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Autore Antichrist - Lars Von Trier
Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 14-06-2009 23:16  
quote:
In data 2009-06-14 21:17, DeadSwan scrive:
quote:
In data 2009-06-14 15:06, Marienbad scrive:
Io amo molto Lynch, ma quel film è proprio fuori tempo, fuori luogo e fuori da ogni logica... Un'opera autoreferenziale che si perde nei suoi labirinti metaforici non realizzando alcunchè.






Scusate l'OT.
Esiste, qui sul forum, una esposizione più articolata di questo tuo commento?
In generale, c'è una discussione su Inland Empire?




Eccoci, finalmente qualcuno con cui, al limite (ammetto che non mi piace proprio parlare di questo film), si può tentare una discussione sensata...
Intanto ti linko il thread, così magari te lo leggi ed esponi il tuo punto di vista sulla faccenda.
http://forumfilmup.leonardo.it/forum/viewtopic.php?mode=viewtopic&topic=53608&forum=4&start=0

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 14-06-2009 23:47  
quote:
In data 2009-06-14 19:02, kagemusha scrive:
quote:
In data 2009-06-14 18:50, HaroldKid scrive:
ahah che bel topic (non ho visto Van Trier. )

e cmq

l'intenzione d'autore, nel cinema come altrove, dà senso solo parzialmente all'opera, risolve solo parzialmente il problema

un film che partisse da un idea premeditata e si sviluppasse lungo una linea linda e retta, senza deviazioni, sarebbe non-cinema, sarebbe uno sterile exhibit di (volontà di ) potenza.



condivido

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[ Questo messaggio è stato modificato da: kagemusha il 14-06-2009 alle 19:04 ]



Io non del tutto.
Nel senso... Le deviazioni ci sono, ed è chiaro, ma la questione è puramente aleatoria, esterna. In realtà alla base c'è sempre un'idea (parliamo del buon cinema) che tenta di concretizzarsi contro ogni ostacolo. Magari non esiste a prescindere una perfetta costruzione mentale (anche se esistono i casi: Kubrick e Hitchcock su tutti), ma esiste certamente un'idea che va pacificandosi con il cinema per arrivare a suggerirla nel miglior modo possibile e che quindi, infine, apparirà come un'idea ben resa.
Ma ripeto, se c'è interpretazione, con tutte le deviazioni del caso, essa risiede sempre a valle e mai a monte, indi per cui il lavoro d'interpretazione deve sempre costruirsi sul film e attraverso il film, risalirne la china, giocando con i meccanismi del cinema e dei contesti (culturali, sociali, temporali, spaziali...).
Per questo motivo passa una differenza abissale, e che Quilty non afferra, tra l'appioppare un senso ad una trama, ad una scena, ad un dialogo, ed interpretare una costruzione audiovisiva nel suo corpus totale.
Infine, se il critico arriva a sostenere, in maniera del tutto coerente e soprattutto riscontrabile, un'idea poliedrica che contemporaneamente riesce ad aderire a tutti gli aspetti del film e di ciò che orbita intorno ad esso, allora si può parlare di buona critica.
Gli altri sono solo passatempi o semplici opinioni dettate gusto con le quali, ripeto, non si combatte...




_________________
Inland Empire non l'ho visto e non mi piace

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kagemusha

Reg.: 17 Nov 2005
Messaggi: 1135
Da: roma (RM)
Inviato: 15-06-2009 12:56  
si potrebbe quindi dire semplicemente che, secondo te, il compito della (buona) critica nei confronti del (buon) cinema, sia di risalire, attraverso l'opera, al pensiero dell'autore?

