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Autore A HISTORY OF VIOLENCE di David Cronenberg
Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 12-05-2005 19:01  
quote:
In data 2005-05-12 14:03, Ayrtonit scrive:
conosco pochissimo cronenberg, tuttavia la trama linkata di videodrome mi lascia un pò perplessa. cercherò cmq di vederlo, cosi come imperdibile mi sembra il film presentato a cannes..e poi scusate ma chi se e frega di viggo mortensen nel cast quando insieme a lui ci sono due grandi attori come ed harris e william hurt?

tra parentesi, cronenberg, dici che nella rassegna di quest anno spiccano wenders e cronenberg...ok ma dove lo lasciamo LARS VON TRIER ? manderlay è uno dei film più attesi dell anno!



Più che trama ho scritto una sinossi, comunque ho citato solo Wenders oltre a Cronenberg perchè si tratta dei registi più "vecchi" tra quelli in concorso.
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La ragione è la sola cosa che ci fa uomini e ci distingue dalle bestie

René Descartes

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Luke71

Reg.: 06 Ago 2003
Messaggi: 3997
Da: pavia (PV)
Inviato: 13-05-2005 07:28  
Ottimo era ora uscisse un suo nuovo film..
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No hay banda,non c'è una banda
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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 11-08-2005 09:21  
E' ufficiale, il film uscirà nelle sale il 16 dicemebre pv, distribuito dalla 01 distribuzione. Trovo strano che venga etichettato come film di Natale, spero solo che il 25 sia ancora nelle sale..

Eccovi intanto il link al sito ufficiale http://www.historyofviolence.com/
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René Descartes

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ines49

Reg.: 15 Mag 2004
Messaggi: 376
Da: PADOVA (PD)
Inviato: 20-12-2005 23:36  
Finalmente sono riuscita a vederlo stasera.
Niente da dire Cronenberg ancora una volta non mi ha delusa: Seppure la storia raccontata non sia originalissima, il come riesce a raccontarla lui ci riescono in pochissimi. Viggo Mortensen l'ho trovato perfetto nel ruolo del protagonista, nuova versione del Dr.Jeckyl & Mr. Hide (anche se le motivazioni della trasformazione sono ovviamente completamente diverse).
Emblematiche a mio parere le due diverse scene di sesso fra i due coniugi che rappresentano questa dualità del personaggio.
Mai ho provato orrore (e non dovrei per il mio modo di essere) per la violenza del protagonista, ma quasi una pena infinita ed una partecipazione commossa alle sue vicissitudini nella nuova identità

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jameswoods

Reg.: 18 Dic 2005
Messaggi: 5
Da: cesena (FO)
Inviato: 21-12-2005 09:34  
10.0
e basta.

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Schizo

Reg.: 16 Ott 2001
Messaggi: 1264
Da: Aosta (AO)
Inviato: 21-12-2005 15:42  
Lo vado a vedere stasera.
Mi attendo moltissimo...
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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 22-12-2005 05:04  
mi e' piaciuto pochissimo,a parte la voce indegna di pino insegno a doppiare mortensen .non ci ho visto la cifra stilistica di cronenberg.nulla di devastante o innovativo, solo uan storiella abbastanza abusata di luoghi comuni( i cattivi sono sempre vestiti di nero e guidano uan macchina nera),i colpi di scena sono veramente pochi e anche abbastanza scontati.spiace poi di vedere alcune superstar come harris e hurt recitare particine inutili per la loro carriera.attendo croneberg a un lavoro piu' serio e con il ritorno alla sua amata carne,mentre l'unico momento di crash che scatena le emozioni a lui caro e' quando watts e mortensen prima si picchiano e poi fanno l'amore sulla scala.carino l'omaggio al suo la mosca con quella moschina inquadrata sulla finestra.

