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Lettere da Iwo Jima |
grouchorm
 Reg.: 05 Mar 2007 Messaggi: 28 Da: Roma (RM)
| Inviato: 13-03-2007 18:35 |
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dopo le ultime cazzate su eroe ed anti eroe, è ufficiale: il film lo avete visto di spalle...
e poi a petrus il film è piaciuto, stando alle sue dichiarazione live...
_________________ Don't dream it, be it... |
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Schizobis
 Reg.: 13 Apr 2006 Messaggi: 1658 Da: Aosta (AO)
| Inviato: 13-03-2007 19:02 |
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quote: In data 2007-03-13 18:35, grouchorm scrive:
dopo le ultime cazzate su eroe ed anti eroe, è ufficiale: il film lo avete visto di spalle...
e poi a petrus il film è piaciuto, stando alle sue dichiarazione live...
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Beh dopo tutto quello che si è scritto sul film, le tue tre righe striminzite assomigliano a una scorreggia durante un gran premio.
Fra le altre cose nessuno ha detto che è un brutto film.
Però si sa come sono i fans: o capolavoro o morte!!!!!
_________________ True love waits... |
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grouchorm
 Reg.: 05 Mar 2007 Messaggi: 28 Da: Roma (RM)
| Inviato: 13-03-2007 19:57 |
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a domanda risponde: beccatevi il malloppone e peggio per voi:
Vedendo un film, cercando di trarne il succo, soprattutto se bisogna valutarlo, sarebbe il caso di prescindere dall’amore e dalla stima per il suo autore, ma nel caso di Clint Eastwood è praticamente impossibile.
Così, dopo il sottovalutato Flags of our fathers, esce la seconda parte del dittico sulla battaglia chiave del confronto nippo-americano, quella vista dalla parte dei giapponesi. Ed è nuovamente un capolavoro.
La vita e la preparazione dell’esercito giapponese di stanza sulla collina di Suribachi, in attesa dell’attacco americano, mentre i generali, guidati dall’aristocratico Generale Kuribayashi, tentano di preparare le contromosse: presto si accorgeranno della tragica realtà.
Scritto da Iris Yamashita con l’aiuto di Paul Haggis, i quali hanno adattato un romanzo di Tadamichi Kuribayashi, uno splendido ritratto bellico, di un popolo e di una nazione, di una cultura e di un conflitto, che è uno dei più alti saggi dell’umanesimo eastwoodiano, ma anche un esempio di come quel cinema banalmente definito classico, sia il più alto risultato della consapevolezza moderna.
Strutturato esattamente come la battaglia raccontata, dalla preparazione alla riflessione, dalla lotta alla demolizione delle certezze interne, il film parte in parallelo col suo predecessore americano – riproponendone anche scene ribaltate di segno (geniale il campo lunghissimo della bandiera, centro dell’intero film precedente) – per poi allontanarsene e prendere una strada tutta propria: se quello era un pamphlet politico su come gli USA usano la guerra e la sua mistica, questo è un viaggio all’interno di quella mistica, in cui Eastwood è perfetto nell’entrarvi dentro, nel tracciarne le caratteristiche principali, nel far diventare il film non solo un omaggio all’umanità del “nemico”, ma soprattutto una riflessione su cosa quel nemico rappresenta(va), su come viveva.
Con un’operazione teorico-narrativa formidabile, Eastwood non fa un film di guerra, bensì sulla guerra, raccontando cosa rappresenta per il popolo giapponese, andando al fondo di tutte le caratteristiche e le contraddizioni di una nazione, ponendo l’accento di nuovo sulla retorica, evidenziandone il sostanziale e tragico fallimento di fronte alla realtà dei fatti, delle bombe, dei soldati che bruciano gli esseri viventi; e giustamente non cerca il pathos, non vuole accattivarsi il pubblico, non vuole lo spettacolo della morte, ma – con una severità stilistica quasi eroica – fa un passo indietro, guarda allo scempio della civiltà con rigore e compassione, chiedendo allo spettatore di non emozionarsi soltanto con la pancia e con gli occhi, ma soprattutto con il cuore e la testa.
