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Walk the Line (quando l'amore brucia l'anima), di James Mangold |
bunch311
 Reg.: 20 Gen 2005 Messaggi: 430 Da: roma (RM)
| Inviato: 04-05-2006 00:54 |
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quote: In data 2006-05-03 15:16, sandrix81 scrive:
e ancora parli e parli senza dire nulla. e senza tralaltro neanche rispondere alla mia domandina. dizionario for dummies?
| ma se t ho detto che lo zoom che fa mangold manco un pazzo lo può mette in confronto con quello di kubrick poichè quello di mangold è un classico zoom introspettivo,dozzinale,cosi come lo fanno altri due milioni di registi,mentre kubrick c ha costruito una vera è propria estetica sopra
_________________ "tutti sognamo di tornare bambini,anche i peggiori di noi,anzi forse loro lo sognano più di tutti" il mucchio selvaggio |
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Ilaria83
 Reg.: 03 Mag 2006 Messaggi: 330 Da: porto torres (SS)
| Inviato: 04-05-2006 11:30 |
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Walk the line è davvero un buon film,ben diretto e magnificamente interpretato.Secondo me la riuscita della pellicola è dovuta interamente alle performance dei due attori protagonisti,gli strabilianti Phoenix e Witherspoon.Per il resto infatti, si tratta di un film ben confenzionato ma che non ha particolari guizzi,un biopic piuttosto convenzionale,senza sbavature.. |
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HaroldKid
 Reg.: 11 Gen 2009 Messaggi: 4589 Da: milano (MI)
| Inviato: 15-03-2009 15:27 |
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Scrivo al buio un paio di cose che sono balzate evidenti e inoppugnabili già durante la visione (e che quindi in certo qual modo l'hanno pregiudicata... )
Il pregio e il difetto più notevoli di questo film stanno entrambi nella scelta estetico-narrativa che vi sottende. E il sottotitolo italiano, questa volta, più che fuorviare, suggerisce. Già, perchè Mangold non ci vuole per nulla raccontare la vicenda terrena di Johhny Cash, troppo complessa e piena di simbolizzazioni pregnanti per essere riducibile a una messa in scena cinematografica. Al regista interessa invece puntare all'universale, a una narrazione archetipica che si serve del serbatoio mitografico (americano e non ) per concretizzarsi. In queto senso, la biografia di Cash è , si direbbe banalmente, un pretesto , o per esprimerci meglio, viene assunta a paradigma, un paradigma fatto di carne sangue e sofferenza, che serva esclusivamente a superare sè stessa, ad andare oltre sè stessa per raccontare l'ineffabile eppure già mille volte raccontato, enigma dell'Amore.
E in quest'ottica Johnny Cash non è l'unico "frammento di Storia " a trasformarsi, anche se non troppo brutalmente in funzione narrativa;un'intero mondo, un'intera cultura, un intero modo di vivere ci vengono prima mostrati con travolgente febbre veristica;la ricostruzione della realtà rurale e sanguigna di Johnny bambino, che tanto tutto deve a Steinbeck e Ford, lo sguardo ora cinico ora divertito sulla scoppiettante giostra dello showbiz, con le fulminanti e già autoironiche caratterizzazioni del "Killer " Lewis e del "Pelvis " Elvis ). Successivamente, però, come in un immaginario zoom, tutti questi elementi, meramente ambientali, scompaiono dall'occhio della mdp (e dalla mente dello spettatore ) per lasciare spazio a un infinito primo piano di (raffinatissima) finzione-nella finzione, di copia (allegoria) della copia (drammatizzazione ) della realtà, di una parte di essa (la storia d'amore ).
