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L'inventore di favole |
MARIO71
 Reg.: 04 Nov 2004 Messaggi: 13 Da: brindisi (BR)
| Inviato: 18-11-2004 13:04 |
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PER INES,
A ME IL PERSONAGGIO DI STEPHEN GLASS NON E' PIACIUTO MOLTO. A DIRE LA VERITA' QUANDO L'HO VISTO IN AMERICA MI AVEVA IMPRESSIONATO DI PIU' E QUI IN ITALIA, SARA' STATA LA VOCE, DI MENO.
QUELLO CHE MI HA COLPITO DEL PERSONAGGIO, OLTRE AL TALENTO DI RAGGIRARE I CONTROLLI SEVERI, ANCHE IL DISAGIO PSICHICO QUANDO ERA MESSO ALLE STRETTE, QUASI DA FARLO SEMBRARE PAZZO!!!!
UNA PERSONALITA' MOLTO COMPLESSA!! PROBABILMENTE 0PPOSTA A QùELLA DI CHUCK LANE. |
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DonVito ex "quentin83"
 Reg.: 14 Gen 2004 Messaggi: 11488 Da: torino (TO)
| Inviato: 18-11-2004 13:34 |
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gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 18-11-2004 13:43 |
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Deeproad
 Reg.: 08 Lug 2002 Messaggi: 25368 Da: Capocity (CA)
| Inviato: 18-11-2004 15:34 |
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MARIO71
 Reg.: 04 Nov 2004 Messaggi: 13 Da: brindisi (BR)
| Inviato: 19-11-2004 01:57 |
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beati voi che ridete!
a parte il film non vi interessa il tema del giornalismo?
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MARIO71
 Reg.: 04 Nov 2004 Messaggi: 13 Da: brindisi (BR)
| Inviato: 22-11-2004 11:26 |
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E COMUNQUE SECONDO ME L'INVENTORE DI FAVOLE E LA MALAEDUCACION SONO I FILM MIGLIORI IN CIRCOLAZIONE!!!!!! |
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gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 22-11-2004 13:06 |
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MARIO71
 Reg.: 04 Nov 2004 Messaggi: 13 Da: brindisi (BR)
| Inviato: 22-11-2004 18:01 |
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E la malaeducacion l'hai visto?
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sandrix81
 Reg.: 20 Feb 2004 Messaggi: 29115 Da: San Giovanni Teatino (CH)
| Inviato: 22-11-2004 18:26 |
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quote: In data 2004-11-22 18:01, MARIO71 scrive:
E la malaeducacion l'hai visto?
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io l'ho visto.
sì, in effetti lì il tema del giornalismo è affrontato molto bene.
solo una cosa:
ma che razza di tema sarebbe il giornalismo?
_________________ Quando mia madre, prima di andare a letto, mi porta un bicchiere di latte caldo, ho sempre paura che ci sia dentro una lampadina. |
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MARIO71
 Reg.: 04 Nov 2004 Messaggi: 13 Da: brindisi (BR)
| Inviato: 22-11-2004 22:03 |
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iL GIORNALISMO NON E' UN TEMA?
MA STIAMO SCHERZANDO?
GIORNALISMO SIGNIFICA INFORMAZIONE E INFORMAZIONE E' TUTTO SECONDO ME.
L'OPINIONE PUBBLICA SI BASA SULL'INFORMAZIONE.
ORA NON VORREI PARLARE PIU BENE DEL FILM L'INVENTORE DI FAVOLE, MA IL TEMA DI GIORNALISMO/INFORMAZIONE MI PARE CMQ IMPORTANTE.
MERCOLEDI DEVO ANDARE AL CINEMA, CHE FILM MI CONSIGLIATE? |
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gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 22-11-2004 22:58 |
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MARIO71
 Reg.: 04 Nov 2004 Messaggi: 13 Da: brindisi (BR)
| Inviato: 10-12-2004 02:17 |
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CHIUDENDO SU L'INVENTORE DI FAVOLE E SUL TEMA DEL GIORNALISMO...(THE MANCHURIAN LO VADO A VEDERE DOMANI)......