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 22-12-2005 16:25  
Che per David Cronenberg la sceneggiatura di Josh Olson propostagli dalla New Line Cinema avesse assunto le sembianze di un’allettante proposta di svolta o ulteriore maturazione della propria concezione teorico-cinematografica, ce lo fanno comprendere proprio le quantità ma soprattutto le qualità di budget e cast a disposizione per la realizzazione del progetto A History of Violence. Per Cronenberg non è mai stato possibile attuare la produzione di un film con simili presupposti, a partire dalla massima libertà legata alle scelte registiche concesse dalla produzione, e nel contempo anche la possibilità di rivedere integralmente lo script insieme agli attori; anche se è norma per il regista instaurare rapporti aperti con il cast e addirittura confrontarsi riguardo alle scelte più importanti. Quindi A History of Violence viene da subito interpretato dal regista come un progetto stimolante a livello tematico, in quanto apparentabile per molti versi all’excursus retorico intrapreso nel corso della propria carriera e filmografia, ma anche – al tempo stesso – come una non trascurabile rivincita pecuniaria da parte del regista rispetto alle fatture dei progetti più o meno “indipendenti” realizzati finora. Dopo le difficoltà di un lavoro come Spider, soprattutto a livello di finanziamenti, era fondamentale poter tornare a dirigere un film che consentisse con serenità il raggiungimento di ambedue i fini sempre perseguiti dal regista: quello di raccontare le diverse fisionomie psichiche e carnali dell’uomo post-moderno e quello di permettersi un’esposizione stilistica personale e incondizionata, che però contempli nello stesso tempo una parallela evoluzione tematico-stilistica del modus operandi cronenberghiano. Risulta evidente, a prodotto finito, come la formula utilizzata questa volta dal maestro canadese differisca da quella cui ci aveva precedentemente abituato: notevolmente più raffinata ed elegante la confezione tecnica, ma anche (più semplicemente) di minor effetto e approfondimento psicologico il contenuto. Tale osservazione esula dal manifesto e oneroso impegno dimostrato dal regista in sede di messa in scena, la quale spicca soprattutto in virtù di un agile e al tempo stesso marziale impiego della macchina da presa, basti pensare all’incipit in carrellata o al frequente calcare su primi piani raggelanti.
Appurato che come opera formale ci si trova probabilmente al cospetto di valori assoluti, nonché di una dimostrazione di grandezza registica (qualità che Cronenberg comunque non si è mai prefissato di inseguire ufficialmente durante la sua lunga carriera), A History of Violence non colpisce tanto perché film di David Cronenberg “come comunemente lo si intende”, piuttosto in quanto opera di lucida ed emozionale raffigurazione e conseguente riflessione sulla violenza che ci circonda e di cui noi stessi siamo primi artefici inconsci.
Il tema, per certi versi, ufficialmente, “poco cronenberghiano”, diviene tale a pieno titolo in corso d’opera; perché la violenza, come in eXistenZ la percezione del virtuale/reale, sono inquadrati come oggetti universali e concreti, a noi vicini perché con noi essi interagiscono quotidianamente, senza per questo motivo entrare a far parte della sfera deformante della psico(pato)logia e di come questa si riesca a manifestare nella nuova carne dall’interno dei corpi. La metodologia utilizzata in A History of Violence è però diametralmente opposta, in quanto Cronenberg fa provenire l’agente deformante dall’esterno, la violenza cui il protagonista viene richiamato giunge da fuori, è forestiera e si insidia nel suo inconscio, permeandolo con la sostanza ineffabile e insopprimibile della colpa, e del passato. Tom Stall è infatti vittima del passato, riemerge come lui stesso ammette da “tre anni di peregrinare senza meta nel deserto”, alla ricerca di chi, quando, come e dove essere, e di che nome e moglie avere. Insidiatosi in una tranquilla e solitaria cittadina americana, vive serenamente con moglie e i due figli gestendo un caffè, fino a quando proprio all’interno del suo locale entrano due rapinatori per compiere una strage. Il buon padre di famiglia a quel punto reagisce uccidendo abilmente i due delinquenti, e divenendo ben presto eroe per i media che lo proclamano cittadino americano modello, ma Tom Stall o chi ha indossato le vesti dell’esemplare giustiziere viene visto in televisione da chi probabilmente può far tornare presente quel passato solo apparentemente rimosso di violenza. A Carl Fogarty e Richie Cusack, due pezzi grossi della mala organizzata, il compito di giustificare un vita violenta come vita, e uno stato di apparente felicità come una struttura così debole da crollare al primo avvertimento di pura e indiscreta violenza.
I ruoli degli spietati conduttori di violenza spettano a due cameo d’eccezione come Ed Harris e William Hurt, in due interpretazioni “eccessive” che profumano di magistrali tópoi abbondantemente frequentati da molto gangster cinema. Questi assurgono a chiaro medium di violenza, causa di travalicazione temporale tra ciò che distanzia Tom Stall dalla propria vera identita, rendendolo “altro da sé”, e ciò che in realtà è Tom Stall, l’incarnazione di un’idea trascendente di una violenza evanescente che sembra riuscire a filtrare in ogni spazio. Per questo, anche il solo apparentemente superficiale – e manieristico – episodio di sottomissione al bullismo scolastico da parte del primogenito Jack Stall, all’improvvisa reazione iper-violenta di questi, nel mettere in scena il fattore genetico come agente mediante il quale la violenza è primo elemento del DNA a essere trasmesso, restituisce l’intero film a una dimensione puramente “storica” e immanente al destino degli uomini. La violenza, altro tema caro al regista, è qualcosa di trasmissibile attraverso la fecondazione e la psiche umana, proprio con lo stesso metodo per cui veniva allargata la tribù degli Scanners attraverso la trasmissione ereditaria di facoltà telepatiche. E un po’ come lo scontro finale tra Darryl Revock e Cameron Vale attraverso la (sop)pressione telepatica una volta scopertisi fratelli in Scanners, qui fra Joey/Tom e il fratello Richie Cusack avviene uno scontro “ad armi pari” che segue un tragitto maggiormente “classico” rispetto a una più consueta visione allegorica “croneberghiana”, risolvendo l’azione in uno sparo che perfora il cranio, lasciando a terra un cadavere devastato quanto una testa fatta esplodere sotto forte pressione telepatica. L’interpretazione dell’atto di uccisione è nel frattempo cambiato, maturato o meno l’effetto non è dissimile né in una nuova stirpe di uomini-alieni, né in una sparatoria fra scagnozzi da fumetto. La morte è sempre la stessa e non esiste una tangibile percezione di questa, sembra volerci suggerire Croneberg, sia che nel 1996 girasse un film dove le strade erano un percorso interrotto di amplessi infecondi e morte orgasmica, sia che oggi queste siano esclusivo mezzo di ricongiungimento violento e mortuario, come accade dopo le ben quindici ore di traversata americana praticate da Stall/Cusack verso il proprio passato.
Insieme alla propria collaudata troupe che ormai lo accompagna da quasi trent’anni, David Cronenberg parte da un fumetto (l’omonima graphic novel di John Wagner illustrata da Vince Locke) per universalizzare ed esteriorizzare attraverso il cinema i mali umani e sociali che caratterizzano il tempo in cui viviamo. Prediligendo ironica linearità e apparente coerenza espositiva a unione e analisi disturbanti delle psicologie e delle realtà percettive, A History of Violence si traduce in un film contemporaneo, quantomai necessario alla consapevolizzazione inconscia della vera e oscura causa di violenza, e degli sconvolgenti e forse addirittura inspiegabili effetti della stessa violenza sulla psicologia umana.
I corpi di Viggo Mortensen e di Maria Bello, disperatamente avvinghiati sopra le scale, sono di splendore incommensurabile, come del resto le rispettive interpretazioni e le musiche d’atmosfera composte da Howard Shore.