Da un discorso di maniaca filologia sul rapporto Cash-Carter- industria musicale anni '50 si passa dunque a una deliriosa ed eterea fantasticheria sull'amore John-June, secondo il doppio vettore particolare- universale (e viceversa. La storia di John e June spiega, analizza (più che mostrare, ed ecco l'ennesimo scarto rispetto alla zuccherosa tradizione hollywoodiana) la concezione dell'Amore nella mitologia occidentale, da Hugo e Werther giù giù fino a Euripide. Viceversa, la concezione amorosa occidentale viene usata non solo come costrittiva chiave di lettura della parabola terrena dei due cantanti, ma soprattutto, essa rappresenta il motivo primo per cui detta parabola viene tracciata e ne fornisce altresì il percorso di sviluppo. Un percorso costellato non tanto di negligenze o inesattezze come qualche presuntuoso utente ha voluto suggerire, non conoscendo meno di nulla della vita di Cash e facendo dunque una vera e autentica figura da uccello moscio, ma come direbbe qualcuno,.... questa è un altra storia ...) quanto piuttosto da momenti di riscrittura, reinvenzione e in qualche modo ri-creazione di quello stesso universo che inizialmente l'inganno mangoliano della mdp aveva fin(i)to di evocare, intatto.
Si inserisce qui l discorso, fondamentale mi pare, della performance dei due protagonisti e del suo rapporto con i personaggi che esse performances sono chiamati ad evocare. Non è un caso che abbia usato lo stesso identico termine a così stretto giro di posta. Difatti, è proprio nell'analisi delle due mimesis di Joaquin e Resee (comunque agevole dato che i propositi mangoldiani sono patenti e accecanti quanto il sole del mattino... ) che è possibile scovare e inchiodare al banco la prova decisiva e non circostanziale, della nuova (?) mitografia dell'Amore che questo film, senza pudori o remore, ci sbatte in faccia, a suon di musica e luci abbaglianti.
E' noto che il mito nasce dal mito, e ogni storia deriva , per sottrazione , per accumulo o per semplice catena logica, da una o più leggende precedenti, spesso meno complesse, ancora più spesso più oscure, ma sempre e comunque differenti, quasi autonome le une dalle altre seppur legate da relazioni di vario tipo.
E' altresì vero però che quando una storia è in qualsiasi modo un eccesso(in positivo, di fluidità del racconto, di memorabilità dei personaggi, di impatto culturale maggiore; in negativo, di efferatezza della vicenda... ) tende a prevaricare soverchiare e inglobare in sè non solo tutte le storie successive che vi derivano in maniera diretta, ma arriva a influenzare inficiare e soprattutto "in-formare " (dare forma a ) ogni eventuale rilettura successiva, non importa quanto lontana nel tempo.
Fatte le debite proporzioni, in effetti la vicenda umana dello scozzese cattolico J.R. (poi John e quindi Johnny ) per via della immensa statura sociale e artistica del soggetto-Cash ha potuto solo crescere esponenzialmente su se stessa, non aprendosi alle contaminazioni che la società stessa auspica e causa ad altre figure mitologiche più immediatamente assorbibili, etichettabili e fagocitabili (si pensi solo allo stesso Elvis, divenuto negli anni autentica ipostasi dell'American way of (wanting to ) be(ing) e la cui figura di ultimo patriarca verrà mirabilmente scalcificata e asciugata da Stephen King nel suo NEEEDFUL THINGS, ma anche questa è un altra storia.... )
Se si chiede difatti a chiunque chi mai sia "Johnny Cash " l'unica risposta che ci si può ragionevolmente attendere è "Johnny Cash".
Non ci sono appellativi o aggettivi che tengano a definire colui che è proprio il caso di dirlo, ha rappresentato "l'americano medio ".
Se Elvis è (stato) il sogno di successo, colui che tutte le mogli avrebbero voluto come amante e che tutti i mariti avrebbero voluto essere, J.R. ha rappresentato la realtà ineluttabile del fatto compiuto, la vita così com'è, l'uomo così come (volente o nolente ) si trova a vivere, negli Stati Uniti della prima metà del Novecento ma non solo.
Sarebbe stato folle o quantomeno arduo cercare di riportare sullo schermo una tale prismatica quantità di tradizioni, sensazioni, debiti (culturali e umani ). Se Johnny Cash è solo Johnny Cash, allora è necessario rinunciare sin da subito a qualsiasi velleità mimetica. E in questo senso, ma solo in questo senso, quella di J.Phoenix è una vittoria totale.