[ Questo messaggio è stato modificato da: kagemusha il 15-06-2009 alle 12:57 ]

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 15-06-2009 13:56  
Ma non solo. Credo sia necessario comprenderne il pensiero, le riflessioni del caso, la percezione del mondo e delle cose e i motivi che lo hanno spinto alla realizzazione. E infine, cosa importante, capire in che modo egli si rapporta al presente attraverso la sua opera e le sue scelte.
Prendi, ad esempio, un film come Funny Games (1997) di Haneke. Discreto film, interessante sotto molti aspetti, significativo nel contesto in cui si colloca. Dopo 10 anni esce il suo remake. Stesso regista, stesse scelte, stesso film. Cosa è cambiato? E' cambiato il cinema, il mondo e pure la sua età, ma Haneke sembra non curarsene. E allora? Il film, attraverso le sue scelte o non scelte (anche non scegliere è una scelta a tutti gli effetti), definisce la sua insignificanza, il suo fallimento. E questo non dipende solo dalla capacità (più o meno discutibile) del regista, ma anche e soprattutto dalle contingenze, dai contesti e dall'evoluzione di una riflessione che qui, infatti, è completamente assente.
Un altro film-esempio, sicuramente meglio riuscito, è senza dubbio Psycho di Van Sant e in relazione al discorso puoi capirne anche i motivi.

Questo chiaramente è solo un aspetto della faccenda, ci sono altre variabili in causa, ma il succo è, come diceva Calvino, "l'uomo è la finestra da cui il mondo guarda il mondo". Se non ci posizioniamo a quella precisa finestra, quale diverso punto di vista potremmo mai avere? Quale mondo potremmo mai capire?

Certo, si può rimanere alla propria finestra, godere sempre e solo del solito punto di vista e giudicare tutto attraverso quello, considerando le visioni secondo un solo parametro, il proprio gusto. Ma a questo punto verrebbe da chiedersi: perchè mai servirsi del linguaggio, quello cinematografico (ma non solo), se lo scopo del regista non fosse quello di comunicare uno sguardo altro sulle cose?

A te la risposta.

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TheSpirit

Reg.: 21 Set 2008
Messaggi: 3605
Da: Napoli (NA)
Inviato: 15-06-2009 14:20  
Il punto secondo me è che lo sguardo dell'autore dovrebbe essere costruito in maniera tale da andare a sovrapporsi in maniera naturale a quello dello spettatore.
E il buon esito di questo processo dipende dalla capacità del regista.
Sicuramente quella di comunicare il proprio sguardo sulle cose è una delle possibilità più affascinanti tra quelle offerte dal dispositivo cinema, ma il carico di questo lavoro comunicativo riposa in gran parte sulle spalle dell'emittente del messaggio, che nel cinema, in particolare nel cinema che si definisce d'autore, facciamo convenzionalmente corrispondere alla figura del regista-autore. Il compito dello spettatore in questo "patto comunicativo" è semplicemente quella di porsi di fronte al film in condizioni di apertura, disponibilità e ricettività. La ricompensa è quella di poter godere appieno del piacere estetico insito nell'opera, un godimento estetico la cui predisposizione pure rientra tra i compiti del creatore dell'opera.


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kagemusha

Reg.: 17 Nov 2005
Messaggi: 1135
Da: roma (RM)
Inviato: 15-06-2009 16:57  
quote:
In data 2009-06-15 13:56, Marienbad scrive:
Ma non solo. Credo sia necessario comprenderne il pensiero, le riflessioni del caso, la percezione del mondo e delle cose e i motivi che lo hanno spinto alla realizzazione. E infine, cosa importante, capire in che modo egli si rapporta al presente attraverso la sua opera e le sue scelte.
Prendi, ad esempio, un film come Funny Games (1997) di Haneke. Discreto film, interessante sotto molti aspetti, significativo nel contesto in cui si colloca. Dopo 10 anni esce il suo remake. Stesso regista, stesse scelte, stesso film. Cosa è cambiato? E' cambiato il cinema, il mondo e pure la sua età, ma Haneke sembra non curarsene. E allora? Il film, attraverso le sue scelte o non scelte (anche non scegliere è una scelta a tutti gli effetti), definisce la sua insignificanza, il suo fallimento. E questo non dipende solo dalla capacità (più o meno discutibile) del regista, ma anche e soprattutto dalle contingenze, dai contesti e dall'evoluzione di una riflessione che qui, infatti, è completamente assente.
Un altro film-esempio, sicuramente meglio riuscito, è senza dubbio Psycho di Van Sant e in relazione al discorso puoi capirne anche i motivi.