Così facendo riesce a raggiungere vette di intensità, emozione e sincerità anche politica che lasciano senza fiato, alternando, nella splendida sceneggiatura, coralità ed intimismo, riflessioni complesse e sorprendenti sulla comunicazione e personaggi piccoli e toccanti, che sembrano usciti da La grande illusione di Jean Renoir (il campione olimpico di equitazione ed il suo cavallo), fondendo il tutto in una straziante dichiarazione di fiducia nell’uomo che sfocia in un finale memorabile dove l’incontro col temuto nemico e la demolizione della mistica – tutta giapponese – del suicidio raggiungono l’apice del film (come l’ufficiale che non riesce a farsi schiacciare da un cingolato con addosso due mine, o l’ascolto, da brividi, della canzone dei bambini).
L’incredibile ultrasettantenne riesce ancora una volta a colpire il bersaglio principale, senza dimenticarsi mai la violenza e l’orrore del conflitto, anzi immergendo i suoi personaggi in un inferno terreno e mortale che ha come luogo principale un cimitero, ma lo fa aprendo varchi di speranza e luce, proprio dove il dolore è più grande e travolgente. Il tutto in una messa in scena di schiacciante talento, che riesce ad allontanare le ombre del produttore Steven Spielberg grazie alla forza intima, la ricchezza umana e narrativa, una confezione di gran pregio (stupende la fotografia di Tom Stern e la musica di Kyle Eastwood e Michael Stevens) ed un cast vario, eterogeneo e pressoché perfetto, in cui spicca l’ormai grande Ken Watanabe. In attesa di un nuovo Oscar, e di un'altra lezione di cinema.
_________________ Don't dream it, be it... |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 13-03-2007 22:42 |
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quote: In data 2007-03-13 18:35, grouchorm scrive:
dopo le ultime cazzate su eroe ed anti eroe, è ufficiale: il film lo avete visto di spalle...
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Meglio di spalle che di ... poco più sotto ma fa la differenza. |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 13-03-2007 22:48 |
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quote: In data 2007-03-13 16:02, coriander scrive:
quote: In data 2007-02-25 00:55, AlZayd scrive:
Al contrario di Eastwod che è sempre pronto a restaurare il suo mito dell'eroe, che vorrebbe, mentendo, far passare per anti-eroe!
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concordo col giudizio di alzayd riguardo l'ultimo eastwood, cito questa frase come riassuntiva dell'impostazione. non ricordo se scrissi qualcosa di molto simile su flags, ma di certo l'ho pensato.
riguardo i paragoni con kubrick fatti da altri, proprio non ci stanno. arancia meccanica e full metal sono opere fortissime per tematiche e rappresentazione e solo un autoinganno dello spettatore violento può leggervi un'ispirazione alla violenza. al contrario, con eastwood (comunque autore di molte pellicole apprezzabili, il mio discorso si riferisce agli ultimi lavori) è il regista ad ingannare spacciando propaganda in una confezione fintamente antieroica.
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Concordo pienamente. Flags non l'ho visto e ad occhio e croce mi sa che mi conviene restare con la "curiosità".
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 13-03-2007 23:03 |
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quote: In data 2007-03-13 19:57, grouchorm scrive:
personaggi piccoli e toccanti, che sembrano usciti da La grande illusione di Jean Renoir (il campione olimpico di equitazione ed il suo cavallo),
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Ecco: sembrano.., trattasi, giustappunto, di una assai poco magnifica illusione.., di un verso, tra i tanti fatti ad altri ben più nobili ed imparagonabili modelli di riferimento, che offende la memoria del grande Renoir, al quale Eastwood sta come i famosi cavoli con la merenda. Basta questo per vanificare i tuoi restanti, se pur volenterosi, sforzi. Il cinema si vede con gli occhi...
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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Schizobis
 Reg.: 13 Apr 2006 Messaggi: 1658 Da: Aosta (AO)
| Inviato: 14-03-2007 10:27 |
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quote: In data 2007-03-13 19:57, grouchorm scrive:
a domanda risponde: beccatevi il malloppone e peggio per voi:
Vedendo un film, cercando di trarne il succo, soprattutto se bisogna valutarlo, sarebbe il caso di prescindere dall’amore e dalla stima per il suo autore, ma nel caso di Clint Eastwood è praticamente impossibile.
Così, dopo il sottovalutato Flags of our fathers, esce la seconda parte del dittico sulla battaglia chiave del confronto nippo-americano, quella vista dalla parte dei giapponesi. Ed è nuovamente un capolavoro.