Il grande cinema americano, evidentemente sensibile all’argomento, si è spesso cimentato con il controverso e chiacchierato macrocosmo dell’informazione giornalistica. Professione nobile e socialmente utile, di stretta attualità, oggi come ieri, il giornalismo seguita tuttavia ad essere messo in discussione, a prestare il fianco ad ogni sorta di critica, in funzione delle acclarate mistificazioni/manipolazioni della notizia, degli abusi di “potere”, delle forme di sudditanza al potere stesso, e di altre colpe di cui si è spesso macchiato. Varrebbe la pena ricordare alcuni capolavori assoluti della settima arte che seppero ben inquadrare e mettere fuoco l’argomento, nelle sue numerose implicazioni, dai più disparati punti di vista. Opere come Citizen Kane di Orson Welles (grandioso spaccato sul potere assoluto dei magnati dell’informazione); Quando la città dorme di Fritz Lang (noir di cupa densità sulla bramosia di potere e sulla spietata competizione che vede coinvolta la redazione di un importante quotidiano, anche metafora della società americana,); Piombo Rovente di Alexander Mackendrick (corruzione, devianza etica e morale, onnipotenza del giornalismo); Il Corridoio della Paura di Samuel Fuller (tragica vicenda di un cronista che per ottenere il premio Pulitzer resterà vittima delle sue pericolose “ambizioni”); Prima Pagina di Billy Wilder (graffiante e sarcastica commedia sul cinismo e sulle ottusità del mondo della Stampa), tra le più significative ed emblematiche della storia del cinema, raccontarono in maniera lucida e spietata le devianze di un giornalismo che aveva tradito la “missione” sociale e politica, culturale, filosofica, nonché gli irrinunciabili principi etici e morali propri di una stampa il più possibile libera, indipendente ed intellettualmente onesta. Circostanze, cause ed effetti narrati nella finzione filmica, coincidevano in maniera impressionante con gli squassi del vissuto reale.
Alla sua prima regia, il cineasta statunitense Billy Ray, co-autore della sceneggiatura di Sotto corte marziale di Gregory Hoblit, con Bruce Willis - film tutt’altro che indimenticabile -, con L’Inventore di Favole (Shattered Glass), riprende l’annosa questione delle “verità” oltraggiate dalla stampa, ispirandosi ad una vicenda realmente accaduta nel mondo del giornalismo degli anni’90, raccontata da H.G “Buzz” Bissinger in un articolo pubblicato su Vanity Fair nel settembre del 1998.
In L’Inventore di favole, il bravo Hayden Christensen (già Anakin Skywalker in Guerre Stellari episodio II - L’attacco dei cloni, di George Lucas) interpreta il ruolo di Stephen Glass, brillante redattore di un'autorevole rivista di politica e cronaca, The New Republic, oltre che collaboratore freelance di riviste quali Rolling Stone, Harper’s George, il quale, in ragione delle smodate ambizioni personali (torna il mondo del yuppismo rampante americano), costruisce ad arte gli articoli con storie inventate, o copiate, oppure frutto di una libera, nonché “ingegnosa”, mistura di realtà e finzione. “Io amo osservare e re-interpretare la realtà, raccontare ciò che ai lettori piace sentirsi raccontare”, afferma il giovane protagonista nella significativa sequenza iniziale, girata al ralenty, con voce fuori campo, riproposta in chiusura, immediatamente prima dei titoli di coda. Affermazione piuttosto ambigua ed intrigante, in linea con le tendenze di un certo giornalismo d’assalto e di grande successo, dove il regista, nel commentare la sua opera, dichiara invece:“E’ un racconto morale, che spiega quale è la differenza tra essere un bravo giornalista e un giornalista di successo”. Il soggetto, di grande attualità, è dunque non privo di interesse e si avvale di un impianto narrativo più che degno, veloce, puntuale e rigoroso, che privilegia i dialoghi, le psicologie, la buona interpretazione, a discapito delle facili e risapute soluzioni “emozionistiche” e meramente spettacolari. Qualità ammirevole ed insolita in un film americano, co-prodotto da Tom Cruise. Girato prevalentemente in interni, un certo “minimalismo” della messa in scena potrebbe indurre lo spettatore ad identificarlo con il TV movie; cosa non lontana dall’esser vera, visti i trascorsi televisivi di Billy Ray. Esplicita la condanna, il film tocca la sensibile e triste corda della stampa taroccata, in maniera morale ma non moralistica, come farebbe un bravo cronista che abbia a cuore l’obiettività e la verità, intese non come valori infallibili, assoluti ed univoci, ma come ricerca del miglior punto d’equilibrio in un mondo in cui predomina, su tutto, il relativismo. Tuttavia, a giudicare da una delle ultime significative scene, sembrerebbe che il regista abbia sposato la tesi della corruttibilità del singolo individuo, facendo salva l'"istituzione", l'informazione americana, nella fattispecie, che ne esce sostanzialmente indenne ed assolta, almeno all’apparenza. L’inventore di favole finirà male, punito con il licenziamento; la rivista chiederà scusa ai lettori e si riabiliterà. Ciò nonostante non è detta l’ultima parola su un’opera che, non troppo tra le righe, pone anche l’accento su come il singolo redattore, schiacciato dal peso delle responsabilità, dalla logica spietata del successo, rischi di trasformarsi in vittima sacrificale, in capro espiatorio dell’intero sistema di potere giornalistico non di meno ambizioso e conflittuale, forse globalmente, endemicamente corrotto. I confini tra il vero e il falso, nel giornalismo, come nella vita e nel cinema (F for Fake, la lezione del vecchio Welles non invecchia), restano labili e poco riconoscibili.