Questo chiaramente è solo un aspetto della faccenda, ci sono altre variabili in causa, ma il succo è, come diceva Calvino, "l'uomo è la finestra da cui il mondo guarda il mondo". Se non ci posizioniamo a quella precisa finestra, quale diverso punto di vista potremmo mai avere? Quale mondo potremmo mai capire?

Certo, si può rimanere alla propria finestra, godere sempre e solo del solito punto di vista e giudicare tutto attraverso quello, considerando le visioni secondo un solo parametro, il proprio gusto. Ma a questo punto verrebbe da chiedersi: perchè mai servirsi del linguaggio, quello cinematografico (ma non solo), se lo scopo del regista non fosse quello di comunicare uno sguardo altro sulle cose?

A te la risposta.


non ho risposte a questo o perlomeno non ne ho ora
vorrei però proporti un paio di domande visto che mi sembri in vena, sempre nel tentativo di definire il compito della critica.
Mi riallaccio a quando hai detto giustamente che sui gusti si può discutere in eterno, la critica non deve e non può quindi mai fare ricorso a giudizi di gusto? La critica deve svelare, interpretare, fare collegamenti ma mai giudicare nè "dare voti"? Dire "è bello questo", "è bello quest'altro" è quindi un compito che non spetta alla critica? Alla critica spetta "solo" rilevare la coerenza del discorso portato avanti dall'autore, la sua attualità, al limite la sua validità intellettuale e la maniera con cui tale discorso si "adatta" alla regia/stile usata?

cerco di capire bene perchè questo discorso è un campo minato secondo me



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sandrix81

Reg.: 20 Feb 2004
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Da: San Giovanni Teatino (CH)
Inviato: 15-06-2009 18:04  
dire "è bello questo" non è la stessa cosa che dire "mi piace questo".
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Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina.

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
Messaggi: 7637
Da: milano (MI)
Inviato: 15-06-2009 18:05  
quote:
In data 2009-06-14 23:47, Marienbad scrive:

Per questo motivo passa una differenza abissale, e che Quilty non afferra, tra l'appioppare un senso ad una trama, ad una scena, ad un dialogo, ed interpretare una costruzione audiovisiva nel suo corpus totale.
Infine, se il critico arriva a sostenere, in maniera del tutto coerente e soprattutto riscontrabile, un'idea poliedrica che contemporaneamente riesce ad aderire a tutti gli aspetti del film e di ciò che orbita intorno ad esso, allora si può parlare di buona critica.





Ma no, veramente?
Il critico dovrebbe anche studiare non solo sui suoi appunti ma applicarsi su quello che il film gli fa vedere.
e' veramente straordiaria questa affermazione della costruzione audiovisiva nel suo corpus totale, perchè in IE stesso il regista ce la riassume sotto agli occhi nel suo gran finale. Ce la mostra anche: caro critico,beccati questa sequenza: ecco come ho costruito il film intrecciando tre mondi paralleli ed eccone le mie tecniche visive ; ecco quindi i risultati , ecco infine il suo significato globale e la mia riflessione sul Cinema.
Vabbè, alla fine mi toccherà andare a scrivere e spiegare l'evidenza: fanculo a questa critica giacobina.