La vita e la preparazione dell’esercito giapponese di stanza sulla collina di Suribachi, in attesa dell’attacco americano, mentre i generali, guidati dall’aristocratico Generale Kuribayashi, tentano di preparare le contromosse: presto si accorgeranno della tragica realtà.
Scritto da Iris Yamashita con l’aiuto di Paul Haggis, i quali hanno adattato un romanzo di Tadamichi Kuribayashi, uno splendido ritratto bellico, di un popolo e di una nazione, di una cultura e di un conflitto, che è uno dei più alti saggi dell’umanesimo eastwoodiano, ma anche un esempio di come quel cinema banalmente definito classico, sia il più alto risultato della consapevolezza moderna.
Strutturato esattamente come la battaglia raccontata, dalla preparazione alla riflessione, dalla lotta alla demolizione delle certezze interne, il film parte in parallelo col suo predecessore americano – riproponendone anche scene ribaltate di segno (geniale il campo lunghissimo della bandiera, centro dell’intero film precedente) – per poi allontanarsene e prendere una strada tutta propria: se quello era un pamphlet politico su come gli USA usano la guerra e la sua mistica, questo è un viaggio all’interno di quella mistica, in cui Eastwood è perfetto nell’entrarvi dentro, nel tracciarne le caratteristiche principali, nel far diventare il film non solo un omaggio all’umanità del “nemico”, ma soprattutto una riflessione su cosa quel nemico rappresenta(va), su come viveva.
Con un’operazione teorico-narrativa formidabile, Eastwood non fa un film di guerra, bensì sulla guerra, raccontando cosa rappresenta per il popolo giapponese, andando al fondo di tutte le caratteristiche e le contraddizioni di una nazione, ponendo l’accento di nuovo sulla retorica, evidenziandone il sostanziale e tragico fallimento di fronte alla realtà dei fatti, delle bombe, dei soldati che bruciano gli esseri viventi; e giustamente non cerca il pathos, non vuole accattivarsi il pubblico, non vuole lo spettacolo della morte, ma – con una severità stilistica quasi eroica – fa un passo indietro, guarda allo scempio della civiltà con rigore e compassione, chiedendo allo spettatore di non emozionarsi soltanto con la pancia e con gli occhi, ma soprattutto con il cuore e la testa.
Così facendo riesce a raggiungere vette di intensità, emozione e sincerità anche politica che lasciano senza fiato, alternando, nella splendida sceneggiatura, coralità ed intimismo, riflessioni complesse e sorprendenti sulla comunicazione e personaggi piccoli e toccanti, che sembrano usciti da La grande illusione di Jean Renoir (il campione olimpico di equitazione ed il suo cavallo), fondendo il tutto in una straziante dichiarazione di fiducia nell’uomo che sfocia in un finale memorabile dove l’incontro col temuto nemico e la demolizione della mistica – tutta giapponese – del suicidio raggiungono l’apice del film (come l’ufficiale che non riesce a farsi schiacciare da un cingolato con addosso due mine, o l’ascolto, da brividi, della canzone dei bambini).
L’incredibile ultrasettantenne riesce ancora una volta a colpire il bersaglio principale, senza dimenticarsi mai la violenza e l’orrore del conflitto, anzi immergendo i suoi personaggi in un inferno terreno e mortale che ha come luogo principale un cimitero, ma lo fa aprendo varchi di speranza e luce, proprio dove il dolore è più grande e travolgente. Il tutto in una messa in scena di schiacciante talento, che riesce ad allontanare le ombre del produttore Steven Spielberg grazie alla forza intima, la ricchezza umana e narrativa, una confezione di gran pregio (stupende la fotografia di Tom Stern e la musica di Kyle Eastwood e Michael Stevens) ed un cast vario, eterogeneo e pressoché perfetto, in cui spicca l’ormai grande Ken Watanabe. In attesa di un nuovo Oscar, e di un'altra lezione di cinema.
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Finalmente qualcosa di tuo da leggere.
Mi dispiace criticarti ma se hai trovato Flags of Our Fathers un capolavoro il tuo amore per Eastwood (legittimo per carità) non ti consente un giudizio obiettivo.