L’Inventore di favole, un buon film girato con pochi mezzi, in bilico tra la correttezza formale e la mancanza di apprezzabili picchi creativistici, che non ama rischiare, lascia tuttavia socchiusa la porta dei significati, rispettando in tal modo l’intelligenza, la sensibilità e le capacità immaginifiche dello spettatore.
CIAO MARIO |
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gatsby
 Reg.: 21 Nov 2002 Messaggi: 15032 Da: Roma (RM)
| Inviato: 10-12-2004 08:17 |
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AlZayd
 Reg.: 30 Ott 2003 Messaggi: 8160 Da: roma (RM)
| Inviato: 10-12-2004 17:03 |
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quote: In data 2004-12-10 02:17, MARIO71 scrive:
CHIUDENDO SU L'INVENTORE DI FAVOLE E SUL TEMA DEL GIORNALISMO...(THE MANCHURIAN LO VADO A VEDERE DOMANI)......
Il grande cinema americano, evidentemente sensibile all’argomento, si è spesso cimentato con il controverso e chiacchierato macrocosmo dell’informazione giornalistica. Professione nobile e socialmente utile, di stretta attualità, oggi come ieri, il giornalismo seguita tuttavia ad essere messo in discussione, a prestare il fianco ad ogni sorta di critica, in funzione delle acclarate mistificazioni/manipolazioni della notizia, degli abusi di “potere”, delle forme di sudditanza al potere stesso, e di altre colpe di cui si è spesso macchiato. Varrebbe la pena ricordare alcuni capolavori assoluti della settima arte che seppero ben inquadrare e mettere fuoco l’argomento, nelle sue numerose implicazioni, dai più disparati punti di vista. Opere come Citizen Kane di Orson Welles (grandioso spaccato sul potere assoluto dei magnati dell’informazione); Quando la città dorme di Fritz Lang (noir di cupa densità sulla bramosia di potere e sulla spietata competizione che vede coinvolta la redazione di un importante quotidiano, anche metafora della società americana,); Piombo Rovente di Alexander Mackendrick (corruzione, devianza etica e morale, onnipotenza del giornalismo); Il Corridoio della Paura di Samuel Fuller (tragica vicenda di un cronista che per ottenere il premio Pulitzer resterà vittima delle sue pericolose “ambizioni”); Prima Pagina di Billy Wilder (graffiante e sarcastica commedia sul cinismo e sulle ottusità del mondo della Stampa), tra le più significative ed emblematiche della storia del cinema, raccontarono in maniera lucida e spietata le devianze di un giornalismo che aveva tradito la “missione” sociale e politica, culturale, filosofica, nonché gli irrinunciabili principi etici e morali propri di una stampa il più possibile libera, indipendente ed intellettualmente onesta. Circostanze, cause ed effetti narrati nella finzione filmica, coincidevano in maniera impressionante con gli squassi del vissuto reale.
Alla sua prima regia, il cineasta statunitense Billy Ray, co-autore della sceneggiatura di Sotto corte marziale di Gregory Hoblit, con Bruce Willis - film tutt’altro che indimenticabile -, con L’Inventore di Favole (Shattered Glass), riprende l’annosa questione delle “verità” oltraggiate dalla stampa, ispirandosi ad una vicenda realmente accaduta nel mondo del giornalismo degli anni’90, raccontata da H.G “Buzz” Bissinger in un articolo pubblicato su Vanity Fair nel settembre del 1998.