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kagemusha

Reg.: 17 Nov 2005
Messaggi: 1135
Da: roma (RM)
Inviato: 15-06-2009 18:34  
quote:
In data 2009-06-15 18:04, sandrix81 scrive:
dire "è bello questo" non è la stessa cosa che dire "mi piace questo".



hai ragione ma non complichiamoci troppo la vita adesso

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vietcong

Reg.: 13 Ott 2003
Messaggi: 4111
Da: roma (RM)
Inviato: 15-06-2009 19:48  
quote:
In data 2009-06-15 14:20, TheSpirit scrive:
Il punto secondo me è che lo sguardo dell'autore dovrebbe essere costruito in maniera tale da andare a sovrapporsi in maniera naturale a quello dello spettatore.
E il buon esito di questo processo dipende dalla capacità del regista.
Sicuramente quella di comunicare il proprio sguardo sulle cose è una delle possibilità più affascinanti tra quelle offerte dal dispositivo cinema, ma il carico di questo lavoro comunicativo riposa in gran parte sulle spalle dell'emittente del messaggio, che nel cinema, in particolare nel cinema che si definisce d'autore, facciamo convenzionalmente corrispondere alla figura del regista-autore. Il compito dello spettatore in questo "patto comunicativo" è semplicemente quella di porsi di fronte al film in condizioni di apertura, disponibilità e ricettività. La ricompensa è quella di poter godere appieno del piacere estetico insito nell'opera, un godimento estetico la cui predisposizione pure rientra tra i compiti del creatore dell'opera.





Questo secondo me è molto una BuonaFruizione.1; l'evoluzione, la BF.2, è il contemplare massimamente il ruolo dello spettatore come coautore del film, che lui stesso ricrea ad ogni visione. E, specularmente e paradossalmente, considerare la spettatorialità dell'autore, la cui creatività ha anche un lato passivo, non essendo possibile avere un controllo assoluto sulla propria stessa creatività, che produce sempre esiti imprevedibili. (Un film più che un teorema è un esperimento, e per lo scienziato arriva sempre il momento dell'osservazione)

Un opera mi interessa nella misura in cui è una rivelazione, e non una dimostrazione.

non mi piace l'espressione usata da Kagemusha che accenna a un "risalire" fino a un'origine (mitica) che sarebbe il pensiero dell'autore, sia per quel che di filologico che implica il verbo usato, sia perché "pensiero" è un vocabolo davvero spinoso, che sembra accennare all'ideologia e alle credenze dell'autore. Allora preferirei parlare di visione, anche perché il cinema pensa per immagini.

che poi la cosa che volevo dire era un'altra ma non mi viene. grr.
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La realtà è necessaria a rendere i sogni più sopportabili

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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
Messaggi: 15905
Da: Genova (GE)
Inviato: 15-06-2009 19:58  
quote:
In data 2009-06-15 14:20, TheSpirit scrive:
Il punto secondo me è che lo sguardo dell'autore dovrebbe essere costruito in maniera tale da andare a sovrapporsi in maniera naturale a quello dello spettatore.
E il buon esito di questo processo dipende dalla capacità del regista.
Sicuramente quella di comunicare il proprio sguardo sulle cose è una delle possibilità più affascinanti tra quelle offerte dal dispositivo cinema, ma il carico di questo lavoro comunicativo riposa in gran parte sulle spalle dell'emittente del messaggio, che nel cinema, in particolare nel cinema che si definisce d'autore, facciamo convenzionalmente corrispondere alla figura del regista-autore. Il compito dello spettatore in questo "patto comunicativo" è semplicemente quella di porsi di fronte al film in condizioni di apertura, disponibilità e ricettività. La ricompensa è quella di poter godere appieno del piacere estetico insito nell'opera, un godimento estetico la cui predisposizione pure rientra tra i compiti del creatore dell'opera.