Tra i due film c'è una grossa differenza. Flags è un film sbagliato (e anche certi accaniti fans di eastwood l'hanno ammesso).
Lettere Da Iwo Jima è un buon film che si arena sui limiti dell'oggetto trattato.
Per chi ha visto molti film che hanno come sfondo il conflitto bellico, Lettere da IJ viaggia in un confine di instabilità e alla fine Paul Haggis invece di virare verso qualcosa di originale, ripropone i luoghi comuni retorici sui penati e sul concetto di stato-famiglia, le canzoncine infantile e la Grande Mamma. Chi ha un pò di memoria storica si accorge immediatamente del doppio gioco di Paul Haggis (che poi è lo stesso assurdo doppio gioco di crash).
Forse sono stato abituato troppo bene (i precedenti illustri non mancano, da Kubrick a Malick), forse i miei parametri etici ed estetici sono settati su un livello diverso, ma non mi sento di dire che questo film possa essere definito un capolavoro.
Il mio voto si aggira tra il 6.5 e il 7, ma se dovessi dare un voto a Paul Haggis, darei 4.
PS Mi dispiace per te, ma l'oscar se l'è beccato Martin Scorsese con The Departed.
Dovresti aggiornare il tuo taccuino.
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kagemusha
 Reg.: 17 Nov 2005 Messaggi: 1135 Da: roma (RM)
| Inviato: 14-03-2007 12:39 |
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Io invece sono d'accordo con groucho su ogni parola.
quanto alle accuse di retorica, dico che la retorica non va rifiutata a priopri. è un terreno difficile, un campo minato dove è facile fare il botto ma a qualcuno è permesso attraversarlo.
Eastwood è fra i pochi in grado di trasformare la retorica più risaputa in pura emozione.
[ Questo messaggio è stato modificato da: kagemusha il 14-03-2007 alle 12:40 ] |
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Schizobis
 Reg.: 13 Apr 2006 Messaggi: 1658 Da: Aosta (AO)
| Inviato: 14-03-2007 13:02 |
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Anche sulla frase: "ed è nuovamente capolavoro..."?
Perchè presuppone comunque che anche Flags lo è (almeno per lui) e qui parte comunque un coro di fischi.
[ Questo messaggio è stato modificato da: Schizobis il 14-03-2007 alle 13:03 ] |
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kagemusha
 Reg.: 17 Nov 2005 Messaggi: 1135 Da: roma (RM)
| Inviato: 14-03-2007 15:45 |
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quote: In data 2007-03-14 13:02, Schizobis scrive:
Anche sulla frase: "ed è nuovamente capolavoro..."?
Perchè presuppone comunque che anche Flags lo è (almeno per lui) e qui parte comunque un coro di fischi.
[ Questo messaggio è stato modificato da: Schizobis il 14-03-2007 alle 13:03 ]
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se è riferita agli Spietati a Un mondo perfetto e a Million Dollar Baby allora son d'accordo.
Altrimenti vada per i fischi. |
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grouchorm
 Reg.: 05 Mar 2007 Messaggi: 28 Da: Roma (RM)
| Inviato: 15-03-2007 01:08 |
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reputo anche flags un capolavoro, per ragioni simmetriche e complementari...vado a riesumare il papier e vi dico...
cmq, il pezzo era dell'anteprima del film, indi non è aggiornato con la vittoria di marty che pure mi ha lasciato contento...
x ALZ: se un giudizio su un pensiero si basa su un giochino di parole come quello, allora meglio il ... che le spalle (e poi sono proprio gli occhi, annessi al cervello, che mi fanno amare Clint).
e poi, il mio amore x lui non è soggettivo, ma oggettivato dalla bellezza di quasi tutti i suoi film...