Si può cogliere l'eccezionalità della prova del fratello d'arte più famoso d'Hollywood solo e soltanto nel momento in cui ci si rende conto che il suo personaggio non è nè sarà mai J. R. Cash, nella sua consistenza polposa di gigante che si carica le spalle della Storia, ma assolutamente e unicamente un modello di John Cash, uno dei tanti possibili e alternativi John Cash che popolano le migliaia e migliaia di storie che la mente umana può concepire. E in questa straordinaria favola romantica che è Walk the Line, John Cash è un cantante la cui anima brucia dell'amore per la propria collega, non J.R. Cash che si innamora di June Carter . Con coscienza quasi epica (esagero, nell'accezione brechtiana del termine...) Phoenix si fa carico di tutte le minutezze i tic, i tratti che sustanziano da sempre il mito Cash, salvo poi tranquillamente liberarsene, dimenticarsene, o addirittura, esasperarne alcuni, alla ricerca (soddisfatta! ) del distacco necessario per poter fare tabula rasa dell'esistente, dell'inimitabile, per dare finalmente vita al rebirthing del Mito,per compiere la strada che che daò vecchio porta al nuovo, da Bildungsroman all' elegia,dal paradigma all'archetipo.
Ma se l'operazione decostruttiva operata da Phoenix sull'oppressivo mito Cash è qualcosa di sorprendemente e straordinariamente riuscito, non ci sono allora parole adeguate (o forse, temo, ce ne sono troppe e troppo parziali... ) per definire la precisione, uguale e contraria con la quale chirurgicamente, la più grande attrice dei nostri tempi, Reese Witherspoon, (e non importa se questa frase a molti suonerà satirica..) ha estratto, enucleato e infine riassorbito l'essenza di June Carter, da cantante a fata, da elemento tassonomico nelle discografie del marito, da citazione in nota a figura Storica e Mitica insieme.
Dove Phoenix abbatte, scardina, distrugge (anche anche fuor di metafora ) la Witherspoon scava, affina, costruisce.
Laddove Phoenix è chiamato a un paziente lavoro di sottrazione, desostanzazione, la collega deve invece giocare sul campo opposto.
Se J.R. Cash è la coscienza ineluttabile del popolo americano, June Carter è un appendice invisibile sacrificabile "alla grande ombra scura " del Man in Black, di cui anche i fan più sfegatati di Cash ricordano solamente la gracchiante vociona definita da anni di sigarette.
Se John è tutto, June è nessuno. Se di John c'è tutto, di June non rimane nulla.
Ed è esattamente qui che si inserisce l'insospettabile e strabiliante genio interpretativo di questa quasi sconosciuta attrice, che fa della mimesi totale e assoluta alle corde (è proprio il caso di dirlo ) del personaggio la chiave di volta per la creazione ex- novo di un Mito altrettanto duraturo, significativo e significante .
Ma se si vuole essere stanislavskiani tanto quanto non lo è stato il collega, a cosa è possibile appigliarsi per costruire praticamente da zero il "mito " di June Carter Cash, oltre il silenzio della Storia, oltre il bianco della lettera?
Già, proprio quella vociaccia sgraziata rovinata da anni di fumo indiscriminato, sarà il blocco di cemento dentro il quale scolpire, a tratti decisi e marcati una figura che avrà nulla o poco da spartire con l'originale che l'ha ispirato.
Parlavamo di mimesi, ma in effetti quello di Reese è alla fine anch'esso un superamento innegabile della pura tecnica imitativa; con forza uguale e contraria rispetto a Phoenix, infatti, Reese nel momento stesso in cui )ri)crea June Carter dal nulla ovattato e immemorabile della sua voce, non si limita ad assumere apoditticamente questo elemento di verità storica (l'unico, a conti fatti! ) ma sin da subito lo problematizza, lo moddifica, lo influenza. In una parola, lo interpreta. Ed ecco che della già quasi eterea June Carter non è rimasto più nulla; mentre John Cash ancora lotta per liberarsi di J.R. , June Carter è già sparita dentro Reese, è stata già inglobata, ed è pronta per essere espulsa alla fine del film, completamente diversa, restituita al mondo come la propria interprete (qui davvero nell'accezione di "colui che dà un senso ") ha deciso di mostrarcela.