Ecco sì. Il prolungamento del mio discorso si risolve proprio qui. Tu hai aggiunto lo sguardo dello spettatore.
Concordo The Spirit. E mi piace questa tua frase in particolare: "Il punto secondo me è che lo sguardo dell'autore dovrebbe essere costruito in maniera tale da andare a sovrapporsi in maniera naturale a quello dello spettatore". Infatti se il regista (e tutto l'ambaradan che collabora alla realizzazione di un film) utilizza al meglio il linguaggio proprio del cinema e i metalinguaggi della contemporaneità, arriva a comunicare con lo spettatore. Ed è toccando le sue corde che riesce nell'impresa, stimolando una riflessione emotiva e cognitiva che possa "definire" il senso dell'opera.

Certo, non tutti sono abbastanza ricettivi e svegli da cogliere l'insieme, ma si suppone che la maggioranza dei fruitori ne sia capace, il cinema dopotutto è l'arte più chiara. Indi per cui se lo spettatore medio, una volta visto il film, si ritrova a trascorrere ore del suo tempo per risolvere un rebus, allora il film ha già perso in partenza. Non è la vocazione della settima arte, che è un arte immediata e scorrevole, quella di buttare all'aria i pezzi di un puzzle e aspettare che lo spettatore li ricomponga; perchè non è lo spettatore che conosce a prescindere, ma il regista.

Prendi il topic su Inland Empire. Delirio puro. Che razza di film è un film che, per quanto visivamente ben fatto, non arriva a destinazione dopo 172 minuti? Un lavoro che obbliga la gente ad incontrarsi fuori dalle sale e nei forum per colmare un vuoto lasciato dal regista stesso. Nel topic in questione, per altro, ho riso moltissimo quando ho letto che dopo ogni tentanivo di ricostruzione narrativo-simbolica di Quilty, tu arrivavi a rompergli il giocattolo con un'informazione che lui, per furbizia o per idiozia, aveva tralasciato...

Inland Empire un po' un film-ikea che ti devi portare a casa e rimontare da capo accorgendoti però che mancano i pezzi perchè qualcuno si è dimenticato (o si è risparmiato) di inserire.
Ecco, un film così, per me, è un film del tutto trascurabile. Non dice nulla del tempo in cui si colloca, non dice nulla del suo autore che sembra completamente perso nei suoi deliri, non dice nulla del mondo e del cinema di oggi. Dice solo "io ci sono ma non sono più calato nella realtà".
Amare un film simile nasconde due problematiche di fondo connesse alla percezione del cinema: 1 - l'aver smesso di desiderare di capire in favore di una fede religioso-cinefila aprioristica (fottuta politica degli autori);
2 - l'accantonamento delle possibilità critiche a favore di una pulsione scopica disadattata che si annida nella più letale nostalgia del tempo che fu.
E' un po' quello che succede ai vecchi no? Quando mollano la presa e non si aspettano più di esperire, ascoltano vecchi cantanti, votano gli stessi partiti politici, rimpiangono il carosello e si autoemarginano.

Inland Empire è un film inutile, semplicemente perchè non ha aggiunto nulla al cinema e non ha dato nulla su cui riflettere ai suoi spettatori. Al massimo ha regalato parecchi mal di testa, che però si curano con un analgesico e si dimenticano in fretta...

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HaroldKid

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Inviato: 15-06-2009 20:04  
io vi leggo estasiato eh...

bravi.
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Marienbad

Reg.: 17 Set 2004
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Da: Genova (GE)
Inviato: 15-06-2009 20:12  
quote:
In data 2009-06-15 16:57, kagemusha scrive:
quote:
In data 2009-06-15 13:56, Marienbad scrive:
Ma non solo. Credo sia necessario comprenderne il pensiero, le riflessioni del caso, la percezione del mondo e delle cose e i motivi che lo hanno spinto alla realizzazione. E infine, cosa importante, capire in che modo egli si rapporta al presente attraverso la sua opera e le sue scelte.
Prendi, ad esempio, un film come Funny Games (1997) di Haneke. Discreto film, interessante sotto molti aspetti, significativo nel contesto in cui si colloca. Dopo 10 anni esce il suo remake. Stesso regista, stesse scelte, stesso film. Cosa è cambiato? E' cambiato il cinema, il mondo e pure la sua età, ma Haneke sembra non curarsene. E allora? Il film, attraverso le sue scelte o non scelte (anche non scegliere è una scelta a tutti gli effetti), definisce la sua insignificanza, il suo fallimento. E questo non dipende solo dalla capacità (più o meno discutibile) del regista, ma anche e soprattutto dalle contingenze, dai contesti e dall'evoluzione di una riflessione che qui, infatti, è completamente assente.
Un altro film-esempio, sicuramente meglio riuscito, è senza dubbio Psycho di Van Sant e in relazione al discorso puoi capirne anche i motivi.