_________________ Don't dream it, be it... |
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grouchorm
 Reg.: 05 Mar 2007 Messaggi: 28 Da: Roma (RM)
| Inviato: 15-03-2007 01:13 |
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"E' la chiusura della trilogia sull'america di oggi cominciata con mystic river (la società) e proseguita con million dollar baby (la morale), che vede in flags...la riflessione sulla politica della democrazia + importante del mondo, e che può avere come appendice lo sguardo del mondo sull'america (letters from iwo jima).
il film distrugge la retorica propagandistica dei film di guerra hollywoodiani per riscoprire una retorica classica (nel senso greco), che sia un modo per andare a fondo delle emozioni; ma proprio perchè il + onesto e morale dei registi americani, clint, con le emozioni non gioca, si tiene a distanza, guarda con rispetto, mette la sordina all'enfasi narrativa, recitativa o musicale (esemplari le scene finali accompagnate solo da una chitarra) per entrare con + lucidità dentro ciò che racconta.
e racconta senza peli sulla lingua, insinuando dubbi che giovani registi non possono permettersi di insinuare, creando attorno alla sua america un'aura di disillusione e sconforto che sa ricondurre, senza facili cinismi, al campo dell'amore violato, dei sentimenti traditi.
in nome i questo pudore dell'emozione, questo centellinare la commozione fino a raggiungerla per virtù di stile (come il Mo Guishle in M$B), clint usa le scene di battaglia non a fini spettacolari, non per catturare il pubblico, ma per svelare l'altro lato della storia, il rovescio di una medaglia tanto lucente quanto insanguinata, dove il dolore e la morte sconfiggono ogni ipotesi di eroismo (indicativo il volto di doc che si oscura nel momento in cui vede i soldati suicidatisi).
La sequenza finale, che è poi la prosecuzione di quella all'inizio, in cui i soldati salgono sulla montagna di cartapesta invasa dai fuochi d'artificio/bombe, e prima di raggiungere gli applausi fasulli della folla ricordanole persone che hanno visto morire è la chiave, nonchè il capolavoro filmico, del film (come all'inizio quel dolly che sale a svelare la reale natura della collina e delle esplosione è il movimento + bello del suo cinema).
Avete fato notare la distanza empatica dalla materia del film: giusto. e voluto. perchè per fare un film dove si distrugge la figura dell'eroe e l'uso strumentale si dovrebbe cercare di invischiare il publico col pathos? cosi come è giusto mettere in 2° piano, emotivamente, lo spessore dell'eroe, perche non conta mai chi è sopravvissuto, ma chi è morto. di solito invano."
_________________ Don't dream it, be it... |
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bunch311
 Reg.: 20 Gen 2005 Messaggi: 430 Da: roma (RM)
| Inviato: 15-03-2007 01:56 |
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quote: In data 2007-03-13 15:28, AlZayd scrive:
quote: In data 2007-03-13 14:32, bunch311 scrive:
| Che vuol dire nuovo e orginale?Mi sembra un film antropologico come pochissimi altri
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Facendo uno sforzo di buona volontà per dare il senso che volevi dare tu a un termine usato in maniera non del tutto appropriata, direi che, proprio in base a ciò che volevi più che evidentemente veicolare, infiniti sono gli esempi di film "antropologici".., praticamente tutti, o quasi.., sia i belli che i brutti. Chiedi sempre agli altri di argomentare, critichi e disprezzi a spada tratta ed occhi bendati, per poi, come sempre, non dire un cazzo.
[/quote]bè il mio bel post sul film c'è,te non l hai intaccato e adesso stiamo facendo muro contro muro cosi il bambino che è in te può divertirsi.
_________________ "tutti sognamo di tornare bambini,anche i peggiori di noi,anzi forse loro lo sognano più di tutti" il mucchio selvaggio |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 15-03-2007 02:41 |
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Mo pure i bacetti me mandi! Apprezzo ma si sappia, ho tendenze in linea con le affabulazioni del gentil sesso.
Dai che te piace pure a te il giochetto, nevverò?, tant'è che ti industi in ogni modo a far rimbalzare la palla.
Cambio gioco, parlare di sto film mi ha stufato.
_________________
"Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel
[ Questo messaggio è stato modificato da: AlZayd il 15-03-2007 alle 02:44 ] |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 15-03-2007 02:48 |
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quote: In data 2007-03-15 01:08, grouchorm scrive:
x ALZ: se un giudizio su un pensiero si basa su un giochino di parole come quello, allora meglio il ... che le spalle (e poi sono proprio gli occhi, annessi al cervello, che mi fanno amare Clint).
e poi, il mio amore x lui non è soggettivo, ma oggettivato dalla bellezza di quasi tutti i suoi film...
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Non voleva essere un giochino di parole, dicevo sul serio, te possino cecà si nun è vero! Ma ho già deciso che non parlerò più di questo film.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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