da http://www.positifcinema.com/historyofviolence.htm
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René Descartes

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Nightflier

Reg.: 31 Ott 2005
Messaggi: 454
Da: Milano (MI)
Inviato: 22-12-2005 18:47  
Visto ieri sera davvero bello,bravissimi tutti gli attori.
Cronenberg è una garanzia anche per film più convenzionali come questo,dove c'è poco spazio alla fantasia.
Regia impeccabile,scene d'azione perfette e il solito tocco "carnale" di David.
Preferisco altri suoi film in cui il fantastico era protagonista,ma anche questo rimane un film memorabile con tocchi di gran classe pur nella sua apparente semplicità e linearità.

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LucyVP03


Reg.: 29 Lug 2003
Messaggi: 938
Da: Roma (RM)
Inviato: 22-12-2005 19:38  
Non conosco Cronenberg, o meglio ho visto quasi interamente La mosca e parte di Spider... Non ho quindi i mezzi x giudicare se questo film sia in linea col suo stile o meno.
Detto questo, a me è piaciuto.
Nonostante l'ovvietà della storia, gli interpreti hanno fatto un ottimo lavoro.
Come già avete scritto ho trovato molto convincente Viggo: dall'onesto cittadino americano, all'amante un pò imbranato nel primo amplesso con la moglie, a uomo disorientato quando i fantasmi del passato ricominciano a farsi sentire, infine un giustiziere senza pietà (avete visto come guardava il figlio?!).
Nella sequenza in cui torna a casa dal secondo ricovero in ospedale, completamente solo, e nella sequenza finale, mi stavo quasi commuovendo.
Divertente Hurt: alcune critiche condannavano il suo fare giggionesco, effettivamente è un boss sui generis però ho apprezzato la comicità del personaggio che regala molti sorrisi e qualche minuto di distensione.
Forse Ed Harris è il meno interessante: la sua interpretazione nn ha regalato nulla di nuovo alla sua galleria di personaggi.
Un'ultima cosa: nn ho sentito la voce originale di Viggo, ma secondo me Insegno ha fatto un buon lavoro... Xchè lo si condanna così aspramente: nn sarà x la Premiata Ditta, spero?
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Io dunque sono figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà...
Pirandello