Questo chiaramente è solo un aspetto della faccenda, ci sono altre variabili in causa, ma il succo è, come diceva Calvino, "l'uomo è la finestra da cui il mondo guarda il mondo". Se non ci posizioniamo a quella precisa finestra, quale diverso punto di vista potremmo mai avere? Quale mondo potremmo mai capire?

Certo, si può rimanere alla propria finestra, godere sempre e solo del solito punto di vista e giudicare tutto attraverso quello, considerando le visioni secondo un solo parametro, il proprio gusto. Ma a questo punto verrebbe da chiedersi: perchè mai servirsi del linguaggio, quello cinematografico (ma non solo), se lo scopo del regista non fosse quello di comunicare uno sguardo altro sulle cose?

A te la risposta.


non ho risposte a questo o perlomeno non ne ho ora
vorrei però proporti un paio di domande visto che mi sembri in vena, sempre nel tentativo di definire il compito della critica.
Mi riallaccio a quando hai detto giustamente che sui gusti si può discutere in eterno, la critica non deve e non può quindi mai fare ricorso a giudizi di gusto? La critica deve svelare, interpretare, fare collegamenti ma mai giudicare nè "dare voti"? Dire "è bello questo", "è bello quest'altro" è quindi un compito che non spetta alla critica? Alla critica spetta "solo" rilevare la coerenza del discorso portato avanti dall'autore, la sua attualità, al limite la sua validità intellettuale e la maniera con cui tale discorso si "adatta" alla regia/stile usata?

cerco di capire bene perchè questo discorso è un campo minato secondo me







No, non c'è un "compito" della critica, non sono dei crociati dell'oggettività . Il critico può tranquillamente sprimere giudizi di gusto, ma visto che di critica si tratta deve farlo in relazione a ciò che "scova" e comprova filologicamente. A quel punto il giudizio di gusto del critico sarà più godibile e interessante di qualsiasi "è bello" o "è brutto". No?
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Inland Empire non l'ho visto e non mi piace

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Quilty

Reg.: 10 Ott 2001
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Da: milano (MI)
Inviato: 15-06-2009 20:43  
quote:
In data 2009-06-15 19:58, Marienbad scrive:


Inland Empire un po' un film-ikea che ti devi portare a casa e rimontare da capo accorgendoti però che mancano i pezzi perchè qualcuno si è dimenticato (o si è risparmiato) di inserire.





Ma finiscila. Avresti assolutamente ragione se così fosse, ma non è così.
E' un film assolutamente lineare, il che non significa che si possa dare spiegazione a qualsiasi dettaglio, perchè sarebbe come chiedersi che funzione ha la parruccona con i capelli blu nel teatro di Mulholland Drive.
Il fatto che tu non riesca a vedere non ti autorizza minimamente a sostenere la tua tesi strampalata , dovuta più che altro alla tua presunzione.

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Deeproad

Reg.: 08 Lug 2002
Messaggi: 25368
Da: Capocity (CA)
Inviato: 15-06-2009 22:23  
Su una cosa Quilty ha assolutamente ragione. E cioè che se Marien non avesse ragione, di fatto non avrebbe ragione. E voi stronzi che vi ostinate pure ad argomentare.
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