Reese dona a June Carter non solo la propria voce, ma offre il proprio corpo, le proprie fattezze in un abbandono diosiniaco di immedesimazione; l'immersione nel personaggio, o meglio la sua vera e propria "in-formazione" èperò talmente potente e travolgente che il legame naturale tra interpretato e interpretante si spezza, e la figura storica per l'intrinseca debolezza che la contraddistingue finisce per annullarsi nella sua copia di celluloide che assumendo i tratti puiù noti al grande pubblico (la voce appunto ) si assume l'impegno di cancellarli reinventandoli e di reinventarli cancellandoli. Così, se al termine del film siamo tutti rassicurati perchè Phoenix può tranquillamente smettere gli ingombranti panni di J.R. Cash e lasciare che John Cash scompaia nell'oblio immateriale dei fantasmi del cinema, lo shock per la sorte di June Carter è di quelli da ko fulminante..
June Carter non esiste più, è scomparsa. Al suo posto c'è June/Reese, singer appassionata e amante dedicata, figura Mitica e (non più ) Storica, allegoria archetipo e insieme paradigma dell'Amore.
La metamorfosi è completa, persino tragica; d'ora in avanti la appendice tassonomica delle discografie, la nota a margine delle canzoni, non avrà più senso di esistere, perchè non esiste più la figura a cui dette classificazioni si riferiscono. Il Mito ha sconfitto la Storia, l'Elegia ha sconfitto l'Epica, il Melò ha sconfitto il Biopic.
No. Il Cinema ha ucciso la Realtà, l'ha fatta a pezzi e lha rimontata a suo piacimento per ricavarne un monstrum indistruttibile.
E inutile è l'intelligente precauzione finale del regista che sui titoli di coda inserisce niente affatto surrettiziamente J.R. Cash e June Carter Cash nella loro presenza storica di voci interpreti (ma vi sono stati ben altri interpreti che ben altro e ben di più hanno interpretato!); il suo non è il suo solito omaggio postcoitale alla realtà storica che si è cercato di riprodurre, bensì l'ennesimo e finale schiaffo alla stessa, giacchè è tragicamente evidente, confronto alla mano (e alle orecchie ) quanto poco o nulla J.R. Cash e June Carter abbiano da spartire con John Cash e Reese/June, i protagonisti di una Favola anacronistica che vive e si nutre della sua stessa essenza di Finzione affabulatoria e riscrittura mitologica di uno e centomila universi;dalla rianimazione del Genere sino alla riabilitazione inoppugnabile e incontestabile del topos più antico del Mondo, quell' Amore ingannevole e bastardo che volenti o nolenti, nutre a syua volta le vite di tutti noi, ne condiziona l'immaginario e la fantasia, e che, last but not least, reclama e richiama se stesso a gran voce come la più duratura e irrinunciabile illusione dell'essere umano, il suo più grande imperituro ed immortale mito. |
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eltonjohn
 Reg.: 15 Dic 2006 Messaggi: 9472 Da: novafeltria (PS)
| Inviato: 15-03-2009 15:59 |
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E' uno dei peggiori bio musicali che abbia mai visto
_________________ Riminesi a tutti gli effetti...a'l'imi fata! |
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HaroldKid
 Reg.: 11 Gen 2009 Messaggi: 4589 Da: milano (MI)
| Inviato: 15-03-2009 16:10 |
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quote: In data 2009-03-15 15:59, eltonjohn scrive:
E' uno dei peggiori bio musicali che abbia mai visto
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in realtà ne esce fuori come il migliore, non c'entrando una sega con un bio(presto?) musicale.
Si sa che il miglior soldato è sempre il mercenario.... |
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