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TesPatton

Reg.: 09 Giu 2004
Messaggi: 7745
Da: Pn (PN)
Inviato: 24-12-2005 02:52  
Non mi è piaciuto particolarmente. Il gran pregio del film è l'interpretazione assai convincente di Mortensen. Grande caratterista come al solito, Ed Harris. Mi aspettavo qualcosa di più, peccato.

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 24-12-2005 07:04  
penso che il problema sia nel fatto che lo ha fatto cronenberg,l'avesse fatto un altro si avrebbe detto va bhe,in fondo e' un signor nessuno,ma quando e' a tirar le fila un regista talentuoso si vuole sempre qualcosa di diverso e di piu',perche' speri che non sia allineato al volere delle major, e' indipendente nel pensiero ecc..io l'ho solo trovato un filmetto innocuo che poteva girarlo chiunque.

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Cronenberg

Reg.: 02 Dic 2003
Messaggi: 2781
Da: GENOVA (GE)
Inviato: 24-12-2005 09:04  
Penso che di filmetto innocuo che avrebbe potuto girare chiunque non si possa assolutament parlare. Il film a differenza dei precedenti lavori di David propone un ben diverso punto di vista sull'oggetto analizzato; in questo caso la violenza ed il mistero dell'identità sono ostentati con ironia dal regista, il quale lascia grande spazio allo spettatore nell'indivduare significati più lontani e profondi da quelli che ci appaiono così immediati e "riconoscibili" sullo schermo. In quanto noi stessi siamo preparati alla violenza, forse più sullo schermo che nella vita, risulta comprensibile la causa di certe affermazioni riguardanti A history of Violence. Se il "pretesto violento" del film appare facile è perchè contempoaraneamente si hanno numerosi film in cui la violenza è facile effetto di coerenti giochi al massacro. Qui a sorprendere non sono e non devono essere tanto gli effetti violenti, quanto le cause celate nelle misteriose componenti gentico-istintuali dell'animo umano. Che siano meno evidenti del solito, che piaccia o no, è perchè il percorso di un regista come Cronenberg, che ha badato sempre più alle genesi di componenti evidentemente deformi, ha acquisito una nuova forma di controllo del mezzo cinematografico. Specchio nel quale confrontarsi e nel quale ricercare soggettivamente le spiegazioni distorte delle relaltà esteriori che conosciamo benissimo.
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René Descartes

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NancyKid
ex "CarbonKid"

Reg.: 04 Feb 2003
Messaggi: 6860
Da: PR (PR)
Inviato: 24-12-2005 11:27  
W MARZULLO"!
_________________
eh?

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kubrickfan

Reg.: 19 Dic 2005
Messaggi: 917
Da: gessate (MI)
Inviato: 24-12-2005 12:44  
premetto che il grande david e' per me un icona del cinema e ho adorato i suoi precedenti lavori,inseparabili su tutti e poi via via gli altri,compreso il tanto ostico pasto nudo.ho un grosso timore vedendo pero' perdere ( non cambiare perche' in fondo diro' una bestemmia ma un film simile john woo poteva girarlo uguale se non meglio)e annacquare il senso filmico di un grande regista visionario con un lavoro di basso profilo come questo ( stereotipi a valanga,macchine nere e vestiti neri ai cattivi su tutti )dove ogni scena e'susseguente all'altra senza brivido, senza cronenberg style entrarmi come un demone sotto la pelle.Lasciando perdere eventuali buchi di sceneggiatura( aveva un poligono di tiro per allenarsi?la moglie non sapeva nulla? da come ha reagito nel bar doveva probabilmente aver usato armi fino a )ieri...non da tanto tempo)di cui possiamo aprlare nei prossimi post,credo e spero che david abbia fatto un lavoro meno off per attirare un pubblico piu' vasto per avere fiducia in un lavoro futuro piu'consono a lui.non vedo altro motivo di virare cosi' la propria carriera dopo anni di film estremi .

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