In L’Inventore di favole, il bravo Hayden Christensen (già Anakin Skywalker in Guerre Stellari episodio II - L’attacco dei cloni, di George Lucas) interpreta il ruolo di Stephen Glass, brillante redattore di un'autorevole rivista di politica e cronaca, The New Republic, oltre che collaboratore freelance di riviste quali Rolling Stone, Harper’s George, il quale, in ragione delle smodate ambizioni personali (torna il mondo del yuppismo rampante americano), costruisce ad arte gli articoli con storie inventate, o copiate, oppure frutto di una libera, nonché “ingegnosa”, mistura di realtà e finzione. “Io amo osservare e re-interpretare la realtà, raccontare ciò che ai lettori piace sentirsi raccontare”, afferma il giovane protagonista nella significativa sequenza iniziale, girata al ralenty, con voce fuori campo, riproposta in chiusura, immediatamente prima dei titoli di coda. Affermazione piuttosto ambigua ed intrigante, in linea con le tendenze di un certo giornalismo d’assalto e di grande successo, dove il regista, nel commentare la sua opera, dichiara invece:“E’ un racconto morale, che spiega quale è la differenza tra essere un bravo giornalista e un giornalista di successo”. Il soggetto, di grande attualità, è dunque non privo di interesse e si avvale di un impianto narrativo più che degno, veloce, puntuale e rigoroso, che privilegia i dialoghi, le psicologie, la buona interpretazione, a discapito delle facili e risapute soluzioni “emozionistiche” e meramente spettacolari. Qualità ammirevole ed insolita in un film americano, co-prodotto da Tom Cruise. Girato prevalentemente in interni, un certo “minimalismo” della messa in scena potrebbe indurre lo spettatore ad identificarlo con il TV movie; cosa non lontana dall’esser vera, visti i trascorsi televisivi di Billy Ray. Esplicita la condanna, il film tocca la sensibile e triste corda della stampa taroccata, in maniera morale ma non moralistica, come farebbe un bravo cronista che abbia a cuore l’obiettività e la verità, intese non come valori infallibili, assoluti ed univoci, ma come ricerca del miglior punto d’equilibrio in un mondo in cui predomina, su tutto, il relativismo. Tuttavia, a giudicare da una delle ultime significative scene, sembrerebbe che il regista abbia sposato la tesi della corruttibilità del singolo individuo, facendo salva l'"istituzione", l'informazione americana, nella fattispecie, che ne esce sostanzialmente indenne ed assolta, almeno all’apparenza. L’inventore di favole finirà male, punito con il licenziamento; la rivista chiederà scusa ai lettori e si riabiliterà. Ciò nonostante non è detta l’ultima parola su un’opera che, non troppo tra le righe, pone anche l’accento su come il singolo redattore, schiacciato dal peso delle responsabilità, dalla logica spietata del successo, rischi di trasformarsi in vittima sacrificale, in capro espiatorio dell’intero sistema di potere giornalistico non di meno ambizioso e conflittuale, forse globalmente, endemicamente corrotto. I confini tra il vero e il falso, nel giornalismo, come nella vita e nel cinema (F for Fake, la lezione del vecchio Welles non invecchia), restano labili e poco riconoscibili.
L’Inventore di favole, un buon film girato con pochi mezzi, in bilico tra la correttezza formale e la mancanza di apprezzabili picchi creativistici, che non ama rischiare, lascia tuttavia socchiusa la porta dei significati, rispettando in tal modo l’intelligenza, la sensibilità e le capacità immaginifiche dello spettatore.
CIAO MARIO
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Lo scritto che quoto è COPIATO di sana pianta da un sito di cinema che lo aveva pubblicato circa un mese fa:
http://fast.cinemaplus.it/leggi-recensione.asp?id=335
Il vero autore, che sarebbe il sottoscritto, lo aveva inoltre riproposto il 4 dicembre nel seguente forum:
http://www.pigrecoemme.com/forum/index.php?showtopic=5375&view=findpost&p=109413
Se si tratta di uno scherzo, trovo sia di pessimo gusto.
_________________ "Bisogna prendere il veleno come veleno e il cinema come cinema" - L. Buñuel |
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eraclito
 Reg.: 14 Mar 2005 Messaggi: 4702 Da: Siano (SA)
| Inviato: 06-01-2006 02:24 |
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scusate se riporto in alto questo topic, ma dopo aver visto il film mi sono reso conto della sua genialità...è assolutamente attinente , e chi lo ha fatto merita l'aggettivo genio
Assolutamente un topic da consegnare alla storia..per chi ha un pò di pazienza... leggersi le pagine dietro
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...e il naufragar m'è dolce in questo mar
[ Questo messaggio è stato modificato da: eraclito il 06-01-2006 alle 02:25 ] |
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