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Autore CONTENDERS-SERIE 7
Prisoner

Reg.: 22 Mag 2004
Messaggi: 18
Da: Casalmaggiore (CR)
Inviato: 22-05-2004 14:51  
Film che a un primo piano risulta illogico ma che con il passare dei minuti crea una tale banalità da fare capire allo spettatore quello ke davvero vuole trasmettere. Fantastico il pezzo in cui i genitori della ragazza non l'aiutano per non fermare il programma mentre lei viene uccisa a bastonate. Da vedere sicuramente e da non fraintendere assolutamente.
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"Bella lama...addio signor Burton"

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YamaJim


Reg.: 06 Mag 2004
Messaggi: 128
Da: RM (RM)
Inviato: 23-05-2004 11:54  
Bellissimo, mi ricordo di averlo inserito tra i film più importanti di quell'anno.
Eccessivo sì ma la televisione è anche peggio e non lo sappiamo ancora. Crediamo...

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NancyKid
ex "CarbonKid"

Reg.: 04 Feb 2003
Messaggi: 6860
Da: PR (PR)
Inviato: 24-12-2004 00:42  
E’ Cinema o non è Cinema? E’ questo il dilemma di Contenders di Daniel Minahan. Un chiaro riferimento critico e pseudo ironico alla cara e vecchia televisione.
La risposta al dilemma è presto detta: Si, Contenders è Cinema a tutti gli effetti, che ha il primo pregio di cercare una nuova e alternativa strada di comunicare con l’audiovisivo, che riuscito o meno, è già un coraggio non conformista da ammirare e da apprezzare.
Contenders è un intreccio intelligente tra creazione e riciclo, una fusione della creatività propriamente cinematografica con gli standard della nuova televisione. Così assistiamo a qualcosa di realmente unico, un prodotto televisivo che però sappiamo non contenere una minima realtà in quanto tutto predisposto e curato in modo tale che un elemento non sia inquadrato per puro caso “televisivo”. Perché in Contenders, al contrario di quanto può succedere nel mondo televisivo, nulla è improvvisato, ma il tutto è prescritto nella sceneggiatura visiva che non comprende solo i dialoghi, ma anche i codici che in televisione non possono esistere in quanto proprietà puramente cinematografiche.
Lo stampo televisivo che Minahan vuole dare alla sua opera limita la veduta globale di essa, Minahan per propria scelta deve sottoporsi a cliché e metodi puramente televisivi, ma questo non è necessariamente blocco creativo, in quanto la bravura del regista sta proprio nell’averci presentato un film che sembra un programma televisivo a tutti gli effetti, ma che non lo è. Minahan tiene sotto controllo la morale che vuole dare, perché il suo intento non è né alternativizzare a tutti i costi né fare del puro entertainment, bensì unire, o meglio, usare questo entertainment per imprimere nella sua creazione una funzione sociologica ben chiara e precisa.
Il regista usa il soggetto per criticare lo stesso soggetto, usa la televisione per criticare la stessa televisione. Usa il reality show (la televisione del futuro, come sostengono molti) con uno sguardo più ampio e cattivosamente ancor più cinico al mondo oltre lo schermo televisivo, ovvero il mondo della violenza, le strade di giorno in giorno sempre più pericolose, la semplice e pura cruda realtà attuale.
I personaggi sono volutamente paradossali, a cominciare dalla infermiera che diventa una sadica assassina, o i genitori della concorrente 18enne che istigano la figlia a diventare una brava carnefice. Ancora una volta assistiamo ad un mix esplosivo di realtà e finzione: anche se il regista tende a dare tocchi di critica sociale, non va dimenticato che sempre di un film si tratta, e a più scene violente capita di ridere con il popcorn in mano, perché forse in fondo siamo tutti dei Quentin Tarantino che si divertono davanti alla violenza filmica, non sapendo che quella stessa finzione violenta è l’ombra nera che sta pericolosamente ricoprendo la società e la vita. E questa volta, sarà la vita vera, non scenica.
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eh?

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