappresentano un punto fondamentale nell'evoluzione del cinema nell'U.R.S.S.
Infatti il regista iniziò a lavorare per il cinema sui treni dove, durante le guerra civile fra il 1918 e il 1919, venivano proiettati dei veri e propri cortometraggi di propaganda a metà strada tra documentari e cinegiornali. Proprio questa esperienza gli permise di realizzare importanti e famosi lungometraggi come Leninskaja Kino-Pravda del 1925(cinegiornale dedicato alle reazioni popolari per la morte di Lenin) e L'umo con la macchina da presa del 1929 (documentario dedicato a ritrarre i vari aspetti della vita sovietica).
_________________ Partecipare ad un'asta, se si ha il Parkinson, può essere una questione molto costosa.
Michael J. Fox
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sandrix81
 Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 17-04-2005 14:02 |
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certo. sono stato un po' troppo stringato, e ho dato forse per scontate alcune cose. tra queste, sicuramente la diversità di vedute tra Vertov, che aborriva la cinenicotina delle storie di finzione e che cercava di cogliere la vita in flagrante con il cineocchio, e Ejzenstejn, che invece valorizzava appunto la messinscena come mezzo per creare l'astratto dal concreto e per rendere visibile il parallelismo tra il linguaggio delle immagini (e quindi del montaggio) e tutti gli altri linguaggi ("non è di un cine-occhio che abbiamo bisogno, ma di un cine-pugno!, il cinema sovietico deve spaccare i crani e non soltanto riunire milioni di occhi!").
Quello che i due cineasti hanno in comune è la volontà di liberare l'arte e il popolo dai linguaggi borghesi attraverso un nuovo modo di raccontare la realtà (sostituendo alla nozione di fotogenia quella di cinegenia), che indichi la strada della rivoluzione.
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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